venerdì 31 luglio 2015

Finire luglio in bellezza




Per ristorarci dal caldo micidiale di questo luglio che volge al termine, e per dimenticare le miserie dei tempi presenti, ascoltiamo uno degli strumenti più adatti a riposare mente ed orecchie: il clavicembalo.

Il suo suono garbato, mai eccessivo, sempre spassionato per costituzione, fa singolare contrasto con i toni accesi, esasperati, talora nauseanti della società attuale nei suoi principali esponenti.

Ne abbiamo già ampiamente parlato negli ultimi post. Et de hoc, satis.

Ora è il momento di rilassarsi un po', al suono del clavicembalo, e con l'aiuto di due mostri sacri della musica barocca: Domenico Scarlatti e Giorgio Federico Händel.

Assisteremo alla sfida (storica) tra i due coetanei (ambedue nati nel 1685, come Bach), che si svolse a Roma nel 1709 nel Palazzo del Card. Pietro Ottoboni che possedeva una bella serie di clavicembali (sedici!) e un organo da camera.

L'idea della pubblica sfida venne al principe Francesco Maria Ruspoli, ammiratore di Händel che in quel periodo soggiornava presso di lui.

Come riportano i cronisti, al clavicembalo piacque di più Scarlatti, per il suo tocco elegante e leggero, mentre all'organo vinse nettamente Händel , come riconobbe "sportivamente" lo stesso Scarlatti.

Nel film che narra la vita del genio anglo-tedesco, e che riportiamo, Händel afferma di essere stato lui il vincitore assoluto.

In realtà non fu così; come sicuramente non fu suonata nel certame la "Passacaglia in Sol minore" dello stesso Händel, composta successivamente nel 1720 (è l'ultimo movimento della Suite VII in Sol minore, HWV 432).

Ma il celebre brano si presta bene per ragioni sceniche al confronto tra i due; infatti ogni variazione (la passacaglia è un tema con variazioni) è ripetuta obbligatoriamente in ritornello. Così  il raffronto è facile: ognuno dei due suona in successione lo stesso episodio.

Si può anche notare come nel film Scarlatti sembri più anziano del rivale. In realtà era un po' più giovane e non aveva ancora compiuto 24 anni. 

Buon fine luglio e inizio di agosto!


La clip è tratta dal film inglese "God rot Tunbridge Wells!", del 1985, nel 300° anniversario della nascita di Händel. Il titolo ("Dio faccia marcire Tunbridge Wells") si riferisce a una frase che talvolta il musicista diceva negli ultimi suoi anni, per un'operazione alla vista andata male nella località di Tunbridge Wells (e nel film, per una orrenda esecuzione del "Messia" dai coristi e orchestrali di quella cittadina del Kent).





mercoledì 29 luglio 2015

Scherzi del solleone




Sarà il solleone, sarà soprattutto la qualità del legno, ma ormai coloro che stanno nei palazzi del potere ci propinano ogni giorno i loro stucchevoli proclami.

Dall’alto delle loro poltrone, e soprattutto dei loro vergognosi stipendi e privilegi, fanno a chi le spara più grosse.

Renzi dice che tutto va bene e che le tasse diminuiranno, dal prossimo anno. Naturalmente il prossimo anno ripeterà le stesse parole.

La Boldrini ovviamente ripete a pappagallo; in particolare, per lei non esiste un’emergenza immigrazione, i clandestini sono pochissimi (stamani ne sono arrivati altri mille) e bisogna costruire ponti (nel Mediterraneo?) 

I giudici si divertono a prendere per il culo la gente: tartassano le suore di Livorno e mettono in libertà delinquenti e pregiudicati.

Marino, il sindaco di Roma, è la somma della protervia del potere. Tutto intorno gli sta crollando, la città è allo stremo, ma lui sembra il titolare di un bar d’Arezzo, noto per essere il ritrovo di stomaci di ferro: “Barkollo, ma non mollo”.

E noi, vil plebe? Tutti buoni e zitti. Siamo di sotto, si prende quel che viene; soprattutto bollette. 

Proprio come scriveva il 21 gennaio 1832 il Belli nel suo 362esimo Sonetto romanesco: “Li soprani der Monno vecchio”. Mario Monicelli ne prese lo spunto per Il Marchese del Grillo.

Da allora il mondo è cambiato poco. Giudicate voi.



Li soprani der Monno vecchio

C'era una vorta un Re che dar palazzo
mannò fora a li popoli st'editto:
"Io sò io, e vvoi nun siete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zitto.

Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
posso vénneve tutti a un tant' er mazzo:
io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba io ve l'affitto.

Chi abbita sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai voce in capitolo".

Co st'editto annò er boja pe ccurriero,
interroganno tutti in sur tenore;
e arisposeno tutti: "È vvero, è vvero".


G. G. Belli




venerdì 24 luglio 2015

Voglio un figlio. Col piccione viaggiatore
















Una coppia italiana che voleva un figlio si è fatta spedire un embrione congelato dalla Spagna tramite corriere espresso. Insomma, per posta.

Una volta si diceva che erano le cicogne a portare i bambini. La favola non era poi così lontana dalla realtà. Non è la cicogna a portare i bambini, ma il piccione viaggiatore.

Una volta si diceva che di mamme ce n’è una sola. Ora si scopre che di mamme ce ne possono essere due, tre, perfino quattro.  

Una volta si diceva che i figli sono dono di Dio; ora si scopre che sono una merce in libero mercato. Il supermarket degli esseri umani, come quello dei polli, dei cetrioli, dei piselli...

Una volta pensavo che le leggi fossero per il bene della società. Oggi scopro che le leggi nella “civile” Europa permettono qualsiasi abominio: dall’uomo assemblato in provetta, al figlio eliminato dai genitori con l’aborto, al disabile che viene “aiutato” a morire, all’anziano malato che viene “amorevolmente” invitato a togliere il disturbo.

Ma non erano queste le idee del nazismo e della razza pura? Ma non faceva così la troupe di Mengele, “il dottor Morte”, nella Germania di Hitler?

Si condanna per razzismo chi esprime le sue opinioni contrarie ai matrimoni gay, alla paradossale teoria del gender, alla fecondazione eterologa (bocciata da un referendum popolare).

E si considera civile una nazione che elimina i figli con l’aborto, che li manipola in provetta come cavie, e che se li fa spedire per posta.

Se non fosse una tragica realtà, si direbbe una farsa.




martedì 21 luglio 2015

Grazie, James Last!




È passata quasi inosservata la morte di James Last (17 aprile 1929-9 giugno 2015), il poliedrico musicista tedesco (il vero nome era Hans), famoso soprattutto per i suoi arrangiamenti orchestrali di brani classici e moderni.

Oggi il suo nome a molti forse dirà poco, ma negli anni 70-80 i suoi dischi hanno avuto un successo straordinario e ne sono sono stati venduti milioni di copie.

Per quanto mi riguarda (ma penso che così sarà accaduto a tanti altri) ho imparato a conoscere e ad apprezzare la musica classica anche attraverso i suoi arrangiamenti, sempre affascinanti.
Dotato di gusto raffinato, ha saputo offrire ad una generazione di ascoltatori “storditi” da un rock sempre più duro, un’oasi di pace e di serenità.

Una “happy music”, come talvolta è stata definita; definizione molto limitativa però, che non tiene conto della varietà degli interessi e degli ambiti di lavoro di Last.  Non si possono dimenticare infatti musiche per colonne sonore di celebri films (American Gigolo, Kill Bill) e di spettacoli televisivi, nonché brani per artisti famosi, tra cui Tom Jones e gli ABBA.

Con Richard Clayderman e Stephen Schlaks è stato un punto di riferimento per chi voleva ascoltare buona musica per rilassarsi un po’, e magari sognare...

Grazie, James Last! 


Dall'album del 1981 "Die schönsten Melodien der letzten 100 Jahre"  (Le più belle melodie degli ultimi 100 anni), questa bella musica che conclude i 28 brani dell'album:
"Santa Maria" (1980)canzone degli Oliver Onions, cioè Guido e Maurizio De Angelis, i geniali autori e interpreti delle colonne sonore di molti films di Bud Spencer e Terence Hill.

martedì 14 luglio 2015

Un caldo da Mezzogiorno di fuoco




Questo caldo micidiale, che non dà tregua e allunga i suoi tentacoli soffocanti su chiunque metta il naso fuori di casa, mi fa venire in mente "Mezzogiorno di fuoco" (High Noon), il celebre film di Fred Zinnemann del 1952, uno dei capolavori della storia del cinema.

Ci sentiamo un po’ come lo sceriffo Will Kane (Gary Cooper) che da solo, abbandonato vilmente da tutti, ma non dalla sua giovane moglie (Grace Kelly), deve affrontare una banda di fuorilegge, battendoli.

Lì il caldo è quello degli spari. 

Il film si svolge in tempo reale, secondo i canoni classici di unità di tempo, di luogo e di azione; circa un’ora e mezza di proiezione, tanto per vederla da spettatori, quanto per viverla con i protagonisti. Memorabile in particolare l’intensa interpretazione di Gary Cooper (premio Oscar), il primo sceriffo western che al termine del film getta per terra la stella, con stupore e disapprovazione del pubblico americano.

Non meno scandalizzati gli antichi greci (per rimanere nel mondo classico), quando Archiloco si vantò in una sua poesia di aver gettato via lo scudo in battaglia, senza il quale non si poteva tornare a casa, vivi o morti (“o con questo o su questo”).

Intanto noi, combattenti solitari sotto i dardi infuocati dello stellone, cercheremo di salvare la pelle. Almeno dalle scottature.

A differenza del film, che si regge tutto su di una drammatica attesa, la bella colonna sonora è una celebre canzone di Dimitri Tiomkin con testo di Ned Washington ("Do not forsake me, oh my darling", Non abbandonarmi, mia cara) che forse starebbe meglio in una vicenda meno "infuocata".

Ma rimane anch'essa un classico, specialmente cantata da Frankie Laine. 

Nella soundtrack la voce è quella baritonale di Tex Ritter.



High Noon

Do not forsake me, oh my darlin'
On this our weddin' day
Do not forsake me, oh my darlin'
Wait, wait along

I do not know what fate awaits me
I only know I must be brave
And I must face a man who hates me
Or lie a coward, a craven coward
Or lie a coward in my grave

Oh, to be torn 'twixt love and duty
S'posin' I lose my fair-haired beauty
Look at that big hand move along
Nearin' high noon

He made a vow while in state prison
Vowed it would be my life or his'n
I'm not afraid of death but oh
What will I do if you leave me?

Do not forsake me, oh my darlin'
You made that promise as a bride
Do not forsake me, oh my darlin'
Although you're grievin', I can't believin' 
Now that I need you by my side

Wait along, wait along
Wait along, wait along




mercoledì 8 luglio 2015

Fa caldo... (anche a me)



















Flegetonte è nominato
questo caldo esagerato.
È un calore tropicale
che a moltissimi fa male.

Alla Grecia innanzitutto,
che si gioca il rischiatutto.
All’Italia: prima o poi,
dopo i greci tocca a noi.

Roma: il sol picchia fortino,
e fa sciogliere Marino.
Puglia: per i forti raggi
Emilian vede miraggi.

A Milano il sol letale
ha colpito il tribunale,
ed ancora quel palazzo
del Berlusca indaga il caxxo.

E che dir della Boldrini?
troppo sole col bikini.
E per Fatima la turka
niente sole, solo burka.

Una bella scottatura
è per Conte la procura.
Ed il sole, amici cari,
ha lessato la Ferrari.

Chi si salva andando al fresco
è il Pontefice Francesco;
ha lasciato quest’ inferno;
ora è al Sud, dov’è l’inverno.

Per salvarmi dal calore
scrivo il post a tarde ore.
E così, fresco e assonnato,
vi saluto. Amicusplato.




sabato 4 luglio 2015

Ho visto cose...




Sono portato per temperamento e per convinzione a vedere sempre un aspetto positivo in tutto ciò che accade nel mondo e nella vita.

Ma in questi ultimi anni si stanno manifestando segnali poco incoraggianti (per usare una litote!), che lasciano sbigottiti, e che solo gli sciocchi possono interpretare come progresso.

Non bastano le conquiste tecnologiche, l’ultimo Ipod della Apple o l’ultima App informatica per risollevare la situazione. Un mondo che sembra giocare con i palloncini colorati e  non accorgersi che si tratta di bolle d’aria.

Fanatismo, terrorismo, persecuzioni, uccisioni, violenze di ogni genere, disgregazione familiare e sociale, egoismo eretto a sistema, ingiustizie di ogni tipo, disprezzo della vita, ivi compresa ora anche l’eutanasia giovanile...

Dall’utopia di un progresso inarrestabile si sta passando alla distopia di un un mondo in declino, e per molti aspetti alla deriva. La Grecia in questo momento ne è una drammatica prova.

Vengono in mente perciò le drammatiche parole dell’androide Roy Batty (Rutger Hauer) al termine del film "Blade Runner" (1982) di Ridley Scott:

“Ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e ho visto i raggi B [raggi C] balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. 
È tempo di morire.”

L’androide salva però la vita di colui che gli dava la caccia (nel film il blade runner Rick Deckard/Harrison Ford).

Nel sottofondo la soundtrack di Vangelis.

Un augurio per la salvezza della Grecia.


Il breve e memorabile monologo, oltre che recitato, è stato in parte scritto dall’attore stesso Rutger Hauer, che ha legato indissolubilmente il suo volto a questo film, e in particolare a questa scena cult.


Roy Batty:
"Quite an experience to live in fear, isn't it? That's what it is to be a slave."  (Bella esperienza vivere nella paura, eh? Questo è ciò che vuol dire essere uno schiavo).

“I've seen things you people wouldn't believe,
attack ships on fire off the shoulder of Orion,
I watched the c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gates.
All those moments will be lost in time,
like tears in rain.
Time to die.”