domenica 10 gennaio 2010

Mille papaveri rossi




Quando si parla di guerra e pace è molto facile cadere nella retorica pacifista. Proclami roboanti, frasi ad effetto, parole di fuoco, feroce sarcasmo...

"La guerra di Piero" già nel titolo ci indica un altro modo di affrontare l’argomento.

È una guerra che si gioca sulla pelle di un povero Piero qualunque, il quale si trova "in un solo momento" a decidere della sua o dell’altrui vita, in base alla "divisa di un altro colore".

Una guerra che chiude in una morsa di gelo le ultime parole del soldato Piero, in uno sfolgorante sole primaverile.

Niente retorica nemmeno nella musica, di Vittorio Centanaro, che si muove spedita a passo di danza; con un breve e suadente assolo di chitarra, che scandisce le strofe e alleggerisce opportunamente la lunghezza del racconto.

Non starò a ricordare che l’esecuzione perfetta di quell’assolo era un punto d’orgoglio di ogni dilettante chitarrista che affrontava la canzone.

Due immagini rimangono fisse per sempre nella memoria: quei "mille papaveri rossi" che fanno umile corona al corpo senza vita di Piero, e "chi diede la vita ebbe in cambio una croce".

De André non si riferiva solo ai morti in guerra, ma anche a colui che per primo ne ha proclamata l’assurdità, ricevendo in cambio un patibolo di legno.

Questa ballata capolavoro, del 1964, così bella da ascoltare e così facile da eseguire, ha contribuito in modo determinante a educare al valore della pace e al gusto della musica due intere generazioni. E non ha certo finito il suo compito.

Quando imbraccio la chitarra, La guerra di Piero non manca mai...

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