martedì 29 ottobre 2013

Tutto il resto è vanità. Omaggio a Luigi Magni




Luigi Magni, di cui oggi si sono celebrati i funerali a Roma nella Chiesa degli Artisti, è stato un grande regista, cantore ironico della città papalina.

La trilogia “Nell’anno del Signore”, “In nome del Papa Re”, “In nome del popolo sovrano” rimane nella cinematografia come un grande affresco del periodo risorgimentale.

Il linguaggio romanesco dà un sapore popolare e tocchi umoristici ad avvenimenti spesso drammatici e a scene che sono rimaste dei veri “cult” della filmografia, come nella pellicola “In nome del Papa Re” il discorso di Mons. Colombo da Priverno (Nino Manfredi) nel tribunale ecclesiastico che condannò alla ghigliottina i due patrioti Monti e Tognetti.


Ugualmente indimenticabile, e quanto mai attuale, il “Buonanotte, popolo” del rivoluzionario carbonaro Leonida Montanari (Robert Hossein), più rattristato dell’indifferenza popolare che della mannaia di Mastro Titta...


Non starò qui a discutere se l’opera del grande regista sia venata di quella retorica risorgimentalista da cui oggi la storiografia più oggettiva prende sempre più le distanze. L’unità d’Italia fatta con le baionette, le leggi speciali e la “piemontesizzazione” non è stata forse la migliore unità possibile.

Benché la fama di Luigi Magni sia legata al periodo della Roma risorgimentale e benché il regista non mostri grande simpatia per la Chiesa,  il suo capolavoro rimane tuttavia, a mio modesto avviso, il film “State buoni, se potete” (1983), che descrive l’opera di S. Filippo Neri, fondatore dell’Oratorio nella Roma del XVI secolo.

Un capolavoro assoluto, con la perfetta interpretazione di Johnny Dorelli e magnifica colonna sonora di Angelo Branduardi (il bellissimo “Tema di Leonetta” è però una cinquecentesca “siciliana”, rielaborata da Ottorino Respighi).

Proprio il “mangiapreti” Luigi Magni ha saputo cogliere il vero spirito di “Pippo buono” (Filippo Neri), il grande educatore della gioventù, contro l’opera del “maligno”, che sa fare le pentole ma non i coperchi.

Un film capolavoro, che rivela l’animo profondamente religioso del grande regista romano.






domenica 27 ottobre 2013

Popolo, sei 'na monnezza! Bononia docet




“Bononia docet”, dicevano una volta: “Bologna insegna”.

Il detto latino si riferiva alla celebre università, la prima nel mondo, fondata nel sec. XI, sull’esempio della quale sono nate tutte le altre.

Celebre in particolare la facoltà di giurisprudenza, che ha avuto tra i suoi illustri docenti il grande Irnerio, “fiaccola del diritto”.

Oggi i tempi sono un po’ cambiati. Non siamo più nel "buio Medioevo". Siamo nell’epoca della luce elettrica: “Post tenebras, lux”: dopo le tenebre, la luce.

E Bologna continua a insegnare. Specialmente, a quanto pare, il suo consiglio regionale.
Può insegnare ad esempio come ottenere rimborsi spese a norma di diritto...

Siamo venuti a sapere dai giornali che i consiglieri di quell'esimio parlamento regionale si sono fatti rimborsare regalie varie, come gioielli, cibarie, salami prosciutti mortadelle (siamo a Bologna, no?), frutta e perfino i 50 centesimi dell’uso del gabinetto pubblico.

Insomma, anche la merda.

Nel nome del popolo italiano, ovviamente.

Nel video un' indimenticabile scena del film "Nell'Anno del Signore" (1969) di Luigi Magni, che proprio oggi ci ha lasciati.







martedì 22 ottobre 2013

Piove, governo ladro! (almeno in Toscana)














È un modo di dire molto comune, e come ogni espressione popolare ha sempre un fondo di verità.

Ovviamente non significa che i temporali o i disastrosi acquazzoni vengano dai politici che ci amministrano. Neppure il più accanito antiberlusconiano è giunto a dire tanto (forse).

Ma allora perché il popolino ama dire così? Ovviamente perché, per esperienza, si sa che la politica è spesso come i temporali e gli acquazzoni: fa più danni che bene.

Non voglio apparire qualunquista, sia chiaro: un governo è sempre necessario. Altrimenti si passerebbe al  non-governo dei black block, degli “antagonisti”, degli anarco-insurrezionalisti, e via sfasciando.

Ma la sapienza popolare ci mette in  guardia. Spesse volte ciò che ci cade in testa dai palazzi della poltica sono più tasse e balzelli che provvedimenti opportuni. 

Qualcuno dirà che siamo in un periodo di vacche magre e bisogna tirare la cinghia.
Di fatto però chi tira la cinghia sono quelli già a dieta da un pezzo.

Piove, governo ladro! E qui in Toscana ci ha oggi allagati.



Nella foto: una vignetta di Giannelli



venerdì 18 ottobre 2013

Musica solare per una grande ottobrata




Queste belle giornate di sole ottobrino ispirano musica solare...

La voce di Luciano Pavarotti è stata certamente un magnifico esempio di luminosità musicale.

Molti di noi l'hanno apprezzata in tutta la sua potenza ed espressività nel magnifico brano "Nessun dorma!" della Turandot di Puccini, diffuso in tutto il mondo durante il Campionato Mondiale di Calcio "Italia 90".

Ma per Big Luciano la celebrità aveva avuto una data d'inizio ben precisa, il 17 febbraio 1972, quando al Metropolitan Opera di New York aveva eseguito con naturalezza e a voce piena (di petto) i nove DO acuti, l'ultimo dei quali lunghissimo, nella cabaletta di "Ah mes amis!" ("Pour mon âme") de La Fille du Régiment di Gaetano Donizetti.

Il Met gli tributò una standing ovation senza precedenti chiamandolo al sipario per ben 17 volte, un record imbattuto.

Riproponiamo quel brano e quei momenti.

Verrebbe da pensare che i soldati del reggimento francese si inginocchino davanti a Pavarotti/Tonio più per la performance del tenore che per ragioni di copione.

Nove Do di petto a voce piena e senza sforzi. Inizia la leggenda di Big Luciano.

Buona ottobrata a tutti!





lunedì 14 ottobre 2013

Migrazioni di rondini e di popoli




Le rondini (quelle poche che sono rimaste, superstiti al dissesto ecologico della civiltà post-moderna) se ne vanno con l’arrivo della stagione autunnale, “cercando primavere di viole”, verso Sud.

Popolazioni intere sono invece in migrazione verso Nord, spinte dai dissesti delle guerre, della fame, della miseria.

Due moti contrari, una realtà drammatica per entrambe.

Le rondini però volano.

Gli uomini no.

“Partirono le rondini”, o per essere più precisi “Non ti scordar di me”. Una canzone composta nel 1935 da Ernesto De Curtis (quello di "Torna a Surriento"), con le parole di Domenico Furnò, che riesce ancor oggi a suscitare struggenti sentimenti.

La meravigliosa voce di Luciano Pavarotti è un valore aggiunto.

Big Luciano!



giovedì 10 ottobre 2013

Dal mi basso al do acuto. 200 anni di Verdi




Negli ultimi 200 anni tante cose sono cambiate nel mondo, e ovviamente anche in quello della musica.

Altre invece sono ancora lì, intramontabili, bellissime, più moderne che mai.

Come molte opere di Giuseppe Verdi (10 ottobre 18013 - 27 gennaio 1901).

Probabilmente i più non hanno oggi la pazienza di ascoltare una sua opera per intero, a parte forse l’Aida all’Arena di Verona.

Ma è altrettanto difficile trovare qualcuno che non abbia nelle orecchie almeno qualche brano di musica verdiana, e non solo il “Va’ pensiero”...

Non starò a fare il bilancio di quanto rimane della musica del Cigno di Busseto. È un bilancio grandemente in attivo, e lo spread con il suo rivale e coetaneo tedesco Wagner è quanto meno alla pari.

Verdi ha illuminato di drammatica bellezza musicale due secoli interi. 

Le più belle voci, maschili e femminili, si sono cimentate sulle sue note, dal basso profondo (il Mi grave del Grande Inquisitore nel Don Carlos) ai Do acuti (Manrico nel Trovatore, per tradizione; Gilda nel Rigoletto, e nel gorgheggio è previsto anche il Do diesis e il Re, e oltre; Aida in "O Patria mia", etc.). 
Non solo voci, ma grandissimi personaggi che hanno incantato le platee, le gallerie e i loggioni dei teatri di tutto il mondo: Callas, Tebaldi, Caballé, Price, Sutherland, Bergonzi, Del Monaco, Pavarotti, Domingo, Cappuccilli, Bruson, Ghiaurov..., senza parlare di Tamagno, Caruso e Gigli.
Le più celebri "bacchette" hanno diretto i suoi spartiti; per citarne alcuni, Toscanini, De Sabata, Solti, Von Karajan, Claudio Abbado, Muti, con le più famose orchestre, da quella della Scala ai Berliner, dai Wiener alla London Symphony Orchestra, dall'Orchestre de Paris alla Chicago Symphony Orchestra...

L’elenco sarebbe sterminato. A me, per esempio, piace in modo particolare l’interpretazione di Rigoletto del grande baritono Giuseppe Taddei. In “Cortigiani, vil razza dannata”, quella parola “dannata” viene cantata come un ghigno  (non previsto dalla partitura); un tocco geniale.

La nascita di un artista, anzi di un genio artistico come Verdi, non può che essere una manifestazione dell’opera creatrice di Dio.
Mi piace perciò mettere sotto la protezione della Madre di Dio e degli Angeli questo giorno memorabile.

Da “La forza del destino”, la bellissima preghiera “La Vergine degli Angeli”

La voce solista è quella inconfondibile e affascinante di Leontyne Price.


L'altra notte in fondo al mare...




A Lampedusa ieri è arrivata finalmente l’Europa, con il presidente Barroso.

Qualcosa sembra muoversi nei meccanismi dell’Unione.

L’Europa dei banchieri e dei burocrati questa volta non ha potuto far finta di niente.
Troppo grande è stata la tragedia; e tutti se ne stanno accorgendo, via via che i poveri corpi dei dispersi dal fondo del mare vengono riportati a riva e allineati in una delle interminabili file di casse da morto.

“L’altra notte in fondo al mare”...

Vengono subito in mente, anche se in altro contesto, le drammatiche parole e le note angosciose del “Mefistofele” di Arrigo Boito (che fu anche il grande librettista degli ultimi due grandi capolavori di Giuseppe Verdi, "Otello" e "Falstaff"; e oggi è il 200° della nascita di Verdi).

Le voglio qui riportare, con la voce sublime di Maria Callas.

Nulla lega a prima vista le vicende descritte nel Mefistofele, che sono poi quelle del Faust di Goethe (con qualche libertà letteraria di Boito), con la tragedia di Lampedusa.

Eppure qualcosa a mio parere le unisce. Sia nella fantasia di Boito/Goethe che nella vicenda del naufragio non è mancata di certo l’opera di Mefistofele, di Satana.

Ma siamo certi che, come nel Mefistofele, così anche nell'orribile fatto di Lampedusa non sarà Satana ad avere l’ultima parola.

Nonostante tutto, sarà il bene alla fine a vincere.



venerdì 4 ottobre 2013

Francesco incontra Francesco...

















Un incontro a parti rovesciate. 

Nel 1209 fu Francesco d’Assisi ad andare fino a Roma, davanti a Papa Innocenzo III, per pregarlo di approvare la Regola dell’Ordine mendicante che stava fondando. Il potente Pontefice, con stupore della Curia Romana, riconobbe nel “Poverello” di Assisi il vero rinnovatore della Chiesa e approvò l’Ordine francescano.

Oggi è il Papa che è andato da Roma ad Assisi, per trovare Francesco e pregarlo di dargli la forza di fare ciò che fece il Poverello ai suoi tempi: rinnovare la Chiesa, partendo proprio dalla Curia Romana.

La Chiesa non finisce di stupire. Nel Medioevo fu un umile frate a chiedere al papa un profondo rinnovamento nello stile di vita dei cristiani, fondato sul Vangelo. Oggi è il papa che chiede in ginocchio all’umile fraticello, di cui porta il nome, ormai santo, di aiutarlo nel medesimo intento.

E già se ne vedono i frutti!






Un canto di addio per i morti di Lampedusa




Tutto diventa piccolo e quasi insignificante di fronte all’immane tragedia di ieri notte nel mare di Lampedusa, dove hanno perso la vita più di trecento profughi in un barcone partito dalle coste libiche.

Allo sgomento per la perdita di tante vite umane si unisce lo sconforto per la completa latitanza dell’Europa davanti a questo autentico esodo biblico dai paesi africani, sia per motivi di guerra, sia per motivi di fame sia per motivi politici, e perfino religiosi.

Le coste italiane sono la parte estrema dell’Europa, e fino a prova contraria l’Italia è parte integrante dell’Unione Europea. Nessuna nazione che faccia parte dell’Unione può lavarsi le mani (insanguinate) di fronte a questo quotidiano stillicidio di disperazione e di morte.

La tragedia di ieri notte ha fatto traboccare il vaso della vergogna. E proprio la parola “Vergogna!” è stata quella usata da Papa Francesco per descrivere questo disastro.

È l’ora di intervenire, nei modi e con i mezzi che sono più idonei, per soccorrere le popolazioni africane, costrette a fuggire da guerre fratricide e da situazioni di insostenibile miseria.
Da sola l’Italia non può arginare questa marea umana, che va frenata e fermata con aiuti opportuni (e con interventi decisi sui governi colpevoli) nei luoghi di origine, venendo così arginato il flusso di queste carrette di morte.

Si porrebbe inoltre fine alle false speranze di benessere in coloro che riescono a mettere piede nel suolo italiano.

Di fronte a questo lutto, e per onorare il sacrificio di questi migranti africani, facciamo risuonare la voce di Leontyne Price, il più grande soprano nero del XX secolo e una delle mitiche interpreti dell’Aida di Verdi.

Anche Aida è immaginata africana, figlia di re ridotta in schiavitù dalla guerra. Cercava il riscatto nell’amore, ma lo poté trovare solo nella morte insieme all’amato Radamès.

La Price, con i suoi straordinari acuti (fino al do), accompagni nel più alto dei cieli gli sfortunati naufraghi di Lampedusa.

Dall’Aida di Giuseppe Verdi, “O patria mia, mai più ti rivedrò”.


giovedì 3 ottobre 2013

Er governo Letta è risorto! (pasquinata)







Er governo de Letta mò è risorto,
ha fatto come Cristo (co rriguardo!):
prima l’han messo in croce e fatto morto,    
ma dopo l’han trovato più gajiardo.


Der centro destra er popolo ggiudìo
e quello de sinistra romanazzo
volevano far fòri er capo, oddìo!
Ma senza capo, un popolo è der cazzo.





Amicusplato