domenica 30 settembre 2018

Musica e vita: due storie parallele





Facevo le medie e il maestro di musica, il grande Fosco Corti, per farci rilassare suonò la Marcia Turca di Mozart.

Rimasi sbalordito. Non avevo mai ascoltato una musica così meravigliosa. Dissi in cuor mio: Quando sarò capace di suonare questo brano, sarò un pianista anch'io!

In IV Ginnasio, mentre ero nella biblioteca scolastica dove c'era in un lato un pianoforte verticale al quale era seduto un esperto allievo del Corti, sentì venir fuori da quel semiscordato strumento una musica dolcissima, che mi fece fremere di una indicibile emozione.
Lasciai sul tavolo il libro che leggevo e mi avvicinai al pianista per vedere il titolo del brano. Era intitolato "Per Elisa" e l'autore era Beethoven. In quel momento passò in seconda linea Mozart e le mie forze si concentrarono in quel "foglio d'album" così ammaliante, che chissà quante ragazze come Elisa aveva fatto commuovere e sognare.
Ma ora ero io a subire quel fascino irresistibile di quella musica incantevole e la imparai a memoria in poco tempo. Ne ero rimasto innamorato.

In prima liceo, verso la fine della primavera, e i profumi del maggio odoroso si facevano sentire attraverso la mia finestra aperta dello studio, misi nel giradischi un disco di Chopin, i "Notturni", che avevo acquistato a poco prezzo. Quelle note cristalline come perle, suonate da Rubinstein, così suggestive e affascinanti, nel silenzio di una incantevole notte primaverile, mi fecero trasalire di commozione. Non avrei mai immaginato di trovare un autore che potesse competere con Mozart e Beethoven, con la Marcia Turca e Per Elisa. Ma ora, quei Notturni fascinosi, pieni di chiaroscuri maliardi, mi avevano fatto dimenticare ogni altro autore.

Oggi è facile avvicinarsi alla musica, trovarla e "consumarla", quasi in forma bulimica. Ma negli anni 60 ogni autore era una scoperta, e i mezzi erano scarsi.

Una cosa che mi ha fatto sempre riflettere è che ho trovato nel corso della mia vita, al momento opportuno, un autore musicale che si adattava perfettamente ai miei sentimenti, alla mia personalità.

Alla fine del liceo, una notte, mentre mi preparavo per gli esami di maturità alle prese con greco e col latino, sentì provenire dallo studio di Fosco Corti delle armonie nuove, dei suoni che non corrispondevano ai miei soliti schemi classici e romantici. Fosco stava suonando gli Arabeschi di Debussy, e la Suite Bergamasca, con Clair de lune e Passepied.

Avevo scoperto il mio ultimo "amore". L'impressionismo, ultima fase del romanticismo e anticipo della dissoluzione tonale, giungeva a completare le mie emozioni proprio nel momento degli esami di maturità.

Senza rendermene allora conto, avevo percorso l'evoluzione della musica con il mio progredire nell'età.

Ne sono rimasto sempre meravigliato.




lunedì 24 settembre 2018

Nobile e inerte?






L’argon è uno dei “gas nobili”, così denominati per la loro inerzia chimica. 

Così ci hanno insegnato, e così appaiono nella tavola periodica di Mendeleiev: quel gruppo di elementi con il guscio elettronico completo al termine di ogni periodo dà un senso di perfezione, di stabilità, di sicurezza.

E così pensavo fino a pochi giorni fa, esattamente fino a quattro giorni fa, fino a giovedì scorso 20 settembre, quando due miei carissimi amici e persone esemplari nel lavoro e nella vita, sono stati soffocati quasi all’istante da uno di questi gas, il famigerato argon, che evidentemente tanto nobile e tanto inerte  non è.

I due impiegati dell’Archivio di Stato di Arezzo, Piero Bruni di 59 anni e Filippo Bagni di 55, sono state vittime della loro solerzia: un segnale, rivelatosi poi falso, di allarme antincendio in un Archivio di Stato non è una cosa che si possa ignorare. Per correre ad accertarsi, sono stati fulminati da questo gas letale.

A questo dolore si aggiunge ora quello dell’avviso di garanzia per il direttore dell’Archivio stesso, dr. Claudio Saviotti, persona che in Archivio ha passato buona parte della sua vita, e della cui amicizia mi onoro. Competente, attento, sempre disponibile per ogni studioso; quante pagine medievali “illeggibili” abbiamo letto insieme, e quando non riuscivamo, lui chiedeva lumi alla sua carissima moglie Lauretta, anche lei archivista e paleografa infallibile!

La vita a volte è davvero misteriosa. Nel luogo più tranquillo di Arezzo si è consumato un dramma terribile che ha sconvolto la città.

E l’autore del misfatto è un gas cosiddetto inerte. E non chiamatelo nobile.

In compenso leggo in wikipedia:   “I gas nobili elio, neon, argon, kripton e xeno non hanno alcun ruolo biologico e sono innocui per la salute”… https://it.wikipedia.org/wiki/Gas_nobili 

Per questo “sono uno che non si accontenta di wikipedia”.

Intendo unirmi in preghiera con i familiari e con tutta la comunità aretina per i due carissimi amici Piero e Filippo, uomini di profonda fede cattolica, con il Requiem più bello mai scritto: quello di Mozart.

Riposate in pace.


  

domenica 9 settembre 2018

Vent'anni dopo





Non mi riferisco al celebre romanzo di Alexandre Dumas père, quello dei tre moschettieri, anzi quattro.

Mi riferisco a vent'anni dopo Lucio Battisti, la cui voce si è spenta il 9 settembre 1998. Ma non si è spenta la sua musica, non si è spenta la sua immagine, non si è spenta la sua fama.

Sono cambiati i gusti, sono cambiati gli stili, sono cambiati i personaggi, sempre più appariscenti e high tech. 

Ma quando quel tuo filo di voce risuona in una traccia di un disco, il resto è silenzio.

Vent'anni dopo sono un nulla per la bellezza delle tue canzoni, sempre attuali, sempre affascinanti, anche per i millenials e per chi non ha avuto la fortuna di sentirle dal vivo.

Per ricordarti e per ringraziarti dei colori con cui hai disegnato la mia giovinezza, voglio stanotte riascoltare L'aquila, del 1972 (ma la pubblicazione è del 1971, come vedo dalla partitura delle edizioni musicali Acqua Azzurra che ho sotto gli occhi). 

Ma come un'aquila può
diventare aquilone?

Sarai sempre un'aquila, carissimo Lucio, che vola ad altezza sublimi.


domenica 2 settembre 2018

Una giornata di sfide: una persa e una vinta





La bruciante sconfitta della Ferrari a Monza, e soprattutto la vittoria della Mercedes e dell'antipaticissimo (sportivamente parlando) Hamilton, mi hanno guastato il pomeriggio di questa domenica.
La vittoria sembrava a portata di mano, quasi una formalità, per la Ferrari in doppia pole. Purtroppo la fortuna aiuta gli audaci, e Hamilton lo è stato. Vettel è stato un po' ingenuo e peggio ancora lo è stato il "muretto" del Cavallino, che si è lasciato ingannare dalla finta strategia dei pit stop degli avversari. Così Raikkonen si è trovato a macinare giri su giri distruggendo le gomme, mentre Hamilton ha potuto usufruire di un cambio di gomme fresche al momento giusto e ha potuto vincere tra i fischi dei tifosi italiani.
In compenso però un'altra sfida mi ha risollevato il morale. Nel tardo pomeriggio ad Arezzo oggi si correva la Giostra del Saracino, una sfida storica tra i quattro quartieri della città. Ha vinto a mani basse, anzi, a lancia in resta, il quartiere gialloblu di Santo Spirito, il mio quartiere. Grande festa e bandiere al vento.
C'è anche da dire che tra le due sfide di oggi, una persa e una vinta, c'è anche un certo legame: sia la Ferrari che la città di Arezzo hanno come stemma il Cavallino rampante. Il simbolo di gente battagliera.
Tra molta delusione e un po' di consolazione occorre rifugiarsi nella musica, dove anche lì però troviamo sfide celebri, vere o immaginarie.
Tra quelle immaginarie viene subito in mente il duello pianistico nel film La leggenda del pianista sull'oceano, del 1998, tra "Novecento" e Jelly Roll Morton.
Un'altra grande sfida, questa volta reale, avvenne  a Roma nel 1707 tra  Händel e Domenico Scarlatti, conclusasi in parità, a quanto dicono i cronisti del tempo: Händel più bravo all'organo, Scarlatti al clavicembalo. La sfida tra i due è stata riprodotta anch'essa in un film sulla vita di Händel: God Rot Tunbridge Wells, del 1985, di cui ho già postato la scena cult.
Celeberrima nel 1781 quella tra Mozart e Clementi, al pianoforte (anzi, al "fortepiano"), anch'essa finita in parità secondo l'augusto giudizio dell'imperatore Giuseppe II e dell'imperiale consorte.

Meno conosciuta forse, perché del tutto improvvisata e salottiera, ma non meno affascinante, quella tra Chopin e Liszt, i più grandi pianisti dell'800, e non solo. Chopin era amico di Liszt e lo considerava giustamente il più grande pianista esistente.
Nel film Chopin,un amor imposible, del 2002, incentrato sull'amore davvero "impossibile" tra il grande musicista e la celebre scrittrice George Sand, si fa riferimento, in una scena davvero geniale, al confronto sulla tastiera tra il virtuosistico Liszt, "dalle lunghe dita", e il più affascinante e delicato, ma non meno abile pianista, Chopin, nel 1837. Sembra che in quella occasione egli abbia detto a Liszt, che aveva suonato musiche di Chopin con abbellimenti improvvisati, di suonare ciò che lui aveva scritto e non altro.
Il film presenta in maniera quasi caricaturale la figura di Liszt, che è invece un genio musicale e non solo il più grande pianista forse mai esistito.
In realtà al regista del film interessa sottolineare l'esprit de finesse di Chopin, con cui affascinò la romantica e femminista ante litteram George Sand, per un amore rivelatosi poi tumultuoso.
Ma al tempo stesso il film continua lo stereotipo, duro a morire, che Liszt sia soprattutto un virtuoso della tastiera, e non il sommo musicista che realmente è stato e rimane.
Proprio da questo film polacco, Chopin: un amor imposible, riporto la scena madre del confronto tra i due amici e "rivali".
Non sto a ricordare i brani suonati da entrambi; sono troppo noti e offenderei chi legge.
Una sola cosa li accomuna: la bellezza sublime di quelle note, che mi hanno fatto dimenticare sfide vinte o perse.

Buon ascolto!