lunedì 26 febbraio 2018

Neve, gelo e tramontana (in versicoli)


















Neve, gelo, tramontana
durerà una settimana.
Per tenere il freddo al largo,
vo in letargo.

Il termometro là fuora
segna zero e scende ancora;
e io del termosifone,
su il bottone!

Se la neve, assai copiosa,
copre tetti ed ogni cosa,
io mi infilo dentro al letto
ben protetto.

E se il vento siberiano
fischia e soffia a tutto spiano,
chiudo tutte le fessure
e serrature.

Se poi il gelo tutto invade
e pericola le strade,
chiudo l’auto in box, e slam!
prendo il tram.

Ed aspetto che passata
sia quest'aria congelata.
In letargo sono entrato.
Amicusplato.





giovedì 22 febbraio 2018

Margherita e Cortona: la bellezza che incanta





Non posso lasciar passare la festa di S. Margherita da Cortona (22 febbraio) senza dedicare a questa straordinaria donna e alla sua città di adozione qualcosa di bello.

La bellezza accomuna Margherita e Cortona.
Ci vuole perciò una “perla” (margarita) musicale per festeggiare degnamente.

Il mottetto Cantate Domino, a sei voci miste, di Claudio Monteverdi (1620)  mi pare quanto mai adatto: una lode a Dio, che ci ha donato tanto splendore, intessuta in una musica sublime.

Ho scelto per l'esecuzione il Coro dell’Università di Hong Kong. 
Non è il massimo della perfezione; ma vedere e sentir cantare con tanta passione Monteverdi da un coro cinese fa pensare, per contrasto, alla miseria musicale (e non solo quella) delle nostre università italiane.

Santa Margherita, prega per noi!   



Cantate Domino canticum novum,
cantate et benedicite nomini eius,
quia mirabilia fecit.
Cantate et exsultate et psallite.
Psallite in cithara et voce psalmi,
quia mirabilia fecit.

(Salmo 95, 1 e 2; Salmo 97, 1, 4, 5)

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate e benedite il suo nome,
perché ha compiuto meraviglie.
Cantate ed esultate e cantate lodi.
Cantate lodi con la cetra e con voce di lode,
perché ha compiuto meraviglie.



martedì 20 febbraio 2018

Hybrid e Hybris




La Chimera di Arezzo.
Tra poco la vedremo circolare anche in altre località...










È l’epoca degli ibridi.

Ibridi (anzi, hybrid, l’inglesismo è d’obbligo) le automobili, ibridi le piante, i fiori, i frutti che mangiamo.

Ibridi per qualcuno anche i sessi.

Ma tutto questo appartiene ormai all’archeologia genetica. Ora siamo alla nuova frontiera.
Nascono gli ibridi uomo-pecora, uomo-maiale, uomo-cavallo… I Centauri sono esistiti, a quanto pare e forse anche l’Unicorno rosa, quello che piace tanto agli atei, i quali han sempre affermato che non esiste.

Io poi che sono di Arezzo vi posso assicurare che è esistito il leone-capra-serpente, detto volgarmente Chimera, sinonimo di fantasia inverosimile, che sputa fuoco e veleno.
Le Chimere, se non sono esistite, le stanno producendo in qualche laboratorio californiano, da dove vedremo anche uscire, volando, il cavallo Pegaso montato (o meglio, pilotato) da Bellerofonte.

Finalmente potremo vedere di nuovo le Arpie, le mostruose donne pennute con artigli, ma qualche arpia esiste già nella zoo parlamentare; le Sfingi, di cui ne abbiamo oggi in gran quantità; i Minotauri, uomini cornuti non solo metaforicamente; i Cerberi con tre teste, come certe aggregazioni politiche; i mostri con cento occhi, come Argo-Equitalia, che dorme con 50 occhi a turno, cioè sta sempre sveglio; e Morfeo, che dorme sempre e vive di sogni come il popolo ignorante e ciuco italiano.

Se la questione non fosse tragica, sarebbe farsesca.

C’è un’altra parola simile a hybrid. La usavano i greci, che di ibridi con la loro mitologia se ne intendevano: hybris. Vuol dire suprema presunzione umana, sfida agli dei, alla fine sempre severamente punita.

La hybrid attuale è la suprema forma di hybris: l’uomo vuole sostituirsi a Dio.
Con il risultato di creare mostri.





lunedì 19 febbraio 2018

Previsioni elettorali (ma non è una cosa seria)
















In vista delle elezioni politiche del 4 marzo, chiuso il periodo dei sondaggi, possiamo aprire  quello delle previsioni.

I nomi dei contendenti e qualche altro indizio possono darci delle indicazioni sull'esito elettorale. Vediamo: 


Per Grasso, un risultato magro.

Per la Boldrini, l’ultima (e)lezione.

Per Salvini (agli immigrati), si salvi chi può.

Per Berlusconi, ritorno al futuro.

Per la Meloni, un fascio di voti.

Per Di Maio, polvere di (5) stelle.

Per Renzi, da rottamatore a rottame.

Per la Boschi, da aretina a tirolese.

Per Speranza, un cambio di cognome.

Per la Lorenzin, un vaccino per ogni voto.

Per la Fedeli, la buona squola.

Per Mattarella e Gentiloni, niente di nuovo. Rimarranno comunque al loro posto...





mercoledì 14 febbraio 2018

Le Ceneri e S. Valentino: un ossimoro?




A prima vista oggi due inconciliabili ricorrenze: Le Ceneri, simbolo  della nostra natura mortale, inizio della Quaresima, tempo di penitenza; S. Valentino, patrono degli innamorati, festa gioiosa.

In realtà siamo polvere e cenere; eppure, nel tempo che ci è dato di vivere, si vive solo per amore.

Amore in tutte le sue dimensioni, naturalmente.

E prima di tutto, amore per Dio.

Mi piace festeggiare Le Ceneri e S. Valentino con un ben noto canto di Taizé, dove l'amore per Dio e per ogni persona è di casa.

Mon âme se repose en paix sur Dieu seul, 
de lui vient mon salut. 
Oui, sur Dieu seul mon âme se repose, 
se repose en paix.

La mia anima si riposa in pace in Dio solo,
da lui viene la mia salvezza.
Sì, in Dio solo la mia anima si riposa,
si riposa in pace.





sabato 10 febbraio 2018

Nel Giorno del Ricordo, in memoriam di Norma Cossetto





Il 10 febbraio è il giorno che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo forzato degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.

I partigiani comunisti di Tito (aiutati da partigiani comunisti italiani, questo ancora viene appena sussurrato) massacrarono migliaia di italiani durante e dopo la II guerra mondiale. 
Quelli che scamparono alle foibe, vennero costretti a lasciare le loro terre e i loro beni e a fuggire in Italia, dove i comunisti italiani di Bologna e di Ancona li accolsero a sputi in faccia e a offese di ogni genere. Alla stazione i ferrovieri non dettero loro nemmeno un bicchier d’acqua.

Un esodo biblico, di trecentomila italiani.

Nelle foibe finirono uccise oltre 10.000 persone, tra cui la giovane universitaria istriana, laureanda in filosofia, Norma Cossetto, rea unicamente di essere figlia di un dirigente fascista di Visinada (attuale Croazia). Sottoposta a violenze, stupri e sevizie di ogni genere, il 4 ottobre 1943 venne infoibata insieme ad altri innocenti cittadini istriani a Villa Surani. Prima di essere gettata viva nella foiba profonda 136 metri, venne nuovamente seviziata (le tagliarono le mammelle) e stuprata con un bastone. Quando il corpo fu recuperato aveva ancora un bastone “inficcato nella vagina” (testimonianza raccolta dai riesumatori).

Per la mia quasi collega Norma Cossetto (laureanda in filosofia) l’omaggio in memoriam: “Plorate, filii Israel”, piangete figli d’Israele, struggente coro finale a sei voci dall’Oratorio “Jephte” (1648) di Giacomo Carissimi.

La tragica vicenda della figlia di Jefte è troppo nota per essere narrata. Si trova nel libro dei Giudici, cap. 11.



Plorate filii Israel, 
plorate omnes virgines 
et filiam Jephte unigenitam 
in carmine doloris, doloris lamentamini. 


Piangete, figli d’Israele,
piangete vergini tutte,
e fate un lamento in un canto di dolore
per l’unica figlia di Jefte.


lunedì 5 febbraio 2018

Buon carnevale, ma senza pazzie…





Quando si dice “commedia nella commedia” viene subito da pensare a Pirandello, al suo teatro, in cui realtà e finzione scenica si intrecciano e si confondono: i Sei personaggi in cerca d'autore e l’Enrico IV ne sono gli esempi più celebri.

Ma prima di lui Ruggero Leoncavallo aveva già mostrato la formidabile attrattiva del “teatro nel teatro” con I Pagliacci (1892). Alla rappresentazione, in chiave carnascialesca, di un matrimonio fallimentare tra l’anziano marito Pagliaccio e la giovane moglie Colombina, innamorata di Arlecchino, si sovrappone la tragica realtà di Canio (Pagliaccio) che ha scoperto il tradimento della moglie Nedda (Colombina) e la uccide insieme al suo amante di fronte agli spettatori increduli e inorriditi. “La commedia è finita!”

Per la trama viene in mente la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, di poco precedente (1890), due capolavori del verismo musicale italiano, che hanno avuto un successo planetario e che mantengono ancora intatto il loro fascino.

Siamo nella settimana clou del Carnevale e mi pare giusto proporre, dai Pagliacci, la serenata di Arlecchino  a Colombina. Un momento romantico e brioso, prima dell’incombente catastrofe.

La propongo nella versione staccata dal contesto, perché questa interpretazione di big Luciano è troppo bella!

Buon ascolto e Buon Carnevale! Senza pazzie…



II Atto, Scena II

Arlecchino (Peppe)

O Colombina, il tenero 
fido Arlecchin
è a te vicin! 
Ver te chiamando,
e sospirando aspetta il poverin... 
La tua faccetta mostrami, 
ch'io vo' baciar 
senza tardar 
la tua boccuccia. 
Amor mi cruccia e mi sta a tormentar! 
Ah! e mi sta a tormentar! 
O Colombina, schiudimi 
il finestrin, 
che a te vicin 
ver te chiamando, 
e sospirando 
è il povero Arlecchin!