sabato 31 gennaio 2009

Giga, una danza da adulti. Ma guardate chi la esegue...



La giga è uno dei movimenti di danza più importanti della musica classica.

Per il suo carattere brillante conclude in genere una suite, cioè una serie di brani, una partita musicale con vari movimenti.

La giga che presentiamo conclude la Partita n. 1 in Si bemolle maggiore per pianoforte, di J. S. Bach.

La giga è un passo di danza binario, che normalmente si presenta nel caratteristico tempo di 6/8; ma in questo caso di 4/4.

Esistono gighe famose. Quella più bella, che non ho trovato nei video del web, è a mio parere una giga di Gian Battista Lully. Ma bellissime anche quelle di Corelli, Vivaldi, Bach...

Questa l’ho postata, oltre che per la sua bellezza, soprattutto per la bravura di chi la esegue: una giapponesina di 7 anni. Ognuno può apprezzarne l’incredibile abilità tecnica. Il continuo incrociarsi delle mani, gli arpeggi, i salti, e così via, rendono il pezzo non facile neppure per un pianista adulto.

Di fronte a tanta precoce bravura, sono ovviamente perdonate alcune imperfezioni.

Di tempo ne ha per migliorarsi...

martedì 27 gennaio 2009

Per non dimenticare. Il Pianista




Per non dimenticare la Shoah, e tutte le vittime dei regimi dittatoriali.

Il protagonista ebreo polacco del film Il Pianista di Roman Polanski (2002), attraverso la musica di Chopin, trova la salvezza e il riscatto della sua dignità di persona.

Nella bellissima scena, l’esecuzione della Ballata n. 1 in Sol minore, per pianoforte solo, fa emergere sia nella vittima che nel carnefice il sentimento del valore di ogni essere umano.



Sarabanda, un nome che può ingannare…



Sarabanda (1700), di Arcangelo Corelli.

La parola sarabanda può far pensare ad una danza scatenata e convulsa.

In realtà si tratta di un ballo lento, con ritmo ternario, al quale corrisponde una musica con andamento grave o largo.

È uno dei movimenti che ha affascinato di più i musicisti di ogni epoca e di ogni latitudine. Il nome proviene dall’America centrale, e più precisamente da Panama, dove è ricordato per la prima volta nel 1539.

Hanno composto celebri sarabande Monteverdi, Corelli, Händel, Bach, e in epoca moderna e contemporanea Debussy, Roussel, Dallapiccola, Benjamin Britten...

La sarabanda più famosa è certamente quella di Georg Friedrich Händel, utilizzata nella colonna sonora del film "Barry Lyndon" (1975) di Stanley Kubrick.

http://it.youtube.com/watch?v=91sfrw106xs


Ma la più bella è a mio parere questa, assai meno nota, di Arcangelo Corelli (1653-1713), il grande musicista di Fusignano (per gli amanti del calcio, la cittadina di Arrigo Sacchi).

È in Re minore, tempo 3/4, andamento largo.

Buon ascolto!

lunedì 26 gennaio 2009

La danza continua. Badinerie (Bach)




Periodo di carnevale, tempo di danze.

Proseguiamo nella presentazione di danze classiche, con un altro celeberrimo brano, la Badinerie (1738) del principe della musica, Johann Sebastian Bach.

La badinerie (o badinage) è un movimento di danza in tempo pari, di carattere gioioso e leggero (badinerie = scherzo), usata sopratttutto da compositori tedeschi e francesi all'interno delle suites, in particolare nel sec. XVIII.

La badinerie di Bach è uno dei cavalli di battaglia dei flautisti, poiché fa parte della Suite n. 2 per flauto ed archi.

Noi la presentiamo nella trascrizione per organo.

Possiamo così vedere all’opera, nel monumentale organo di St. Eustache di Parigi (5 tastiere, oltre ottomila canne), il formidabile organista Jean Guillou, già allievo di celebri maestri come Dupré, Duruflé e Messiaen, il meglio del meglio della musica organistica moderna.

domenica 25 gennaio 2009

Tempo di danza: la pavana





Pavane (1887) è una celebre composizione del grande musicista francese Gabriel Fauré (1845-1924).

La pavana, nel linguaggio musicale, è un passo di danza binario con andamento moderato, che compare agli inizi del 1500 e prende il nome dalla città dove è nata, Padova: padovana >padvana>pavana.

Esistono pavane celebri: molto belle quelle di William Byrd (XVI secolo), e quella moderna di Maurice Ravel, che fu discepolo di Fauré.

Ma la pavana di Fauré le ha oscurate tutte.


venerdì 23 gennaio 2009

Buffoni e cortigiani, vil razza dannata...




Buffoni, cortigiani, banditi, persone che giocano con i sentimenti e con la vita umana. E la commedia si trasforma in tragedia.
Questo è il Rigoletto (1851).

Lo sgraziato buffone di corte, beffardo e cinico con gli altri, ma tenerissimo padre, dopo avere scoperto che sua figlia Gilda è stata rapita dai cortigiani, e proprio con il suo inconsapevole aiuto, per farla finire tra le braccia del Duca di Mantova, inveisce e minaccia davanti alla camera da letto del suo padrone.

“Cortigiani, vil razza dannata!…”

In questa celebre aria, punto centrale dell’opera, dall’iniziale falsa indifferenza di Rigoletto, che cerca di capire chi c’è dietro la porta di quella camera, e dagli sberleffi dei cortigiani, si arriva alla feroce invettiva e alla supplica finale di un padre disperato.

Giuseppe Verdi fa vibrare tutte le corde musicali. Raramente è dato trovare, in così breve spazio, una tale ricchezza tematica.

La potente, duttile e armoniosa voce del grande baritono Renato Bruson esprime alla perfezione questa varietà di toni.


Scena terza
Marullo, Ceprano, Borsa, altri Cortigiani, poi Rigoletto dalla destra.

MARULLO Povero Rigoletto!...
CORO Ei vien!... Silenzio.
(Rigoletto entra la scena affettando indifferenza)
TUTTI Oh buon giorno, Rigoletto...
RIGOLETTO (Han tutti fatto il colpo!)
CEPRANO Ch'hai di nuovo,
buffon?...
RIGOLETTO Che dell'usato
più noioso voi siete.
TUTTI Ah! ah! ah!
RIGOLETTO
(spiando inquieto dovunque)
(Dove l'avran nascosta?)
TUTTI (Guardate com'è inquieto!)
RIGOLETTO Son felice
che nulla a voi nuocesse
l'aria di questa notte.
MARULLO Questa notte!...
RIGOLETTO Lì... Ah fu il bel colpo!...
MARULLO S'ho dormito sempre!
RIGOLETTO Ah, voi dormiste!... Avrò dunque sognato!...
(s'allontana, e vedendo un fazzoletto sopra la tavola ne osserva inquieto la cifra)
TUTTI (Ve', come tutto osserva!)
RIGOLETTO (Non è il suo.)
Dorme il Duca tuttor?
TUTTI Sì, dorme ancora.

Scena quarta
Detti e un Paggio della duchessa.

PAGGIO Al suo sposo parlar vuol la duchessa.
CEPRANO Dorme.
PAGGIO Qui or or con voi non era?
BORSA È a caccia...
PAGGIO Senza paggi!... senz'armi!...
TUTTI E non capisci
che vedere per ora non può alcuno?...
RIGOLETTO
(che a parte è stato attentissimo al dialogo, balzando improvviso tra loro prorompe)
Ah! ella è qui dunque!... Ella è col Duca!...
TUTTI Chi?
RIGOLETTO La giovin che sta notte
al mio tetto rapiste...
TUTTI Tu deliri!
RIGOLETTO Ma la saprò riprender... Ella è là...
TUTTI Se l'amante perdesti, la ricerca
altrove.
RIGOLETTO Io vo' mia figlia...
TUTTI La sua figlia...
RIGOLETTO Sì... la mia figlia... D'una tal vittoria...
Che?... adesso non ridete?...
Ella è là!... la vogl'io... la renderete.
(corre verso la porta di mezzo, ma i cortigiani gli attraversano il passaggio)

RIGOLETTO

Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l'oro sconviene!...
ma mia figlia è impagabil tesor.
La rendete... o se pur disarmata,
questa man per voi fora cruenta;
nulla in terra più l'uomo paventa,
se dei figli difende l'onor.
Quella porta, assassini, m'aprite:
(si getta ancora sulla porta che gli è nuovamente contesa dai gentiluomini; lotta
alquanto, poi torna spossato sul davanti)
ah! voi tutti a me contro venite!...
(piange)
Ebben, piango... Marullo... signore,
tu ch'hai l'alma gentil come il core,
dimmi tu dove l'hanno nascosta?...
È là? non è vero?... tu taci!... perché?
Miei signori... perdono, pietate...
al vegliardo la figlia ridate...
ridonarla a voi nulla ora costa,
tutto al mondo è tal figlia per me.

(F. M. Piave)

giovedì 22 gennaio 2009

Ridi pagliaccio, Ridi buffone… Da Leoncavallo a Zero




La giostra è una metafora della vita: apparentemente un gioco variopinto, a cui tutti partecipiamo, ma che uno alla volta fa scendere tutti.

Anche Renato Zero ha sentito il fascino dei Pagliacci di Leoncavallo; da “Ridi Pagliaccio” (che abbiamo postato ieri), si passa a “Ridi buffone” di una delle canzoni più note del cantante romano, Il Carrozzone (1979):

“Ridi buffone per scaramanzia, così la morte va via”.

Cercare di ingannare gli altri e sé stessi, questo è il carnevale.
Ma c’è sempre il momento in cui dobbiamo gettare la maschera, di fronte al carrozzone della vita che di tanto in tanto fa scendere qualcuno...

Ieri abbiamo ascoltato la voce di Pavarotti, oggi quella di Renato Zero. Due mondi lontani, eppure mi piace ricordare che i due artisti hanno eseguito insieme, in Pavarotti & Friends nel 1999, la canzone Il cielo.

“Non è solo una macchia nera il cielo…”

mercoledì 21 gennaio 2009

È iniziato il carnevale. “Vesti la giubba e la faccia infarina…”




I Pagliacci (1892). È nota la vicenda narrata e musicata da Ruggero Leoncavallo.

In una compagnia teatrale Canio (che impersona Pagliaccio) scopre che sua moglie Nedda (Colombina) lo tradisce, ma non ha visto con chi e ne vuol sapere il nome per vendicarsi.
Durante la recita della commedia, che descrive proprio la vicenda di un tradimento coniugale, finzione e realtà finiscono per confondersi. Il desiderio di vendetta di Canio, fino ad allora malamente represso (Vesti la giubba), finisce in tragedia; Canio-Pagliaccio uccide Nedda-Colombina, e il suo amante Silvio accorso per difenderla.

Il capolavoro di Leoncavallo è considerato il manifesto del verismo musicale italiano.

Vesti la giubba, cantata da Canio, è l’aria più nota. Molti avranno presente la scena del film Gli Intoccabili, quando Al Capone (Robert De Niro) ascolta commosso a teatro questo brano, mentre fa assassinare il poliziotto Malone (Sean Connery).

Noi la ripresentiamo perché molti conoscono solo la parte finale (Ridi Pagliaccio). Ed anche perché l’opera tocca un tema davvero affascinante: realtà e fantasia spesso si intrecciano, come accade nel mondo in maschera del carnevale, e talvolta nel mondo del web.

Bellissima l’interpretazione di Pavarotti. La più celebre rimane quella di Enrico Caruso, immortalata in un disco del 1907, che vendé allora più di un milione di copie.



Vesti la Giubba

Recitar! Mentre preso dal delirio
non so piu quel che dico
e quel che faccio!
Eppur, è d'uopo, sforzati! Bah,
sei tu forse un uom? Ah! ah! ah!
Tu se' Pagliaccio!

Vesti la giubba e
la faccia infarina.
La gente paga e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio e ognun applaudirà!

Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor.
Ah!
Ridi Pagliaccio, sul tuo amore infranto!
Ridi del duol che t'avvelena il cor!

sabato 17 gennaio 2009

S. Antonio Abate, protettore degli animali; e non solo...



C’è un proverbio toscano che dice: “L’Epifania, tutte le feste le porta via; Sant’Antonino le ravvia”.

Si tratta di S. Antonio Abate, la cui festa ricorre il 17 gennaio e dà inizio al Carnevale.

S. Antonio Abate è però soprattutto il protettore degli animali. Viene sempre raffigurato con molti animali domestici attorno, tra i quali un bel porcello.

Il suino è stato l’animale che in certo modo ha traghettato l'Europa cristiana dal medioevo all’epoca contemporanea. La sua carne, fresca, salata, affumicata, essiccata, insaccata, ha permesso la sopravvivenza dell’uomo, in un’epoca in cui non c’era il frigo o il congelatore. Carne squisita, calorica e sempre disponibile, in ogni stagione.

E tutta necessaria: “Del maiale non si butta via niente”… nemmeno la sugna, il grasso più scadente, con la quale, oltre all'uso culinario, si ungevano le ruote dei carri e ogni ingranaggio cigolante o forzoso.
Con la sugna gli uomini si facevano belli, ungendosi i baffi...

Gli animali erano così legati alla protezione di Sant’Antonio, che quando qualcuno di essi si ammalava era denominato “un santantonio”.

A questo riguardo forse molti non sanno che per fare la porchetta si prendeva proprio “un santantonio”, e cioè un maiale con qualche difetto. Ma la cottura nel forno a legna e la farcitura di aglio e spezie facevano della porchetta il modo più appetitoso di gustare la carne suina.

Oggi naturalmente la porchetta è tutta di prima qualità, e quella di Monte S. Savino è la più famosa.

Accanto a S. Antonio arde sempre un fuoco: "il fuoco di S. Antonio". La dolorosissima e pericolosa infiammazione virale era ed è comunemente così chiamata perché per la guarigione si invocava Sant’Antonio Abate, che aveva sopportato nel suo corpo piaghe dolorosissime scatenate da satana; un fuoco infernale, proprio come l'herpes zoster.
Numerosi ospedali (Ospedali del Tau) sorsero in tutta la cristianità per curare questa temibile malattia. I corpi piagati venivano unti con il grasso di maiale.

Le leggende popolari dicono che la notte di S. Antonio gli animali acquistano la virtù, cioè hanno la facoltà di parlare, e nelle stalle i contadini possono capire ciò che dicono le loro bestie.

Le bestie diventano umane.

Il contrario di ciò che molte volte è accaduto nel corso della storia, fino ad oggi, purtroppo.

mercoledì 14 gennaio 2009

Dio non esiste: parola di tram!




Mi immagino chi sale in quel tram dove è scritto che Dio non esiste e tutti vissero felici e contenti.

La vecchietta che porta il rosario nella borsa. Nonnina, metti via la corona. Senza Dio la vecchiaia si affronta meglio, liberi da sogni di Paradiso, e magari in compagnia di Alzheimer.

L’operaio che apprende la buona novella di godersi la vita, perché senza Dio la sera si è meno stanchi e si ha qualche soldo di più in tasca.

Lo studente che, senza Dio a rompergli le palle, va a studiare più volentieri e magari fa forca ancor più volentieri. Visto che deve godersi la vita.

Il ragazzino, che libero finalmente dal catechismo e dai dieci comandamenti, manderà più volentieri affan*ulo tutti quelli che gli ricorderanno di fare il bravo, senza capire perché.

L’extracomunitario che, senza più l’esistenza di Dio, non avrà più bisogno della mensa della Caritas e di altre simili stronzate, ma andrà dallo sponsor che gli spiegherà come godersi la vita da libero e squattrinato pensatore.

Non ci salirà invece chi la vita se la gode di già. Quello non viaggia nei mezzi pubblici.


Diceva Dostoevskij: Se anche per assurdo Cristo avesse detto il falso, e dovessi scegliere tra Cristo e la verità, sceglierei di stare con Cristo.

martedì 13 gennaio 2009

Monologo di un blogger




Perché sono qui a scrivere qualcosa? Che cosa mi spinge a questo gesto inconsulto, non so quanto utile, per qualcuno fastidioso?

Forse il desiderio di far bella figura; niente si fa senza un pizzico di ego… Ma non può essere questo il motivo di fondo. Bella figura con chi, e perché? Con persone virtuali, che non incontrerò mai nella vita, che non conosco e non mi conoscono, e con le quali è possibile giocare solo a nascondino?

Non parliamo di soldi. Ieri ho dato un’occhiata al mio account Adsense. Praticamente un pc da zero; non il ben noto blogger, ma più prosaicamente la situazione economica del mio pc.

Il desiderio di cambiare la testa alle persone? A questo ci ho rinunciato da un bel pezzo; ognuno ha la testa che si ritrova, alla quale è molto attaccato; direbbe Lapalisse: ognuno ha le sue idee e le condivide.

Ho capito. Scrivo semplicemente per scambiare idee, opinioni, conoscenze; insomma per dialogare. Devo dire però che, dopo un anno da blogger, più che idee e opinioni spesso sono volati nella blogosfera piatti e soprammobili virtuali; niente danni alle persone, si spera, ma cocci qua e là...

E allora che rimane? Rimane solo il desiderio di mettere a disposizione di chi vuole le cose che uno conosce, o crede di conoscere. Il bisogno di offrire, a chi vuole, qualcosa di quello che a me sembra bello, interessante e, per quanto possibile, vero.

Ecco, spero che da questo blog esca qualcosa di buono.

Intanto, a me pare molto bella la pittura che ho riportato nella foto in alto: La Danza, di Gino Severini, 1914, Galleria Guggenheim, Venezia.

In questi primi giorni dell’anno un po’ di futurismo e di sano movimento non guasta.

sabato 10 gennaio 2009

La canzone di Marinella (1964). Nasce il mito di Fabrizio De André




Considero Fabrizio De André il più grande cantautore italiano, insieme a Lucio Battisti.

Due vite quasi parallele, che hanno lasciato un segno decisivo nella musica leggera italiana e, pur nella diversità di ispirazione, hanno fornito ad un’intera generazione di giovani una ricchezza di suoni e di immagini che è rimasta praticamente intatta nel suo valore fino ad oggi.

Io ho avuto la fortuna di vivere quella primavera musicale, in cui fiorirono i “mille papaveri rossi” della Guerra di Piero e i “nuovi colori” dei Giardini di Marzo.

Il mito di Fabrizio De André nasce in sordina, quasi di nascosto, come la vita dei personaggi delle sue storie. Nessuno lo vedeva apparire in televisione, le sue canzoni si ascoltavano alla radio e in rari dischi, e si provava ad immaginare il suo volto, dietro quella voce che non alzava mai troppo i toni, ma che entusiasmava con parole ora dolci, ora amare, ora sferzanti.

La Guerra di Piero, Via del Campo, La chiamavano Bocca di Rosa, Carlo Martello, Il pescatore, e tutte le altre: una umanità mai cantata prima, e in maniera così serenamente provocatoria e contestatrice. Un inno di battaglia per una generazione che stava facendo della contestazione la sua parola d’ordine.

Difficile ovviamente fare una graduatoria di merito tra le canzoni di questo moderno ‘trovatore’, che con la sua voce educata e un filo di accompagnamento di chitarra ha saputo far vibrare nel profondo le corde della nostra sensibilità.

Ognuno poi ha le sue preferenze, legate magari a ricordi ed episodi personali.

Particolarmente affezionato rimango a La guerra di Piero, per la bellezza e l’attualità del messaggio, (“chi diede la vita ebbe in cambio una croce”), e per la genialità della partitura musicale, con una linea melodica trascinante, una successione di accordi appropriati e gli stacchi solistici che interrompono nei luoghi opportuni la lunghezza della ballata .

Ma la più bella a mio parere rimane La canzone di Marinella, che determinò anche il successo del cantante.
È l’eterno tema dell’amore, ma trattato con immagini ed espressioni da grande artista; un amore “senza una ragione, come un ragazzo segue un aquilone”; delicati silenzi poetici, “lui pose le sue mani sui tuoi fianchi”; e la tragedia finale introdotta con quel “dicono poi che mentre ritornavi”, che dà alla canzone il sapore della fiaba e contemporaneamente della storia vera.
Il tutto accompagnato da un semplice giro armonico di La minore, con opportuno passaggio, per dare varietà alla ballata, a quello di Do minore attraverso un accordo di Sol7, e il ritorno al La minore attraverso un accordo di Mi7.

La canzone di Marinella, La guerra di Piero, Via del Campo, Geordie… Sono le canzoni sulle quali tutti noi abbiamo imparato a suonare la chitarra; semplicissimi giri armonici, che venivano appresi con entusiasmo, per poter a nostra volta riproporre e cantare insieme quelle magiche parole.

Quanto ti dovremo ringraziare, grande De André, per quello che ci hai regalato… Insieme a Battisti ci hai regalato i colori della nostra giovinezza.

Per questo motivo, non ti ricordo solo una volta all’anno, o in questo decimo anniversario.
Nel mio blog hai un posto fisso, come nel mio cuore.

Per ascoltare La Canzone di Marinella clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=3rc6nHIvBp8

martedì 6 gennaio 2009

Epifania. Il significato della festa


















I Re Magi. Mosaico bizantino del 600 circa
Basilica di S. Apollinare in Classe. Ravenna


Epifania significa in greco “manifestazione”. E la chiesa ha mantenuto intatto l’antico nome di questa festa. Si tratta di una manifestazione con molteplici significati, che si richiamano a vicenda.

Manifestazione di Gesù come Figlio di Dio. L’adorazione dei magi e l’offerta dei doni hanno questo significato. Quel bambino è in realtà l’atteso delle genti, il Salvatore del mondo, il Figlio di Dio.

Manifestazione della salvezza a tutti i popoli della terra, rappresentati dai magi stranieri .
Per gli ebrei l’unico popolo eletto era quello ebraico.
Ora invece “non c’è né giudeo né greco, né schiavo né libero né uomo né donna, ma tutti siamo uno in Cristo Gesù" (Galati, 3,28).

Manifestazione di Cristo come Re dei re, Signore dei signori: “Rex regum, Dominus dominantium” (1 Tm 6, 15; Apocalisse 17, 14).
Nei confronti di Dio siamo tutti sue creature, senza privilegi, compresi i grandi della terra. Se ci vogliamo salvare dobbiamo farci umili e riconoscere che uno solo è il Signore di tutti.
Don Milani diceva “Servo di Dio e di nessun altro”.

Per questo, la tradizione ha raffigurato i magi come re, e di diverso colore della pelle, nelle tre razze allora conosciute: semiti (ebrei e arabi), camiti (neri) e giapeti (bianchi indoeuropei).

Ogni volta che qualche forma di razzismo o di discriminazione si affaccia nel teatro della storia è un’offesa alla dignità dell’uomo e alla volontà di Dio.

È anche la profanazione dell’Epifania.

lunedì 5 gennaio 2009

Epifania. Arrivano i re magi, al suono della marcia di Lulli e di Bizet



Molti sono i canti di Natale. Meno quelli per l’Epifania.

Ma ce n’è uno molto bello, di origine provenzale, che ha avuto una grande fortuna. È stato adattato da Jean-Baptiste Lully (il fiorentino Giovanni Battista Lulli) come marcia militare per l’esercito del Re Sole (La marcia di Turenne), e in epoca a noi più vicina Georges Bizet ne ha fatto un tema conduttore de L’Arlésienne.

Proprio Bizet ha curato di questo canto natalizio la trascrizione per coro, in forma di canone: quello che presentiamo (del coro di ragazzi e degli strumentisti apprezziamo la buona volontà!)


La marche des rois


Ce matin,

J'ai rencontré le train
De trois grands Rois qui allaient en voyage.
Ce matin,
J'ai rencontré le train
De trois grands Rois dessus le grand chemin.

Venaient d'abord les gardes du corps,
Des grands guerriers avec trente petits pages,
Venaient d'abord les gardes du corps
Des grands guerriers avec leurs boucliers.


La marcia dei re

Questa mattina ho incontrato il corteo
di tre grandi Re che erano in viaggio
Questa mattina ho incontrato il corteo
di tre grandi Re nella via maestra.


Seguivano poi le guardie del corpo,
grandi guerrieri con trenta piccoli paggi
Seguivano poi le guardie del corpo,
grandi guerrieri con i loro scudi.



Puis sur un char,
Doré de toute part,
On voittrois rois modestes comme d'anges
Puis sur un char,
Doré de toute part
Trois rois debouts parmi les étendards.

L'étoile luit
Et les Rois conduit,
Par longs chemins,
Devant une pauvre étable,
L'étoile luit
Et les Rois conduit,
Par longs chemins devant l'humble réduit.

Au fils de Dieu Qui naquit en ce lieu
Ils viennent tous présenter leurs hommages,
Au fils de Dieu
Qui naquit en ce lieu
Ils viennent tous présenter leurs doux voeux.

De beaux présent,
Or, myrrhe et encens
Ils vont offrir au maître tant adorable
De beaux présent,
Or, myrrhe et encens
Ils vont offrir au bienheureux enfant.

domenica 4 gennaio 2009

Calendario di bloggers (solo uomini!)


Il ministro delle Pari Opportunità, non la Carfagna, ma quello della blogosfera, cioè L’AltraMetàdelCielo, si sarà inquietato perchè, seguendo la moda, ho postato un calendario di sole bloggers.
Vengo ora a colmare il vuoto della volta celeste con un calendario di soli uomini, per dare anche ai maschi l’onore di finire appesi a un muro.



GENNAIO L’inizio dell’anno. Chi ben comincia è a metà dell’opera. E si parte sempre da zero. Anche nel mondo del web: Pcdazero (ora anche in inglese: Pc from zero)

FEBBRAIO Il mese della dea Febbre, delle malattie, dei dolori, delle infiammazioni. Particolarmente fastidiose quelle che colpiscono il fondoschiena del blogger, che deve lavorare seduto: Emorroide.

MARZO Il mese pazzerello, o per meglio dire, semiserio: piove e spiove, giornate una calda e una fredda, “cazzeggio e impegno”: Ghearts3bannato_reloaded.

APRILE Il mese che ricorda la liberazione, il mese antifascista per eccellenza. Qui c’è l’imbarazzo della scelta. Bisognerebbe indicare il più antifascista della blogosfera. Mission Impossible, perché ognuno rivendica il primato. E allora, per non far torto a nessuno, li riuniamo tutti in un'unica sede: Casadelpopolo.

MAGGIO Il mese dedicato alla Madonna, il mese mariano: Mariano per il nick, Max75 per l’avatar.

GIUGNO Finisce la scuola, iniziano scrutini ed esami. La temuta penna dei professori, penna che graffia: Rickgav.

LUGLIO Il solleone, un caldo siciliano; anzi, un siciliano caldo: Geromarsala.

AGOSTO Tutti in ferie, tutti al mare… ma prima, tutti in fila nelle autostrade: Exodus90s.

SETTEMBRE Andiamo, è tempo di migrare… Continuano gli sbarchi a Lampedusa: Clandestinodellavita.

OTTOBRE Vino nuovo, castagne, funghi… Roba per palati fini. Ci vuole un esperto di cucina: Gorgonzola.

NOVEMBRE Il mese della memoria, religiosa e civile. La grande guerra, S. Martino del Carso, Redipuglia. Riti e rituali: Mstatus.

DICEMBRE Il mese che chiude l’anno; e S. Silvestro chiude il mese e l’anno: Silvestre.

venerdì 2 gennaio 2009

Calendario di bloggers (donne, naturalmente!)


È tempo di calendari.
Ne facciamo uno anche noi, ovviamente di sole donne, del mondo della blogosfera.
Anche se non hanno TetteGiganti o non sono AttricieModelle, ogni mese ne indichiamo una.
E poiché di molte di esse non abbiamo la foto, ci accontentiamo del solo nick.


GENNAIO Il mese che apre l’anno, il mese delle calende, anzi Kalendae, che dà il via al Kalendarium. Il mese con la kappa: Kitascima.

FEBBRAIO Il mese scherzoso, scanzonato, lungo o breve. Il mese del carnevale di Venezia. Negli anni bisestili Rossaura, altrimenti Ross.

MARZO Il mese delle mimose e delle viole: Violaine. Il mese del vento di primavera: Saamaya.

APRILE Il mese che apre la porta nascosta della natura, dopo i rigori dell’inverno. Porta nascosta, ianua abdita: Abdita.

MAGGIO La primavera nel pieno fulgore; i fiori, le farfalle, gli uccellini: SammyB, Lealidellafarfalla, Mtura.

GIUGNO La falce in pugno, e magari anche il martello. Se fosse una donna Falcemartello (ma è un uomo). E allora LaGrandeMietitrice.

LUGLIO Tutti al mare, tutti al mare. Anzi, nel mare: Abagnomaria.

AGOSTO Il solleone, l’abbronzatura perfetta: Morosita. Per il gran caldo, incendi in tutta Italia: Fiammifero.

SETTEMBRE Finite le ferie, tutti al lavoro. Specialmente una: la Segretariadelpresidente.

OTTOBRE Il mese della vendemmia e del vin nuovo: Nonsolopane.

NOVEMBRE Il mese della memoria: Morticia.

DICEMBRE Mare in burrasca: Tempestamarina; e poi, chiusura in bellezza: Audrey.

giovedì 1 gennaio 2009

Squillino le trombe: entra l’anno nuovo!



Vogliamo iniziare l’anno con festosi squilli di tomba. Un po’ di carica non ci farà male!

Abbiamo scelto il Trumpet Tune di Henry Purcell (1659-1695), considerato il più grande musicista inglese di ogni tempo.


Buon anno!