giovedì 28 febbraio 2013

Grazie, Papa Benedetto XVI !


























In questo giorno in cui Benedetto XVI lascia il pontificato per rinunzia, non mi vengono parole che siano minimamente all’altezza di questo fatto epocale.

Non ne ho nemmeno la voglia di cercarle, tanta è la commozione.

Mi viene solo in mente una stupenda terzina di Dante, riferita al filosofo Sigieri di Brabante, nel canto X del Paradiso:

“Essa è la luce etterna di Sigieri,
che leggendo nel vico degli strami,
sillogizzò invidiosi veri”.

Grazie, Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, per aver portato un raggio di luce “nel vico degli strami” di questo mondo relativista, ma invidioso e perciò desideroso di verità!

Il mio ringraziamento diventa preghiera a Dio per te, ora che hai deciso di stare vicino a Gesù in altro modo, ma “senza abbandonare la Croce”.

Una preghiera presa da un mirabile Corale di J. S. Bach (BWV 639, nella bella trascrizione pianistica di Ferruccio Busoni): Ich ruf dir, Herr Jesu Christ (Ti invoco, Signore Gesù Cristo).

Al pianoforte, Vladimir Horowitz.





Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ,
Ich bitt, erhör mein Klagen,
Verleih mir Gnad zu dieser Frist,
Laß mich doch nicht verzagen;
Den rechten Glauben, Herr, ich mein,
Den wollest du mir geben,
Dir zu leben, Meinm Nächsten nütz zu sein,
Dein Wort zu halten eben.

Ti invoco, Signore Gesù Cristo,
ti prego, ascolta la mia supplica,
assicurami la tua grazia in quest'ora,
non lasciarmi scoraggiare.
Signore, cerco il giusto cammino
che tu saprai indicarmi,
per vivere per te, per essere utile al mio prossimo,
per custodire la tua parola.


martedì 26 febbraio 2013

Elezioni 2013. Il diavoletto di Cartesio

 
 
 
Mai visto un partito vincitore, il PD, uscire così depresso dal campo di battaglia elettorale. Bersani mi fa pensare a Pirro, ma più ancora al supplizio di Tantalo: quello che aveva acqua e cibo davanti a sé, ma se cercava di servirsene, questi gli si allontanavano. Il rottamatore di Renzi ha la maggioranza, sia alla Camera che al Senato; ma se cerca di afferrarla, questa si dilegua.
 
Mai visto un partito sconfitto, il PDL, uscire così soddisfatto dalla competizione. Berlusconi mi fa venire in mente "il diavoletto di Cartesio": quando pensi di averlo affondato, eccolo ritornare a galla. Più gli augurano la morte (politica e non solo), più il Cavaliere ritorna in sella.
 
Mai visto un partito che raggiunge il primato per numero di voti, il partito di Grillo, non emettere nemmeno un grido di esultanza; neppure un... cri-cri. E almeno una bottiglia di spumante, o almeno di spuma, il capitano genovese poteva stapparla.
 
Mai visto un premier uscente, il prof. Monti, più uscente di così. A lui è toccata la sorte del “nemo propheta in patria”. Ha avuto l’appoggio di tutta l’Europa, tranne che dell’Italia, dove si votava.
 
Mai visti tanti trombati eccellenti. Soprattutto Fini e Di Pietro.
Fini aveva già incautamente preannunciato la sua dipartita con la fatidica frase: “Che fai (elettore), mi cacci?”.  Del dottor Di Pietro non udiremo più il forbito eloquio, frutto di lunghi studi all’estero e forse di qualche master alla Giannino. Del “laureato” di Montenero di Bisaccia potremo ora gustare “the sound of silence”, il suono del silenzio.
 
Per chi ho votato io? Mai visto in Italia qualcuno che ti dica veramente per chi vota.
 
Queste elezioni non ne sono una prova lampante?
 
 
 
 
 

lunedì 25 febbraio 2013

A Gianna, per il suo compleanno












Oggi è il compleanno della carissima amica Gianna, maestra nella scuola, nella vita e nel blog.
Non posso lasciar passare questa bella ricorrenza, senza una dedica. 
In endecasillibi.
 
 
 
 
Nel cuore e nella mente
 
 
In questo giorno mi ritorna in mente
che è successo qualcosa d’importante:
la scoperta di un nuovo continente?
o una rivoluzione tra le tante?
 
Cerco e ripasso nella mia memoria
avvenimenti, fatti, personaggi;
scorrono via le date della storia,
metto in azione tutti gli ingranaggi.
 
E finalmente, come già Archimede,
“Èureka!” esclamo, con gran gioia vera:
oggi è nata (e lei ne può far fede)
Gianna, regina della blogosfera.
 
Ho visto ora il tuo abito regale
e il convito agli amici preparato.
Farò presenza solo virtuale,
ma indosserò il mio abito firmato...
 
E da lontano, dalla Tuscia antica,
ti mando i miei auguri più sinceri.
Auguri, Gianna, cara e dolce amica!
Sei nel mio cuore e sei nei miei pensieri.
 
 
Amicusplato


venerdì 22 febbraio 2013

Cortona, città perfetta


























Cortona è una città “perfetta” nella sua struttura urbanistica, racchiusa da possenti mura etrusche.
Città affascinante, che ogni anno attira da ogni parte del mondo migliaia di turisti.
Una piccola città, ma ricca di arte e di artisti.
Tra le opere d’arte basterà ricordare l’Annunciazione (1430 ca) del Beato Angelico (in questo periodo, in mostra in Vaticano).

Tra gli artisti citerò i sommi, di tre epoche diverse.

Luca Signorelli (1445-1523), che con il suo “Giudizio Universale” nel Duomo di Orvieto (Cappella di S. Brizio) ha ispirato quello di Michelangelo; per alcuni aspetti quello del Signorelli è anche più bello, nella sua plastica essenzialità. Come curiosità, voglio ricordare che perfino Freud cita il Signorelli all’inizio della sua “Psicopatologia della vita quotidiana”.

Pietro Berrettini (1596-1669), più conosciuto come Pietro da Cortona (ma a Cortona è chiamato il Berrettini!), è insieme a Bernini e Borromini il grande esponente dell’architettura barocca, e nella pittura il caposcuola del barocchismo. Scenografie grandiose e fastose, cieli “sfondati”, figure splendidamente rappresentate, in ogni possibile maniera e in un tripudio di luci e di colori. Il “Trionfo della Divina Provvidenza” nel Salone di Palazzo Barberini a Roma è unanimemente considerato il manifesto del barocco pittorico.

Gino Severini (1883-1966), insieme a Boccioni, Carrà, Balla e Russolo, firmò nel 1910 a Milano il “Manifesto dei pittori futuristi”, dando vita al futurismo pittorico. Una delle opere più belle dell’artista cortonese si trova nella sua città. È una stupenda “Via Crucis” a mosaico (1947), con le XIV Stazioni, più una; la prima infatti, fuori dello schema classico liturgico, rappresenta Gesù in Croce e ai suoi piedi S. Margherita da Cortona.

Proprio per questo oggi ho voluto dedicare un post alla città di Cortona: oggi è la festa della sua Santa Patrona. La vita di S. Margherita è stata descritta anche da celebri scrittori, come François Mauriac, per cui non c’è bisogno di soffermarvici. Il fascino di questa città è anche il fascino della sua bellissima Santa Patrona, Margherita.

Dal punto di vista musicale, il "Laudario Cortonese" è il più antico libro di canti in volgare, cioè in lingua italiana, risalente al XIII secolo (il secolo di S. Margherita), in notazione guidoniana, alcuni dei quali ripresi anche da artisti moderni (ad esempio, Claudio Baglioni, in "Dolce sentire").

E poiché si parla di musica leggera, cortonese è Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti; e legato a Cortona per motivi familiari e affettivi è uno dei più grandi parolieri italiani, Franco Migliacci.
A Cortona si sono esibiti ultimamente, in splendidi concerti, il violinista André Rieu con la sua spettacolare orchestra, e Martha Argerich, una delle più grandi pianiste del nostro tempo, che presso Cortona, in provincia di Arezzo, seguì in gioventù (negli anni ’60) un corso di perfezionamento di Arturo Benedetti Michelangeli.

Si parva licet componere magnis, Cortona è nel mio cuore, perché vi ho passato buona parte della mia carriera d’insegnante.
E mia madre si chiamava Margherita...

Riporto l’inizio di una poesia dedicata a Cortona da parte di un fine e grande poeta, Giulio Salvadori (1862-1928), nato a Monte San Savino, nella parte opposta della Valdichiana.

Alla montagna di Cortona

Dolce montagna, ond’io mirai bambino
nascere il sol d’autunno ogni mattino,
ove Cortona a mezza costa ascende
e al sol ponente d’ametista splende,
in te rinacque come in propria stanza
viola piena d’umile fragranza,
di verginal bellezza rivestita
fior della nostra valle, Margherita.
Sulla città, dalla sua nuda cella,
presso e lontan raggiò come una stella...

(Giulio Salvadori)


Foto in alto: "Via Crucis" (mosaico), Il Crocifisso e S. Margherita, Gino Severini (1947), Cortona

mercoledì 20 febbraio 2013

Il diavolo, naturalmente!



Siamo nel tempo di Quaresima, tempo di penitenza, di preghiera e di riflessione.

Il Mercoledì delle Ceneri ci ha ricordato che siamo polvere e in polvere torneremo. Non è un bel ritornello, ma purtroppo è la nuda verità. Sarà bene tenerne conto.

Il Vangelo di Domenica scorsa ci ha presentato le tentazioni di Gesù.

Chi è il tentatore? Il diavolo, naturalmente, l’angelo che si è ribellato al suo Creatore e cerca di portare alla rovina ogni altro essere.

C’è chi non crede al diavolo e ai suoi accoliti. Purtroppo lo spettacolo che ogni giorno viene offerto nel teatro del mondo presenta delle scene così drammatiche e truci che non possono essere spiegate senza la presenza di qualche attore “tenebroso”.

Perciò al diavolo ci credo.

Ma so con certezza che Dio è il Creatore, e dunque nessuna creatura, quantunque astuta, potente e malvagia potrà mai vincerLo.

Dunque, mi affido a Dio, e sono certo che la Sua onnipotenza supplisce alla mia povera fragilità.

Per questo sono sereno, nonostante questo temibile avversario.

Mi pare interessante presentare la figura di Satana così come l’ha immaginata Arrigo Boito nella sua grande opera “Mefistofele” (1868). 

Boito, famoso componente della “Scapigliatura” milanese, librettista anche di Verdi e altri ancora, prese il tema del suo melodramma dal “Faust” di Goethe.  

Ben nota la trama: il dottor Faust vende l’anima al diavolo (Mefistofele) pur di ottenere la felicità. Alla fine sarà la felicità eterna ad affascinarlo, e così riscatterà la sua anima. 

Nella videoclip, Mefistofele annuncia il suo programma nichilista.

Straordinaria la performance del basso-baritono gallese Bryn Terfel, un Mefistofele “perfetto”.


Atto I, Sc. II. Mefistofele (basso)

Son lo Spirito che nega

Son lo Spirito che nega sempre, tutto; l'astro, il fior.
Il mio ghigno e la mia bega turban gli ozi al Creator.
Voglio il Nulla e del Creato la ruina universal.
E' atmosfera mia, è atmostera mia vital,
ciò che chiamasi peccato, morte e mal.
Rido e avvento questa sillaba:
"No!" Struggo, tento, ruggo, sibilo:
"No!" Mordo, invischio, struggo,
tento, ruggo, sibilo: Fischio! Fischio! Fischio! Eh!

[Fischia violentemente colle dita fra le labbra. ]

Parte son d'una latebra del gran tutto: Oscurità.
Son figliuol della Tenebra che Tenebra tornerà.
S'or la luce usurpa e afferra il mio scettro a ribellion,
poco andrà la sua tenzon:
v'è sul sol, v'è sul sole e sulla terra, distruzion!
Rido e avvento questa sillaba:
"No!" (ecc.).

[Fischia violentemente colle dita fra le labbra. ]

A. Boito


giovedì 14 febbraio 2013

Il cuore ha le sue ragioni...



 
 
La rinuncia al pontificato di Benedetto XVI mi ha rattristato profondamente.

Mi dispiace “perdere” il suo limpido e sostanzioso insegnamento, la sua dolce figura di padre, la sua ferma condotta contro ogni deriva relativista e ogni tipo di fanatismo.

Il Papa ha spiegato con chiarezza il suo gesto, ispirato da Dio, e certamente profetico.

Ma anche i sentimenti vogliono la loro parte, e il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.

E allora voglio lasciarmi prendere dalla commozione. Voglio piangere.

Lacrime di tristezza, come le note del piano di questo concerto di Mozart. Lunghi singhiozzi, come le arcate di questi violini.

Un pianto liberatorio.

Per poter guardare più serenamente in avanti, anche se con occhi gonfi di lacrime.
 
 
 
W. A. Mozart, Piano Concerto n. 23, K. 488, II Mov. "Adagio". Al pianoforte, Hélène Grimaud. 

lunedì 11 febbraio 2013

L'ultima lezione di Papa Benedetto XVI: le sue dimissioni



Papa Benedetto XVI ha annunciato le sue “dimissioni” da Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica, oggi 11 febbraio 2013. Saranno esecutive il giorno 28 febbraio prossimo, alle ore 20.
Dopo sarà “Sede vacante” e seguirà il Conclave. Quindi, l’elezione del nuovo Papa, prevista prima di Pasqua, che quest’anno viene il 31 Marzo.
Benedetto XVI, consapevole del gesto così clamoroso, ma in piena libertà, ha scelto di passare il testimone ad altri, per l’impossibilità di servire la Chiesa con il necessario vigore che il successore di Pietro deve possedere.
Papa Benedetto ha preferito ripetere “il gran rifiuto” di S. Celestino V, piuttosto che affrontare le grandi sfide della modernità in condizioni di progressiva debolezza fisica e mentale.
E qui sta proprio la grande lezione di questo gesto. La fede non va avanti alla cieca, ma si serve della ragione umana per fare le scelte più giuste.
Uno dei tratti più tipici dell’insegnamento del papa-teologo Benedetto XVI è proprio questo: fede e ragione devono collaborare, per poter condurre l’uomo verso la sua meta finale, la salvezza.
E l’altra grande lezione che l'uomo Joseph Ratzinger ci ha dato è una lezione di umiltà.
Bisogna davvero vincere la propria ambizione, l’amor proprio, e se vogliamo anche l’umana vergogna, per dichiarare di non essere più in grado di svolgere il proprio ministero.
Papa Benedetto XVI lo ha fatto, umilmente, coraggiosamente, davanti a tutto il mondo.
Non “per viltade”, ma per amore di Gesù Cristo e per il bene della Chiesa. E del mondo intero.
Quest'ultima lezione di vita è stata il compendio di tutto il suo insegnamento.
Grazie, Papa Benedetto XVI !
Un grazie con lacrime di commozione agli occhi.
Nella foto in alto: Papa Benedetto XVI ad Arezzo, 13 Maggio 2012

domenica 10 febbraio 2013

Le foibe: fenomeni carsici...




Fino a qualche anno fa nei dizionari della lingua italiana la voce “foiba” aveva più o meno questa asettica dicitura: “Tipo di dolina costituita da un avvallamento imbutiforme sul fondo del quale si trova comunemente un inghiottitoio”. “Dolina: depressione di forma arrotondata frequente nei terreni calcarei e dovuta al fenomeno carsico” (Zingarelli, 1996).

Solo dal 2006 lo Zingarelli, alla voce “foiba” associa anche gli “eccidi e rappresaglie ad opera dei partigiani comunisti jugoslavi nell’ultima fase della seconda guerra mondiale e subito dopo”.

Oggi qualsiasi dizionario, anche il più ottuso e scalcinato, non può fare a meno di ricordare, insieme al “fenomeno carsico”, gli eccidi di italiani (friulani, istriani, dalmati) ad opera dei partigiani comunisti (non solo jugoslavi, però), perpetrati come pulizia etnica e politica.

Insomma, dopo che furono ammazzate e seppellite nelle foibe migliaia di persone, si è cercato di seppellire anche la loro memoria.

Un po’ troppo, anche per la “kultura” storica italiana, egemonizzata per decenni dall’ideologia marxista.

Per ricordare i martiri delle foibe, e le centinaia di migliaia di italiani che alla fine della guerra dovettero lasciare gli ex territori italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, profughi in patria, propongo un brano di concerto di Niccolò Paganini: la celebra “Campanella”, eseguito (e spiegato!) da Uto Ughi, l’eccellenza a livello mondiale nel violino.

Uto Ughi, nato a Busto Arsizio (1944), è di origini istriane; i suoi genitori erano di Pirano, scampati in tempo agli eccidi dei “fenomeni carsici”.

"Meminisse iuvabit". Bisogna ricordare, ammonisce Virgilio nell’Eneide.

Perché non si ripetano simili orrori.


 

giovedì 7 febbraio 2013

Buon carnevale al festino di Esopo!




Nella società di oggi il carnevale ha perso molto del suo “appeal”.

Sono sicuro che molti non sanno neppure che oggi è il giovedì grasso, ossia il Berlingaccio, ossia l’ultimo giovedì di carnevale.

Una volta era una giornata attesissima, dal punto di vista dei balli, dei divertimenti, degli scherzi e della cucina, “grassa”, ovviamente.

Il fatto è che lo spettacolo di carnevale lo vediamo ogni giorno dal vivo, senza bisogno dei coriandoli, delle assordanti trombette, dei carri allegorici o delle maschere in volto.

C’è in giro un campionario di umanità così varia da far invidia al “bestiario” di Esopo e delle sue favole. Banchieri, politici, faccendieri, personaggi dello spettacolo, dello sport, del cosiddetto “bel mondo”.
E poi, dall’altra parte poveracci, disoccupati, disastrati, alluvionati, terremotati; e mettiamoci anche i pensionati, quelli con pensioni non da giovedì grasso, però.

Furbetti e mascalzoni, ingenui e truffatori, bancarottieri e salvatori della patria, madamigelle in cerca di dote e madame già arrivate.

Tutti al festino di Esopo. Lupi e agnelli, leoni e asini, serpi e ranocchie, cani e prede...

“Il festino di Esopo” (Le festin d' Ésope, 1857) è una delle più celebri composizioni di Charles Valentin Alkan (1813 -1888), il musicista francese che ha conteso a Liszt la palma di miglior pianista del secolo XIX.

Ha anche rivaleggiato con lui nel comporre brani con difficoltà tecniche 'trascendentali'. Di fatto molte sonate di Alkan sono tra le più difficili di tutto il repertorio pianistico, e alcune sono quasi 'impossibili' da suonare.

Non sono molti i pianisti che possono affrontare le sue partiture, e forse proprio per questo è stato un po’ snobbato. Non a caso c’è una favola di Esopo che parla di volpe e uva...

"Il festino di Esopo", trattandosi di un tema con 25 variazioni, offre una grande varietà di 'pietanze'. Si va dalla marcia militare ad atmosfere impressionistiche, da tranquilli stati d’animo a travolgenti impeti di sentimenti, da momenti drammatici a tocchi ironici e quasi surreali.

Una vera summa della musica, con intelligenti riferimenti a tutte le esperienze del passato, da Bach, a Mozart, a Beethoven, a Schubert; e un anticipo di nuove esperienze, come l’impressionismo e le avanguardie musicali.

Non per niente Alkan è stato molto apprezzato da Franck, Saint-Saëns, Debussy, Ravel, Schönberg, Rachmaninov, Godowskij, Bartòk; senza parlare di Chopin e di Liszt, il quale ebbe ad affermare che Alkan possedeva “una tecnica perfetta mai vista prima”, mentre Chopin disse che Alkan possedeva più mani di lui...

Senza fare riferimento ad altre difficoltà tecniche, suonare le variazioni XVII-XVIII che sono delle ininterrotte scale cromatiche in semibiscrome, cioè in 64esimi, non è proprio per tutti.

Oggi, a 200 anni dalla sua nascita, c’è un doveroso ritorno allo studio di Alkan. Dopo le straordinarie performances di Ronald Smith e Marc-André Hamelin, molti vogliono confrontarsi col più difficile, misterioso, impossibile e originale compositore francese.

Buon Carnevale al grasso festino di Esopo!
 
Al piano-bar Marc-André Hamelin...




domenica 3 febbraio 2013

Nascere orfani. Non è uno scherzo di carnevale...

 
 








La cosa più triste della vita per un bambino è perdere i genitori.
 
Ma la cosa più aberrante è nascere senza averli. Nascere orfani.
 
Sembra una cosa senza senso, e lo è infatti. Come si fa a nascere senza avere un padre e una madre?
 
Da oggi in Francia si può.
 
Il paese che ha inventato la ghigliottina, ha ghigliottinato per legge babbo e mamma. La nuova “rivoluzione francese” li ha considerati degli optional. Un bimbo può nascere e crescere senza di loro.

Se una coppia di uomini (maschi) può avere per legge dei figli, come li ha “generati”?
 
Se una coppia di donne può avere dei figli, come li ha “prodotti”?
 
Una volta ci si scandalizzava perché l’educazione sessuale non era sufficientemente spiegata in famiglia dai genitori. Una lacuna rimediabile, con un po’ di dialogo e qualche disegnino.
 
Ora il problema diventa più inesplicabile della teoria della relatività di Einstein e del bosone di Higgs.
 
Come si fa a far capire a un ragazzo che egli ha due "madri" e non un padre, oppure, due "padri" e non una madre? E poiché nel mercato si trovano già “confezionati” embrioni umani, cioè bambini, quel ragazzo potrebbe avere in casa due madri nessuna delle quali è sua madre realmente, e due padri nessuno dei quali è realmente suo padre.
 
Perfino Cartesio, il filosofo francese delle idee chiare e distinte, padre della filosofia moderna, entrerebbe in confusione...
 
Una volta si diceva: “di mamma ce n’è una sola”, oppure “mater semper certa” (la madre è sempre certa). Oggi, il parlamento francese (in minuscolo, ovviamente) ha cancellato per decreto la saggezza popolare e le leggi della natura.
 
Ritorna il delirio di onnipotenza dell'uomo, che ha già prodotto in passato orrori senza fine.
 
Se la cosa non fosse tragica, si potrebbe mettere sul comico; per esempio, a un ragazzo che si ritrova con due "babbi", e niente mamma, non si potrà certo dire “figlio di buona donna”...
 
E quando un bambino chiederà dov’è la mamma, i due babbi potrebbero rispondere: la mamma non esiste; ma se vuoi, ti compriamo un altro fratellino, o una sorellina.
 
A scelta.
 
 

sabato 2 febbraio 2013

Nel buio del mondo, una luce




La Candelora illumina il buio del mondo.

Tante piccole candele oggi vengono accese nelle Chiese, per indicare la fede in Cristo, luce delle genti.

Altri tipi di  luce si accendono, per illuminare le case e le nostre città.

Ma c’è bisogno di una luce più intima per illuminare la nostra mente e il nostro cuore; una luce che le solite fonti energetiche non possono far arrivare agli utenti.

È la luce di Cristo. Inesauribile, rinnovabile, non inquinante, anzi, salutare, e senza bolletta bimestrale.

Al riparo perfino dalla spending review.

Lasciamoci avvolgere da questa luce, che ha la forza di vincere le tenebre del male.

Buona festa della Candelora, con un bel canto di Taizé: "De noche iremos".


De noche, iremos de noche,
que para encontrar la fuente.
Solo la sed nos alumbra,
solo la sed nos alumbra.

Di notte, andremo di notte,
per incontrare la fonte.
Solo la sete ci illumina,
solo la sete ci illumina.