domenica 17 giugno 2018

Il tricolore sbagliato (ma va bene lo stesso)



Gli analisti sportivi si domandano come sia stata possibile oggi la sconfitta della Germania, campione del mondo in carica, con il Messico.

Hanno parlato di squadra sbilanciata in avanti, senza geometrie, troppo lenta.
Non hanno capito il motivo di fondo.

I tedeschi hanno perso perché hanno visto negli spalti e nelle casacche degli avversari (maglina, calzoncini e calzettoni), il tricolore. Hanno pensato all'Italia, ed è stata la loro fine...

Peccato per noi che fosse il tricolore "sbagliato". Verde-bianco-rosso, sì, ma messicano.

Ma io sono contento lo stesso. Ha vinto ancora una volta il tricolore. 
E poi, vuoi mettere? La sconfitta della Germania è sempre una soddisfazione in sé stessa.

¡Viva Mexico!

PS. Dopo la rete di Lozano, per i salti di gioia a Città del Messico è stata registrata una sorta di scossa sismica del IV grado della scala Mercalli. Non oso immaginare cosa accadrebbe per la vittoria del mondiale...

giovedì 14 giugno 2018

Flipper e jukebox: il 1968 è servito!





Molte sarebbero le notizie da commentare, e qualcuna anche con delle pasquinate. Basti pensare alla Francia che pontifica sugli emigranti e intanto li respinge, o all'inizio dei Campionati del Mondo di Calcio di Russia 2018, nei quali manca indecorosamente l'Italia (non accadeva dal 1958).

Ma preferisco continuare con ben altra e migliore musica: quella del 1968.

In quell'anno una delle canzoni più gettonate era "Il ballo di Simone", cantata da Giuliano e i Notturni, cover di "Simon says" della band statunitense The 1910 Fruitgum Company (ma ancora l'inglese non era adeguatamente apprezzato).

Entrando in un bar o in locali simili, si aspettava che qualcuno mettesse nel jukebox le 50 lire per questa hit; intanto da un altro lato del locale qualche giocatore di flipper, attorniato da vari curiosi, con altre 50 lire, faceva impazzire la pallina tra i "funghi" del biliardino, provocando luci e rumori che facevano da controcanto. 

Flipper e jukebox: bastava poco per divertirsi, in quegli anni musicali e coloratissimi.

E intanto molti giovani presenti si mettevano a ballare, con le mani alzate e "vibranti", come richiesto dal ballo di Simone.




sabato 9 giugno 2018

Quelli erano giorni... (1968)





Sono passati 50 anni e sembra ieri. Mi riferisco al 1968.

Non starò a fare riflessioni socio-politiche sul '68. Dico solo che stava cambiando il mondo e ci sembrava un mondo a colori. Cosa sia successo dopo, ognuno può giudicarlo da sé.

Ma forse quei giorni sono irripetibili.

Basti pensare al fatto che i cantanti inglesi e francesi cantavano in italiano...

"Quelli eran giorni" (cover di Those were the days), cantata da Sandie Shaw, che amava esibirsi scalza.

Era l'epoca della contestazione, no?

Preferisco questa cover a quella di Mary Hopkin (diciassettenne allora), con bella voce, anche se ancora poco timbrata; ma la sua versione in inglese ottenne un successo planetario (aveva come sponsor i Beatles).

.... Di là passava la nostra gioventù...



Quelli erano giorni

C'era una volta una strada,
un buon vento mi portò laggiù.
E se la memoria non m'inganna
all'angolo ti presentasti tu.

Quelli eran giorni, sì, erano giorni,
al mondo non puoi chiedere di più.
Noi ballavamo anche senza musica,
nel nostro cuore c'era molto più.

La ra la ra la la...

Vivevamo in una bolla d'aria
che volava sopra la città.
La gente ci segnava con il dito
dicendo: "Guarda la felicità!"



Quelli eran giorni, oh sì, erano giorni,
al mondo non puoi chiedere di più.
E ripensandoci mi viene un nodo quì,
e se io canto, questo non vuol dir.


La ra la ra la ra...

Poi, si sa, col tempo anche le rose
un mattino non fioriscon più.
E così andarono le cose,
anche il buon vento non soffiò mai più.

Oggi son tornata in quella strada,
un buon ricordo mi ha portata là.
Stavi in mezzo a un gruppo di persone
e raccontavi: "Cari amici miei..."



Quelli eran giorni, sì, erano giorni,
al mondo non puoi chiedere di più.
Noi ballavamo anche senza musica,

di là passava la nostra gioventù.

La ra la ra la ra...


(Claudio Daiano - Gene Raskin)

venerdì 1 giugno 2018

È nato il governo, e qualcuno non gradisce...




















È nato, dopo lungo travaglio, il nuovo governo.

88 giorni in sala parto: il record italiano. Quello mondiale spetta come al solito ai tedeschi, 6 mesi: “Germania sopra tutti”.

Mi hanno colpito, appena il parto è stato annunciato, i commenti nei vari talk show, in ogni canale televisivo; l’acredine, il disprezzo, la rabbia, l’indignazione, et similia, dei vari partecipanti: giornalisti, opinionisti, economisti, politologi, tuttologi, futurologi, astrologi…

Fino al giorno prima gli stessi tizi (ma nomi ben noti) erano indignati, arrabbiati, incaz*ati, ecc., perché Salvini (con Di Maio) non voleva fare il governo, lasciando l’Italia in balia degli eventi speculativi, preoccupandosi solo dei suoi interessi di partito. E giù offese a Salvini e alla Lega…

Così ho capito due cose, che del resto mi sono sempre state note:

La sinistra, pur ridotta ai minimi termini dal corpo elettorale, ha invaso come una piovra tutti i settori dell’informazione, TV e carta stampata (senza parlare di altre istituzioni).

La sinistra, sempre più lontana dal sentire della gente comune, non sa perdere, non è nel suo DNA. Crede di aver sempre ragione. Semplicemente perché non è democratica.

Chi perde non canzona, si dice in Toscana. E anche, chi perde, paga.

Ieri sera, quando è nato il nuovo governo, che ha evitato un esecutivo fantasma e ridicole elezioni nelle cabine balneari, questi residuati post-bellici e post-comunisti se avessero avuto qualche cromosoma di democrazia, avrebbero salutato con sollievo il neonato con un brindisi, e tra qualche tempo avrebbero potuto notare, magari con merito, i suoi difetti.

Ma mentre il bambino ancora vagiva tra le mani dell’ostetrico Mattarella, già lo “lapidavano” con insulti di ogni genere.

Spero che il neonato, appena cresciuto un po', metta mano alla dirigenza della RaiTV, perché certi personaggi che popolano quel mondo, tornino nel loro passato remoto stalinista.

Ma forse è proprio questa paura che li rende così aggressivi…

La festa è finita, compagni! Si è democratizzato anche Kim Jong-un...