Sono uno che ricerca la verità e che non si accontenta di wikipedia.
Se dici che la verità non esiste, sbagli, perché ne hai già affermata una.
Se poi dici che la ricerca della verità non ti interessa, allora non te la prendere troppo quando qualcuno ti vuole ingannare.
Prima giornata di calcio di Serie A, anno 2011: 27/28 agosto.
Not found.
Incredibile: una domenica senza partite. Come una domenica senza Messe.
Motivo? I giocatori hanno fatto strike, sciopero; i poveretti sono “en grève”.
Non voglio entrare nelle motivazioni di tale “drammatica” punizione, che ha spiazzato non solo il portiere avversario, ma tutti gli italici tifosi, facendo versare lacime di dolore...
Eppure, io che sono un tifoso da sempre (ovviamente non dico di quale squadra), non sono riuscito a versare neppure una goccia dal sacco lacrimale, e ci ho pure provato.
Nemmeno una.
Mi venivano in mente Mazzola, Rivera, Boniperti, quella gente lì, che finita la partita e tolte le scarpette coi tacchetti, tornavano persone (quasi) pedestri. Si divertivano e ci facevano divertire. Con poco aggravio sulla comunità.
Non una lacrima ho versato per questo fatto “storico”, per questo sciopero che fa tremare di invidia ogni poetico ossimoro e mina alle fondamenta lo stesso principio di non-contraddizione di Aristotele.
Se anche i più ricchi scioperano...
No, nessuna lacrima, nemmeno una; ma un sorriso di stupore: ho visto il primo autogoal collettivo del calcio italiano.
Roba che neanche Comunardo Niccolai avrebbe immaginato...
In questa settimana, non solo nel mondo, ma anche a me (nel mio piccolo) è capitato un po’ di tutto.
Non starò a scrivere la “historia calamitatum mearum”, la storia delle mie disavventure, sia perché quel libro è già stato scritto da Abelardo, e poi perché mi è capitato di tutto, sì, ma non quello che toccò al povero Abelardo...
Tra l’altro, scrivo a fatica, perché ho una mano fasciata dal pronto soccorso... pronto per modo di dire.
Scriverei ugualmente con due dita, anche senza la mano sinistra fasciata; ma di certo sarei più veloce e meno impacciato. Il dolore ora è passato...
Mi ci vuole un po’ di buona musica, rasserenatrice.
Posterò Shostakovich; sì, il sovietico Dmitri Dmitrievich Shostakovich (1906-1975), quello serioso, che piaceva a Stalin e a tutto il Politburo (non sempre, però).
Al Politburo lascio le sue musiche di regime.
Io mi accontento della “borghese” Jazz Suite No. 2, e precisamente il VI movimento, il secondo Valzer, del 1938.
Il valzer ballabile è associato comunemente al nome di J. Strauss; ma non bisogna dimenticare la grande tradizione russa; basti pensare a Tchaikovskij.
E così, anche nella tetra Unione Sovietica questo leggero passo di danza è riuscito a spuntare fuori, e proprio per opera del più “sovietico” dei musicisti.
Puoi soffocare un uomo, ma non i suoi sentimenti...
In questi giorni Madrid è al centro dell’attenzione per la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), o meglio la Jornada Mundial de la Juventud (JMJ).
Da tutti i continenti, da circa 200 nazioni, sono già affluiti nella capitale spagnola oltre 500.000 giovani, e si prevede che nel giorno conclusivo di domenica saranno più di un milione.
Le cifre sono significative, ma colpisce soprattutto il tipo di partecipazione.
Una gioventù che non cerca lo sballo o la trasgressione, per perdere momentaneamente sé stessa dietro la rockstar del momento; ma piuttosto gente che cerca di ritrovare il significato e il gusto della vita seguendo Colui che conosce davvero il cuore e la mente dell’uomo: Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
“Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2,7), questo è il programma della JMJ di Madrid 2011.
E i ragazzi di queste giornate madrilene lo stanno dimostrando con entusiasmo e consapevolezza.
La Via Crucis di ieri ne è stata la prova più evidente. Una celebrazione che ha impressionato per la commossa partecipazione.
Non una Woodstock della fede, dunque, come ha ammonito Benedetto XVI (e questo papa è l’ “antistar” per eccellenza!), ma una sempre più convinta sequela di Cristo, nella Croce e nella Risurrezione.
Durante la breve sintesi che un telegiornale ha dato della Via Crucis di ieri sera, ho sentito risuonare anche un canto di Taizé.
In effetti a Taizé, già prima della Giornata Mondiale della Gioventù, i giovani di tutto il mondo si davano convegno, e i canti lì appresi sono diventati "patrimonio comune dell’umanità".
Anch’io intendo partecipare alla JMJ di Madrid almeno con un canto, e proprio con un canto di Taizé; un canto di gioia, come si addice ai giovani e alla fede in Cristo Risorto: “Cantate Domino”.
Si tratta di un bel canone di Jacques Berthier, il geniale musicista il cui nome rimane legato a Taizé.
Cantate Domino. Alleluia, alleluia. Jubilate Deo.
Cantate al Signore. Alleluia, alleluia! Giubilate a Dio.
Nella regione carpatico-danubiana la nascita dello stato dell’Ungheria, nell’anno 1000, ha costituito per l’Europa uno dei cardini della sua stabilità e della sua definitiva configurazione.
Gli Ungari, popolazione che proveniva dalle steppe dell’Asia centrale, erano stati nell’alto Medioevo il terrore delle popolazioni stanziali d’Europa.
Il nome francese “Ogre”, che in origine significava “Ungaro”, passò a significare “orco”. Un cambio di significato che dice tutto.
Le scorrerie degli Ongri furono le ultime, dopo quelle germaniche e normanne, e terminarono quando il loro capo, Vajk, il 20 agosto dell’anno 1000, accettò la corona regale inviata da Papa Silvestro II con il beneplacito dell’imperatore Ottone III di Sassonia.
Vajk accolse la fede cristiana in pienezza, prese il nome di Stefano e organizzò il suo regno in modo esemplare, cosicché oltre alla fine delle scorrerie, nel cuore dell’Europa si ebbe una nazione culturalmente e socialmente progredita.
Nel corso dei secoli fu anche un baluardo di resistenza nei confronti della bellicosa avanzata turca.
Gli ungheresi hanno proclamato Stefano patrono della loro nazione e la Chiesa lo ha dichiarato santo.
Ogni volta che il popolo magiaro ha dovuto lottare per la sua sopravvivenza, come nel 1848 e nel 1956, ha fatto sempre riferimento alle sue vigorose radici umane e cristiane, incarnate in modo esemplare dal re Santo Stefano, “Szent István király”.
Impensabile un’Ungheria senza il riferimento a lui.
Per questo anche Zoltán Kodály (1882-1967), il grande polifonista ed educatore musicale dell’Ungheria moderna, gli ha dedicato un bellissimo mottetto.
Questi giorni in Ungheria e nella Chiesa universale, tra il 16 e il 20 agosto, si ricorda S. Stefano.
Mi pare doveroso perciò postare il canto di Kodály: "Ének Szent István királyhoz" (Inno al re Santo Stefano).
Devo dire che a questo canto di Kodály sono molto affezionato, avendolo anch'io cantato proprio in Ungheria, ad Esztergom, l'antica capitale del regno, dimora di S. Stefano.
Ah, hol vagy magyarok, tündöklő csillaga, ki voltál valaha, országunk istápja?
Hol vagy István király? téged magyar kíván, gyászos öltözetben, te előtted sírván.
Virágos kert vala, híres Pannónia, mely kertet öntözte, híven Szűz Mária.
Isten igéje volt, ő volt szép virága, behomályosodott örvendetes napja. ...
Ah, dove sei, stella lucente degli Ungheresi?
Che cosa era questo paese!
Dove sei Re Stefano? Ungheria auguri a te!
Pianto luttuoso di fronte al tuo vestito.
Giardino di fiori, era famosa ovunque la Pannonia,
La festa della Madonna Assunta in cielo ci presenta la gloria di Maria, “umile ed alta più che creatura”.
Nel bel mezzo dell’estate, nel periodo delle ferie, in cui più facilmente siamo portati a pensare solo al benessere del corpo, la Madonna ci fa alzare gli occhi verso il cielo, che è la patria comune.
“La nostra patria è nei cieli, e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Ef 3, 20).
La Madonna, nel Magnificat, ci ricorda che il Signore “ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Luca 1, 51-52).
Il Magnificat è quanto mai adatto per rendere un degno omaggio a Maria, che si è fatta “serva del Signore” ed è stata perciò innalzata alla gloria del cielo.
Servi di Dio e di nessun altro, direbbe Don Milani, sia chiaro!
A differenza di coloro che esaltano una libertà individualistica e senza regole, che significa diventare schiavi di ogni circostanza, e correre il rischio della “perdita” di sé stessi.
Dal Magnificat musicato da Antonio Vivaldi, RV 610, postiamo proprio i due versetti che abbiamo sopra ricordato:
Fecit potentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui.
Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles.
Si noterà come la musica si adatti perfettamente alle parole e ai concetti del testo evangelico.
Potente l’inizio del versetto (“fecit potentiam”), mentre poi le voci del coro si dividono e si “disperdono” sulla parola “dispersit”, per esprimere il castigo riservato ai superbi.
Voci e strumenti si riuniscono poi in un impressionante unisono, a indicare la povertà assoluta dei potenti rovesciati dai troni (“deposuit potentes de sede”). Niente fronzoli: solo un unisono, che sembra un vibrante parlato.
Un commento musicale dell’orchestra invece introduce e conclude in bellezza “et exaltavit humiles”.
Un minuto e mezzo di musica divina! Invito ad ascoltare tutto lo stupendo Magnificat di Vivaldi (non c’è solo quello di Bach!)
Molto espressivi il City of Bristol Choir e l'Emerald Ensemble, diretti da David Ogden, che nella sua direzione “totale” ricorda il mitico Sir Georg Solti.
Buona festa della Madonna Assunta e buon ferragosto!
L’imperatore Augusto, nel mezzo del mese a lui dedicato, collocò un opportuno giorno di festa che prese il suo nome: “Feriae Augusti”, festa di Augusto, ribattezzata popolarmente “Ferragosto”.
Questa giornata divenne ben presto occasione nel mondo cristiano per festeggiare non più l’augusto imperatore, morto e seppellito, ma l’augusta Madre di Dio, nella sua gloriosa Assunzione al cielo.
Domani, Ferragosto, molte persone non festeggeranno né l’uno né l’Altra, distratti dalle ferie e dalla ricerca di un po’ di svago.
Per la verità, celebrare la Madonna Assunta non toglie nulla al riposo estivo e alla ricerca di un sano divertimento. Anzi, li rende più amabili.
Per questo mi pare opportuno preparare questa festività con una celebre preghiera musicale: “Vergine, tutto amor”, di Francesco Durante (1684-1755), grande compositore di musica sacra della Scuola napoletana, allievo di Alessandro Scarlatti e maestro di Pergolesi.
La voce è del grande baritono senese Ettore Bastianini (1922-1967).
Un'occasione anche per ricordare che Siena, come tante altre città e località, ha come patrona la Madonna Assunta.
“Volatilità”: è questa la parola misteriosa che in questi giorni fa tremar le vene e i polsi al mondo economico e finanziario.
I titoli di borsa si sono messi a fare concorrenza agli uccelli e sono diventati “volatili”, abilissimi nelle acrobazie e nel dileguarsi, tanto che nemmeno i più esperti cacciatori riescono a impallinare.
Moltissime persone e perfino intere nazioni ci stanno lasciando le penne, tanto per continuare nella metafora; solo nel giorno di oggi sono volati via miliardi di euro, senza parlare dei dollari, con tanto di declassamento degli USA.
Se non si torna ad essere virtuosi anche nell’uso della vile moneta, si finisce tutti spennati...
In attesa di tempi migliori, mi consolo guardando la volatilità delle dita di Yuja Wang, mentre esegue la velocissima polka “Tritsch-Tratsch” (1858) di Johann Strauss.
Un mostro di inventiva J. Strauss (1825-1899); un mostro (si fa per dire) di bravura la giovane e bella pianista cinese, ora ventiquattrenne.
In questo periodo la situazione economica, politica e sociale non è delle più brillanti.
Solo sentir parlare di default degli Stati Uniti sembra un pesce d’aprile, un po’ fuori stagione però.
Figuriamoci la vecchia Europa, che si muove all’ombra del grande cappello dello Zio Sam.
La Borsa poi, da qualche giorno, fa capricci e capitomboli in serie. Sembra di veder giocare a Monopoli, ma con soldi veri (i nostri), e i dadi ci fanno sostare nelle caselle più temute.
E allora, per consolarci, e in attesa di tempi migliori, ascoltiamo un altro genere di capricci, quelli geniali e funambolici per violino solo, di Niccolò Paganini.
Inutile ricordare che i 24 Capricci del genio genovese (1817) sono una pietra miliare della storia della musica, e la “summa” delle difficoltà del violino.
Ma anche delle sue impensabili, fino ad allora, possibilità.
Il Capriccio n. 13, in Si maggiore, è chiamato da Paganini stesso “la Risata”, per il tema iniziale che sembra un ghigno beffardo e che ritorna con insistenza dopo funamboliche variazioni, fino alla fine.
Qualcuno ha voluto aggiungere “risata del diavolo” (o anche “trillo del diavolo”, rubando il titolo alla celebre composizione di Tartini).
Noi invece ci limitiamo a ciò che ha scritto Paganini: “La risata”.
Una bella risata, dopo le bizze e i capricci di un tempo burrascoso.
Per esprimere questi giorni inquieti che stiamo attraversando, con più ombre che luci, nonostante il sole d’agosto, mi pare opportuno ricorrere alla musica di colui che, meglio di ogni altro, ha saputo descrivere gli stati d’animo più complessi e travagliati: Beethoven.
Di “Ludovico Van” ascoltiamo lo “Scherzo” (II movimento) della Sonata n. 3 op. 69, in La maggiore, per violoncello e pianoforte, del 1808. Ma lo Scherzo è in La minore.
La voce del violoncello dà un tono di vibrante profondità al brano, che di scherzoso non ha nulla, tranne il titolo, ovviamente.
Il ritmo serrato e battente, davvero notevole, esprime comunque un messaggio di speranza, come accade sempre nell’opera del sommo maestro di Bonn.
Intensa e appassionata l’esecuzione della leggendaria violoncellista Jacqueline Du Pré (1945-1987), con l’adeguato accompagnamento di Daniel Barenboim.
Un accompagnamento che si esprimeva anche nella vita: Barenboim era suo marito.