martedì 31 agosto 2010

Notti in montagna (con Kodály)...




L'estate sta finendo, con l'agosto. Le ultime nottate in montagna, prima della ripresa dei lavori.

Le passiamo con la musica di Zoltán Kodály... 

Chi ama la musica corale non può non avere un debole per Kodály (1882-1967).

Le sue composizioni polifoniche sono il banco di prova di ogni coro che si rispetti.
Nessun maestro può affrontare un spartito di Kodály se non ha un gruppo ben preparato, sia vocalmente che tecnicamente.

Un canto di Kodály non si può “mettere su” in quattro e quattr’otto. Dissonanze, salti vocali difficili, finezze espressive, non si possono improvvisare. Hanno bisogno di uno studio assiduo e di una preparazione di lunga data.

Non a caso Kodály è stato anche un grande educatore del popolo magiaro, facendosi promotore dell’insegnamento della musica fin dalla scuola dell’infanzia, con un celebre Metodo che porta il suo nome.

Io che ho un debole per la polifonia, da vecchio corista di un bel coro, voglio concludere il mese di agosto in bellezza proprio con Kodály.

Niente orchestre, niente strumenti inventati dall’ingegno umano, solo lo strumento musicale più bello che esista: la voce umana.

Un coro polifonico, e per di più senza parole: solo suoni.

Si tratta del primo dei cinque brani dedicati alle “Notti in Montagna” (Hegyi Èjszakák), del 1923.

È anche il più bello. Il mistero, il fascino e la paura di una notte, nella solitudine alpestre, sono magnificamente espressi da questo moderno "quadro musicale".

Per coloro che non hanno dimestichezza con la polifonia, faccio solo notare che il pezzo, per coro femminile a 5 voci, inizia con un progressivo accordo dissonante (Fa-Sol-La-Si). Ogni voce fa la sua nota e la “tiene”.
Tenere fermo un accordo dissonante è come tenere insieme forze contrastanti. Quanto di più difficile ci sia, anche nella coralità.

Per di più si tratta di un trìtono, del duro “diabolus in musica”…

Non c’è bisogno di dire che il coro che lo esegue è eccellente. Solo un coro di valore può eseguire questa musica.

È il Coro Femminile di Gyor, diretto da Miklòs Szabò.

Un applauso meritato!

lunedì 30 agosto 2010

Schumann. Chi era costui?



Tra i grandi compositori romantici, il tedesco Robert Schumann (1810-1856) è certamente quello meno conosciuto.

Lo conferma anche il fatto che questo 200° anniversario della sua nascita stia passando quasi inosservato.

Eppure è un autore che ha lasciato pagine indimenticabili. “Träumerei” (Il sogno) è una delle più affascinanti composizioni della storia della musica.

Autore di sinfonie, concerti, sonate di vario genere, dà il meglio di sé soprattutto nel suo “Album für die Jugend” (Album per la gioventù), op. 68, del 1848.

Si tratta di 43 brani pianistici “per i più piccoli e per i più grandi”; una raccolta di pezzi facili da eseguire, ma di grande valore, per varietà di temi e ricchezza di sentimenti.

Tristezza, angoscia, gioia, speranza, serenità; per ripetere le parole di Schumann, “cose folli e qualche volta solenni, scritte ridendo e piangendo".

Si può dire che non ci sia pianista, dilettante o meno, che non abbia iniziato suonando qualcuno di questi piccoli capolavori.

Voglio postare il n. 16, "Il primo dolore" (più esatto, La prima perdita), anche perché è uno dei primi brani che ho imparato in età fanciullesca (era nel Metodo del Bungart) e che non ho mai dimenticato.

Un invito per ascoltarne altri…

sabato 28 agosto 2010

Sant'Agostino. Un uomo per tutte le stagioni




Se c’è un uomo per il quale la ricerca della verità non è stata solo qualcosa di accademico, ma il significato dell’intera esistenza, questi è certamente Sant’Agostino (354-28 agosto 430).

La sua vita è stata un anelito incessante verso il vero, e al tempo stesso una lotta contro ogni genere di falsità e di errori.

Perfino una lotta agli errori grammaticali, che all’inizio del suo cammino di conversione considerava più gravi di un peccato mortale.

La prima lotta che ha dovuto combattere è stata quella contro lo scetticismo.
La risposta che dà a sé stesso e ai negatori della verità è racchiusa nella celebre espressione, ripresa in epoca moderna da Cartesio: “Anche se sbaglio, esisto” (etiam si fallor, sum).
Di tutto posso dubitare, posso anche sbagliarmi su tutto, ma di me che sbaglio non posso dubitare (altrimenti non sbaglierei).
La verità parte perciò dal mio stesso io, è un’evidenza e un’esigenza che scaturisce dal mio stesso essere.

Nel mio intimo trovo poi altri principi che sono indubitabili e certi: sono verità assolute, sia nel campo della logica che in quello della morale.
I principi primi della conoscenza, così come i principi morali, sono validi per tutti e per sempre. 
Non uccidere, non rubare, non dire il falso, sono altrettanto veri come il principio di non contraddizione e il teorema di Pitagora.
“È vero che tavolta mentiamo, ma nessuno vorrebbe essere ingannato”.

In noi abita perciò la verità, assoluta, eterna, e non solo le opinioni personali.
Ma noi siamo esseri mortali e manchevoli. Da dove provengono queste verità assolute? Devono avere una causa altrettanto eterna, assoluta, perfetta; cioè Dio. Solo Dio può essere la causa della verità, che ci supera nel tempo e nello spazio, e che scopriamo dentro di noi.
“Non uscire fuori di te. Rientra in te stesso. Nell’intimo dell’uomo abita la verità. E se ti trovi manchevole, trascendi te stesso!” (De vera religione, 39).
Bisogna trascendere sé stessi, appellarsi al Maestro interiore, che è Dio trascendente.
Per questo la verità, quando viene raggiunta, ci appare solida, perché fondata su Dio, Verità assoluta, che permane in eterno e non è soggetto al divenire del mondo.

Il Maestro interiore, il Logos di Dio, non è solo una scoperta umana, a cui sono pervenuti in certa misura anche Platone e i Platonici, così come Aristotele, gli Stoici ed altri ancora.
Il Logos di Dio, la Sapienza di Dio si è fatta carne, si è fatta conoscere visibilmente nella persona di Gesù Cristo, che ci ha rivelato la pienezza della verità, con il suo messaggio di amore e con la sua Risurrezione.
La fede cristiana è l’incontro tra la nostra ragione, desiderosa di verità, e la Verità in persona, Cristo, figlio di Dio: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”. Non solo Cristo è la verità, ma è anche la guida per raggiungerla. E solo in Cristo la vita raggiunge la sua pienezza: “Ci hai creati per te, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te” (Confessioni, I).

Agostino giunse all’incontro con Cristo in età adulta, ascoltando soprattutto gli insegnamenti di S. Ambrogio. Il suo battesimo avvenne a Milano quando egli aveva trentatré anni.
L’ultima battaglia l’aveva combattuta contro i suoi amori disordinati: “Dammi la castità e la continenza, o Signore, ma più tardi!” (Conf. VIII, 7).

Ma troppo forte era il suo amore per Cristo e per la verità, per cui riuscì a superare con un amore ancora più grande l’amore terreno. Così descrive la sua conversione:
“Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Diffondesti la tua fragranza e io l’ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te” (Conf. X, 27).

Dopo la conversione Agostino si rammarica di aver perso tanto tempo nelle sue indecisioni:
“Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco, tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. Eri con me ed io non ero con te” (Conf. X, 27).

Ma il tempo “perduto” (si fa per dire) fu ampiamente recuperato da un cammino di vita e di sapienza ineguagliabili. Il suo pensiero, espresso in opere poderose (Le Confessioni, La Città di Dio, La Trinità, Grazia e Libero arbitrio, etc.), ha contribuito più di ogni altro a formare la cultura occidentale di cui siamo eredi, “come nani portati sulle spalle da giganti”.

Ciò che ha convinto il pagano e inquieto Agostino a convertirsi a Cristo e a cedere alla sua chiamata è stato un messaggio irresistibile, quello dell’amore: “Ama, e fa’ ciò che vuoi” (Commento alla I Lettera di Giovanni, 7, 7).

Un messaggio che Agostino mette a fondamento del suo capolavoro: La Città di Dio (De civitate Dei).
“Due amori fondarono due città. L’amore di sé fino al disprezzo di Dio ha fondato la città degli uomini; l’amore di Dio fino alla rinuncia di sé ha fondato la città di Dio” (XIV, 28).

Il bene e il male hanno origine comunque dall’amore, che muove le azioni dell’uomo.
Ma solo l’amore che si apre agli altri porta alla salvezza.
L’amore egoistico porta alla disgregazione. Come accadde all’impero romano.

E mi pare che anche la nostra società sia un po’ simile a quella del Basso Impero, ridotto a un “grande latrocinio” (magnum latrocinium), di cui Agostino preannunciò la fine, prospettando al tempo stesso la nascita di un nuova “città” fondata sui valori morali e sulla giustizia, che tutti gli uomini, cristiani o no, sono chiamati a costruire.

C'è ancora bisogno del messaggio agostiniano. Molto più attuale di quello di tanti "filosofi" e maîtres-à-penser di oggi.




Foto in alto: Sant' Agostino in cattedra, Miniatura padovana del 1500, British Library, Londra

lunedì 23 agosto 2010

Dio. Siamo tutti "engagés"



Come tutti i problemi, anche quello religioso va affrontato con un buon metodo di ricerca, altrimenti si corre il rischio di perdersi in un labirinto inestricabile.

Ce lo ha insegnato Cartesio. Idee chiare e distinte.

Un’idea è chiara quando è immediatamente presente alla mente; un’idea è distinta quando non viene confusa con un’altra.

Si dovranno perciò analizzare per idee chiare e distinte i due aspetti fondamentali della realtà: i dati di ragione e i dati di fatto.

I dati di ragione sono quelli che si fondano sul principio di non contraddizione. Ad esempio, se una cosa è vera, il suo contrario è falso; sullo stesso argomento non possono esistere due verità diverse, o molte verità, ma una sola; e così via.

I dati di fatto sono quelli che vanno verificati nel loro accadere, tenendo conto non solo del principio di non contraddizione, ma anche del principio di ragion sufficiente: un fatto ha una causa che lo deve spiegare.

E veniamo al problema di Dio.

L’uomo si pone questo problema non perché gli è stato ordinato dal medico, ma perché deve spiegare la realtà che lo circonda.
E la ragion sufficiente non può essere una causa interna al mondo, perché anche questa eventuale causa, essendo interna al mondo, avrebbe bisogno di un’altra causa, come tutte le cose che sono nel mondo.

Finché non si ammette una Causa esterna al mondo, che sia assolutamente diversa dal divenire delle cose, che abbia la pienezza dell’Essere nell’eterno presente, la mente umana non trova la ragion sufficiente per spiegare la realtà che lo circonda.
Solo in Dio, trascendente il mondo, eterno nel presente, perfetto nell’essere, può trovare quiete la mente e il cuore dell’uomo.

Il principio di non contraddizione inoltre ci dice che se Dio esiste, è falso che non esista; e viceversa. In altre parole, Dio non può esistere e non esistere contemporaneamente.
Tra il credente e l’ateo, uno dei due sbaglia, e non può darsi un terzo caso. Anche l’agnostico, colui che non si pronunzia sul problema, non sposta di un millimetro la questione: Dio è o non è, anche se uno non riesce o non vuole cercarlo.

Trovo davvero puerile chi ritiene il problema di Dio una questione oziosa, oppure chi addirittura ci ride sopra, come capita di leggere nel web.

Direbbe Pascal: siamo tutti “engagés” (impegnati) in questo problema, perché altrimenti alla fine ci troveremo comunque “o davanti al nulla o a un Dio irritato”.

Meglio dunque non scherzare troppo su questi argomenti, ma iniziare a ragionare seriamente, mettendo da parte pregiudizi o idee preconcette. L'ironia poi, non è proprio il caso.

“Deus non irridetur”. Dio non si fa prendere in giro.

Nel video, un coro amatoriale canta il "Salmo XVIII di Davide", di Benedetto Marcello (1686-1739). 
Si tratta di un celebre brano polifonico, che ogni coro che si rispetti ha nel  suo repertorio:

"I cieli immensi narrano del grande Iddio la gloria".

Del coro si apprezzi la buona volontà...


domenica 22 agosto 2010

Superuomo? ma per favore!




Il dolore umano, la “porta stretta” di cui parla il Vangelo di questa domenica (Lc 13, 24), è una realtà cui nessuno sfugge.

Si ha un bel parlare del superuomo, di oltreuomo, e simili sciocchezze.

L’uomo rimane un essere fragile e limitato, il cui destino è per tutti, credenti o atei, la morte, previa una buona dose di dolore.

Basta una visitina in un ospedale per riportarci bruscamente con i piedi per terra…

Una lezione di vita che ci insegna un’altra grande verità: solo l’amore può rendere umano un girone infernale come un reparto ospedaliero.

Mi piace associare queste riflessioni a una delle ultime Sonate per pianoforte di Schubert, la penultima per la precisione, scritta due mesi prima della morte (1828).

Fragilità, tristezza, disperazione; ma alla fine, un dolore redento, come ci fanno capire i vari passaggi a tonalità maggiori.

È l'Andantino, il II Movimento della Sonata D 959.

Un capolavoro, perfettamente interpretato dal grande  Alfred Brendel.




venerdì 20 agosto 2010

Ave Maria! (Renato Zero)




Talvolta si scopre la bellezza nei luoghi più impensati.

Per motivi familiari mi sono trovato in questi giorni a frequentare spesso l'ospedale, divisione Medicina geriatrica.

Un bravo infermiere, tra un decubito e un femore rotto, canticchiava un motivo che ha attirato la mia attenzione e ha risvegliato nella mia memoria una canzone che avevo quasi rimosso (colpa del Festival di Sanremo?)

In pochi secondi ho capito di cosa si trattava e ho ripercorso mentalmente la canzone "Ave Maria" di Renato Zero (1993), scoprendone appieno il valore.

Bellissima!

Non ho potuto fare a meno di postarla, perché forse molti come me l'hanno "dimenticata".





giovedì 19 agosto 2010

La fede di Francesco Cossiga



Oggi si svolgeranno i funerali di Francesco Cossiga, in forma privata, a Sassari.

Non voglio parlare della sua figura di politico e di statista, certamente grande.

Voglio qui ricordare solo la sua ferma fede di cattolico.

Ha detto poco prima di morire, in piena consapevolezza: "Ora mi presento davanti a Dio, che giudicherà con giustizia le mie azioni". 

Davanti al tribunale di Dio nessun segreto resterà tale: tutto sarà svelato.

Un giudizio infallibile, senza dietrologie umane né linguaggio politichese, che del resto a Cossiga non piaceva. 

Solo il linguaggio netto e crudo del Dies Irae, perfettamente reso dalla drammatica e stupenda musica di Giuseppe Verdi.


Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.


Sarà portato un  libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
per cui il mondo sarà giudicato.

Pertanto,  quando il Giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà impunito.


martedì 17 agosto 2010

La prima e l'ultima Siciliana: identiche!



La “Siciliana”, la caratteristica danza di cui abbiamo parlato nei precedenti articoli, ha avuto nell’epoca barocca il periodo di maggior importanza.

Vivaldi, Bach, Händel, e un po’ tutti i musicisti dell’epoca, hanno inserito nei loro concerti il movimento  o ballo “Siciliano”. Il suo ritmo lento e cadenzato in ottavi (6 o 12) e il suo carattere appassionato ispiravano gli artisti e affascinavano l’uditorio.

Per gli stessi motivi questo genere musicale è stato coltivato fino ad oggi.
Grandi compositori hanno continuato a scrivere brani nel movimento alla “Siciliana”.

Basterà citare Haydn, Mozart, Brahms, Fauré, Stravinskj, Rachmaninov, Poulenc, Verdi, Mascagni. La sua “Cavalleria Rusticana” si apre proprio con una stupenda aria da tenore “Siciliana” (“O Lola, ch’hai di latti la cammisa”…); siciliana anche nel linguaggio.

Un discorso a parte merita Ottorino Respighi (1879-1936). Oltre che grande autore di poemi sinfonici (celebri quelli legati ai pini, alle fontane e alle feste di Roma), è stato un eccellente musicologo, e ha dato notevole impulso alla ricerca della musica rinascimentale e barocca, nonché allo studio del gregoriano.

Tra le sue numerose scoperte di arie rinascimentali c’è proprio una bellissima "Siciliana", inserita come terzo movimento nella III Suite di “Antiche arie e danze per liuto”, del 1931.

Questa Siciliana, orchestrata da Respighi con strumenti ad arco, è di autore Anonimo di fine XVI secolo.

Il regista Luigi Magni se ne è servito per la bella colonna sonora, curata da Angelo Branduardi, del film “State buoni, se potete!” su S. Filippo Neri, del 1983.

È il cosiddetto “Tema di Leonetta”, e viene per lo più considerato come opera di Branduardi.

In realtà è di Ottorino Respighi, che a sua volta ha preso il tema da un Anonimo del XVI secolo.

Si tratta perciò della più antica “Siciliana” che si conosca. 


Il video è senza immagini e il link al film di Luigi Magni rimanda a una versione ungherese…

Non ho trovato di meglio né per il concerto di Respighi, né per la scena finale del film di Magni con Johnny Dorelli, e il tema di Leonetta.

Ma si tratta di una musica così bella, che non ha bisogno di make up...

domenica 15 agosto 2010

Magnificat !



Non si può lasciar passare la Festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, senza postare una delle infinite perle di bellezza che Le sono state dedicate dagli artisti nel corso di duemila anni.

Il "Magnificat" di Claudio Monteverdi (1567-1643) è una di queste perle "divine".

"L'anima mia magnifica il Signore!" (Lc 1, 46-55).

È il canto di lode della Madre di Dio, e insieme a Lei, di ogni vero credente.

Buona Festa, prima che termini del tutto, con le splendide note vocali e strumentali di Monteverdi.


Magnificat anima mea Dominum,
et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo
quia respexit humilitatem ancillae suae, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes
quia fecit mihi magna, qui potens est: et sanctum nomen eius
et misericordia eius a progenie in progenies timentibus eum.
Fecit potentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui,
deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles.
(I parte) 

La seconda parte qui:   
http://www.youtube.com/watch?v=a4hx5E73zS4&feature=related

La più bella Siciliana. È tedesca...



Abbiamo già detto ieri del carattere appassionato della danza "Siciliana", usata in epoca barocca come uno dei movimenti delle suites in concerti e sonate.

Una nota di commento al post di ieri mi obbliga in questo bel giorno di festa a ritornare sullo stimolante argomento.

Non fa meraviglia che una bellissima Siciliana sia stata scritta dal veneziano Antonio Vivaldi. La Serenissima ispirava certamente sentimenti simili a quelli della luminosa e passionale Sicilia.

Ne fu conquistato anche J. S. Bach, che quella musica studiò e trascrisse. L'abbiamo visto ieri.

Ma lì si tratta di una perfetta copia, abilmente ridotta per clavicembalo.

Ciò che meraviglia è come Bach, nato e vissuto nel cuore della Germania, sia riuscito a entrare nello spirito tipicamente mediterraneo di questa danza/movimento, con un pathos che anticipa il romanticismo.

Sua infatti è la Siciliana più bella che sia stata forse mai scritta, e che troviamo nella Sonata n. 2, in Mi bemolle Maggiore, per Flauto e Cembalo, BWV 1031.

Ascoltare, per credere!

La postiamo nella efficace trascrizione pianistica di Wilhelm Kempff, e nella altrettanto  esemplare esecuzione di Evgeny Kissin.

Buona Festa.
.

sabato 14 agosto 2010

Il Contagio Creativo










C'è un contagio che dà morte,
e contrarlo è mala sorte.

Ma il "Contagio Creativo"
rende il viver più giulivo.

È una vispa coccinella:

Una bellissima siciliana...



Nel linguaggio musicale la “Siciliana” è una danza dell’epoca barocca, con andamento lento e cadenzato (in genere 6/8 o 12/8, come in questo caso), di carattere appassionato (e come potrebbe essere diversamente?...)

Era uno dei movimenti che costituivano la suite, cioè la successione di brani nella medesima tonalità, in un concerto o in una sonata.

La suite barocca aveva abitualmente questi movimenti: Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga. 
Allemanda e Sarabanda sono movimenti lenti, Corrente e Giga  veloci. La loro alternanza e la varietà dei ritmi (binari e ternari) dava maggiore vivacità all’insieme.

Spesso però i musicisti arricchivano il concerto o la sonata con ulteriori movimenti, come la Bourrée, la Gavotta, il Minuetto, la Siciliana…

Una delle più belle “Siciliane” è quella del Concerto in Re minore di J. S. Bach, BWV 596, per clavicembalo.

In realtà si tratta della trascrizione del Concerto n. 11, per due violini, violoncello e orchestra, RV 565, dell’ Estro Armonico di Antonio Vivaldi, pubblicato nel 1711.

Bach era rimasto affascinato dalla musica di Vivaldi e trascrisse numerosi suoi concerti, come questo di cui parliamo.

Una Siciliana disegnata da un veneziano e copiata da un tedesco.

Quando si dice che la bellezza non ha frontiere…

mercoledì 11 agosto 2010

Cielo e mare. Un magnifico notturno in laguna



Cielo e mare. Così è l'estate classica, in ogni senso.

Anche in senso musicale. Mi riferisco ovviamente alla romanza "Cielo e Mar", dalla "Gioconda" (1876) di Amilcare Ponchielli (1834-1886).

Il titolo dell'opera e la celeberrima Danza delle Ore potrebbero far pensare ad un melodramma festoso.

Ma basta sapere che il libretto è stato scritto da Arrigo Boito (1842-1918), il principale esponente della "scapigliatura" milanese (e gran musicista anche lui), per capire subito che si tratta di un'opera drammatica.

Anzi, Boito accentua il carattere tragico e paradossale  dell'originario dramma di Victor Hugo, inventando tra l'altro la figura diabolica del personaggio di Barnaba, autentico mostro di malvagità.

"Cielo e Mar" dice dell'amore del principe Enzo per Laura. È un canto notturno nel mare di Venezia, mentre l'amato aspetta in nave la sua amata, o per essere più precisi, la sua amante...

Con un Luciano Pavarotti in grandissima forma.



Atto II, Scena IV. Enzo (tenore)

Romanza. Cielo e mar

Cielo e mar! L'etereo velo
splende come un santo altar.
L'angiol mio verra dal cielo?
L'angiol mio verra dal mare?
Qui l'attendo; ardente spira
oggi il vento dell'amor.
Ah! Quell'uom che vi sospira
vi conquide, o sogni d'or!
Nell'aura fonda
non appar nè suol né monte.
L'orizzonte bacia l'onda!
L'onda bacia l'orizzonte!
Qui nell'ombra, ov'io mi giacio
coll'anelito del cor,
Vieni, o donna, vieni al bacio
della vita e dell'amor ...
Ah! Vien!

(Arrigo Boito)

martedì 10 agosto 2010

Scusi, Signor Kant!











“Due cose mi riempiono di stupore: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.

Così dice Kant al termine della sua “Critica della Ragion Pratica”.

Una frase che non ha bisogno di commenti, e ancor meno di aggiunte, tanto è perfetta.

Eppure il 10 agosto mi permetto di fare un’eccezione e di scrivere così:

“Due cose mi riempiono di stupore: la legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me, specialmente nella notte di S. Lorenzo!”

Entschuldigen Sie mich, Herr Kant!


lunedì 9 agosto 2010

Addio al passato, con la musica di Verdi



La grande musica, come ogni opera d’arte, “vince di mille secoli il silenzio”, per usare un’espressione foscoliana.

L’orecchio moderno, benché inquinato da musiche assordanti e voci sgraziate, quando sente risuonare brani stupendi e ugule d’oro, rimane incantato.

Ecco perché molti oggi cominciano a riscoprire la musica classica e l’opera.

L’Italia ha molto da insegnare a questo riguardo.

Si può dire che la musica è “made in Italy”, sia nell’alfabeto con cui viene scritta (Guido d’Arezzo), sia nell’origine di molti suoi generi, tra cui il melodramma, iniziato a Firenze dalla “Camerata dei Bardi”, alla fine del 1500.

Non si può, ad esempio, rimanere indifferenti di fronte all’ “Addio del passato”, l’aria da soprano cantata da Violetta ne “La Traviata” (1853) di Giuseppe Verdi.

È la prima scena del III e ultimo atto. Violetta è sul suo letto di morte, divorata dalla tisi.

Il suo tristissimo e dolcissimo canto è preparato da un “parlato”, accompagnato dal suono del violino solista: Violetta legge la lettera del padre dell’amato Alfredo, in cui si dice che ogni equivoco è stato ormai chiarito e Alfredo sta per tornare da lei.
Ma ormai è tardi.

L’incontro avverrà, ma sarà anche la fine della “signora delle camelie”.

Amore e morte. Credo che il romanticismo raggiunga qui una delle vette più sublimi.
Il capolavoro di Alexandre Dumas figlio non poteva avere una colonna sonora più adeguata.
Anzi, la musica di Verdi ha reso ancor più celebre il dramma di Margherita/Violetta e Armando/Alfredo.

L’allestimento simbolico nel video postato può lasciare un po’ perplessi.

Ma non lascia dubbi l’intepretazione di Anna Netrebko.

Direi, perfetta.

domenica 8 agosto 2010

Rock progressivo? "Canto di Osanna"




Gli anni 70 sono stati un’autentica esplosione di generi musicali: rock, hard rock, heavy metal, psichedelico, folk, pop, country, disco, e le loro ibridazioni.

Tutti hanno origine però nella rivoluzione rock e beat del precedente decennio; compreso il genere melodico, che non è più quello di Claudio Villa, ma ormai quello di Celentano, per citare il cantante più noto.

I ritmi, le voci, gli strumenti sono ormai quelli rockettari.

Si comprende la ricchezza e la varietà dei generi citando il rock cosiddetto "progressivo", che in Italia ebbe un bel seguito, con ottimi gruppi, come la PFM e prima ancora i Delirium.

È una musica che cerca di unire il rock con la musica colta e temi sostenuti; i brani hanno un andamento quasi sinfonico. Spesso sono lunghi, molto più dei classici tre minuti (un brano dei Genesis dura 20 minuti e uno dei Pink Floyd ben 23 minuti!) e hanno una “pretesa” di arte, e non solo di cassetta.

Come si addice ad un rock sperimentale, gli strumenti sono i più moderni, compreso il sintetizzatore, ma associati ad altri strumenti classici, come il flauto traverso, l’organo (Hammond), gli archi, il piano e perfino il clavicembalo.

Forse il termine “rock progressivo” è fuorviante, ma ormai è entrato nel linguaggio comune.

I grandi esempi venivano dall’Inghilterra; i gruppi più celebri erano ovviamente i Genesis e i Pink Floyd; ma fondamentali sono stati i Procul Harum e i Jethro Tull, che affascinarono con i loro riferimenti alla musica di Bach (l'Aria sulla quarta corda e la Bourrée in Mi minore).

In Italia furono i Delirium di Ivano Fossati a fornire il primo esempio di rock progressivo con “Canto di Osanna”, del 1971. Un grande successo, cui seguì l’anno dopo  il celebre “Jezahel”.

Ho preferito postare Canto di Osanna per due motivi. Perché è il primo esempio di rock progressivo italiano, e perché oggi è domenica.

Il luminoso Canto di Osanna, scritto da Ivano Fossati, mi pare perciò molto opportuno.



Osanna
Osanna
Osanna
Jerusalem.

Dormi Regina, notte farà
Gerusalemme non morirà.

Osanna
Osanna
Osanna
Jerusalem.

Povero amico, sai che verrà
chi in Galilea ti porterà.

Osanna
Osanna
Osanna
Jerusalem.

Canta il suo nome finché potrai,
Gerusalemme ritroverai.

Osanna
Osanna
Osanna
Jerusalem.

Dormi Regina, giorno farà
Gerusalemme non morirà.

Osanna
Osanna
Osanna
Jerusalem.

Osanna
Osanna
Osanna
Jerusalem…

venerdì 6 agosto 2010

Enola Gay. E il mondo non fu più lo stesso



Alle 8,15 del 6 agosto 1945 il bombardiere statunitense “Enola Gay” sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica, denominata “Little Boy”.

Due nomi che parlano di affetti familiari: Enola Gay (Tibbets) era il nome della madre del pilota, Paul Tibbets, e Little Boy è “ragazzino”, una innocente creatura.

Fu invece l’impresa più orrenda che l’uomo abbia mai potuto concepire.

Un bagliore accecante, un orribile fungo di fumo gigantesco, e una città letteralmente annientata.

E inoltre la consapevolezza, del tutto nuova, che l’uomo aveva ora i mezzi della distruzione totale, e il libero arbitrio per metterli in atto.

Né parole, né musica, né altro mezzo espressivo possono dire adeguatamente questa potenza infernale posta nelle mani dell’uomo.

Tuttavia, la semisconosciuta band inglese degli OMD nel 1980 lanciò la canzone “Enola Gay”, che ebbe un successo planetario.

Colpirono la fantasia del pubblico sia le prime parole (“Enola Gay” era un’espressione per molti allora sconosciuta) e soprattutto l’ossessivo e incalzante ritmo del brano, nonché l’orecchiabile motivetto.

Neppure il Dies Irae di Verdi o il Sunt Lacrimae Rerum di Orff potrebbe rendere la drammaticità di quel 6 agosto, a Hiroshima.

Ma gli OMD hanno avuto il merito di aver fatto conoscere e reso indimenticabile con una canzonetta se non altro il nome del B 29 con il suo carico di morte, in quel terribile giorno, alle 8:15 di mattina.


Enola Gay

Enola Gay, you should have stayed
at home yesterday
O-ho it can't describe
the feeling and the way you lied.
These games you play,
they're gonna end it all in tears someday
Enola Gay, it shouldn't ever
have to end this way.

It's eight-fifteen,
that's the time that it's always been,
We got your message on the radio,
condition's normal and you're coming home.

Enola Gay,
is mother proud of Little Boy today
this kiss you give,
it's never ever gonna fade away.

Enola Gay,
it shouldn't ever have to end this way
Enola Gay,
it should've faded our dreams away
It's eight-fifteen,
that's the time that it's always been
We got your message on the radio,
condition's normal and you're coming home.
Enola Gay,
is mother proud of Little Boy today
this kiss you give,
it's never ever gonna fade away.



Enola Gay, saresti dovuto restare a casa ieri
Oh, le parole non potranno mai spiegare i sentimenti e il modo in cui hai mentito.
Ti diverti con questi giochi, ma finiranno in lacrime prima o poi,
Oh, Enola Gay, non sarebbe mai dovuta finire così.
Sono le 8:15, è l’ora di sempre,
Riceviamo il tuo messaggio via radio, le condizioni sono normali e stai facendo ritorno a casa.
Enola Gay, è l’orgoglio di una mamma nei confronti del suo “ragazzino”, oggi,
Oh, questo bacio che hai dato non svanirà mai più.
Enola Gay, non sarebbe mai dovuta finire così,
Oh, Enola Gay, non dovevi spazzar via i nostri sogni.
Sono le 8:15, è l'ora di sempre,
Riceviamo il tuo messaggio via radio, le condizioni sono normali e stai facendo ritorno a casa.
Enola Gay, è l’orgoglio di una mamma nei confronti del suo “ragazzino”, oggi,
Oh, questo bacio che hai dato non svanirà mai più.

mercoledì 4 agosto 2010

Castelli di sabbia




La bellezza delle canzoni degli anni '60 sta nella loro semplicità disarmante e nella loro perenne freschezza tematica.

Non sono mozzarelle di bufala, insomma, di quelle col bollino blu...

Un po' di nostalgia? Ascoltiamo allora "Estate senza te", del 1967, cantata dal francese Christophe.

Si tratta della cover (il testo italiano è di Herbert Pagani) di una canzone dello stesso Christophe, "J'ai entendu la mer", del 1966.

Allora molti cantanti stranieri cantavano le loro canzoni anche in versione italiana.

Perfino i Rolling Stones...
 



domenica 1 agosto 2010

Agosto, non solo il mese delle ferie...

 


Agosto è un mese vacanziero, di relax, di ferie, di disimpegno…

Ma è anche un mese di grandi santi e di feste rinomate.

10 agosto. S. Lorenzo.
Tutti ricordiamo la poesia X Agosto del Pascoli, con il 10 scritto alla latina, che è anche il simbolo della Croce. È il giorno in cui fu assassinato il padre del poeta.

11 agosto. S. Chiara. Il francescanesimo al femminile. Il fascino del monastero e di una vita casta. In un mondo sempre più volgare.

15 agosto. La Madonna Assunta in cielo.
La più celebre raffigurazione è quella del Tiziano, nella Basilica dei Frari, a Venezia.
Davanti a questa immagine Wagner ebbe l’ispirazione della sua opera più serena: I Maestri Cantori di Norimberga.

24 agosto. S. Bartolomeo.
Chi non ha presente la grande figura dell’Apostolo nel Giudizio Universale di Michelangelo? Ha il volto di Pietro l’Aretino, tiene in una mano la propria pelle (venne spellato vivo), e in essa c’è l’autoritratto di Michelangelo; nell’altra mano tiene il coltello, lo strumento del martirio.

27 agosto: S. Monica, la madre di S. Agostino.
Ottenne la conversione del figlio soprattutto, come dice Agostino stesso, “con molte lacrime”.

28 agosto: S. Agostino, vescovo e dottore della Chiesa.
Dopo la madre, il figlio. Una delle menti più geniali che l’umanità abbia avuto. Uno scrittore ineguagliabile. Sempre attuale.

Vedo che l’amico Gero (Calogero) Marsala ricorda per oggi, 1 agosto, solenni festeggiamenti a Favara  (AG) in onore di S. Calogero, celebre santo eremita, evangelizzatore della Sicilia, dove è molto venerato.

Per gli aretini invece, la festa del santo patrono è il 7 agosto: San Donato, il cui culto è diffuso un po' ovunque.

Nel Nord Italia (S. Donà di Piave, S. Donato Milanese…) è invocato contro le alluvioni e simili disastri.

Nel Centro e Sud Italia (S. Donato Val di Comino, S. Donato di Lecce…) è pregato soprattutto contro l’epilessia, denominata appunto “morbo di S. Donato”.

Ad Arezzo è invocato contro il mal di testa, e le donne (l'emicrania femminile è un classico...) in quel giorno si cingono la fronte con un nastro benedetto nella Pieve della città, dove si conserva la reliquia della testa del Santo. La tradizione dice infatti che a S. Donato fu tagliato il capo.

Un proverbio aretino dice: “Per S. Donato, l’inverno è nato”. In effetti in questo periodo la stagione estiva inizia a cedere il passo.

C’è però un giorno che a me personalmente fa sempre una grande impressione: il 6 agosto.

È il giorno della Trasfigurazione del Signore, mistero di luce e di gloria, che avvolge tutti coloro che si avvicinano a Cristo.

Ma è anche il giorno della prima bomba atomica, sganciata nel 1945 sulla città di Hiroshima. Una “trasfigurazione” di terrore e di morte.

Si tratta di scegliere quale trasfigurazione seguire.

Se l’uomo pretende di fare senza Dio, prima o poi finisce nell’autodistruzione.
Ne ha tutti i mezzi, compreso il libero arbitrio per usarli.

Sarà bene piuttosto  invocare i santi e seguire il loro esempio…

E ho tralasciato S. Alfonso, S. Domenico, S. Rocco, S. Stefano d'Ungheria, S. Bernardo...

Agosto: altro che un mese vacanziero!