martedì 29 dicembre 2015

Bilancio di fine anno 2015



















Boldrini, presidente della camera (?). Appena sento questo nome, mi viene in mente un atroce dubbio: dovrò usare il maschile, il femminile o il neutro per essolei? He, she or it?

Renzi. Gli consiglio, invece di una Leopolda, una Leopoldina, casa tipica toscana con colombaia. Così potrà allevare volatili di ogni specie, specialmente gufi che stanno ormai proliferando in modo esponenziale.

Boschi. Alla mia concittadina consiglio l’acquisto di una banca, di legno. Per mettersi a riposo (anticipato). Paga BancaEtruria.

Del ministro della difesa non conosco neppure il nome. Non lo conoscono probabilmente neppure Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Mons. Vallejo Balda e Francesca Chaouqui. Waht’s up?  Volevo dire WhatsApp...

Tutta questa nebbia che attanaglia le città viene attribuita ai fumi di scarico. Ma hanno provato a monitorare anche la fuoriuscita di idee dalla testa dei nostri magistrati, politici e amministratori?

Papa Francesco apre le porte (sante). Salvini le chiude.

Nel Brunei è stato proibito il Natale. Per realizzare in modo efficiente la brillante idea hanno chiamato alcuni esperti italiani: presidi e maestre d’asilo.

Da quando, pochi giorni fa, sono stati mandati 450 soldati in Iraq, l’Isis ha cominciato a perdere terreni e città, come Ramadi. Non hanno avuto paura delle nostre armi, ma di Renzi, vestito con la tuta mimetica.

La Merkel è stata messa in copertina da Time come “persona dell’anno 2015”. È riuscita a superare (di poco) Al-Baghdadi, capo dell’Isis. C’è chi taglia le gole e chi l’economia europea.

Putin è nemico di Erdogan che è amico di Obama, che è nemico di Putin, che è nemico dell’Isis, che è amico di Erdogan, che è amico dell’Isis, che è nemico di Obama.

E ci meravigliamo che in Italia c’è la nebbia?


Buona fine 2015!



mercoledì 23 dicembre 2015

Aspettando il Messia





Siamo ormai all'antivigilia di Natale, e occorre prepararsi in modo adeguato per festeggiare la venuta di Gesù.

No, non parlo della cornice di auguri, spese e regali, che quest'anno sembrano in crescita; almeno così mi è parso, facendo la fila per mezz'ora alla cassa dell'affollatissimo supermercato...

Parlo della preparazione interiore, mentale, spirituale. E la liturgia odierna offre uno spunto magnifico: il brano del profeta Malachia, che ci ricorda come la venuta del Messia sarà come un fuoco purificatore e come la lisciva del lavandaio.

"Ed Egli purificherà i figli di Levi, affinché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia" (Malachia 3, 3).

Ah! Mi è subito venuto in mente il "Messiah" di G. F. Händel, nel quale queste parole sono magnificamente messe in musica, in un brano per coro a quattro voci miste (SCTB) e orchestra che ha del sublime.

Giudicate voi.

Buona preparazione al Natale!


And He shall purify the sons of Levi, 
that they may offer unto the Lord an offering in righteousness (Malachi 3, 3).


Vedi anche http://semperamicus.blogspot.it/2008/12/avvento-il-tempo-dellattesa.html


Signore, dai fastidio...





















Signore, dai fastidio.
Continui a dare fastidio.
Oggi, come quando nascesti a Betlemme.

La gente sembra vergognarsi di Te,
e preferisce le luci colorate alla tua umile capanna.

Ti hanno vestito come un vecchio,
Tu che sei la vita che nasce.

Ti vogliono estromettere dalla storia,
Tu che ne segni gli anni, i secoli, i millenni.

Signore, continua a dare fastidio!
ai potenti di turno come Erode,
ai cittadini distratti come quelli di Betlemme,
ai presuntuosi scribi di oggi,
che sanno scrivere solo i propri deliri.

Vieni Signore!
per farci capire gli inganni del potere,
per darci forza di non piegare la testa
a ideologie aberranti,
per insegnarci a leggere e a scrivere
parole di verità
nel libro della nostra vita.

Vieni, Signore!





Nella foto: "Natività", di Mariano Bachetti (2014). Olio su tela, Collezione Privata


giovedì 17 dicembre 2015

C'è chi ha paura del 17. Lui, no
















Alla sua età, quelli che ci arrivano, cominciano a tirare i remi in barca.
Lui inizia a remare.

Alla sua età, chi può, si costruisce superattici.
Lui si accontenta di 60 mq. al piano intermedio.

Alla sua età i reduci della Fornero chiudono la porta e guardano in pantofole la tv.
Lui apre Porte Sante qua e là per il mondo.

Alla sua età si cerca di non farsi fregare dalla propria banca con le obbligazioni subordinate.
Lui cerca di fregare la sua banca rendendola “pulita”.

C’è chi ha paura del numero 17.
Lui è nato il 17.

Auguri, Papa Francesco, per i tuoi 79 anni!



domenica 13 dicembre 2015

Nella domenica "Gaudete" il musicista della gioia




La III domenica di Avvento è denominata “Gaudete”, cioè “Rallegratevi”.

S. Paolo ne ricorda il motivo: “Il Signore è vicino”. In effetti siamo ormai prossimi alla festa del Natale e i sentimenti che devono prevalere sono quelli della gioia, o almeno quelli della speranza.

Se dovessi commentare con un musicista il sentimento della gioia, non avrei dubbi; sceglierei Antonio Vivaldi.

Più di Bach, più di Mozart stesso, Vivaldi ha composto musica gioiosa. Solo musica gioiosa. 
Anche quando egli tratta temi drammatici, la sua musica è rasserenatrice. Si potrebbe dire che questa è lo specchio della “Serenissima”, dove è nato e vissuto il "Prete rosso".

Non voglio sostenere che Vivaldi sia più grande di Bach o di Mozart. Voglio semplicemente dire che la musica di Vivaldi è gioia allo stato puro.

Anche Mozart ha il dono di comporre musica rasserenatrice, e per molti aspetti più geniale di Vivaldi. 
Ma la musica di Vivaldi spinge alla gioia, ha in sé una “forza motrice” che porta –volenti o nolenti- a entrare nell’ebbrezza della gioia pura.

Siamo ormai prossimi all’inverno. Anzi, una volta si diceva che “S. Lucia è il giorno più corto che ci sia”, e quindi proprio il solstizio invernale. Di questo proverbio ho già parlato in altro post.

Ascolto perciò volentieri, dalle Quattro Stagioni (1725),  il ben noto inizio dell’Inverno di Vivaldi. Ma non nella normale esecuzione, con violino solista.

Scelgo un’esecuzione con solista il violoncello. Ma allo strumento c’è la formidabile cellista argentina Sol Gabetta.

Uno spettacolo! 


Venga S. Lucia!

















Falliscono le banche,
proibiscono il Natale,
trasformano in arabica
la gente di Giudìa.

C’è chi ha due mamme, anche
due babbi fanno uguale,
la gente è fatta strabica
ci vede doppio, via!

Le rime sono stanche
di tutto questo male.
Allor, con la sua sciabica,
venga Santa Lucia!





Amicusplato




venerdì 11 dicembre 2015

Vita e morte di una Banca




Quando ero ragazzo rimanevo colpito dalla bella sede centrale della BMPA, cioè della Banca Mutua Popolare Aretina, in Corso Italia e angolo Via Crispi, nel centro di Arezzo.

Campeggiava nella facciata la dicitura: Fondata nel 1882.

Non era paragonabile al Monte dei Paschi di Siena, fondato nel 1472, ma per noi aretini la “Popolare” era un bel vanto e ci accontentavamo di avere la “nostra” banca.

Col passare degli anni la Popolare è cresciuta molto, soprattutto in seguito allo sviluppo economico della “città dell’oro”, la prima in Europa per numero di aziende orafe.

Provai la prima delusione quando la Banca Mutua Popolare Aretina cambiò nome e divenne BPE, Banca Popolare dell’Etruria (1971). Era sparito il riferimento alla città, per motivi di marketing: la banca si stava estendendo in Toscana. 

Con l’acquisizione di altre banche, soprattutto in Centro Italia, alla fine del 1988 divenne Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio. Gli affari prosperavano per la “banca dell’oro”.

Ormai era pronta per entrare in Borsa (1998), e l’anno successivo inaugurò la nuova sede centrale: non più in città, ma in periferia; un grandioso e anonimo quadrato “palazzo di vetro”. Anche l’ultimo riferimento alla vecchia e cara “Popolare” scomparve: ormai era solo Banca Etruria.

Gli ultimi anni di Banca Etruria sono di dominio pubblico: la crisi del settore orafo, la cattiva gestione, i (probabili) affari illeciti, e quant’altro, hanno portato la banca al disastro di questi ultimi anni e di questi giorni.

Si può perfino stabilire il giorno della morte: il 22 Novembre 2015 ha cessato di vivere Banca Etruria, per decreto legge n. 183.

Il giorno dopo, sulle sue spoglie, è nata un'altra banca: la “Nuova Banca Etruria”, che ha lasciato sul lastrico migliaia di risparmiatori e azionisti della vecchia e non più esistente banca.

11 giugno 1882-22 novembre 2015. In queste due date si riassume la vita della Popolare Aretina.

Finché è stata “popolare” ha avuto il giusto e meritato successo. Da quando è diventata un’impresa d’affari, magari loschi, ha fatto una triste fine. 
Oltretutto con il morto, senza parlare delle migliaia di clienti disperati.

Cosa dovrebbe fare il governo? A mio parere dovrebbe risarcire “in toto” i risparmiatori, che non hanno la minima colpa di questo disastro. E la magistratura dovrebbe mettere in galera i responsabili che hanno tradito la loro fiducia e, se non fosse l'Anno Santo della Misericordia, buttare via la chiave.

Per quanto mi riguarda, devo dire che un paio di anni fa, quando ad Arezzo si cominciò a sentir parlare delle difficoltà della banca, mi feci coraggio e tolsi i miei risparmi. 
Fu un’impresa non facile, psicologicamente: gente che conosci da anni, che lavora, che apprezzi, a cui chiedi di cancellare il tuo conto.

Qualcuno aveva gli occhi lucidi...

Ma oggi è un'intera città ad avere gli occhi lucidi di pianto.


A commento di questo drammatico crack finanziario e umano mi pare appropriato il brano polifonico a 4 voci (TT I-II, Bar-B) di Tommaso Ludovico da Victoria (1585), "Judas mercator pessimus". Ancora una volta qualcuno ha tradito la fiducia di vittime innocenti.

Judas mercator pessimus
osculo petiit Dominum.
Ille ut agnus innocens
non negavit Judae osculum.
Denariorum numero 
Christum Judaeis tradidit.
Melius illi erat
si natus non fuisset.
Denariorum numero 
Christum Judaeis tradidit. 

Giuda, pessimo mercante,
con un bacio si rivolse al Signore.
Egli, come agnello innocente,
non negò il bacio a Giuda.
Per una somma di denari
consegnò Cristo ai Giudei.
Era meglio per lui
se non fosse nato.
Per una somma di denari
consegnò Cristo ai Giudei.



martedì 8 dicembre 2015

Il Giubileo, un inno alla gioia





In questo giorno dedicato alla Madonna Immacolata, nel 50° anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, Papa Francesco apre a Roma nella Basilica di S. Pietro la Porta Santa del Giubileo della Misericordia.

In un mondo in cui si sta combattendo, come dice spesso il Papa, la III guerra mondiale "a pezzi"; in un mondo lacerato da fanatismi e ideologie aberranti, che portano terrore e morte addirittura in nome di Dio; in un mondo in cui l'intolleranza laicista pretende di eliminare Cristo dall'orizzonte della storia; in questo mondo, il Papa vuole aprire una breccia di vera umanità riconciliata.

Lo ha già fatto nel suo coraggioso viaggio in Africa, aprendo la Porta Santa della Cattedrale di Bangui nella Repubblica Centro-Africana il 29 novembre scorso; in una nazione lacerata da guerre, ingiustizie e miseria.

Il Giubileo della Misericordia, che si concluderà il 20 Novembre 2016, vuole essere un richiamo alla riconciliazione e alla pace. Per i credenti, una riconciliazione anzitutto con Dio, che si traduca in una sincera apertura verso tutti i fratelli. Per i non credenti, un ritorno ai valori fondamentali della giustizia e della pace, che formano il sacrario della coscienza.

Un richiamo per tutti ad una umanità riconciliata, in cui guerre, terrorismo, discriminazioni siano debellati dalla faccia della terra.

Un coraggioso invito a varcare la soglia dei nostri limiti e delle nostre paure, in un momento in cui ciò sembra impossibile.

Ma nulla è impossibile a Dio.

L'Immacolata Concezione di Maria ne è la prova evidente.

Per l'apertura solenne del Giubileo della Misericordia mi pare opportuno ascoltare il Salmo 88 (Vulgata), versetto 2, nel mirabile mottetto giovanile (19 anni) di W. A. Mozart: "Misericordias Domini", in Re minore, per Coro e Orchestra, K. 222, anno 1775.
Si potrà notare che per 4 volte (1:00, 2:00, 3:32, 5:08) nel brano fa capolino quello che sarà il tema dell'Inno alla Gioia della IX Sinfonia di Beethoven. 
Beethoven diceva di non apprezzare la musica di Mozart. Ma lo copiava.

Tutti abbiamo bisogno di misericordia...

Il testo del mottetto dice: "Misericordias Domini cantabo in aeternum", Canterò in eterno la misericordia del Signore.

Buon Anno Santo a tutti!



giovedì 3 dicembre 2015

Vitti na Crozza dintra nu Presepi...


















Secondo il "comico" Maurizio Crozza “nel Presepe erano tutti arabi, tranne i Re Magi che erano curdi”.
Sembra una battuta detta per far ridere, un po’ squallida visto che si parla di cose sacre, ma oggi scherzare sui santi è di moda.

Il fatto è che per Crozza non è questa la battuta di spirito, ma il riferimento a coloro che vogliono ancora il presepe a scuola: visto che nel presepe ci sono gli arabi...
In altri termini, per Crozza, Gesù era proprio arabo, come Giuseppe, Maria, i pastori; tranne i Re Magi, curdi.

Non so che tipo di scuole serali abbia frequentato Crozza (se le ha frequentate); ma  il suo opportunismo ideologico (lo paghiamo noi, tra l’altro) ridicolizza storia e geografia, “riforma” la scuola e inaugura una nuova religione, quella dell’ignoranza laica.

Chiunque abbia un minimo di conoscenza della Bibbia (e del Corano) sa che Gesù e la sua famiglia, come i cittadini di Betlemme, erano Giudei, cioè discendenti della tribù di Giuda, figlio primogenito di Giacobbe-Israele, discendente di Abramo; abitavano nella “terra promessa”, la Palestina, cioè la regione tra il Giordano e il Mar Mediterraneo, terra dove scorre “latte e miele”.

Gli Arabi abitavano le zone desertiche della Transgiorgania e tutto il tavoliere arabo, come ben noto anche oggi; terra in gran parte arida, tranne la parte meridionale, l’ "Arabia Felix" dei Romani. Facevano una vita nomade e mercantile.

Due popoli ben distinti, su due territori ben distinti.

Appartenevano allo stesso ceppo semitico, come tutti gli abitanti del Medio Oriente e della Mesopotamia.

Ambedue i popoli erano discendenti di Abramo; ma i Giudei secondo la linea “legittima” di Abramo-Isacco-Giacobbe; gli Arabi secondo la linea “secondaria” di Abramo-Ismaele, figlio della schiava Agar, e per questo, fatto allontanare con la madre da Sara, moglie di Abramo, nelle regioni desertiche.
Popoli fratellastri dunque, e per di più, gli uni figli della libera (Sara), gli altri figli della schiava (Agar).

Che ci azzecca dunque la battuta di Crozza sul presepe "arabo"? Sarebbe come dire che Maometto era ebreo. 

Anche sui Tre Re Magi l’infelice battuta risulta sciocca. Il Vangelo di Matteo dice semplicemente che venivano dall’Oriente e conoscevano l’astronomia. 
Ma il popolo famoso per questa scienza erano i Caldei, cioè i Babilonesi, non certo i Medi (Curdi), famosi per la guerra.

Una dimostrazione d’ignoranza su tutta la linea.

"Vitti na crozza dintra nu Presepi". Sì, Maurizio Crozza, nella parte dell'asinello.

mercoledì 2 dicembre 2015

Vieni, Signore, nonostante l'Isis, i presidi di scuola, i nichilisti...




È iniziato l'Avvento, la preparazione al Natale.

Come 2015 anni fa ci sono ancora vari Erode che cercano di far fuori il Bambino Gesù.

Ci sono quelli dell'Isis che attentano direttamente alla sua incolumità fisica.

Ci sono i "pensatori" laicisti che vorrebbero farlo fuori dalla nostra storia, dalla nostra cultura, dalla nostra civiltà.  Per rispetto delle altre culture, dicono; ma senza alcun rispetto per la nostra e la loro stessa cultura: la cultura di un'intera nazione, che nel Natale e in Cristo ha un punto di riferimento irrinunciabile.

Per questo è necessario invocare ancor più fortemente la venuta di Gesù in mezzo a noi, perché porti giustizia, fratellanza e pace.

Questo è il Natale.

Non la festa dell'inverno o di un albero illuminato.

È la nascita di un mondo fraterno.

Invochiamo la venuta del Signore con le note del magnifico mottetto di Felix Mendelssohn-Bartholdy, "Veni Domine", op. 39 n. 1, anno 1830.

Il mottetto è scritto per tre voci femminili (Soprani I-II, Contralti) con accompagnamento d'organo. 
Qui è cantato da un coro a voci dispari di Taipei, con accompagnamento di pianoforte. 



Veni Domine

Veni Domine et noli tardare.
Relaxa facinora plebi tuae
et revoca dispersos in terram tuam.
Excita Domine potentiam tuam
et veni, ut salvos nos facias.

Vieni, Signore

Vieni, Signore, e non tardare!
Rimetti i peccati del tuo popolo
e richiama nella tua terra i dispersi.
Mostra, Signore, la Tua potenza
e vieni a salvarci!




venerdì 27 novembre 2015

Con quella faccia da straniero...




In questo periodo parlare di stranieri non è molto popolare, per usare una litote. 
Questa parola mette quanto meno in imbarazzo, e anche le persone più “accoglienti” sono a disagio.

C’è stato un periodo, a partire dagli anni 60, in cui invece lo straniero in Italia era una simpatica novità e l’Italia, popoli di migranti, provava la soddisfazione di attirare nelle sue città d’arte e nelle sue spiagge gli stranieri (e le straniere).

Ricordo ancora la mia meraviglia nel vedere la costa romagnola (era quella che maggiormente frequentavo) piena di indicazioni soprattutto in tedesco, ma anche in francese e in inglese.

Anche le canzoni straniere di successo avevano quasi sempre una cover italiana, e i cantanti stranieri (compresi i Rolling Stones) non si sentivano sminuiti nel cantare nella nostra bella lingua.

I tempi sono mutati, e purtroppo spesso in peggio.

Per stemperare un po’ l'aria pesante che si respira in questi giorni, voglio riportarmi con il ricordo allo spirito aperto di quegli anni 60, con una bella canzone francese, Le Métèque, di Georges Moustaki, tradotta liberamente da Bruno Lauzi con il titolo “Lo straniero” (1969).

Fu un grandissimo successo. La canzone, sia francese che italiana, era cantata da Moustaki, uno straniero che più straniero non si può: ascendenti ebrei, nato in Egitto da genitori greci, naturalizzato poi francese.

Nel 2013 lo “straniero” Georges Moustaki ci ha lasciati.

Il suo viaggio da "meteco" si è concluso, lasciandoci però un dolce ricordo indelebile.


giovedì 26 novembre 2015

"Temo di più le zanzare!"



















"Non temo gli uomini; temo le zanzare!" 

Così Papa Francesco, scherzando, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se non avesse timore per la propria incolumità nel viaggio apostolico in Africa iniziato ieri e che si concluderà lunedì prossimo, 30 novembre.

Dopo il Kenya e l'Uganda il papa sarà nella Repubblica Centro Africana; e lì, nella cattedrale di Bangui, aprirà domenica 29 novembre la Porta Santa del Giubileo della Misericordia. Il fatto è eccezionale, perché l'apertura della Porta Santa a Roma avverrà successivamente, l'8 dicembre.
Un gesto di Papa Francesco in linea con il suo messaggio: la Chiesa si vuole aprire - in ogni senso - alle periferie del mondo e della storia. La Repubblica Centro Africana è uno dei paesi più poveri del pianeta, pur avendo grandissime risorse naturali, ed è scossa da una guerra civile e religiosa. 
Qui il pericolo di attentati è molto alto.

Il messaggio che il pontefice intende portare ad ogni costo è quello della pace nella giustizia. Il terrorismo è frutto soprattutto di povertà e di ingiustizie. 
Sarà una dura lezione per quei governi, in genere corrotti, e una testimonianza di vera amicizia e di dialogo tra le varie fedi religiose.

In questi giorni in cui il fanatismo islamista sta terrorizzando intere nazioni, e perfino grandi potenze sembrano soffiare sul fuoco di un pericoloso conflitto (Turchia, Russia, Stati Uniti, Nato), la coraggiosa missione pacificatrice di Papa Francesco è un esempio per tutti.

Al pilota dell'aereo, che gli ha fatto presente il pericolo di atterrare nella Repubblica Centro Africana a causa di eventuali attentati, il papa ha risposto: "Allora datemi un paracadute".

Pietro ha parlato per bocca di Francesco. 



domenica 22 novembre 2015

Cristo, Re di pace




La Chiesa Cattolica festeggia oggi Cristo Re di pace.

Ce n'è bisogno. Di fronte a coloro che predicano e praticano la morte, Cristo porta all'umanità il messaggio di pace.

"Gloria a Dio nell'alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà".
Chi crede in Dio non può che annunciare la pace.

Oggi è anche la festa di S. Cecilia, patrona della musica, e non può essere tralasciata in questo blog, che ama le dodici note. 

Unisco le due feste con l'inizio del grandioso "Gloria" di Francis Poulenc (1961).

Ho scelto questo brano, oltre che per la sua moderna bellezza, anche perché l'autore è francese, con origini belghe. Non credo ci sia bisogno di ulteriori parole...

Voglio ricordare un piccolo fatto che riguarda la pronuncia del cognome Poulenc. 
Agli esami di storia della musica il Prof. Mario Fabbri del Conservatorio di Firenze, grande musicologo, tra le altre cose mi domandò i componenti del "Gruppo dei Sei" in Francia.
Feci per bene l'elenco, e nominai ovviamente anche Poulenc, pronunziandolo alla francese (Poulànc). Il Prof. Fabbri mi guardò sorridendo e mi disse: "Si pronunzia Poulènc". Io rimasi un po' interdetto (il francese lo conosco benino), e lui aggiunse: "Lo sa chi me lo ha detto? Poulènc! Ieri sera ero a cena con lui". Poi mi spiegò che quel cognome era di origini belghe-fiamminghe.

Grandissimo Prof. Fabbri, esigentissimo docente di storia della musica e straordinario musicologo!

Anche a lui, morto troppo presto, è dedicato con affetto questo brano.




mercoledì 18 novembre 2015

Contro l'orrore, una tempesta di bellezza




Nel tragico 13 Novembre parigino il maggior numero di vittime, tra cui la nostra connazionale Valeria Solesin, si è avuto nel teatro Bataclan, durante un concerto di musica rock.

Un’autentica strage soprattutto di giovani, 89 morti e centinaia di feriti, in una sala da concerto tra le più note della capitale francese.

Si sa: il fanatismo islamista vuol mettere a tacere anche la musica. E al Bataclan lo ha fatto con una tempesta di proiettili: ne sono stati contati 5.000.

A questo orrore disumano intendo oppormi con un’altra tempesta, quella delle note del 24° Preludio di Chopin, in Re minore, l’ultimo della celebre raccolta di composizioni in ogni tonalità, maggiore e minore, Op. 28, anno 1839.

I preludi di Chopin esprimono “impressioni”, stati d’animo, emozioni, rapidi pensieri. 
Il 24° è stato denominato dai critici “La tempesta”, per il pathos e la forza espressiva che lo caratterizzano.

Una tempesta di note appassionate, contro il lugubre crepitare dei kalashnikov, in una sala da concerto di Parigi, una tristissima sera di novembre del 2015.



domenica 15 novembre 2015

Omaggio alle vittime francesi





Mi unisco all’immenso dolore della Francia per l’orrendo massacro perpetrato nella sua Capitale da terroristi islamici che definire belve mi pare troppo generoso.

Non sarà certo questo ennesimo e vile massacro di persone innocenti e inermi a piegare la nazione francese, baluardo di democrazia e faro di civiltà.

Per le 129 e più vittime di ieri notte, 13 novembre, il mio omaggio con le sublimi note del "Requiem" di Gabriel Fauré: “Libera me Domine de morte aeterna”.

Un canto di grande dolore ma anche di ferma speranza nella misericordia di Dio, che i terroristi hanno bestemmiato nella loro belluina ferocia.

E una mirabile risposta della civiltà musicale francese alle tenebre della più orrenda barbarie.





Libera me Domine de morte aeterna 
in die illa tremenda 
quando coeli movendi sunt et terra
dum veneris iudicare saeculum per ignem.

Tremens factus sum ego et timeo 
dum discussio venerit atque ventura ira.

Dies illa, dies irae, calamitatis et miseriae
Dies illa, dies magna et amara valde.
Requiem aeternam dona eis Domine 
et lux perpetua luceat eis.

Libera me Domine...


Liberami, Signore, dalla morte eterna
in quel giorno tremendo,
quando i cieli e la terra saranno scossi,
mentre verrai a giudicare il mondo col fuoco.

Sono tremante e temo
quando verrà il giudizio e la tua ira.

Giorno d'ira sarà quello, di dolore e di miseria,
grande giorno sarà quello e di grande amarezza.
L'eterno riposo dona loro, Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.

Liberami, Signore, ...



sabato 14 novembre 2015

Gli asini in cattedra



























“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana; ma per quanto riguarda l’universo ho ancora dei dubbi.”

Questa celebre frase di Einstein dovrebbe essere collocata come motto programmatico all’ingresso della Scuola Elementare “Matteotti” di Firenze, che ha vietato qualche giorno fa alle classi III di visitare la mostra “Bellezza Divina” di Palazzo Strozzi.

Motivazione: le immagini sacre possono offendere la sensibilità religiosa degli alunni non cristiani.

Si tratta di celeberrime opere dei massimi artisti moderni e contemporanei, come Millet, Van Gogh, Chagall, Picasso, Matisse, Severini, Munch, Rouault, Guttuso, Fontana, Casorati, Viani, Martini, ed altri ancora.

Opere di bellezza sublime, come il Crocifisso Bianco di Chagall, la Pietà di Van Gogh, la Crocifissione di Guttuso, l’Angelus di Millet, il Figliol Prodigo di Martini, etc. 
Capolavori provenienti da ogni parte del mondo e che nella vita è già difficile poter vedere “dal vivo” anche una sola volta.

La stupidità dei docenti di quella scuola di Firenze ha impedito agli  (s)fortunatissimi alunni di poter vedere quei mirabili capolavori riuniti tutti insieme, in un capolavoro di luogo che è Palazzo Strozzi.

Stupidità con tutta una serie di aggravanti.

La prima, e più ovvia: se si impedisce in Italia di vedere l’arte cristiana, allora a scuola si va per riscaldare le sedie: si dovranno cancellare i libri di letteratura, arte, musica, filosofia, storia... 

Siamo a Firenze, nella patria dell’arte. I fiorentini dovranno viaggiare bendati, perché nella Città del Fiore ti imbatti ovunque con l’arte sacra: Cimabue, Giotto, Masaccio, Brunelleschi, Ghiberti, Donatello, Andrea del Sarto, Filippo Lippi, Botticelli,  Michelangelo, Leonardo... 

Quando si parla dell’Isis, una delle loro pratiche barbariche più odiose è la distruzione dei siti artistici che non corrispondono ai loro schemi ideologici. A quanto pare i barbari dell’Isis sono arrivati anche a Firenze.
È proprio questa cultura laicista che impedisce il vero dialogo interculturale e l'accettazione dei nuovi arrivati, con conseguenze alla fine disastrose.

E questi docenti (ma è un titolo che non compete loro...) pare non sappiano neppure che buona parte di quegli artisti esposti in Palazzo Strozzi sono stati o sono persone non credenti o di altre fedi religiose. Eppure hanno sentito il desiderio di misurarsi con l’iconografia cristiana e religiosa.
Esempio, oltre che di arte somma, di grande intelligenza e di apertura mentale.

Tutte doti sconosciute a quegli insegnanti (?) di quella scuola (?) che non hanno permesso di vedere Chagall, Picasso, Van Gogh, Guttuso, Munch, Martini, Severini, Millet..., in uno dei più bei palazzi di Firenze.

Gli asini sono saliti in cattedra.

PS. E mentre da noi si impedisce ai nostri studenti di andare a vedere opere d'arte sacra e religiosa, in Francia i terroristi islamici stanotte hanno compiuto un orrendo massacro in vari attentati. A quanto pare le vittime sono oltre 150.



Foto in alto, una delle opere esposte: "Crocifissione" (1940-41), di Renato Guttuso, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma.




martedì 10 novembre 2015

Un saluto (musicale) a Papa Francesco in Toscana




In occasione della visita odierna di Papa Francesco a Prato e a Firenze voglio festeggiare anch’io, da casa mia, questo straordinario evento. Ovviamente con un brano musicale e possibilmente di un compositore di queste due città.

Perciò, mirando ai più grandi, ho pensato a Domenico Zipoli (1688-1726) di Prato e a Luigi Cherubini di Firenze.

Ho preferito Zipoli, per vari motivi.

Anzitutto per la sua importanza nella storia della musica. Senza nulla togliere al valore di Cherubini (artista oggi un po’ dimenticato, ma considerato sommo da Beethoven, tanto per gradire), le "Sonate d’Intavolatura per Organo e Cimbalo" del 1716 del grande pratese fecero scuola (furono “copiate” da Händel, Haydn e altri maestri ancora) e mantengono intatto il loro straordinario fascino. 
L’Adagio che presento ne è una riprova (Ennio Morricone lo conosceva di certo quando ha composto il “Gabriel’s Oboe” per il film “Mission”...).

Inoltre, la vita di Domenico Zipoli è una straordinaria partitura essa stessa, e ha rilevanti punti di contatto con quella di Papa Francesco. Giunto al successo Zipoli lasciò tutto, si fece gesuita e partì missionario per l’America Latina. Visse a Buenos Aires e a Cordoba, e finiti gli studi teologici divenne maestro di musica degli Indios del Paraguay (e qui torna in mente di nuovo il film Mission). Un grande che si fa piccolo con gli ultimi, nelle periferie del mondo, e che muore a poco più di 37 anni...

Non posso poi tralasciare il fatto che la limpida scrittura musicale di Zipoli è uno dei cavalli di battaglia di tutti i dilettanti organisti (mi ci metto anch’io fra questi). Tra le sue “Sonate d’Intavolatura”, la Canzona in Re minore, quella in Sol minore, la Partita in La minore, i Versi, il Largo (Sarabanda), la Giga, e la festosa Pastorale natalizia (cito solo alcuni brani noti a tutti), sono abitualmente suonati ancor oggi in ogni chiesa. Una buona parte del primo e secondo volume del “Liber Organi” di Sandro Dalla Libera è costituito dalla musica di Zipoli.

Voglio infine far presente che Papa Francesco fa la sua prima breve tappa in mattinata a Prato perché è vescovo di quella diocesi Mons. Franco Agostinelli, aretino. Mons. Agostinelli è a sua volta amico fraterno del dott. Domenico Giani, aretino, Capo della gendarmeria vaticana, e bodyguard del Papa.

Come postare un musicista fiorentino, con queste premesse, io che sono aretino?


Buona giornata in Toscana, Papa Francesco!




mercoledì 4 novembre 2015

1915-2015. Il Piave mormora ancora?




Nel centenario dell'inizio della Grande Guerra (1915) voglio onorare la memoria dei nostri eroici soldati che riuscirono a sconfiggere l'impero austro-ungarico e portare a termine l'unificazione d'Italia.

Oggi, con l'avvento dell'Unione Europea, ci si augura che l'epoca delle guerre sia finita per sempre. Ma c'è voluto l'immane sacrificio di centinaia di migliaia di giovani vite per capirlo, oltre ad una seconda ed ancor più sanguinosa guerra mondiale.

Nella Grande Guerra una delle battaglie più terribili fu quella combattuta sul Monte Ortigara (1917), punto strategico per il controllo delle vallate venete. Si trattò di un tragico insuccesso e di un autentico bagno di sangue. Migliaia le vittime; il canto dell'Ortigara, che postiamo, ricorda il sacrificio di 20.000 alpini: "Ventimila siamo stati, ventimila siamo morti".

Anche in altri canti della montagna ("Ta-pum", "Dove sei stato mio bell'alpino") torna il nome dell'Ortigara; un tragico ricordo, ma anche eroica  testimonianza di amore per la patria.

Che né il tempo, né l'Unione Europea, né altro ancora, potrà mai cancellare.




Ortigara

O vecchio alpin.
Vecchio alpin dell'Ortigara
ti ricordi queste rocce
questi sassi, queste fosse,
questa valle senza fior.
Vecchio alpin dell'Ortigara
fui colpito dal cecchino,
tanti anni son passati
la ferita è ancora qua.


Ventimila siamo stati,
ventimila siamo morti;
mamma mia quante croci,
quante croci di dolor.


Ortigara, Ortigara,
monte santo dell'alpino,
la tua croce invoca al cielo
solo pace, sol pietà.


Ventimila siamo stati,
ventimila siamo morti;
mamma mia quante croci,
quante croci di dolor.


domenica 1 novembre 2015

Nella Festa dei Santi, la bellezza in cattedra




Alle zucche vuote di Halloween, agli orrori di una subcultura in continuo trend discendente verso il nulla, alle presuntuose quanto fasulle prestazioni di certa musica ormai prossima ad un assordante e ossessivo rumore, rispondo nel giorno glorioso della Festa dei Santi con il genio e la musica post-moderna di un vecchio di 200 anni fa: Gioacchino Rossini.

Una musica sacra, che ha la verve del rock, ma con dentro il vero significato della vita: la vittoria del bene sul male, del bello sul brutto, della santità sulla vita sprecata.

Il santo non è il noioso ripetitore di stereotipi moralistici, ma chi ha vissuto la vita in pienezza, realizzando le doti umane e spirituali di cui ogni persona è dotata.

Rossini non era certo un bigotto; tutt’altro! Ma con la Petite Messe Solennelle (del 1863) ha dato una lezioni ai bigotti del vuoto spinto, del cervello fuso, dei seguaci della stupidità e della banalizzazione della vita; di coloro che pensano di far paura alla morte vestendosi da zombi.

Solo che gli zombi non esistono, la morte invece...

Soltanto la bellezza, la forza, la sapienza dello Spirito Santo può condurre l’uomo alla realizzazione dei suoi desideri più profondi e autentici: la gioia, la verità, l’amore. In una parola, la santità.

Dalla Petite Messe Solennelle la conclusione del Gloria. 

“Cum Sancto Spiritu in gloria Dei Patris. Amen”. 
Con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Buona Festa dei Santi!


sabato 31 ottobre 2015

Finire in bruttezza. Halloween





















Il mese di ottobre se ne va, e come ormai accade anche da noi da qualche decennio, se ne va nel peggiore dei modi: con l’orrido mondo di Halloween.

Jerome Bruner affermava, riguardo all’insegnamento, che tutto può essere reso comprensibile, tranne l’errore.

Una frase efficacissima, che condivido in pieno. In effetti, anche gli argomenti più ostici o i teoremi più complessi possono essere capiti, se l’insegnante trova i termini giusti e i passaggi logici appropriati. Ma provate a spiegare che due più due fa cinque, o che il cerchio è quadrato...

Mi viene in mente questa frase di Bruner in questa giornata conclusiva di ottobre. 
Come si fa a festeggiare il “trionfo della morte”, il mondo dell’orrore, la sagra del pessimo gusto e il nulla demenziale delle zucche vuote?

Non si può spiegare, perché è una “festa” sbagliata; perché di cose orrende purtroppo è piena la realtà, e festeggiarle significa ampliarne la portata,  “normalizzarle”, renderle addirittura attraenti.

È l’effetto paradosso della festa delle zucche.

Vuote, ovviamente.



venerdì 30 ottobre 2015

Nel mese dello scorpione un canto appassionato




Siamo nel mese dello scorpione. 

Mi pare opportuno riascoltare una delle hit(s) degli Scorpions, la mitica band "hard and heavy" di Hannover.

"Send me an Angel", mandami un Angelo...

Il testo è molto significativo. La musica abbandona qui il rock "duro e pesante" e si trasforma in una appassionata e indimenticabile melodia.

Ho scelto un'esibizione degli Scorpions con la chitarra acustica, proprio per accentuare questo aspetto lirico del brano.

L'album da cui è tratto è "Crazy World", del 1990, dove troviamo pure Wind of Change, che può essere considerato il canto-simbolo del nuovo mondo dopo la caduta del muro di Berlino.

As the years pass you by...



Send me an Angel
Wise man said: Just walk this way
To the dawn of the light
The wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark.

Here I am
Will you send me an angel
Here I am
In the land of the morning star

Wise man said: Just find your place
In the eye of the storm
Seek the roses along the way
Just beware of the thorns

Here I am
Will you send me an angel
Here I am
In the land of the morning star

Wise man said: just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark

Here I am
Will you send me an angel
Here I am
In the land of the morning star...

Mandami un Angelo

Il saggio disse: "Percorri questa strada
verso l'alba della luce.
Il vento soffierà sul tuo viso
mentre gli anni ti passeranno accanto.
Ascolta questa voce che viene dal profondo
E' il richiamo del tuo cuore
Chiudi gli occhi e troverai
la via per uscire dall'oscurità".

Sono qui
Mi manderai un angelo?
Sono qui
Nella terra della stella del mattino

Il saggio disse: "Trova il tuo posto
nell'occhio della tempesta.
Cerca le rose lungo la strada,
ma stai attento alle spine".

Sono qui
Mi manderai un angelo?
Sono qui
Nella terra della stella del mattino.

Il saggio disse: "Alza la tua mano
e stendila per afferrare l'incantesimo.
Trova la porta per la terra promessa,
semplicemente credi in te.
Ascolta questa voce che sale dal profondo,
è il richiamo del tuo cuore.
Chiudi gli occhi e troverai
la via per uscire dall'oscurità".

Sono qui
Mi manderai un angelo?
Sono qui
Nella terra della stella del mattino...







domenica 25 ottobre 2015

Il giorno più lungo e la musica più corta (Chopin)





Per il giorno più lungo (un'ora in più), il brano musicale più corto.

Non si tratta però di un brano insignificante, ma del celebre Preludio n. 7 in La maggiore di Fryderyk Chopin.

Sono solo sedici battute in  3/4, che egli scrisse - a richiesta - sull’album di una sua  compatriota (e forse allieva) Delfina Potocka, affascinante aristocratica.

La brevissima composizione, la più breve del periodo romantico e una delle più brevi in assoluto (eseguibile tra i 40 secondi e il minuto), è una graziosa mazurka e fa parte dei 24 Preludi, uno per ogni tonalità, op. 28, pubblicati a Parigi nel 1839.

Evidente l’ispirazione al Clavicembalo ben temperato di Bach, reinterpretato però con una sensibilità tutta nuova, e per molti aspetti anticipatrice della modernità.

Il tempo segnato del Preludio n. 7  è “Andantino”.

Non essendoci indicazioni di metronomo, ogni pianista lo intende a suo modo. Per limitarsi ai pesi massimi,  Cortot per primo lo suonò in 37 secondi, Rubinstein in 51, Arrau in 54, Martha Argerich lo esegue in 45, Pollini in 1,16, Ashkenazy in 1, 31...

Trattandosi di un passo di mazurka, anche se solo virtuale, e il tempo Andantino, non si può superare di troppo il minuto, anche volendo dare al breve Preludio un senso di dolce nostalgia per la patria lontana. La mazurka, come noto, è un ballo di origine polacca.

Ma è anche noto che Mozart dirigeva le sue opere battendo il tempo con una mazza, come era abitudine allora per i direttori d’orchestra, oggi c’è chi dirige con uno stuzzicadenti...

Benché ritenga l'esecuzione di Alfred Cortot troppo veloce, presento la videoclip della sua performance, per due motivi: perché egli è stato il primo grande interprete di Chopin dell'epoca moderna, e perché nella clip si può vedere la partitura del brano, il più breve come tempo di esecuzione (il Preludio n. 9 ha quattro battute in meno!, ma è un "Largo") della storia della musica, nel giorno più lungo dell'anno.

Un giorno di 25 ore...

Buona domenica! 


venerdì 23 ottobre 2015

Un anno di più...



Oggi finisco gli anni. Quanti? Mah...



Di ottobre il ventitré
nel dì dello scorpione
nacque, chissà perché,
l’Amico di Platone.

Se giuste son le date,
oggi finisce gli anni.
Quanti? Non domandate,
per non fare altri danni.

Di certo sono tanti,
son tutti in fila dietro;
il tempo va in avanti,
non ha la marcia indietro.

E allora, Amicusplato,
filosofo del niente,
lascia stare il passato,
e fermati al presente!

Festeggia questo giorno
in gioia ed allegria.
Gli amici tutti intorno,
in bella compagnia!

La tavola è  imbandita
e c’è torta e spumante,
ed il caffè che invita
in un thermos gigante.

Amicus, dovrai stregnere
mani ed abbracci infine.
E non scordar di spegnere
70 candeline.



Amicusplato




giovedì 22 ottobre 2015

Da padre a figlio




Mio padre amava la musica lirica. Aveva una certa cultura e conosceva le arie più note dell’opera, nonché dell’operetta.

A questo riguardo, voglio ricordare un piccolo episodio.

Quando sentiva cantare la canzone “Abat-jour”, che negli anni 60 era trasmessa frequentemente dalla radio e dalla tv (la cantavano  tra gli altri Aurelio Fierro, Nicola Arigliano, Achille Togliani, Milva e soprattutto Henry Wright) mio padre esclamava: “Senti, l’aria di Madama di Tebe”.

Io non capivo. Anzitutto perché non conoscevo quest’operetta,  e poi perché pensavo che si trattasse di una canzone anni 50-60. Era ben nota la scena del film “Ieri-Oggi-Domani” del 1963 con Mastroianni e la Loren “spogliarellista” al suono del disco di Henry Wright (del 1962).

Oggi le clip di YouTube ci permettono di ampliare ad abundantiam le nostre conoscenze musicali. E così, navigando qua e là, mi sono imbattuto per caso nell’operetta Madama di Tebe. Subito ho pensato a mio padre, e così mi sono messo ad ascoltare i video musicali della stessa. 

Nessuna traccia di un’aria che vagamente si potesse ricollegare ad Abat-jour.

Ma mi sembrava impossibile che mio padre avesse potuto scambiare una canzone moderna con un’aria ascoltata in gioventù.

Così ho cercato ancora, e finalmente ho trovato. L’aria in effetti non è in Madama di Tebe.
Si tratta invece di “Salomè”, un’aria composta nel 1920 dall’austriaco Robert Stolz, autore di operette e musiche di successo. Le parole, in tedesco, sono di Arthur Rebner.

Dello stesso anno (1920) è la cover italiana, con tutt’altro titolo e argomento, quello che tutti conosciamo: Abat-jour.

Mio padre aveva allora 18 anni.

Caro babbo, ti sbagliavi nel titolo dell’operetta; ma avevi ragione nel punto fondamentale: quell’aria affascinante l’avevi già ascoltata nella tua giovinezza.

E ora che ho capito, te la dedico.




domenica 18 ottobre 2015

Bach, autore rock (progressivo)




Quanto la musica classica abbia influito nella musica attuale non c’è bisogno di sottolinearlo. Il repertorio classico è stato praticamente saccheggiato, in maniera più o meno velata, più o meno spudorata.

Bach, Handel, Vivaldi, Marcello, Pachelbel, Telemann, Boccherini, Mozart, Beethoven, Chopin, Schubert, Brahms, e via dicendo, forse si rivolteranno nella tomba nel sentire i loro capolavori associati a detersivi, pannolini, bevande, biscotti, salumi, materassi, accessori da cucina, e da toilette...

Più dignitoso, e anzi, spesso molto appropriato l’uso dei classici nelle colonne sonore dei films.

Anche il mondo della canzone ne ha fatto largo uso, magari in maniera dissimulata.

C’è invece un filone della musica rock, il “rock progressivo” (prog rock), che si è appropriato della musica colta in maniera aperta, trapiantandola direttamente nei ritmi e nelle atmosfere sonore dei nostri tempi.

Ho già ricordato in altri post i gruppi italiani dei New Trolls e dei Delirium, nonché celebri gruppi stranieri come  Procul Harum, Genesis e Pink Floyd.

Vorrei sottolineare oggi  l’apporto della band inglese dei Jethro Tull, che alla riscoperta del mondo classico in salsa rock ha dato uno dei primi e maggiori contributi.

Formidabile fu la riscoperta della “Bourrée” in Mi minore di J. S. Bach (V Movimento della I Suite per liuto; BWV 996); e fu in particolare questo brano (col titolo "Bourée) a decretare il successo dell’album “Stand Up” della band nel 1969 e a spianarle il successo.

Da apprezzare l’esecuzione al flauto traverso del leader del gruppo Ian Anderson, ben assecondato dal bassista Glenn Cornick.

Lo stesso brano è stato ripreso dai Jethro Tull nel loro ultimo album ufficiale, "Christmas Album", del 2003. Ian Anderson è più fedele alla scrittura di Bach, e più abile nel suono del flauto. 

Un amore dall'inizio alla fine.

Ma a noi andava bene anche quello meno perfetto del 1969, quello che ho postato.

Troppo bello!