mercoledì 31 dicembre 2008

Anno bisesto, anno dissesto. Con auguri di Buon Anno!





Oggi ha fin l’anno bisesto,
per proverbio, anno dissesto;
ma è un proverbio valido?

Il dissesto è assai evidente
nelle tasche della gente,
che son quasi vacue.

Mi diceva bene il nonno:
se non vuoi perdere il sonno,
tieni i soldi in camera.

A sinistra, giorni tristi:
son scomparsi i comunisti;
un dissesto storico.

A colmare il dispiacere,
saldo in sella è il cavaliere,
con le dame al seguito.

Negli affari religiosi,
che son tutti misteriosi,
solo Dio è buon giudice.

O bisesto o regolare
ogni anno è salutare,
ogni tempo è grazia.

C’è chi augura e prevede
la scomparsa della fede,
e di papa Ratzinger.

Ma la chiesa fa le corna,
e dei suoi fedeli adorna
la sua marcia accellera.

E per me, l’anno bisesto
mi portò nel palinsesto
della blogonautica.

Un' annata un po’ speciale:
ho incontrato il virtuale,
a me prima incognito.

Tanti amici e contenziosi,
nick ed avatar curiosi,
più o men karmatici.

È la lotta per il karma,
combattuta con ogni arma,
il dissesto webbico.

Se non torna l’interesse
per le idee e per come epresse,
va a finire a rotoli.

Ma nel cielo brillan fuochi,
sento spari forti e fiochi,
l’anno nuovo è all’incipit.

Dico a tutti il mio Buon Anno!
specie a quei che voteranno;
anche ai No anonimi.

Amicusplato

domenica 28 dicembre 2008

Rottamazioni di fine anno




Anno nuovo, vita nuova! Perciò è di moda alla fine dell’anno buttar via, o come si dice ormai comunemente, rottamare tutto ciò che sa di logoro e di vecchio.

La cosa ha molti vantaggi: fa girare l’economia, rinnova l’arredo della casa, porta una ventata di novità e di speranza, che fa sempre bene alla salute.

Qualcuno veramente si spinge un po’ oltre, almeno con la fantasia, e nella rottamazione metterebbe volentieri anche le persone.

C’è chi butterebbe nel secchione l’intera classe politica, senza raccolta differenziata.
Qualcuno vorrebbe che si affacciasse dalla finestra del Vaticano Giovanni Paolo III, magari nero come Obama, o almeno più abbronzato di Benedetto.
Qualcun altro rottamerebbe perfino la moglie, o il marito (ma attenti ai riciclaggi!)

Per quanto mi riguarda, mi accontento quest’anno di buttar via la tastiera con cui scrivo.

Me ne combina ormai di ogni colore. I tasti si inceppano, non obbediscono più ai comandi e vivono di vita propria. Se premo una lettera, viene un segno d’interpunzione; se voglio una virgola, il tasto mi risponde con la mutina; se faccio un numero qualunque, mi dà una chat line con tanto di video…

A questo punto mi viene da pensare che, come me, anche altri avrebbero bisogno di una tastiera nuova. Altrimenti non si spiegano tutte le corbellerie di ogni genere che si leggono in giro.

Non penso che sia questione di digitazione; si tratta il più delle volte di tastiere obsolete...

Rottamare, prego!

venerdì 26 dicembre 2008

Dopo il Natale, Santo Stefano. C'è un perché, anzi due.



Dopo la nascita di Gesù, si ricorda il primo martire cristiano, Stefano. Venne lapidato fuori della città di Gerusalemme per la sua fede. Morì perdonando i suoi uccisori (Atti degli Apostoli, 7, 60).

Unendo il Natale del Signore al martirio di Stefano la chiesa ammonisce che essere cristiani significa saper affrontare anche la persecuzione.

“Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, così scrisse nel 197 d. C. Tertulliano, nel periodo delle persecuzioni romane.

Già nel maritiro di Stefano si può constatare la verità di questa affermazione: coloro che lo lapidarono “deposero il loro mantelli ai piedi di un giovane chiamato Saulo” che approvò la lapidazione (Atti degli Apostoli, 7, 58; 8, 1).

Quel giovane, che fece il “guardarobiere” agli uccisori di Stefano, in seguito si convertì, cambiò nome e divenne l’apostolo Paolo.

C’è un secondo motivo per cui la chiesa ricorda S. Stefano dopo il Natale del Signore.

I santi sono festeggiati normalmente nel giorno della loro morte, che la fede considera il “dies natalis”, il giorno della nascita al cielo.

Si nasce tutti peccatori, e speriamo di rinascere tutti santi.

Ovviamente quando sarà il momento, e ci auguriamo non a colpi di pietre…



Foto in alto: Cattedrale di S. Stefano (sec. XV), Vienna. Il tetto è ricoperto da 250.000 tegole di maiolica colorata.

giovedì 25 dicembre 2008

Finire il Natale in bellezza (con Mozart)




Un modo adeguato per concludere il Natale, festa di pace e di serenità, è ascoltare una delle musiche più distensive e rasserenanti composte dal genio di Mozart: la Sinfonia Concertante, e in particolare il 2 Movimento, quello che presentiamo (solo una parte, quella che passa You Tube).


Buona conclusione del Natale!

mercoledì 24 dicembre 2008

Natale è...




Natale è la nascita di Gesù.

Natale è la nascita di un mondo nuovo. Un mondo in cui le discriminazioni non sono più giustificate.

"Non c'è più giudeo né greco, non c'è più schiavo né libero, non c'è più uomo né donna, ma tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Paolo ai Galati, 3, 28).


Ecco perché la nascita di questo Bambino viene festeggiata da 2008 anni.

Buon Natale a tutti! (ma proprio a tutti!)



Foto in alto: "Natività", Domenico Ghirlandaio (1485), Chiesa di S. Trinita, Firenze
Il dipinto su tavola è nella Cappella Sassetti, ed è uno dei massimi capolavori della pittura fiorentina. La data MCCCCLXXXV si legge sopra il capitello corinzio della colonna centrale (cliccare sul disegno per ingrandire l'immagine).

Happy Christmas (War is Over) - John Lennon



È senza dubbio la più celebre delle canzoni natalizie moderne, scritta da John Lennon nel 1971, in collaborazione con la moglie Yoko Ono.
La musica è presa da un vecchio canto folk americano, "Stewball". 

Il brano di Lennon è un bellissimo e toccante augurio di pace.

Da notare anche la frase di Gandhi alla fine del video e che tradotta suona così: Se facciamo occhio per occhio, diventiamo tutti ciechi.


Happy Christmas (war is over)


So this is Christmas
And what have you done
Another year over
And a new one just begun
And so this is Christmas
I hope you have fun
The near and the dear ones
The old and the young

A very Merry Christmas
And a Happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

And so this is Christmas
(war is over)
For weak and for strong
(if you want it)
The rich and the poor ones
(war is over)
The world is so wrong
(now)
And so Happy Christmas
(war is over)
For black and for white
(if you want it)
For yellow and red ones
(war is over)
Let's stop all the fight
(now)

A very Merry Christmas
And a Happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

And so this is Christmas
(war is over)
And what have we done
(if you want it)
Another year over
(war is over)
And a new one just begun
(now)
And so Happy Christmas
(war is over)
We hope you have fun
(if you want it)
The near and the dear ones
(war is over)
The old and the young
(now)

A very Merry Christmas
And a Happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

War is over
If you want it
War is over
Now



Buon Natale (la guerra è finita)

Così questo è il Natale,
e tu cosa hai fatto?
un altro anno è passato
ed uno nuovo è appena iniziato
e così questo è il Natale
spero che ti diverta
con il più vicino e il più caro
con il vecchio e con il giovane

Un felice Natale
e un meraviglioso anno nuovo
speriamo che sia davvero un buon anno
senza alcuna paura

E così questo è il Natale (la guerra è finita)
per i deboli e per i forti (se lo vuoi)
per i ricchi e per i poveri (la guerra è finita)
il mondo è così sbagliato (adesso)
e così buon Natale (la guerra è finita)
per i neri e per i bianchi (se lo vuoi)
per i gialli e per i rossi (la guerra è finita)
fermiamo tutte le guerre (adesso)

Un felice Natale
e un meraviglioso anno nuovo
speriamo che sia davvero un buon anno
senza alcuna paura

Così questo è il Natale (la guerra è finita)
e tu cosa hai fatto? (se lo vuoi)
un altro anno è passato (la guerra è finita)
ed uno nuovo è appena iniziato (adesso)
e così questo è il Natale (la guerra è finita)
spero che ti diverta (se lo vuoi)
con il più vicino e il più caro (la guerra è finita)
con il vecchio e con il giovane (adesso)

Un felice Natale
e un meraviglioso anno nuovo
speriamo che sia davvero un buon anno
senza alcuna paura .

La guerra è finita, se lo vuoi
la guerra è finita, adesso.

sabato 20 dicembre 2008

We wish you a Merry Xmas, and...




Dopo aver indicato una delle composizioni natalizie più belle (per me la più bella!) di musica classica, e cioè "Uns ist ein Kind geboren" di Kuhnau, (attribuita a Bach, come Cantata 142), non si può tralasciare di fare gli auguri con un bel canto tradizionale: We wish you a Merry Christmas.

Forse qualcuno pensa che sia un canto moderno; è invece un canto inglese molto antico, e risale al 1500.

Sempre bello da ascoltare!

giovedì 18 dicembre 2008

La più bella cantata di Natale




http://www.baroquecds.com/721Cantata142.mp3


Uns ist ein Kind geboren,

ein Sohn ist uns gegeben.

È nato per noi un bambino,
un figlio ci è stato dato.

(Isaia 9, 5)


Infinite sono le musiche natalizie; dai bei canti tradizionali, alle composizioni dei grandi musicisti (Corelli, Vivaldi, Handel, Bach, … ), che in questo periodo vengono riproposti.

Ma c’è una cantata che pochi conoscono, e di cui purtroppo non c’è traccia video del web.

È di una bellezza straordinaria. A mio parere è la più bella cantata natalizia.

Sono riuscito, con grande fatica, a trovare un frammento di un solo minuto di questa musica stupenda; l’ho postata ugualmente, perché il breve saggio invogli all’ascolto della versione completa.

Data la brevità, ho anche postato una trascrizione completa del brano, eseguito ad una tastiera, mentre scorrono nel video le note della partitura.

Si tratta della cantata Uns ist ein Kind geboren, composta a Lipsia intorno al 1720 e attribuita fino a qualche decennio fa a Bach (Cantata 142). Più verosimilmente però è opera di Johann Kuhnau, antecessore di Bach come maestro di cappella della Thomaskirche di Lipsia.

Si noterà che il tema è trattato in modo imitativo: iniziano i tenori; seguono i contralti, i bassi e i soprani, in un susseguirsi ritmato e festoso di fraseggi musicali.
Anche i due brevi versetti, che compongono il corale, si intrecciano nelle varie sezioni; un annuncio di gioia, che diventa dialogo sempre più coinvolgente.

Il Natale è proprio questo: un lieto annunzio che spezza la solitudine dell’uomo e gli fa scoprire la bellezza del dialogo, con le altre persone e con Dio.



Foto in alto: "La Natività", Gherardo delle Notti (Gerard van Honthorst), 1620, Galleria degli Uffizi, Firenze

domenica 14 dicembre 2008

Regali di Natale, ad personam (in versi!)



Mancano pochi giorni ormai a Natale
e ai regali bisogna anche pensare.
Se per te una persona è un po’ speciale
lo devi con i fatti dimostrare.

E allora vado anch’io all’ipermercato
per cercare qualcosa a mia maniera
e farne un pacchettino infiocchettato
per tanti amici della blogosfera.

Per prima, e ciò mi sembra doveroso,
nel reparto informatico mi addentro.
A Parsifal, che informa generoso,
metto un giga di “grazie!” in penna usb dentro.

E per Pcdazero, l’altro esperto,
per regalo ha il mio augurio più sincero;
vari pc per poco mi hanno offerto,
ma non trovai nessun pc da zero.

Passo al reparto pentole e cucine,
ed Abagnomaria mi viene in mente;
ho dovuto cercare, ma alla fine
ho trovato un paiolo assai capiente.

A Fiammifero invece ho regalata
un’accensione elettrica e pulita;
così non potrà più venir fregata
e non si brucerà le rosee dita.

Mi sembra di veder Nonsolopane:
il tempo natalizio la deprime;
e invece di un pacchetto e cose vane
provo a tirarla su con queste rime.

Dentro un negozio per l’abbigliamento
è entrata Kitascima, ma poi scappa;
non ha trovato roba in gradimento;
lei cerca, lo sappiam, robe di Kappa.

Nel reparto dei video chi ti vedo?
è certamente, sì, Kurosbannato;
e gli regalo il miglior trash, io credo:
Lucab con Filosganga e Amicusplato.

Nel bel negozio di orologeria
scelgo il regalo per il caro Gero:
lui posta a tutte l’ore e ovunque sia;
dovrò svuotar per lui il negozio intero:

un oriolo subacqueo e da alta quota,
a pendolo, a cucù, da polso e a torre
che batta l’ore e che un poco lo scuota,
e gli ricordi che dormir occorre.

Quasi nascosta tra tanti clienti,
vedo Abdida passar tranquillamente.
Mi fai sempre arrossir dai complimenti;
per te non c’è un regalo sufficiente…

Incontro Ross, ha l’aria un poco tesa.
Dico: “Oggi almeno, oblìa chi ci governa!”
“Guarda che non son qui per far la spesa;
vado a svegliar la commissione interna!”

Arriva Mstatus, con un libro in mano;
bello alto (il libro) e scritto niente male:
“Catechismo cattolico romano”.
Io gli regalo allora anche un messale.

C’è un gruppetto carino di persone
che mi seguono spesso interessate.
Il loro voto è per me uno sprone
per continuare a scrivere caxxate.

C’è Ricio 78, in sport esperto,
Avocad 3 e Dora, certo bella,
e Franca, battagliera a viso aperto,
e Sammy B, amante di nutella.

C’è Max 75, in nuove utenze,
(e il 22 dicembre ha il compleanno);
invece sono belle conoscenze
Cab, Boromir, Rickgav ormai da un anno.

E mentre scrivo vengono alla mente
tanti nomi che voglio qui annotare:
Lillyth, un’insegnante assai valente,
Lisa con cui è un piacere dialogare.

Saamaya affida al vento la sua posta
e la lascia nel cielo volteggiare.
E io un biglietto le regalo apposta
per Via col vento 2, ch’è da girare.

Vola sempre più in alto M T Mura,
con una meritata aurea stellina;
e pensar che dell’alto lei ha paura;
le regalo perciò la xamamina.

Nel bar trovo a discuter con calore
di politica, sesso e religione
Swa, Quandoposso, Slasch, Periclitore,
Morosita, No-Ratzi e Redemptione.

E chissà perché trovo in farmacia
Prostata ed Emorroide; caso strano…
Arriva pure Intensaterapia;
auguro la salute, e mi allontano.

“Ave atque vale!” dice a me Silvestre,
e comincia a parlarmi in buon latino.
La chiacchierata è bella e non pedestre;
un albero gli dono, un gran bel Pino.

Non ho visto Kukulkan qui all'intorno,
di certo è a duellare in altre sedi;
al guerrier della luce, al suo ritorno,
dono una spada laser, come a un Jedi.

Ed intanto una musica si effonde
di Prokofiev, e poi di un altro autore;
non è Poulenc, ma un po’ vi corrisponde;
l’ha scritta Erlkonig, buon compositore.

La musica ti mette buonumore;
Comicomix allor mi viene in mente,
Larassa, e il Tratto, gran disegnatore;
si spiega ciò Psicologicamente.

Pierpaolobasso voglio ricordare,
Casadelpopol, Progvolution, Scheggia
Lineagotica e Bob; posso notare
che nei miei post il loro ok occhieggia.

Alta e slanciata, come una modella
da Dudovich Marcello disegnata,
vedo sfilare come in passerella
una gentil signora raffinata.

Mi passa da vicino sorridente;
riconosco la bella genoana
Audrey nomata, sguardo seducente;
e fermo qui il mio dire e il mio peana.

Un bel regalo io ti devo fare
per quanto in quest’annata mi hai ispirato.
Un bel poster ti voglio regalare
con la faccia di Gramsci aureolato.

Tante persone ancora dovrei dire,
ma è tempo ormai di chiuder la canzone.
Vorrei citarvi tutti, a non finire:
non mancherà di certo l’occasione.

A tutti va il mio augurio più sincero;
se il regal non è stato indovinato,
mi scuso e mi dispiace per davvero.
Un saluto dal vostro Amicusplato.

sabato 13 dicembre 2008

Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia!


Il vecchio poverbio è, come sappiamo, leggermente inesatto, poiché il giorno più corto nel nostro emisfero non è il 13 dicembre (S. Lucia), ma il 21 o 22 dicembre (quest’anno il 21 dicembre).

Siccome i proverbi sono la sapienza dei popoli, e hanno perciò origini molto antiche, anche il detto di S. Lucia ha delle buone ragioni dalla sua parte.

Anzitutto, anche se non è proprio il solstizio invernale, siamo in un periodo del calendario in cui le giornate sono tra le più corte dell’anno.

Inoltre, la simpatica rima faceva da promemoria, quando non esistevano le agende elettroniche, e nemmeno quelle cartacee.

Ma c’è un motivo ancor più consistente per valorizzare appieno il proverbio. Infatti fino a 600 anni fa il 13 dicembre era proprio il solstizio invernale, e quindi il giorno più corto dell’anno.

Come ben noto, Giulio Cesare, celebre per le imprese belliche, introdusse nel 46 a. C. anche un’importantissima riforma del calendario. L’anno solare, con buona approssimazione secondo i calcoli degli astronomi alessandrini, venne fissato in 365 giorni e 6 ore. Poiché il calendario considera solo i giorni, le 6 ore venivano recuperate ogni 4 anni con l’aggiunta del giorno bisestile. Come ancor oggi avviene.

Nel corso dei secoli ci si accorse però che gli equinozi non erano giusti: infatti il 21 marzo, in cui la luce del giorno doveva essere di 12 ore, come il buio della notte (aequa nox, cioè notte uguale al giorno), le ore di sole erano superiori di molto; in pratica il calendario segnava 21 marzo, ma le giornate erano quelle di aprile. Si rimaneva indietro.

Ecco perché intorno al 1450 il giorno di S. Lucia era “il giorno più corto che ci sia”. Si diceva 13 dicembre, ma in realtà si era già al 22 dicembre.

Per volontà di Papa Gregorio XIII nel 1582, dietro studi più accurati, si decise di riformare il calendario giuliano. L’anno risultava in effetti più corto di una decina di minuti (365 giorni, 5 ore, 48 minuti, 45 secondi) di quello che pensavano gli antichi alessandrini, per cui mentre il sole (la terra) faceva il suo giro velocemente, il calendario rimaneva indietro, ogni anno di 11 minuti e 15 secondi.

Pochi in un anno, ma molti nello scorrere dei secoli; ogni 400 anni si rimaneva indietro di circa 3 giorni.

Per prima cosa si corresse l’errore del passato, cancellando 10 giorni dal calendario, per raggiungere così anche nella carta il corso del sole (della terra).
Così nel 1582 dal 4 ottobre, festa di S. Francesco, si passò subito al 15 ottobre, giorno della morte di S. Teresa d'Avila; per cui i giorni 5, 6, 7 … 14 ottobre 1582 non sono mai esistiti. La grande mistica spagnola, riformatrice dell'Ordine Carmelitano, morì proprio nella notte tra il 4 e il 15 ottobre 1582, giorno che, dopo la canonizzazione della santa (nel 1622), è a lei dedicato.

Ogni 4 anni rimase il giorno bisestile; ma per evitare di rimanere di nuovo indietro, tra gli anni centenari (1600, 1700, 1800, 1900, 2000, etc.), di per sé tutti bisestili perché tutti divisibili per 4, dovevano essere bisestili solo quelli le cui due prime cifre erano divisibili per 4, e cioè il 16 (il 1600 fu un anno bisestile) e il 20 (il 2000 è stato un anno bisestile); non furono bisestili invece il 17 (1700), il 18 (1800) e il 19 (1900).
In pratica, anche negli anni secolari vige la regola di uno ogni quattro (il 2100 non sarà bisestile, per chi ci sarà…, e così il 2200, peggio mi sento, e il 2300, ma per favore! Lo sarà invece il 2400, meno male…).

Incredibile a dirsi, ma non tutti accolsero subito il calendario gregoriano. I protestanti e gli ortodossi, per opposizione alla chiesa cattolica, continuarono col calendario giuliano. Ma poi i protestanti lo accettarono nel XVIII secolo. Gli ortodossi invece ancora nelle loro festività seguono il calendario giuliano, indietro ormai di 12 giorni.

È interessante notare che la Rivoluzione d’ottobre in Russia avvenne il 24/25 ottobre 1917; ma con Lenin, che adottò il calendario gregoriano, venne a cadere il 7 novembre. Per cui è rimasto il nome di Rivoluzione d’ottobre, ma festeggiata fino alla caduta dell’URSS, di novembre.

Per un motivo analogo, S. Lucia non è il giorno più corto che ci sia. Ma lo è stato.

E nei giorni bui dell’inverno, la coraggiosa testimonianza della martire siracusana è ancor oggi luce ai nostri occhi.



Foto in alto: "Santa Lucia" (1532) , Lorenzo Lotto, Pinacoteca di Jesi

venerdì 12 dicembre 2008

Un anno nel web. Il tempo corre a ritmo di Passepied




In questi giorni ho ricordato il mio primo anno nel web postando il Canto di Solveig di Grieg.

Oggi continuo, proponendo un brano pianistico molto suggestivo, Passepied, di Debussy.

Il brano fa parte della Suite Bergamasque (1905), nella quale troviamo anche il celebre Claire de lune, che fa bella mostra di sé nel mio blog.

Il passepied era un passo di danza francese, divenuto poi un tipo di musica, con tempo per lo più binario (in questo caso 4/4) e con un andamento leggero e spedito.

Debussy parte da uno dei movimenti della suite barocca (in particolare c'è l'esempio di Bach), per inserirvi innovative variazioni impressionistiche, che ci riportano ai tempi moderni e al suo stile inconfondibile.

Il passato giunge fino a noi con un rapido passo di danza, ma il tempo talvolta sembra fermarsi quando le suggestioni interiori si fanno più intense.

mercoledì 10 dicembre 2008

Un anno nel web...




È un anno esatto che sono nel web.

“Io non so ben ridir com’io v’entrai”, direbbe il Poeta. Il fatto è che mi sono addentrato in questa selva virtuale, per me molto oscura, tanto che ancora non riesco bene ad orientarmi…

Voglio solo ringraziare tutti coloro che in qualsiasi modo mi seguono, o con l’approvazione o con il dissenso. Ciò che conta è il rispetto reciproco, pur nella varietà delle opinioni.

“Al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore” (S. Giovanni della Croce).

Il mio unico desiderio è quello di fare un blog nel quale poter trovare sempre qualcosa di bello: un bel quadro, una bella musica, un bel video, magari anche un bel post.

Bello per me non vuol dire superficialità, ma ferma speranza.

Come candela di compleanno presento il Canto di Solveig, dal Peer Gynt di Ibsen, musicato da Grieg, ambedue tra i miei autori preferiti. È anche la clip del mio profilo.

Solveig è il simbolo dell’amore che redime. Peer Gynt è un sognatore e uno spirito libero. Ma alla fine sarà vinto dall’amore di Solveig, che lo ha atteso, non invano.

“Passeranno forse l'inverno e la primavera
passeranno l'uno e l'altra
e la prossima estate e l'anno venturo
e quello successivo
finché tu verrai,
perché una volta verrai,
me lo dice il cuore,
e come t'ho promesso io ti aspetto qui,
come t'ho promesso...”

(Il canto di Solveig)

domenica 7 dicembre 2008

Omaggio all'Immacolata. Il Magnificat di Frisina




Nella festa dell’Immacolata vogliamo rendere onore a Maria, “umile ed alta più che creatura”, colei che ci ha donato Gesù, il nostro Salvatore.

La bellezza interiore di Maria, piena di grazia, ha ispirato gli artisti di ogni epoca: pittori, scultori, musicisti, poeti...

Noi presentiamo un brano di un noto musicista attuale, Marco Frisina, scritto nel 2000 per la Giornata Mondiale della Gioventù, a Roma.

Le parole sono di Maria stessa, il Magnificat, con cui rende lode al Signore per quanto ha operato in lei, pur nella povertà di creatura.

La voce è quella inimitabile di Mina.

Le immagini che scorrono durante il video sono opere di alcuni tra i più grandi pittori, a partire da Botticelli, Giotto e Ghirlandaio, fino al Pontormo.

È un omaggio anche a ogni donna, che in Maria raggiunge il vertice della creazione.

sabato 6 dicembre 2008

Un cammino di liberazione (con Mozart)




Il periodo di dicembre che precede il Natale mi rimane sempre particolarmente gradito.

I motivi affondano anche nell’infanzia: il presepe, l’albero, gli addobbi…
E poi l’illuminarsi progressivo delle strade, dei negozi…
Un mondo di luce nel buio dell’inverno.

Ma procedendo negli anni ho scoperto che l’avvicinarsi al Natale ha portato con sé il desiderio di un rinnovamento interiore; il desiderio di ripresa nel cammino della vita.

È un periodo in cui, oltre alle luci e ai colori, anche i suoni hanno la loro bella importanza.

Per questo voglio proporre all’attenzione un brano di Mozart.
Per molti sarà un pezzo sconosciuto, o quasi. Ma si tratta di una delle sue più belle composizioni.

È il primo movimento della Sonata K. 310 per pianoforte.

Oltre al virtuosismo, si notano pathos e forza espressiva, che preannunciano il romanticismo e aprono la strada a Beethoven.

Ho scelto la K 310 perché sembra esprimere proprio quello che ho detto all’inizio: un cammino può essere faticoso e anche drammatico, ma alla fine la speranza vince.

Le prime frementi note, caratterizzate da acciaccature, richiamano i chiaroscuri della vita; e più volte nel corso della sonata il tema iniziale ritorna.

Ma da ultimo il travaglio del negativo si sublima in un crescendo di liberazione.

mercoledì 3 dicembre 2008

Nebbia fitta...


Dopo la pioggia, la nebbia.

Molto pericolosa per chi viaggia.

Ma anche chi sta seduto davanti a una tastiera di computer può correre il rischio di vederci poco.

Si può notare da tanti articoli che riguardano la chiesa e i diritti umani, i gay, e i diversamenti abili.

Sono saliti in cattedra improbabili maestri di coscienza.

Si accusa la chiesa di non essere dalla parte dei diritti umani. Lo dicono coloro che sono per l’aborto e per l’eutanasia, cioè i favorevoli per la pena di morte, secondo il proprio insindacabile giudizio.

Sui gay si accusa la chiesa di essere con coloro che ne vogliono la discriminazione, fino alla persecuzione. La chiesa ha nel suo catechismo, come norma fondamentale, il rispetto per tutti, anche per chi la combatte. Ha firmato la moratoria per la pena di morte e la tortura, ed ha proposto una moratoria per l’aborto, derisa da tutti i guru del laicismo. Figuriamoci se vuole discriminare o penalizzare qualcuno.
Ma nessuno può obbligare la chiesa a considerare l’unione omosessuale al pari della famiglia.
La chiesa vede lontano, perché viene da più lontano: e un trojan horse lo sa distinguere come il miglior antivirus in circolazione.

I maestri del laicismo rimproverano alla chiesa di non aver rispetto per i diversamenti abili, quando è quasi unicamente il mondo cattolico a farsene carico. Ma i nuovi farisei non si fanno scrupolo di proporre l’aborto e la selezione eugenetica nel caso di feti non corrispondenti alle attese (di chi?)


Nebbia fitta… procedere con cautela.

martedì 2 dicembre 2008

Avvento. Il tempo dell’attesa




Siamo nel'Avvento, il periodo che precede il Natale. C’è chi si pensa già ai regali, o alle cose da comprare con la tredicesima, oppure a dove e come trascorrere le feste.

È per i credenti anche un tempo di purificazione interiore, per accogliere degnamente il Signore e non lasciarlo ancora una volta fuori dalle nostre case, come accadde a Betlemme.

Ci può aiutare in questa trepida attesa l’oratorio “il Messia” di G. F. Händel, un capolavoro della storia della musica (1741) e una sintesi musicale della storia sacra: dalle profezie dell’Antico Testamento, che preannunciano il Messia, alla Nascita di Gesù, fino alla sua Risurrezione.

Nel periodo dell’attesa, c’è il coro “And He shall purify”, costruito su di un versetto del profeta Malachia, 3, 3: “And He shall purify the sons of Levi, that they may offer unto the Lord an offering in righteousness”.

Egli purificherà i figli di Levi, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia.

Il brano ha un andamento “fugato” (il tema cioè “si rincorre” nelle varie parti, dal soprano, al basso, al tenore, al contralto), per trovare poi unità nella parte più propriamente corale.

Un magnifico esempio di contrappunto e armonia.

E un invito ad ascoltare tutto il resto.

lunedì 1 dicembre 2008

Piove!

















In questi giorni piove.
Non sarà il diluvio universale, ma un bel pediluvio il Padreterno se lo sta facendo!

Ma perché piove tanto?

Ci sono motivi scientifici:
la lunga siccità (come a Palermo...);
i venti sciroccosi carichi di nuvole;
il clima ormai tropicale, e non ci sono più le 4 stagioni:
di quelle, c’è rimasta solo la pizza (e il concerto di Vivaldi).


Ci sono poi motivi politici:
piove perché il governo è ladro;
perché l’opposizione fa un governo ombra, che fa piovere anche quello;
perché l’economia mondiale fa acqua da tutte le parti.


Pioggia personalizzata, o nuvola di Fantozzi:
piove perché l’ombrello di Avira non riesce più a parare nel mio pc i virus a pioggia del web;
piove, così posso apprezzare in modo adeguato che colore ha Una giornata uggiosa di Battisti.


Ascolta, Ermione, piove…
E alllora, caro Amicus, sarà meglio stare al coperto…



Foto in alto: "L'Arca di Noè", miniatura del 1493, Hartmann Schedel, Cronaca Universale (Norimberga).

domenica 30 novembre 2008

Eureka! Bill Gates può aspettare (terzine dantesche)






Grazie agli incoraggiamenti degli amici utenti, ho continuato la faticosa ricerca di salvataggio del mio personal computer, a cui sono affezionato.
Tra una serie di reindirizzi, ho trovato incredibilmente un forum che descriveva i guai del mio elaboratore.
Ho seguito i suggerimenti proposti e oggi ho liberato il computer dall’infezione.





Cari amici, vi annuncio un gaudio magno!
“Ma come? han fatto il papa e non l’han detto?
È morto Papa Ratzi, l’allemagno?”

No! ancora regna Papa Benedetto.
Nessun nuovo pontefice è previsto,
ma voglio farvi noto un bel verdetto.

Il mio pc era andato, l’abbiam visto,
da virus assalito e da batteri;
mi consigliò l'esperto un nuovo acquisto

dicendo: “Di salvarlo non ci speri.
Lo rottami e ne compri uno migliore;
uno con tanti giga di poteri!”

Ma le difficoltà mi dan vigore;
e tra un male di denti e di cervice,
tra i reindirizzi del calcolatore,

ho trovato una URL risanatrice.
Passo passo ha guidato il mio cammino,
finché del male ho visto la radice.

“Go.google.com” è il file malandrino,
il nemico mortal, il satanello,
che riduce il pc a uno spezzatino.

Così, benché maldestro e un po’ novello,
partendo dallo Start, come evidente,
entrato dei controlli nel Pannello,

Sistema e Periferica latente,
sono arrivato a un file misterioso;
TDSS; seguo assai prudente

le istruzioni del web, sempre prezioso;
disattivo; riavvio per caricare
ed aspetto, tra incerto e speranzoso.

D’incanto torna tutto a funzionare;
rapidissimi i link e ben diretti,
questa volta non c’è più da sbagliare.

Come nel lume l’olio nuovo metti,
come il sereno dopo il temporale,
come il viagra agisce nei vecchietti,

così è tornato il mio pc normale;
non avrà tanti giga di potenza,
certo non guiderà nave spaziale,

ma per quello che serve alla mia utenza
mi basta e avanza; ed a Bill Gates dico:
“Signor Silicio, un poco di pazienza;

mi tengo ancora questo vecchio amico!”

sabato 29 novembre 2008

Virus (in versi, scherzoso!)




Le cose dette in questo post sono volutamente esagerate.
Ma solo in parte. In effetti alcuni dei problemi descritti sono veri.
Penso di cambiare computer…






Forse sarà l’inverno ormai incombente,
forse il fatto che sono influenzato,
ma il mio caro pc, sempre efficiente,
da un’armata di virus è attaccato.

Worm, malware, spyware, trojan horse,
hanno infetttato i file a più non posso;
li vedo brulicare e far le corse,
e dal computer mi saltano addosso.

Non so come avrà fatto l’infezione
ad entrar nell’arnese ben protetto
da antivirus potente ed in funzione;
ma anche l’antivirus ora è infetto!

Appena apro un programma, un mascherino
dice che c’è un errore di partenza…
lo ignoro e vado avanti, assai lentino:
per entrare in un sito, che pazienza!

Un bug vuol attaccarmi un file su Dio
uno spy si è infilato nella posta;
in un blog femminile un trojan rio
svela ogni cosa, anche la più nascosta.

Ma il problema più grave è il reindirizzo:
se chiamo un nome, ne vien fuori un altro,
il pc si comporta a ghiribizzo
e dove vuole lui, mi manda scaltro.

Se clicco Berlusconi viene il Duce,
se digito Veltroni dà Not found;
cerco sulla Carfagna un po’ di luce,
mi ritrovo in hot line a fare un round.

Ho provato a linkare Vaticano:
è venuto, pensate, lo sbattezzo;
ho provato a chiamar Napolitano
e son finito nella Lega in mezzo.

Volevo un po’ veder Kurosbannato
ed ho trovato invece Panattoni;
un augurio per Gero cresimato,
ma il virus mi ha mandato tra i mormoni.

Con Saamaya un dialogo cercavo
ed ho trovato invece Scostumata;
rubrica religiosa io ricercavo,
ed ho trovato Swa con la sua armata.

Voleo con Waxen disquisir latino,
mi ritrovo con Slasch vernacoliere;
star con Nonsolopane un pochettino
avrei voluto; non ci son maniere.

E se clicco Fiammifero, si accende
ogni fornello di Abagnomaria;
se di veder You tub' voglia mi prende,
perfino Morosita scappa via...

Vo a Pizzettaro, arriva Pummarola,
cerco Sballato e ho Intensaterapia,
vado a Nutella e viene Gorgonzola,
TetteGiganti ad Oh_My_God invia…

Non riuscendo a sanare il danno grave
un esperto informatico ho chiamato,
che del guasto ha cercato assai la chiave,
ma troppo il macchinario era infettato.

Alla fine mi ha detto: “Amicusplato,
lei tiene al suo computer, giustamente
e vorrebbe che fosse riparato.
Ma invece di accanirsi inutilmente

stacchi la spina, perché questo è andato!"

mercoledì 26 novembre 2008

Il giovane ricco. Omaggio a Gramsci





Per onorare la figura di Antonio Gramsci, che ha sacrificato la sua vita per gli ideali di giustizia sociale, e ha concluso la sua esistenza con uno sguardo di amore verso Colui che li ha insegnati e praticati, ho creduto opportuno riportare un brano del film “ Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini (1964).

Un episodio di vangelo, quello del giovane ricco (Mt 19, 16-24) che, se lasciò sconcertato e deluso il giovane, ha avuto la forza invece di attrarre un’infinità di altre persone nel corso dei secoli, e molti noti personaggi, da Antonio di Alessandria (Antonio abate), a Francesco d’Assisi, a Teresa di Lisieux, molto cara a Gramsci.

Il film di Pasolini, apparentemente scarno e disadorno, è in realtà ricco di rimandi culturali.

Il giovane ricco è raffigurato come un nobile di una pittura quattrocentesca.
La musica di sottofondo è La Passione secondo Matteo di Bach, ed esattamente il pentimento di Pietro. Le brevi e frementi arcate dei violini sembrano i singhiozzi dell’apostolo pentito.

Il laico Pasolini ha saputo leggere il Vangelo con grande pathos. Un esempio anche per il mondo di oggi.


martedì 25 novembre 2008

Antonio Gramsci: un proletario dell'XI ora


Ho sempre ammirato Antonio Gramsci; coloro che seguono il mio blog sanno che l’ho scritto più volte.

L’ho ammirato perché è stato un vigoroso e incisivo scrittore quando trattava argomenti politici, delicato e tenero negli affetti familiari.

L’ho ammirato perché questo suo stile ‘perfetto’ veniva da una formazione classica e umanistica, che raccomandava con insistenza a tutti coloro che volevano elevare le condizioni delle masse proletarie.

L’ho ammirato per il coraggio dimostrato nel manifestare le sue idee, in un periodo in cui il regime non permetteva che il pensiero unico. Ha scritto Croce, pubblicando le Lettere dal carcere: “Il libro che ora si pubblica delle sue lettere appartiene anche a chi è di altro ed opposto partito politico… per la reverenza e l’affetto che si provano per tutti coloro che tennero alta la dignità dell’uomo e accettarono pericoli e persecuzioni e sofferenze e morte per un ideale”.
Gramsci non ha fatto l’antifascista all’estero, in Svizzera, in Inghilterra, negli Stati Uniti, o in Urss, ma là dove era il fascismo, in Italia, e più precisamente nel carcere di Turi, che minò la sua salute e lo portò alla morte.

L’ho ammirato perché, a differenza di tanti laici attuali, che non riescono a vedere verità lapalissiane, egli ammirava la Chiesa (e qui è evidente la lezione di un altro grande laico, Benedetto Croce); l’ammirava per la capacità che aveva dimostrato nel corso dei secoli di ottenere il consenso sia delle masse popolari che delle élites culturali; e indicava questa capacità come un ideale da seguire per il Partito Comunista.

L’interesse per la Chiesa Cattolica era perciò di vecchia data.
Ora si viene a sapere che quella laica ammirazione, per una persona come lui, così leale e coraggiosa, nel momento supremo si è manifestata come vera fede nel più grande ‘rivoluzionario’ della storia, in quel Gesù Cristo, che vuole ottenere il consenso con i metodi che piacevano anche a Gramsci: non con le armi e la violenza stalinista, ma con gli strumenti di una libera e motivata convinzione.

Coloro che volessero mettere in dubbio questa conversione dell’undecima ora (Vangelo di Matteo 20, 1-16), devono sapere che ogni sacerdote ha il dovere di segnare nel Registro dei Morti se un defunto della propria comunità, credente o no, morto in parrocchia o all'ospedale, ha ricevuto o meno gli ultimi sacramenti: Confessione, Olio degli infermi e Comunione come Viatico.
Ed è quello che fece Gramsci prima di morire, anche secondo la testimonianza di chi lo assisté all'ospedale.

Prima ammiravo Antonio Gramsci, ora mi sento di onorarlo.

lunedì 24 novembre 2008

Il secolo breve e i Carmina Burana di Orff




I Carmina Burana sono canti goliardici medievali del XIII secolo, che gli studenti universitari, in genere chierici (clerici vagantes) componevano per svago e divertimento, e per criticare le varie istituzioni, tra cui quella ecclesiastica, a cui appartenevano.
La lingua usata era in genere il latino scolastico e il ritmo dei versi è ormai quello moderno, con tanto di rime; del tutto differente era la poesia latina classica.

Questi canti (carmina) prendono il nome di “burana” dall’abbazia Bura S. Benedicti, in Germania, dove furono ritrovati in un manoscritto.

Il primo ‘carmen’ è intitolato O Fortuna, ed è il più celebre, da quando Carl Orff nel 1937 lo ha messo in musica e orchestrato.


O Fortuna velut luna statu variabilis,
semper crescis aut decrescis, vita detestabilis
nunc obdurat et tunc curat ludo mentis aciem;
egestatem, potestatem dissolvit ut glaciem.
Sors immanis et inanis, rota tu volubilis,
status malus, vana salus semper dissolubilis,
obumbrata et velata michi quoque niteris;
nunc per ludum dorsum nudum fero tui sceleris.
Sors salutis et virtutis michi nunc contraria,
est affectus et defectus semper in angaria.
Hac in hora sine mora cordis pulsum tangite;
quod per sortem sternit fortem, mecum omnes plangite!

O Fortuna, di stato variabile come la luna, sempre cresci o cali; la detestabile vita ora abbatte ora cura per gioco le brame della mente, dissolve come ghiaccio miseria e potenza. Sorte possente e vana, tu sei mutevole ruota, maligna natura, vana prosperità che sempre si dissolve, ombrosa e velata sovrasti anche me; ora al gioco del tuo capriccio io offro la schiena nuda. La sorte di salute e di successo ora mi è avversa, desiderio e privazione sempre mi tormentano. In quest'ora senza indugio sentite la pulsazione del cuore; poiché a caso ella abbatte il forte, con me tutti piangete!


Forse nessun’altra musica, come i Carmina Burana di Orff, con così pochi mezzi, riesce a esprimere con altrettanta efficacia le tragedie e i successi del XX secolo, “il secolo breve”, per usare una celebre espressione dello storico Eric Hobsbawm (1994).

Un secolo che è iniziato praticamente nel 1914, cioè con la prima guerra mondiale, ed è terminato nel 1989 o se vogliamo nel 1991, con la caduta del muro di Berlino e lo sfaldamento dell’Unione Sovietica.

“Il Secolo breve è stato un'epoca di guerre religiose, anche se le religioni più militanti e assetate di sangue sono state le ideologie laiche affermatesi nell'Ottocento, cioè il socialismo e il nazionalismo, i cui idoli erano astrazioni oppure uomini politici venerati come divinità” (E. Hobsbawm).

Dette da uno storico marxista, queste espressioni dovrebbero fare molto riflettere.

sabato 22 novembre 2008

Omaggio a S. Cecilia. La sigla della Champions League



Molti non sanno che l’inno della UEFA Champions League è parte di un inno religioso, composto da G. F. Händel nel 1727. Si tratta dell’inno "Zadok the Priest", composto per l’incoronazione del Re d’Inghilterra Giorgio II e che viene eseguito per ogni incoronazione reale inglese.

Il testo, tratto dalla Bibbia (1 Re 1, 38-40), ricorda l’unzione regale di Salomone da parte del sacerdote Zadok e del profeta Natan:

Zadok the Priest and Nathan the Prophet anointed Solomon King.
And all the people rejoic'd, and said:
"God save The King, long live The King, may The King live for ever!
Amen, Hallelujah!"

L’arrangiamento della sigla ufficiale della Coppa dei Campioni è opera, non troppo felice, di Tony Britten (da non confondere con il noto compositore Benjamin Britten), ed eseguita dalla Royal Philharmonic Orchestra e dal coro di St. Martin in the Field.
Le parole sono diventate “These are the champions”, in inglese, francese e tedesco (niente italiano!)

Ce sont les meilleurs équipes,
Sie sind die allerbesten Mannschaften, the main event.
Die Meister, die Besten, les meilleurs équipes, the champions.
Une grande réunion,
Eine grosse sportliche Veranstaltung, the main event :
Ils sont les meilleurs,
Sie sind die Besten,
These are the champions!
Die Meister, die Besten, les meilleurs équipes, the champions.
Die Meister, die Besten, les meilleurs équipes, the champions.


La Coppa dei Campioni ha dunque come sigla un inno religioso.
In incognito.

Omaggio a S. Cecilia. Come Guido d'Arezzo inventò l'alfabeto musicale



Prima di Guido d’Arezzo tutta la musica veniva necessariamente imparata a memoria, perché potesse essere anche trasmessa alle generazioni successive.

Ci furono tentativi per fissare sopra un rigo di carta i suoni musicali, ed erano degli accenti rivolti verso l’alto o verso il basso, a indicare l’andamento della melodia. Ma è chiaro che da quei segni sibillini non si poteva ricavare nulla, se il canto non era conosciuto a memoria.

Il monaco benedettino Guido, che insegnava nella scuola episcopale di Arezzo agli inizi del 1000, notò che un canto gregoriano, l’inno dei primi vespri di S. Giovanni Battista, aveva una caratteristica particolare: ogni mezzo versetto (emistichio) iniziava con una nota che saliva di un tono o semitono, secondo l’ordine naturale, conosciuto fin dal tempo di Pitagora.

L’inno era questo:

UT queant laxis REsonare fibris
MIra gestorum FAmuli tuorum
SOLve polluti LAbii reatum
Sancte Iohannes.

(Affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato del loro labbro impuro, oh San Giovanni).

Egli pensò così di segnare sopra dei righi (in genere 4, il tetragramma) e negli spazi intermedi le singole note di qualsiasi canto, semplicemente confrontandole a mente con quelle iniziali dell’inno di S. Giovanni.
Aveva così inventato il solfeggio cantato e soprattutto il nome delle note (Ut Re Mi Fa Sol La) e il modo di segnarle sui righi: aveva inventato l'alfabeto musicale, come i fenici quello letterale.

La prima nota, per la durezza della pronunzia, nei paesi latini (ma non in Francia) venne sostituita con il Do; la settima nota, il Si venne aggiunta da altri, e sono le iniziali di Sancte Iohannes, nell'ultimo emistichio dell'inno.

Il papa, Giovanni XIX, venuto a conoscenza del nuovo sistema di scrittura musicale, chiamò Guido monaco a Roma e volle cimentarsi con la scrittura guidoniana. Con sua stessa grande meraviglia imparò in pochi minuti un canto che altrimenti avrebbe richiesto ore ed ore. Ed era ovviamente un canto monodico.

Pensiamo ai canti polifonici, oppure alla VIII sinfonia di Mahler, denominata Sinfonia dei Mille: mille sono gli orchestrali e i coristi…

Noi oggi non potremmo ascoltare la musica che ci piace, qualunque sia, se il monaco Guido, ad Arezzo, nel 1025, non avesse inventato l’alfabeto musicale.



Foto in alto: "Monumento a Guido Monaco" (1882), Salvino Salvini, Piazza Guido Monaco, Arezzo (la colomba in testa al grande Guido non fa parte della scultura...)


venerdì 21 novembre 2008

Omaggio a S. Cecilia: il Te Deum di Charpentier (lo conoscete tutti...)


Per celebrare la festa di S. Cecilia, patrona della musica (22 novembre), bisogna ascoltare una musica veramente bella, degna della patrona.

Propongo il Te Deum di Marc-Antoine Charpentier per due motivi.

Anzitutto perché è una musica molto bella, di quelle che, udite una volta, non si dimenticano più.

Il secondo motivo è per un chiarimento. Dopo le prime note, molti diranno: “Ma è la sigla dell’Eurovisione!” Infatti l’Eurovisione ha adottato questo Preludio del Te Deum di Charpentier per aprire e chiudere i suoi programmi. Un bel riconoscimento al valore del brano, e un perdonabile “furto” di musica sacra.

Nella liturgia cattolica, il Te Deum è un inno di ringraziamento a Dio per la riuscita di un’impresa importante. Questo venne eseguito la prima volta nel 1692 per celebrare una vittoria militare di Luigi XIV, il Re Sole.

Il brano postato è solo l’inizio, maestoso e barocco, del lungo componimento, che continua con le voci soliste, il coro, lo squillare delle trombe e il rullo dei tamburi, alternati a melodiosi suoni di flauti, oboi e archi.

Marc-Antoine Charpentier è uno dei massimi esponenti della musica barocca francese, uomo di grande cultura; non a caso aveva studiato presso i gesuiti a Roma. Intrattenne rapporti di amicizia con i grandi letterati del secolo d’oro francese: Molière, Racine, Corneille.

Il celebre Te Deum, in re maggiore, venne composto quando era insegnante di musica nel collegio dei gesuiti di S. Louis a Parigi.

A ben guardare, le radici cristiane dell’Europa si trovano anche nella sigla musicale dell’Eurovisione…

mercoledì 19 novembre 2008

Dal dentista (in versi, dolorosi)







Stamani sono stato dal dentista
per curarmi un dentino assai cariato.
Non vi racconto la vicenda trista:
ho visto lo zodiaco e lo stellato.

“Ma perché, mio Signor, questo patire?”
mi chiedevo in silenzio, in tanto male.
E almen fosse servito per guarire…
persi il dente, e la guancia ora è un guanciale.

Ho sentito una Voce sussurrare
leggera e carezzevol come il talco:
“Se i denti senza duolo vuoi curare,
vai da un dentista, non da un maniscalco!”





Foto in alto: "Il martirio di S. Apollonia", Guido Reni (1614 ca), Collezione privata

martedì 18 novembre 2008

E ora, a noi due! I fondamenti della fede cristiana















Nessuno può vivere senza una fede.
O si crede a Dio o si crede al Caso; o si crede che dopo la morte c’è la vita eterna, o si crede che dopo la morte non c’è nulla; o si crede che esistono valori non negoziabili, o si crede che i valori morali cambiano con i tempi; e così via.

Quelli che pensano che i credenti in Cristo siano persone strane, perché hanno una fede nel trascendente, in ciò che li supera, non si accorgono di essere altrettanto strani, perché anch’essi, forse senza saperlo, vivono di fede.

Che cos’è il Caso, se non una divinità misteriosa? E affermare che dopo la vita non c’è niente, non è un atto di fede? qualcuno ha visto che cosa c’è dopo la morte? E il dire che la morale cambia con il cambiare dei tempi non è fare una scelta arbitraria, che va oltre il sentimento di una legge universale impressa in ogni essere umano?

Ognuno perciò ha una sua fede, o religiosa o laica. Anche chi non crede a niente, crede al niente (se ci riesce…).

Qui si tratta di vedere perché i cristiani credono in Gesù Cristo come vero Dio, che si è fatto uomo per la nostra salvezza, cioè per insegnarci a vivere in questo mondo e ad aver fede nella vita eterna.

I motivi della fede in Cristo sono estremamente semplici, e si possono riassumere in tre punti fondamentali, come già Origene ha enunciato nell’epoca in cui il cristianesimo era ferocemente perseguitato e il mondo era ancora in gran parte pagano. Origene stesso soffrì il martirio, sotto l’imperatore Decio.

1. Anzitutto c’è la testimonianza degli apostoli, di coloro cioè che vissero con Gesù, furono testimoni delle sue parole e delle sue opere prodigiose in vita e, dopo la sua morte in croce, lo videro risorto e poterono toccarlo con mano. Questa testimonianza è descritta nel Nuovo Testamento e in particolare nei Vangeli.
La risurrezione di Gesù trasformò gli apostoli; da uomini comuni, essi divennero coraggiosi annunciatori del lieto annunzio, e preferirono subire il martirio piuttosto che rinnegare la loro fede. Considerando il prima e il dopo la risurrezione, lo straordinario cambiamento di questi uomini comuni non è spiegabile senza un’esperienza straordinaria: la risurrezione di Gesù, cioè la certezza assoluta che Gesù era veramente risorto, era Dio.

2. Il secondo punto è il cambiamento di vita di coloro che si convertivano alla fede cristiana. Era un’esperienza esaltante. Per primi furono soprattutto i ceti popolari e le categorie di persone più disprezzate e meno considerate: schiavi, donne, gente emarginata e perfino i delinquenti (sono parole del pagano Celso). Un’altra categoria che sentì subito il fascino del messaggio cristiano furono i soldati: moltissimi si convertirono presto alla fede, e ne subirono anche le conseguenze. Il mondo romano si reggeva sul valore militare (virtus) e i cristiani predicavano la pace. Numerosi soldati vennero passati per le armi; una legione intera, la legione Tebea, guidata da S. Maurizio, preferì essere giustiziata piuttosto che combattere contro ‘i nemici’, ormai considerati fratelli. Fu il primo caso di obiezione di coscienza in massa. Anche i dotti e i filosofi cominciarono a sentire l’attrazione verso questa nuova ‘filosofia’, che superava le assurdità del politeismo e valorizzava le virtù morali e i semi di verità (logoi spermatikoi) presenti nella cultura ellenistica. Proprio ad Alessandria, la capitale di questa cultura, iniziò in grande stile l’incontro tra pensiero cristiano e mondo classico.

3. Questa esperienza di vita nuova in Cristo nella comunità dei credenti, che è la Chiesa, è continuata nel corso dei secoli fino ad oggi. Ogni persona trova nella fede in Cristo Risorto la forza di risorgere, qualunque sia la sua situazione. Ne danno testimonianza i grandi santi, da S. Agostino, a S. Benedetto, a S. Francesco, a S. Caterina da Siena, a S. Teresa d’Avila, a Giovanni Paolo II, e tutte quelle persone che senza clamore, nella vita quotidiana, si prodigano per il bene altrui, specie per i più emarginati. Ma tutto questo non è sufficiente se uno non incontra Cristo personalmente; se Cristo non entra concretamente nella vita di una persona, non è sufficiente né la testimonianza degli apostoli nei vangeli, né la testimonianza di tante persone che hanno trovato in Cristo la salvezza. Egli rimane un estraneo.
Si incontra Cristo quando si riceve un sacramento; si incontra Cristo quando si incontra un vero cristiano, quando si incontra una comunità che vive nell’amore la fede che professa; si incontra Cristo quando, delusi da tante esperienze negative, si ha il coraggio di rivolgersi a Lui che ha detto: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò sollievo” (Mt 11, 29).

Ma bisogna avere anche il coraggio di riconoscere che, con le nostre sole forze, la vita non può essere affrontata; se non altro nel momento supremo.
Mi ha sempre colpito la frase di un grande scrittore cattolico, Bernanos. Nel momento della morte sussurrò queste parole: “E ora, a noi due!”




Foto in alto: "Vocazione di S. Matteo", Caravaggio (1600), Chiesa di S. Luigi dei Francesi, Roma.

sabato 15 novembre 2008

Voglio la foto!






Prima di continuare nel mio lavoro di ricerca su Cristo e sulla Chiesa mi voglio un attimo fermare, perché mi accorgo che c’è bisogno di intendersi sul concetto di storia e sul modo di farla.

Qualcuno pensa che la verità storica debba essere quella che ha già nella testa, altrimenti non l'accetta. Questa non è storia, ma ideologia.

La storia è il racconto di fatti attestati da documenti certi.

La prima cosa da fare, per chi intende avvicinarsi alla verità storica, è sgombrare perciò la mente da pregiudizi di ogni tipo e lasciarsi interrogare dal documento che ha davanti.
Dicevano gli antichi scettici: bisogna sospendere momentaneamente il giudizio. In epoca moderna questa “sospensione del giudizio” per lasciar parlare l’oggetto è stata ripresa da Husserl, il teorico della fenomenologia, e sta al fondamento di ogni serio studio, anche storico.
Se i documenti sono attendibili e concordi, occorre avere l'onestà intellettuale di riconoscerlo; si giunge così alla concretezza della verità storica, che può essere anche diversa da quella che uno aveva immaginato.

La seconda cosa da ricordare è che la storia si fa con i documenti: scritti, orali e reperti archeologici.
È una grande eredità che ci ha lasciato il positivismo, e io in questo sono un positivista.
Di fronte alle fantasiose ipotesi di tanti improvvisati e improbabili maestri (romanzieri, matematici, giornalisti...), io accetto solo i documenti.

In particolare, per la ricerca storica su Gesù Cristo abbiamo tutti e tre i tipi di documenti.

Documenti scritti. Di Cristo parlano gli storici pagani ed ebrei (Tacito, Giuseppe Flavio, Plinio il Giovane), a brevissima distanza di tempo e a memoria di uomo. Ne parlano ovviamente gli scrittori cristiani del I secolo (Vangeli, Lettere di S. Paolo, Atti, etc.), i padri apostolici e i primi vangeli apocrifi. Lo abbiamo già detto con ampiezza nel post precedente.

Orali. La comunità cristiana è documentata a Roma fin dal 49, pochissimi anni dopo la morte di Gesù, quando Claudio la fece espellere con tutti i giudei (Svetonio, e Atti, cap. 18). Nel 64 era però tornata ad essere una "ingente moltitudine" (Tacito) e venne fatta sterminare da Nerone. Nel 111 Plinio il Giovane, governatore della Bitinia, trova nella regione un così gran numero di cristiani che chiede a Traiano come deve comportarsi, nel perseguirli. Attraverso tre secoli di martirio, il cristianesimo riuscì a penetrare in tutti gli strati sociali, finché nel 313 l’imperatore stesso, Costantino, divenne cristiano.
In pratica, è documentata una continuità di fede cristiana dalla morte e risurrezione di Cristo fino ad oggi, senza soluzione di continuità.
E questa è la tradizione orale. Nessun vuoto di memoria, nessun anello mancante in questa catena, che va da S. Pietro fino a Benedetto XVI, attraverso 265 pontefici.

Reperti archeologici. Anzitutto vanno ricordati i numerosi papiri e le pergamene, che riportano brani dei Vangeli. Il più prezioso è il Papiro Ryland, datato 120, che contiene un passo dell’ultimo Vangelo, quello di S. Giovanni. Il materiale di facile consumo su cui fu scritto (papiro), la distanza dalla Palestina (il Fayyum d’Egitto) ci fanno capire che già da tempo il Vangelo di Giovanni era in circolazione. Anche da questo possiamo dedurre che i Vangeli sono stati scritti in epoca apostolica, nel I secolo, come dicono gli antichi padri e il Codice Muratoriano (II secolo).
Tra i reperti lapidei, celebre è il cippo marmoreo trovato nel 1961 a Cesarea, col nome “Pontius Pilatus”, del 31 d. C., che è una bella testimonianza di colui che fece condannare Gesù, lavandosene le mani. Fino ad allora qualche buontempone aveva messo in dubbio anche l’esistenza di Pilato…

Oggi siamo abituati alla Tv, alle foto e a You tube, e vogliamo tutto sullo schermo, e allora ci crediamo.

Questo va bene per l'ultimo secolo. Per i secoli precedenti abbiamo il tipo di documentazione di cui abbiamo parlato, meno spettacolare e minuziosa, ma altrettanto solida, verificabile con la ricerca coscienziosa e l'analisi comparata delle fonti. Non dimentichiamoci che i più grandi falsi storici sono stati costruiti proprio nel XX secolo, quando mezzi potenti e ideologie totalitarie hanno fatto credere di tutto.

Cari amici increduli, che però cercate la verità: non venite a dirmi che Tacito non basta, che Giuseppe Flavio non basta, che Paolo non basta, che Plinio non basta…

Voi non volete la storia, voi volete la fotografia di Gesù.

E allora io vi dico: non credo a Napoleone, non credo alla Rivoluzione francese, non credo a Giordano Bruno, non credo all’inquisizione; e perché ci dovrei credere? Voglio la foto!




Foto in alto: "Incredulità di S. Tommaso", Caravaggio (1601), Potsdam, Bildergalerie

giovedì 13 novembre 2008

Gesù Cristo, una presenza scomoda





Gesù è certamente il personaggio che più di ogni altro ha cambiato la storia umana.
Da lui prende inizio anche il computo degli anni (avanti e dopo Cristo), e quella cristiana è ancor oggi la religione più diffusa nel pianeta.

C’è però nel mondo attuale chi vuole negare perfino l’esistenza storica di Gesù, forse perché anche solo il riconoscere la sua presenza mette in crisi molte false sicurezze dell’uomo di oggi.

Ma i documenti che attestano l’esistenza di Gesù provengono da fonti pagane, giudaiche, cristiane, e anticristiane, cioè da ogni ambiente dell’epoca.

Mi fermo solo sulle principali, perché bastano queste per costituire nel loro insieme una prova inoppugnabile.

1. Il documento fondamentale proveniente dal mondo pagano è del grande storico latino Tacito, il quale, parlando di Nerone che fece incendiare Roma, ricorda come la colpa fu fatta ricadere sui cristiani (anno 64). Pur ritenendoli innocenti, Tacito parla dei cristiani con disprezzo, come una cattiva novità per l’impero. Proprio questo disprezzo aumenta paradossalmente la veridicità dello scritto.

“Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato (Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat) e, momentaneamente sopita, questa dannosa superstizione (exitialis superstitio) di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, origine di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso”.
“Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine (ingens multitudo) non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano” (Annales XV, 44).

Tacito scriveva nel 116 circa, a pochissimi decenni di distanza dai fatti accaduti, senza considerare che le sue ricerche erano partite necessariamente molti anni prima; aveva accesso come senatore agli archivi dello Stato (Acta diurna, Acta Senatus, etc.) e parla perciò con cognizione di causa, citando con precisione nomi e fatti; inoltre, la numerosa comunità cristiana (ingens multitudo), che nel 64 è già presente a Roma al tempo di Nerone, a pochissimi anni dalla morte di Gesù, costituisce una prova ulteriore della realtà storica di Cristo. Tacito infatti fa preciso riferimento alla continuità di questa setta religiosa, dal suo fondatore in Giudea, fino alla capitale dell’impero.

2. Il documento fondamentale proveniente dal mondo giudaico è dello storico Giuseppe Flavio che vissuto nel secolo di Gesù, scrive intorno al 94 le “Antichità Giudaiche”. Siamo proprio a ridosso degli avvenimenti narrati, e migliaia di persone, testimoni di quei fatti, erano ancora in vita. Giuseppe Flavio conosceva bene la storia del suo tempo, anche perché era di famiglia sacerdotale, ed era stato governatore della Giudea dal 64 alla 70, anno della distruzione di Gerusalemme da parte dei romani. Egli cita Giovanni Battista, Giacomo “fratello di Gesù chiamato il Cristo”, Pilato; e descrive in breve, ma con precisione, la vita di Gesù, alla quale venne aggiunta nel III secolo anche qualche nota cristiana.
La scoperta di un’antica traduzione araba delle Antichità Giudaiche nel 1971 dall’ebreo Schlomo Pinès, professore all’Università di Gerusalemme, ha permesso di stabilire con più precisione la testimonianza flaviana, che riportiamo nella dizione fissata da Pinès:

“ In questo tempo [al tempo di Pilato] viveva un uomo saggio che si chiamava Gesù, e la sua condotta era irreprensibile, ed era conosciuto come un uomo virtuoso. E molti fra i Giudei e altri popoli divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò a essere crocifisso e morire. E quelli che erano divenuti suoi discepoli non abbandonarono la propria lealtà per lui. Essi raccontarono che egli era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione, e che egli era vivo. Di conseguenza essi credevano che egli fosse il Messia, di cui i Profeti avevano raccontato le meraviglie” (Ant. XVIII, 63-64).


3. I documenti cristiani sono i Vangeli , gli scritti apostolici (Lettere di S. Paolo, Atti, etc.) e i cosiddetti padri apostolici. Sono stati redatti tra il 50 e il 100, quando morì l’ultimo apostolo, Giovanni.

Tra i padri apostolici ricordiamo:
La Didachè, composta in Oriente tra il 50 e il 70 d. C.
La prima lettera di S. Clemente papa ai Corinti composta nel 96 d. C., al tempo della persecuzione di Domiziano.
Le lettere di S. Ignazio, che conobbe gli apostoli e fu vescovo di Antiochia tra il 70 e il 107, quando fu portato a Roma e martirizzato al tempo dell’imperatore Traiano.

Per la datazione dei Vangeli un fondamentale punto di riferimento è il Papiro Ryland, che è del 120 circa. Venne trovato al Fayyum in Egitto, e riporta un passo del Vangelo di Giovanni, l’ultimo dei Vangeli. Secondo la testimonianza di Eusebio di Cesarea, il grande storico del IV secolo, l’ultimo vangelo fu scritto al tempo dell’imperatore Domiziano, morto nel 96.
Il papiro Ryland conferma ampiamente questa testimonianza. Infatti il materiale usato (il papiro e non la pergamena) indica ormai una diffusione popolare, così come il luogo, fuori della Palestina. Il Vangelo di Giovanni è perciò ascrivibile a svariati anni precedenti, appunto intorno alla fine del I secolo.
Del resto già nel II secolo abbiamo l’elenco dei libri canonici da leggere in chiesa: questo celebre documento è chiamato Codice Muratoriano, una pergamena del 160-180 dopo Cristo, che prende il nome dal grande storico e ricercatore Ludovico Antonio Muratori che lo scoprì. Nel Codice Muratoriano sono indicati i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere di S. Paolo, altre lettere apostoliche e l’Apocalisse.
Se Dan Brown, invece di scrivere il romanzesco Codice da Vinci, avesse riportato il Codice Muratoriano, non avrebbe potuto dire scioccamente che i Vangeli sono del IV secolo; di certo però non avrebbe guadagnato milioni di dollari…

5. Anche i vangeli apocrifi, benchè non riconosciuti validi nelle affermazioni teologiche dalla Chiesa antica, attestano comunque l’esistenza di Gesù e sono stati scritti tra l’età apostolica e il secolo successivo. A differenza di quello che spesso si dice, anche i Vangeli apocrifi affermano la divinità di Cristo, e la sua risurrezione. Svalutano invece gli aspetti più dolorosi dell’umanità di Gesù. In nessun vangelo apocrifo c’è la descrizione di un amore di tipo carnale tra Gesù e Maria Madalena, ed in genere i vangeli apocrifi sono fortemente misogini, come lo erano i loro autori gnostici.
Evidentemente Dan Brown non ha letto nemmeno questi.

6. Nessun autore nemico dei cristiani nei primi secoli ha mai contestato ai cristiani l’esistenza di Gesù. Ne contestavano la risurrezione, cioè la divinità. Così ad esempio il pagano Frontone, l’ebreo Trifone, il platonico Celso, il cinico Luciano di Samosata (II secolo), etc.
Questi avevano tutto l’interesse a negare l’esistenza storica di Gesù, ma non lo fecero mai; anzi, per citare solo Luciano, i cristiani adorano “un uomo che fu crocifisso in Palestina per aver dato vita a questa nuova religione”.


Coloro che oggi vogliono contestare l’esistenza di Gesù devono cancellare le testimonianze di Tacito, di Giuseppe Flavio, dei Vangeli, di S. Paolo, e dei nemici stessi degli antichi cristiani.

Insomma, devono cancellare la storia. E come fanno, con il bianchetto?




Foto in alto: Rifacimento di un poster della contestazione giovanile del '68

martedì 11 novembre 2008

Il senso religioso




Ho visto che nessun argomento, nemmeno Berlusconi, riesce a far discutere tanto, quanto gli argomenti religiosi. In questi giorni nel web ho avuto di nuovo kilometriche diatribe con persone non credenti.

Quando dico non credenti non è solo un modo di dire; ci sono persone che negano proprio tutto: non esiste Dio, non è esistito Gesù, la Chiesa esiste ma è stata inventata dagli uomini.
Questo rifiuto totale viene però accompagnato da una tale carenza di argomentazioni, che mi lascia stupefatto.

Proverò pertanto a riportare sul solido terreno della ricerca razionale e documentaria la questione religiosa. In questo post parlerò degli aspetti razionali del sentimento religioso; nel prossimo, della storicità di Gesù; e se la cosa interesserà, aggiungerò un post sulla Chiesa.

Cercherò di essere breve, sia perché molti di questi argomenti li ho già trattati, sia perché la brevità permette meglio di “ruminare” gli argomenti proposti.

L’esistenza di Dio

L'esistenza di Dio non è solo un fatto di fede. È anzitutto un’esigenza della ragione. Si arriva a Dio perché bisogna spiegare questo nostro mondo in divenire. Il mondo che vediamo è giunto a noi da una lunga evoluzione precedente. Quanto lunga?

Se la risposta è: da un numero finito di miliardi di anni (quindici, di più) è necessario concludere che qualcuno abbia dato inizio al tutto, con il big bang; un essere che non appartiene ovviamente a questo mondo a cui ha dato inizio; ma totalmente diverso, trascendente, assoluto, cioè Dio.

Se la risposta è: da un numero infinito di anni, il problema si sposta all’indietro, fino all’infinito, ma non si risolve mai, perché il mondo avrà sempre bisogno di una causa precedente, e dunque non può iniziare. Ma siccome il mondo esiste e nella sua catena di esseri è giunto fino a noi, deve avere avuto un inizio.

In ogni caso perciò occorre ammettere un Essere eternamente presente, assoluto, cioè ontologicamente diverso e distinto dal creato, che ha dato inizio ed esistenza a questo mondo in divenire, sia che si parta da 15 miliardi di anni fa, sia che si parta da un tempo infinito.

L’esistenza di Dio è dunque un’esigenza della nostra ragione e del nostro cuore inquieto.


Come conclusione riporto una serie di affermazioni su Dio di famosi pensatori e scienziati.

Aristotele: “Nel divenire dei motori mossi, occorre giungere a un primo motore immobile. Bisogna fermarsi” (Metafisica, XII).

Agostino: “O Signore, ci hai creati per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Confessioni, inizio).

Tommaso: “Gli esseri del mondo hanno l’esistenza. Dio è l’esistenza stessa” (De ente et essentia).

Cartesio: “Datemi materia e movimento e vi costruirò il mondo” (Meditazioni metafisiche).

Galileo: "La natura è come un libro il cui autore è Dio" (Lettera a P. Benedetto Castelli).

Newton: “Questa elegantissima compagine del sole, dei pianeti e delle comete non poté nascere senza il disegno e la potenza di un essere intelligente e potente. Egli regge tutte le cose non come anima del mondo, ma come signore dell'universo. E a causa del suo dominio suole essere chiamato Signore-Dio, pantokrator” (Principi matematici di filosofia naturale).

Voltaire: “Non è più agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato” (Trattato sulla tolleranza, preghiera finale).

Rousseau: “Tutto è buono ciò che esce dalle mani dell’Autore della natura, tutto si corrompe nelle mani dell’uomo” (Emilio, incipit).

Kant: “Due cose mi riempiono di stupore: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me” (Critica della ragion pratica, explicit).

Maxwell: Il libro della natura si mostra agli occhi dello scienziato come ordinato e armonioso, rivelando l'infinita potenza e saggezza di Dio nella sua irraggiungibile ed eterna verità.

Einstein: “Dio non gioca a dadi con il mondo”.

Dostoewskij: “Se Dio non esiste, tutto è permesso” (I fratelli Karamazov).




Foto in alto: "L'albero della vita" (1950), H. Matisse (Cappella del Rosario di Vence, Nizza)

sabato 8 novembre 2008

Prendere per il naso...



Le battute di Berlusconi sul nuovo presidente americano Obama hanno suscitato una valanga di commenti nei mass media e nella blogosfera.

Non entro nel merito della questione, ma ne prendo spunto per notare che nei personaggi politici l’attenzione al look, all’immagine esteriore ha sempre avuto la sua importanza.

Citerò qualche esempio.

Lo statista ateniese Pericle aveva la testa a pera. Lui risolse il problema portando abitualmente l'elmo (non esisteva il cappello ancora!), e con l'elmo lo vediamo sempre raffigurato nelle sculture greche.

Giulio Cesare invece aveva una pronunziata calvizie, che per gli antichi romani rappresentava un disonore. Per questo si fece attribuire dal senato e dal popolo romano “il diritto di portare in perpetuo una corona di alloro” (ius gestandi perpetuo lauream coronam).

Federico da Montefeltro, duca di Urbino, famoso per il suo mecenatismo e per la sua cultura, aveva la faccia deturpata da un colpo di spada. Dai pittori si faceva sempre raffigurare dalla parte ‘buona’ del viso, in cui si notava solo la mancanza di un po’ di naso. Celebre il ritratto di Piero della Francesca.

Luigi XIV fece le cose in grande, come si addiceva al Re Sole. Poiché divenne precocemente calvo, decise di indossare una grande parrucca, e ordinò che altrettanto facessero tutti i dignitari di corte.
La cosa ebbe tanto seguito che da allora (sec. XVII) fino alla Rivoluzione Francese (1789) in Francia non c’era nessun nobile o personaggio di alto rango che non portasse la parrucca, compresi Voltaire e gli illuministi. L'esempio fu seguito in tutta Europa e varcò gli oceani. E così fino alla Rivoluzione, che cambiò anche la moda, tanti seriosi personaggi sembrano capelloni ante litteram.

Molto più drastica però fu Cleopatra, donna fatale, ma con un naso un po’ troppo pronunciato.
Aveva dato ordine che, chi avesse osato in sua presenza fare un accenno a questo difetto, venisse immediatamente ucciso.

Non era proprio il caso di… prenderla per il naso.



Foto in alto: "Federico da Montefeltro" (1465), Piero della Francesca (Uffizi, Firenze)

mercoledì 5 novembre 2008

Pasquinate




Pasquino era la statua ‘parlante’ della Roma papalina e ha rappresentato per secoli la voce del popolo romano.
È un busto di epoca latina, oggi ridotto a poca cosa, che si può a mala pena vedere fuori Palazzo Braschi, presso Piazza Navona.

Una volta invece era assai rinomato. Anonimi verseggiatori gli appendevano al collo cartelli con scritte satiriche, contro abusi e scandali del mondo ecclesiastico e nobiliare.
Poiché quel tronco di statua era conosciuto col nome di Pasquino, le rime satiriche furono dette “pasquinate”.

Ieri l’amica Stefania, atea e simpatica romana, ha trovato nel web una pasquinata contro papa Benedetto, e l’ha riportata [http://ziczac.it/a/notizia/muore-lentamente-tibet-colpa-cina-anche-nostro-disinteresse/#ca117653]

Dice così:

"Appello a li cinesi

A cinè...lassate perde i tibetani, date retta
e trattate er Dalai Lama co' rispetto:
perchè 'n venite a Roma in tutta fretta
e ce cacciate via papa Benedetto?"


Il ritmo è un po’ zoppicante, ma i concetti sono chiari…

Non sono romano, ma toscano, e qualcosa di Pietro l’Aretino devo pur aver ereditato.
Mi sono perciò permesso di rispondere così, con un’altra pasquinata:


II Appello a li cinesi

A cinesi, unn’e state a veni’ qua;
ve portiamo a Pechino er Vatica’,
con chiese, monumenti e cupoloni,
che qua rompono a tutti li cojoni.

Vo’ ce dovete da’ in contropartita
quarche pagoda e la città proibita:
robba de legno, come quella capa
che vole fare er cambio con er papa.



Pasquino vs Pasquino.

Ai posteri, anzi, ai postatori, l’ardua sentenza...