venerdì 27 febbraio 2009

Chiesa e scienza: oscurantismo?






Di fronte a coloro che accusano la Chiesa di oscurantismo e sembrano aver dimenticato come siamo giunti alle conquiste scientifiche attuali, mi pare necessario rinfrescare la memoria a questi “smemorati di Collegno” che circolano nel web.

“Noi siamo come dei nani, portati sulle spalle di giganti; vediamo più lontano non perché siamo più alti, ma perché siamo posti più in alto”. Questa celebre frase di Bernardo di Chartres (sec. XII), dovrebbe far abbassare la cresta a tanti saccenti studiosi, che si trovano ad avere ereditato una fortuna immensa, senza aver faticato quasi per nulla.

Vogliamo dunque ricordare in questo articolo come il nostro sapere, di cui andiamo giustamente fieri, si è sviluppato, ripercorrendone alcune tappe, dalla caduta del mondo antico classico.

Mentre i “barbari” nell’alto Medioevo si davano da fare per saccheggiare e distruggere, i monaci e i chierici salvarono la civiltà, copiando a mano migliaia di opere classiche di ogni genere: letteratura, matematica, geometria, architettura, agricoltura, filosofia, teologia, grammatica, astronomia, medicina… Senza le migliaia di monasteri e di scuole episcopali di tutta Europa, oggi saremmo ancora analfabeti.

Passato il furore barbarico, frenato e vinto dall’eroico comportamento della Chiesa, i nuovi popoli vennero educati al lavoro e alla civile convivenza. Si ricostruirono le strade e i ponti; si regimarono le acque; si costruirono mulini e gualchiere; si insegnò la coltura dei campi e l’allevamento del bestiame. Pianure e colline tornarono ad essere lavorate “fin dove poteva giungere la falce e l’aratro” e ritornarono le preziose coltivazioni della vite e dell’ulivo.

Riprendono vita le città e si ammantano col passare dei secoli di straordinarie opere d'arte: romanico, gotico, rinascimento, barocco. Le città stesse sono un'opera d'arte: Venezia, Pisa, Siena, Firenze, Roma, Amalfi, Lecce, Monreale, Palermo... senza parlare delle innumerevoli cittadine: come toscano citerò solo S. Gimignano, Cortona, Massa Marittima, Volterra.

Il monaco Guido d'Arezzo, vero "padre della musica", inventa l'alfabeto musicale intorno al 1000. Senza la notazione guidoniana non sarebbe possibile scrivere neppure una canzonetta; figuriamoci un'opera di Mozart o una sinfonia di Beethoven.

Le università sono ancor oggi la fondamentale struttura del sapere superiore. Nacquero intorno al 1100 in moltissime città d'Europa, per prima Bologna.
Per tutti vale il motto della Schola di Chartres: “In tutte le cose si deve ricercare la spiegazione razionale”. È in queste scuole che si forma il sapere dell’Occidente.
Si svilupparono in questo periodo gli ospedali, che portano ancor oggi nomi cristiani; nati già nei primi secoli del cristianesimo, sono uno dei frutti più belli dello spirito evangelico, che vede nel malato e nel sofferente l'immagine stessa di Cristo.

Venne anche acquisito l’apporto di altre culture, come quella araba e quella ebraica. Le conoscenze matematiche, astronomiche, cartografiche del mondo musulmano, che era venuto a contatto con le grandi civiltà orientali, furono strumenti preziosi per ampliare lo scibile umano. Il Liber abbaci del pisano Fibonacci (1202) è il primo libro di matematica dell’Europa moderna.

D’altra parte i grandi viaggiatori, come Giovanni di Pian del Carpine e Marco Polo, ampliarono gli orizzonti geografici del mondo conosciuto.
Senza il Milione di Marco Polo, e senza l’opera del suo contemporaneo frate Ruggero Bacone, che già parlava della possibilità di attraversare l’oceano tra Spagna e India (“mare strictum”), non ci sarebbe stata l’impresa straordinaria di Cristoforo Colombo e la scoperta dell’America, nel 1492.

Il sapere trovò inoltre uno straordinario strumento di diffusione con l'invenzione della stampa ad opera di Giovanni Gutenberg. Il primo libro stampato fu la Bibbia (1455), nel latino della Vulgata.

Il canonico polacco Nicolò Copernico descrisse per la prima volta in maniera chiara il sistema eliocentrico nel "De revolutionibus orbium coelestium" (1543). Si trattò di una “rivoluzione” scientifica di portata incalcolabile.

Dante aveva detto nella Divina Commedia:

“Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza” (Inf. XXVI, 119-120).

Mentre il sapere universitario progrediva in modo mirabile, veniva impostato il sistema scolastico elementare e medio (soprattutto il liceo). È un merito dei Gesuiti, che nel Collegio Romano (1551) e poi in forma generalizzata nella Ratio Studiorum del 1599 introdussero per la prima volta la divisione della scuola in classi secondo l’età cronologica degli alunni, con le materie e i programmi relativi a ogni singolo anno, e il passaggio da un ciclo all’altro mediante esami.
Una rivoluzione pedagogica e didattica, che ha costituito la spina dorsale della scuola nel mondo, e che ancor oggi ha pieno valore. Non è un caso che alla scuola dei Gesuiti si siano formati i più grandi geni della cultura, da Cartesio, a Voltaire, a Joyce, a Lemaitre.
È merito particolare dei cristiani protestanti la diffusione della scuola elementare. Comenio rappresenta uno dei più appassionati e valenti pedagogisti dell’epoca moderna.

L’Umanesimo e il Rinascimento sono il punto di arrivo di tutta la cultura precedente, che si arricchisce ora di nuove acquisizioni e conoscenze del mondo classico.
L'humanitas greco-latina si incontra di nuovo con il genio cristiano. Nasce da qui una nuova visione del mondo in cui la bellezza, l’armonia, la sapienza umana è la manifestazione più perfetta della sapienza divina; si cerca anche nell'arte la "divina proportione", come dirà Piero della Francesca.
Pico della Mirandola esprimerà questo concetto nel “Discorso sulla dignità dell’uomo”: l’uomo con la sua libertà ha davanti a sé due prospettive; o giungere fino a Dio, o abbassarsi sotto il livello degli animali.
Michelangelo riassume tutta la grandezza di questo straordinario periodo della storia umana. Di fronte al suo David il Vasari commenta ammirato che sono stati battuti "anche gli antichi greci"; e quando fu scoperta la volta della Cappella Sistina la gente rimase "mutola e trasecolata".
Lo studio della natura, “iuxta propria principia” (nei suoi stessi princìpi), è il fondamento per capire la creazione, immagine e segno di Dio.

In questo grande cammino, che apre la strada a ulteriori ricerche artistiche e scientifiche, caratterizzate dal naturalismo illuminato dalla fede (Caravaggio nell’arte, Cartesio nella filosofia e nella scienza), ci sono i gravi fatti di Giordano Bruno e Galileo.
Il primo viene condannato e arso vivo come eretico, in quanto negava le verità principali della fede e come sacerdote così insegnava. Si tratta certamente di un fatto atroce, che purtroppo si inseriva in un clima di intolleranza verso l’eresia, che coinvolgeva tutte le varie confessioni cristiane.
Per quanto riguarda Galileo, si trattò di un infelice e grave errore da parte di alcuni teologi (quelli del S. Uffizio di Roma), che dimostrarono di non conoscere neppure la teologia.
Era passato quasi un secolo dalla pubblicazione dell’opera di Copernico, dedicata al Papa, e il sistema copernicano veniva insegnato nelle università insieme a quello tolemaico; in altre parti del mondo, come in Cina, i Gesuiti stessi insegnavano, come astronomi di corte, il sistema copernicano.
La condanna di Galileo(1633) perciò è inqualificabile per dei teologi: già S. Agostino e S. Tommaso avevano affermato che la Bibbia non insegna la scienza, perché sarebbe piena di errori e di antropomorfismi; la Bibbia insegna verità di fede e di morale. Galileo stesso, da vero cristiano qual era, diceva: “La Bibbia non insegna come va il cielo, ma come si va al cielo”.

L’Illuminismo nasce nell’Europa cristiana, cattolica e protestante. È una cultura che dà grande importanza alla ragione umana, intesa come valore universale, e immagine di Dio creatore e ordinatore dell’universo. Coloro che pensano che l’illuminismo sia ateo sbagliano gravemente. Locke, Newton, Leibniz, Voltaire, Rousseau, Kant, etc., sono credenti in Dio. Anzi, il loro giudizio sull’ateismo è molto severo.
La fratellanza umana è fondata sulla creazione divina, così come la tolleranza, che è uno dei principali apporti di questa nuova filosofia. Gli “immortali principi” del 1789, agli inizi della Rivoluzione francese, nascono con questo spirito.
È anche vero che parte degli illuministi non accettano i dogmi della Chiesa (cattolica e protestante), e quindi si assiste ad un progressivo distacco tra ragione e fede.
Ma la ragione è ancora legata per quasi tutti al riconoscimento dell’esistenza di Dio (deismo), di cui l’uomo è creatura e immagine più alta.

La prima vera frattura tra ragione e pensiero religioso avviene nel periodo giacobino della Rivoluzione francese. La ragione diventa essa stessa una nuova divinità (“Dea Ragione”); la critica alla Chiesa diventa persecuzione violenta e sanguinosa. In nome della ragione rivoluzionaria e anticristiana vengono sterminate intere popolazioni, soprattutto della Vandea, ma anche della Bretagna e della Normandia.
Anche la scienza, quando non è funzionale al progetto rivoluzionario, viene condannata. Si assiste così alla chiusura dell’Accademia delle Scienze, vanto e orgoglio della Francia, e viene ghigliottinato il più grande scienziato del tempo, Antonio Lavoisier, il padre della chimica moderna (1794).
La frattura tra mondo scientifico e pensiero religioso continua e si approfondisce poi con il Positivismo; per molti scienziati la scienza diviene una vera e propria “fede”, che esclude Dio. La pretesa di svincolare la ricerca scientifica da principi morali assoluti è all’origine di aspre polemiche ancora attuali.

Nella presente situazione la Chiesa invita anzitutto a riscoprire, nelle varie discipline scolastiche, il grande patrimonio culturale dei secoli trascorsi, che non ha eguale nella storia umana.

È anche consapevole degli errori commessi nei secoli passati, soprattutto nei confronti di coloro che si sono opposti alla costruzione della “città cristiana”, come gli eretici, che furono perseguitati e molti di essi uccisi. Per le sue colpe ha chiesto pubblicamente scusa.
Ma, per correttezza, si deve anche ricordare che fece più morti la Rivoluzione francese in 5 anni (250.000), che l’Inquisizione in 5 secoli.

Inoltre, per quanto riguarda il rapporto tra scienza e ragione umana, la Chiesa continua a portare il suo preciso e prezioso contributo, che si può riassumere nell’affermazione: “Non tutto ciò che è tecnicamente possibile, è moralmente lecito”.
Ci sono alcuni valori che non sono negoziabili, per usare una bella frase di Benedetto XVI.
Sono anzitutto i valori della persona umana, che la ragione stessa, usata correttamente, scopre come universali.
In questo senso, una collaborazione tra scienza e ragione (illuminata anche dalla fede) è possibile e doverosa.

Vedremo nel prossimo post quali conseguenze ha portato nel XX secolo la pretesa “laica” di sganciare la scienza dai valori morali e religiosi.





Foto in alto: Nicolò Copernico, monumento bronzeo nella sua città natale di Torun (Polonia), opera di C. F. Tieck (1853)

mercoledì 25 febbraio 2009

Dopo i coriandoli, le Ceneri...



Dopo i coriandoli del carnevale, le ceneri della quaresima.

Ci aiuta a capire il significato di quel pizzico di cenere sulla testa Giuseppe Gioacchino Belli, che nei suoi oltre duemila sonetti in romanesco descrive tutti gli aspetti della vita, e non solo quelli burleschi, come qualcuno forse pensa, erroneamente.

In questo bellissimo sonetto, Er caffettiere filosofo (1833), l’uomo è paragonato a un chicco (vago) di caffè in un macinino….



Er caffettiere filosofo

L'ommini de sto monno so' ll'istesso
che vaghi de caffè ner macinino:
c'uno prima, uno doppo, e un antro appresso,
tutti quanti però vanno a un distino.

Spesso muteno sito, e caccia spesso
er vago grosso er vago piccinino,
e s’incarseno tutti in su l'ingresso
der ferro che li sfragne in porverino.

E l'ommini accusì viveno ar monno
misticati pe mmano de la sorte
che se li ggira tutti in tonno in tonno;

E mmovennose ognuno, o piano, o forte,
senza capillo mai caleno a ffonno,
pe ccasca' ne la gola de la morte.




lunedì 23 febbraio 2009

Buon fine carnevale! con Vivaldi



Non si può lasciar passare il carnevale senza ascoltare almeno un brano di Antonio Vivaldi, il genio musicale della città simbolo del carnevale stesso, Venezia.

Nella mirabile e vasta produzione del “prete rosso” scegliamo, dall’Estro Armonico (1711), il Concerto n. 8 in La minore per due violini ed archi, 1 movimento, Allegro.

È celebre la battuta di Straviskij: “Vivaldi? Quello che ha scritto mille volte lo stesso concerto”.

Con tutto il rispetto per Straviskij (che forse aveva voglia di scherzare!), ogni concerto di Vivaldi genera nuove emozioni, anche se eseguito da strumentisti non impeccabili.

Questo concerto venne trascritto per organo da Bach, che ammirava molto l'opera di Vivaldi.
Possiamo apprezzare la trascrizione di Bach nella bella esecuzione di André Isoir all'organo monumentale dell'Abbazia di Weingarten.

http://www.youtube.com/watch?v=dB-TEt6Ro7E


Buon ascolto!

mercoledì 18 febbraio 2009

Dio e i poeti





Grandi e meno grandi poeti hanno sentito il fascino di Dio e lo hanno espresso nelle loro opere.

Voglio riportare tre brani, di tre epoche diverse, stupendi nella loro brevità, e che una volta letti non si dimenticano più.


1. Dante Alighieri (1265-1321)

Avete il Novo e il Vecchio Testamento
e il Pastor della Chiesa che vi guida:
questo vi basti a vostro salvamento (Paradiso, V, 76-78)



2. Pietro Metastasio (1698-1782)

Dovunque il guardo io giro,
immenso Dio, ti vedo:
nell'opre tue t'ammiro,
ti riconosco in me.

La terra, il mar, le sfere
parlan del tuo potere:
tu sei per tutto; e noi
tutti viviamo in te.



3. Giulio Salvadori (1862-1928)

Piega, o mortale, al peso uman le spalle
giù, tra i fratelli, a migliorarti intento;
e del mistero avrai l’alta parola.

Sarai com’arbor posto nella valle
cui schermo è il monte all’impeto del vento;
e al piè gli s’apre l’umile viola (Accenna il cuore)




In una sola potente terzina Dante esprime la sua fede di “vir catholicus”, di uomo cattolico: sacra scrittura, chiesa e sommo pontefice. Questi sono i fondamenti della fede. Egli sa bene distinguere la figura del papa, vicario di Cristo, che guida infallibilmente la chiesa, dall’uomo Bonifacio VIII, che pur molte volte egli critica nel suo comportamento di uomo.

Le due strofe arcadiche del Metastasio riescono, come commenta il Calzabigi, ad essere più efficaci di dieci volumi di teologia.

Il Salvadori ci ricorda in modo mirabile che solo nel piegarsi verso il prossimo più bisognoso con amore si riesce a scoprire il mistero di Dio e si vedono crescere i primi segni di una vita nuova, dopo il gelo dell’inverno, metaforicamente espressi nell' "umile viola".



Foto in alto: Dante Alighieri, affresco di Giotto (1300 circa), Cappella del Bargello, Firenze

domenica 15 febbraio 2009

Laici, tolleranti? vediamo...






Una delle parole di cui i laici, cioè i non credenti, si riempiono la bocca, è “tolleranza”. I laici sono tolleranti, gli altri, specialmente i cattolici sono intolleranti.
E ripetendo ad ogni piè sospinto questo ritornello, si convincono e vogliono convicere che sia una verità dimostrata.

Ma insegnava il buon Aristotele: “È inutile lanciare in aria un sasso mille volte; non imparerà mai a volare”. La metafora la possiamo applicare anche qui. I laici possono lanciare mille volte il loro slogan. La realtà storica però lo rispedisce sempre al mittente.

E allora cominciamo a vedere i fatti.
Anzitutto il concetto di tolleranza nasce in ambito cristiano, non in ambito laico, ateo, o agnostico. Senza tornare tanto indietro, furono in particolare gli illuministi inglesi e francesi a far penetrare l’idea che, se Dio è il creatore di tutti, non può essere lecito uccidersi nel suo nome. Tutti gli uomini sono fratelli, e non può essere la differenza di idee o le diverse confessioni religiose a giustificare guerre e uccisioni. Solo il fanatismo dell’uomo può esserne la causa.

La tolleranza affonda perciò le sue radici su valori religiosi, in particolare sul concetto di Dio creatore e sulla certezza assoluta di comuni valori morali, validi per tutti.

Locke e Voltaire, che molto hanno contribuito alla diffusione di queste idee, non erano atei, ma credevano in Dio e in una moralità universale. È vero che riducevano il cristianesimo a una morale naturale universale, ma non erano atei o agnostici; anzi consideravano l’ateismo come frutto di erroneo pensiero, e moralmente pericoloso.

Basteranno due citazioni. Per Locke il cristianesimo è “una religione ragionevole e ha il compito di diffondere a tutto il genere umano quelle verità fondamentali e quelle norme morali che altrimenti sarebbero state accessibili solo ai filosofi”.

E Voltaire termina il suo Trattato sulla tolleranza con una grande preghiera a Dio creatore:

“Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura”.

Agli inizi della Rivoluzione francese (1789), la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, e cioè i cosiddetti “immortali principi dell’89”, che sono a fondamento di ogni civile convivenza, furono ispirati da queste idee di tolleranza, “in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo”.

Ma quando la Rivoluzione cominciò ad essere guidata da gruppi atei, agnostici ed antireligiosi, gli "immortali principi" cominciarono ad andare a farsi benedire. La Cattedrale di Notre Dame divenne un teatro e una sala da ballo. I frati e le suore furono esclaustrati, i preti impediti nei lori doveri religiosi.

Secondo i principi dell’89, tutti gli uomini avevano diritto alle proprie idee; sì, ma chi non la pensava come i giacobini, veniva ghigliottinato. E sotto la mannaia non ci passarono solo il re e la regina, i nobili e l’alto clero, ma perfino preti, frati e suore di clausura, e migliaia e migliaia di popolani che avevano creduto nella rivoluzione ed ora si ritrovavano a pensarla diversamente.

Particolarmente odioso lo sterminio del popolo vandeano, insieme a molti popolani della Bretagna e della Normandia: circa 200.000 francesi (francesi!) che si opponevano alla scristianizzazione delle lore regioni e non accettavano l’uccisione del re e le nuove imposizioni. Dopo una durissima resistenza, guidata dal barrocciaio Cathelineau, vennero fucilati, ghigliottinati, affogati a migliaia nella Loira: il primo genocidio dell’epoca moderna; opera dei tolleranti laici capi della Rivoluzione.

Gli stessi capi poi, si tagliarono la testa a vicenda... La tolleranza si concluse così con il massimo dell’intolleranza.

Questo è stato l’incipit di un cammino, che è proseguito nel 1800 e nel XX secolo, con le grandi dittature laiche e antireligiose, che hanno fatto decine e decine di milioni di morti, e hanno costretto lo storico marxista Eric Hobsbawm a definire il secolo XX come il secolo più sanguinario della storia umana, in nome di ideologie laiche venerate come divinità (Il secolo breve, 1994).

Tolleranti, questi laici. Chissà cosa significa intolleranza…

mercoledì 11 febbraio 2009

Laici, più dogmatici del papa


Esecuzione di Robespierre e Saint-Just.
Parigi, 28 luglio 1794
(Stampa dell'epoca)



I laici, cioè gli atei e i non credenti, si dichiarano “maestri del dubbio”, persone senza “verità in tasca”, travagliati da incertezze esistenziali; a differenza dei cattolici, che, a loro dire, sono dogmatici e settari.

Ma nei fatti stanno dimostrando di essere esattamente il contrario. Sono sicuri su tutto.

Sono sicuri che Dio non esiste, e fanno uscire perfino dei pulman con tanto di cartello per farci sapere questa”cattiva notizia”, di cui loro sono venuti a conoscenza (da parte di chi? di Dio no, perché non esiste; forse da parte del Nulla, che pure non esiste per definizione; mah…).
Loro però lo sanno con certezza, e quindi basta. Mistero della fede laica.

Dicono di non sapere quando la vita umana inizia, né quando si conclude. Se la prendono con la Chiesa che invece ha idee precise al riguardo e cioè che la vita inizia dal concepimento e termina con l’ultimo respiro.

Al tempo stesso però sono sicuri che l’embrione umano può essere eliminato come un cumulo di cellule, come pure può essere manipolato a piacimento, e che una persona in coma “irreversibile” può essere fatta morire di fame e di sete. Sono altrettanto sicuri che ad un malato terminale o ad una persona in grave situazione di disabilità può essere data una morte rapida o staccata la spina.
Nessun dubbio. Si può fare. We can.

Accusano la Chiesa di avere condannato a morte persone innocenti, per idee contrarie alla visione dogmatica cattolica. Si tratta dei secoli passati.

Ma il 9 febbraio 2009, giorno della morte di Eluana Englaro, c’è chi ha applaudito alla sua fine e molti si sono dichiarati favorevoli a togliere sondini e staccare spine, qualora sia rischiesto questo “fraterno aiuto”.

Saranno incerti, dubbiosi, travagliati, questi laici, staccatori di spine, più solerti degli esattori dell’Enel.
Ma a nessuno passa per la testa l’idea, il dubbio, l’incertezza che si tratti di omicidio.

Accusano la Chiesa di negare l’olocausto, per qualche cretino negazionista lefebvriano, oppurtanamente però richiamato alla verità della storia, per essere riammesso nella cattolicità.

Ma loro accettano con i fatti ciò che sta alla base dell’ideologia nazista.
Parlano infatti di qualità della vita nel senso eugenetico; da qui la selezione e manipolazione degli embrioni, l’aborto eugenetico, la soppressione di vite "non degne di essere vissute", l’eutanasia.

Qual era l’idea che muoveva il razzismo dei nazi e del dottor Mengele? Esattamente la ricerca di una razza pura, senza difetti fisici o psichici, che avrebbe popolato un nuovo mondo. Si è visto come la storia è andata a finire.

Si sa, i laici sono permalosi. Loro possono offendere, inveire, imprecare contro la Chiesa, contro il Papa; e sono severissimi censori con gli altri; perfino delle ciabatte pontificie; dei veri Torquemada moderni.
Ma guai a criticare il loro dogmatismo, più ferreo del Concilio di Trento. Allora i nipotini di Voltaire si trasformano subito in nipoti di Robespierre (e di Stalin).

Eh, sì, questi laici sono gente piena di dubbi, di incertezze, di travagli esistenziali…

Ma io, che sono cattolico, e quindi uno sciocco, ma consapevole che la natura umana sa mentire, ho qualche dubbio, e non credo troppo a quello che dicono questi signori.

Sono molto laico.

martedì 10 febbraio 2009

Marcia funebre per un' eroina




Voglio onorare Eluana Englaro, condannata a morte e uccisa per fame e sete in Italia, il 9 febbraio 2009, dedicandole una musica stupenda e appropriata.

Per lei, persona eccezionale, scelgo una musica eccezionale; non le conosciutissime musiche funebri di Mozart, Verdi, o Chopin.

Per lei, la "Marcia funebre sulla morte d'un eroe", di Beethoven, dalla sonata 12 per pianoforte, III movimento: Maestoso Andante.

E per lei, il più grande pianista italiano del XX secolo: Arturo Benedetti Michelangeli.

sabato 7 febbraio 2009

Si fece buio su tutta la terra



Tenebrae factae sunt. Scesero le tenebre quando crocifissero Gesù.

Questo drammatico responsorio del Venerdì Santo, musicato dal genio di Tommaso Ludovico da Victoria, ci aiuta a capire che quel terribile buio di morte in questi giorni sta calando anche sopra di noi, per l'uccisione di un'altra persona innocente.


Tenebrae factae sunt

Tenebrae factae sunt, dum crucifixissent Iesum Iudaei.
Et circa horam nonam exclamavit Iesus voce magna: "Deus meus, ut quid me dereliquisti?"
Et inclinato capite, emisit spiritum.

Exclamans Iesus voce magna, ait: "Pater, in manus tuas commendo spiritum meum".

Et inclinato capite, emisit spiritum.



Scesero le tenebre quando i Giudei crocifissero Gesù.
E verso l'ora nona Gesù esclamò a gran voce: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?" E chinato il capo, spirò.
Esclamando a gran voce, Gesù disse: "Padre, nelle Tue mani affido il mio spirito".
E chinato il capo, spirò.

giovedì 5 febbraio 2009

O voi tutti che passate per la via...





In questi giorni una tristezza immensa pervade il mio essere.
Mi sento ferito e umiliato nel profondo.

Di fronte a un fatto così drammatico, come l’uccisione per fame e sete di Eluana, mi viene in mente solo la passione di Cristo.

Voglio pregare con il lamento del profeta Geremia, che nella Chiesa viene letto il Venerdì Santo.

Una preghiera che è stata musicata da Tommaso Ludovico da Victoria, il grande polifonista spagnolo del 1500.


O vos omnes

O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte,
si est dolor similis, sicut dolor meus.

Attendite, universi populi, et videte dolorem meum,
si est dolor similis sicut dolor meus.



O voi tutti che passate per la via, fermatevi e guardate,
se c’è un dolore simile al mio.
Fermatevi, popoli tutti, e guardate il mio dolore,
se c’è un dolore simile al mio.

martedì 3 febbraio 2009

Morire con dignità. Di fame e di sete


Oggi hanno portato Eluana Englaro in una clinica di Udine per 'accompagnarla' alla morte.

La morte è di per sé una sconfitta per la natura umana.
Quando non si può fare più nulla, le braccia del medico si allargano e dai nostri occhi sgorgano delle lacrime. Una sconfitta.

La morte è una sconfitta ancor più bruciante quando, di fronte a masse di persone affamate e assetate di tanta parte del mondo, rispondiamo con una elemosina o peggio ancora, voltanto la faccia da un’altra parte, per non vedere.

Ma quando volontariamente si nega perfino un po’ di acqua e di cibo ad un familiare che non ha più la forza di nutrirsi da solo, come Eluana Englaro, non venite a dirmi che si muore con dignità.

È la morte per fame e sete. La più indegna di tutte.

domenica 1 febbraio 2009

Chiacchiere e bugie... ma non è politica!


Febbraio.

Il mese breve.

Il perfetto mese lunatico. Le donne sono avvertite…

Il mese del carnevale: ogni scherzo vale!

Il mese delle feste Feralia e della dea Febbre. Attenti all’influenza, e vaccinate anche il computer; può prendere qualche virus.

Il mese delle maschere, dei travestimenti, dei fakes e dei trolls. Il mese dei blogger, insomma.

Il mese della Candelora (domani): dell’inverno siamo fora; ma se è il sole o solicello, siamo sempre a mezz’inverno.

Il mese dei cenci, stracci, strufoli, chiacchiere, frappe, bugie, cròstoli, galàni, intrigoni, pampuglie, cioffe, sfrappe, … tutti dolcetti che a me piacciono nella stessa maniera, anche perché sono più o meno la stessa cosa. Cambia solo il nome, la regione e la località (e qualche ingrediente).

Mentre scrivo, sto mangiando ottimi “stracci”. Se fossi senese (Dio me ne liberi!) mangerei “cenci”; se fossi perugino (Dio me ne scampi!) mangerei strufoli.

Oh, è carnevale: ogni scherzo vale! Anche per i cugini senesi e perugini…