sabato 31 marzo 2018

In attesa della Pasqua (Taizé)





Nel giorno in cui Gesù giace nel sepolcro, mi unisco spiritualmente alla Comunità di Taizé in attesa della Pasqua, e lo faccio ascoltando il canto "Ad te, Jesu Christe"

Ad te, Jesu Christe, levavi animam meam. Salvator mundi, in te speravi. 
A te, Gesù Cristo, ho innalzato la mia anima. Salvatore del mondo, in te ho sperato.

Un bel canone a due (maschile e femminile), che esprime bene la gioiosa speranza nella Risurrezione.



domenica 25 marzo 2018

I sette giorni che hanno cambiato il mondo




Sono ovviamente i giorni della la Settimana Santa che oggi ha inizio con la Domenica delle Palme e che si conclude con l’ottavo giorno della settimana: la Pasqua di Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

La presenza di Cristo nella storia non è solo un vago ricordo di 2018 anni fa, ma una presenza viva, efficace, sempre attuale. Anzi, sempre un po’ più attuale della nostra pretesa modernità.
Senza Cristo, senza la sua Passione, Morte e Risurrezione il mondo non avrebbe senso.
Con Lui tutto acquista significato: il vivere e il morire, la gioia e il dolore, il peccato e la grazia.

E allora le altre religioni, o gli atei? Il Signore giudicherà secondo la retta coscienza di ciascuno.

Ma oggi più che mai, oggi che vediamo più da vicino le altre religioni, o a quale deriva ci sta portando l’ateismo occidentale, ci accorgiamo ancor più chiaramente che la fede cristiana, nonostante tutte le miserie umane di coloro che la professano, è l’unico fondamento dei veri valori umani.

Per questo “Adoramus Te Christe et benedicimus tibi; quia per Sanctam Crucem tuam redemisti mundum, qui passus es pro nobis, Domine. Domine, miserere nobis";  ti adoriamo Cristo e ti benediciamo, perché con la tua santa Croce hai redento il mondo, tu che ha sofferto la passione per noi, Signore. Signore, pietà di noi.

La professiamo con le magnifiche note del più grande polifonista: Giovanni Pier Luigi da Palestrina, o più semplicemente Palestrina.

Un mottetto nelle quattro voci umane più naturali: soprani e contralti per le donne, tenori e bassi per gli uomini. E intessute in un’armonia perfetta: meno di due minuti di musica celeste, ma di valore inestimabile.

Buona Settimana Santa!

sabato 17 marzo 2018

Il giorno di S. Patrizio




San Patrizio mi piace, e mi piace tutto ciò che si riferisce a lui, come il St. Patrick’s Day (oggi), lo Shamrock (il trifoglio di S. Patrizio), il verde del trifoglio, e l’Irlanda tutta, nazione tosta, simpatica, cattolica, antibritannica quanto basta.

Mi piacciono gli scrittori irlandesi, che hanno fatto grande la letteratura inglese, e per questo qualcuno li confonde con gli inglesi: Joyce, Oscar Wilde, George Bernard Shaw, Jonathan Swift, solo per citare i massimi, tutti con la dote dell’umorismo e dell’ironia, indice massimo d’intelligenza.

Ho un debole per l’anticattolico Joyce (io che sono cattolico fino al midollo), ma la sua formazione nella scuola dei gesuiti lo fa un esperto conoscitore della Chiesa, vista nei suoi limiti umani. Il suo Ulisse rimane per me l’opera più geniale della letteratura moderna e quella che amo di più per l’incredibile stile innovativo; ritengo inoltre che solo un profondo conoscitore della Chiesa e della sua dottrina possa apprezzare fino in fondo la sua corrosiva critica e le sue dissacranti allusioni.

Ovviamente Oscar Wilde è colui che meglio di ogni altro sa cogliere con folgoranti aforismi, pieni di humour, i vari aspetti della vita e delle persone. Non c’è bisogno di ricordarli, sono ben noti e possono essere letti nel web. 
Ma ce n’è uno che nella festa di S. Patrizio non posso tralasciare: “La Chiesa Cattolica è fatta di santi e di peccatori; per le persone perbene basta quella Anglicana”. Un aforisma che si adatta bene a tanti moderni perbenisti laici nostrali ed europei che hanno sempre il dito puntato sulla Chiesa Cattolica, e non si accorgono del loro ipocrita squallore esistenziale.

Jonathan Swift ci ricorda un altro aspetto dell’Irlanda: la sua colonizzazione da parte degli inglesi. Lasciando da parte per una volta i formidabili e fantastici Viaggi di Gulliver, la sua “Modesta Proposta” ci ricorda cosa è stato il colonialismo inglese nei confronti della vicina isola: una barbarie che ha portato gli irlandesi quasi all’estinzione.

Ho avuto la fortuna di stare qualche tempo in Irlanda, a Cork, e di conoscere quello straordinario popolo, molto simile nel carattere a quello italiano: cordiale, espansivo, simpatico. Non posso dire “solare” perché in Irlanda, dice un loro proverbio, “tra un temporale e l’altro, piove”.

Ed è un popolo “musicale”: il loro simbolo nazionale è l’arpa gaelica, oltre che il trifoglio di S. Patrizio.
Se poi aggiungiamo un po’ di Irish coffee e qualche pinta di birra (Guinness ovviamente!), la festa può iniziare.

Con lo sguardo benevolo (e misericordioso) di S. Patrizio.

Happy St. Patrick's Day!

Mi pare opportuno festeggiare con una canzone di Bono e gli U2, la band irlandese più celebre nel mondo.  Bono ha professato più volte la sua fede cattolica e nelle sue canzoni l'invocazione a Gesù non è una rarità, come anche nell'ultimo album, Songs of Experience (2017), da cui è tratto  Lights of Home (2017).

Lights of Home

Shouldn't be here 'cause I should be dead
I can see the lights in front of me
I believe my best days are ahead
I can see the lights in front of me
Oh Jesus if I'm still your friend

What the hell
What the hell you got for me
I gotta get out from under my bed
To see again the lights in front of me
Hey I've been waiting to get home a long time

Hey now, do you know my name?
Hey now, where I'm going?
If I can't get an answer
In your eyes I see it
The lights of home
The lights of home

I was born from a screaming sound
I can see the lights in front of me
I thought my head was harder than ground
I can see the lights in front of me
One more push and I'll be born again
One more road you can't travel with a friend
Saw a statue of a gold guitar
Bright lights right in front of me
Hey, I've been waiting to get home a long time

Hey now, do you know my name?
Hey now, where I'm going?
If I can't get an answer
In your eyes I see it
The lights of home
In the lights of home

Hey now, do you know my name?
Hey now, where I'm going?
If I can't get an answer
In your eyes I see it
In your eyes alone
I see the lights of home

Free yourself to be yourself
If only you could you see yourself
If only you could
Free yourself to be yourself
If only you could see yourself
If only you could
Free yourself to be yourself
If only you could see yourself
If only you could
Free yourself to be yourself
If only you could see yourself
If only you could see


Luci di casa

Non dovrei essere qui perché dovrei esser morto
Riesco a vedere le luci davanti a me
Sono convinto che i miei giorni migliori debbano ancora venire
Riesco a vedere le luci davanti a me
Oh Gesù, se fossi ancora tuo amico
Che diavolo
Che diavolo hai avuto da me?
Devo uscire da sotto il letto
Per rivedere
Le luci davanti a me

Hey, aspetto da tempo di tornare a casa
Hey, conosci il mio nome?
Hey, dove sto andando
Se non riesco ad avere una risposta
La vedo nei tuoi occhi
Le luci di casa
Le luci di casa

Sono nato da un urlo
Riesco a vedere le luci davanti a me
Pensavo di avere la testa più dura del terreno
Riesco a vedere le luci davanti a me
Un'altra spinta e sarò rinato
Un'altra strada da percorrere senza amici
Ho visto la statua di una chitarra d'oro
Luci luminose proprio davanti a me

Hey, aspetto da tempo di tornare a casa
Hey, conosci il mio nome?
Hey, dove sto andando
Se non riesco ad avere una risposta
La vedo nei tuoi occhi
Le luci di casa
Nelle luci di casa

Hey, conosci il mio nome?
Hey, dove sto andando
Se non riesco ad avere una risposta
La vedo nei tuoi occhi
Nei tuoi occhi dell'amore
Vedo le luci di casa

Renditi libero per essere te stesso
Se solo tu potessi vedere te stesso
Se solo tu potessi
Renditi libero per essere te stesso
Se solo tu potessi vedere te stesso
Se solo tu potessi
Renditi libero per essere te stesso
Se solo tu potessi vedere te stesso
Se solo tu potessi
Renditi libero per essere te stesso
Se solo tu potessi vedere te stesso
Se solo tu potessi vedere



martedì 13 marzo 2018

Cinque anni fa...


















Un  lustro, avrebbero detto i puristi della lingua, un quinquennio; insomma, solo cinque anni.

Eppure sembra un secolo fa. Papa Francesco si affacciò alla loggia di S. Pietro e disse: "Fratelli e sorelle, buona sera!"

Dico la verità: rimasi molto sorpreso da quella elezione. Non conoscevo il card. Bergoglio, mi rimaneva poco orecchiabile il cognome e la faccia non mi sembrò la più fotogenica. Pensai: "Ma chi hanno fatto papa!?"

Mi intrigava invece un po' la provenienza; l'altra parte del mondo, quella agli antipodi; una nazione, l'Argentina, di sicura fede cristiana e (scusate se unisco i santi con i fanti) una grande potenza calcistica. Del resto si è poi scoperto che anche il Papa era un tifoso del S. Lorenzo di Buenos Aires (e come non essere tifosi, nella patria di Maradona e Messi...).

Cinque anni di cambiamenti epocali. Il Papa che va ad abitare in un monolocale di S. Marta e non nel vasto appartamento vaticano; un papa che gira in utilitarie senza blindature; un papa che si ferma tra la folla a sorseggiare una tazza di mate offerta da sconosciuti; uno che ti telefona di notte per sapere come stai, o che ti unisce in matrimonio in aereo...

Un pontefice che usa un linguaggio senza peli sulla lingua, quasi plebeo, quando è il momento di indicare lo scandalo dell'ingiustizia sociale o dell'arrivismo individuale; ma che sa trovare le parole più tenere quando abbraccia un malato terminale, un portatore di handicap, un carcerato...

Periferie esistenziali, cultura dello scarto, la corruzione puzza, il pastore deve avere l'odore delle pecore, siamo tutti migranti: sono alcune espressioni che Papa Francesco ha introdotto nel perbenismo borghese della società occidentale postmoderna.

Un Papa scomodo anche per la Chiesa. Non tutte le sue parole e i suoi atti sono condivisi, e talvolta può sembrare "monotono" con il tema dell'accoglienza, un'altra parola che ripete a ogni piè sospinto.

Anche a me  talvolta sembra un po' esagerato nell'insistere su questo argomento, qui in Italia, dove ogni giorno assistiamo a sbarchi di clandestini, con tutti i problemi connessi. Le ultime elezioni politiche sono una evidente risposta negativa a questo insistente richiamo.

Certo, l'accoglienza va fatta, ma va fatta nei limiti del possibile. "Il bene va fatto bene", diceva S. Alfonso; i flussi di migranti vanno regolati con decisione e chiarezza.

Fatto questo appunto, credo che dopo Papa Francesco la Chiesa non sarà più la stessa. Non potrà più rimanere alla finestra del Vaticano a guardare la gente che passa. Anche i suoi immediati predecessori non stavano certo "a casa". In particolare S. Giovanni Paolo II.

Ma Papa Francesco si muove con un altro atteggiamento: scende tra la folla, assume l'odore del suo gregge, va a cercare la pecora "perduta" delle periferie della vita, tenendo al sicuro le altre 99 che hanno meno urgenza di lui. È il cuore del messaggio di Gesù.

Ha ragione Benedetto XVI: chi dice che Papa Francesco non è nell'ortodossia è uno stolto. 

Detto da Papa Benedetto, anche il più critico dei detrattori di Bergoglio dovrebbe riflettere.

E mi fa molto piacere che accanto a questo uomo "indifeso" e alla mercé della folla ci sia sempre, un passo indietro, l'aretino Domenico Giani, la sua guardia del corpo, il suo bodyguard

Dio salvi Papa Francesco!

Auguri, Santo Padre!



Nella foto: Papa Francesco, il mate e Domenico Giani

domenica 11 marzo 2018

Non ci sono più i comunisti di una volta…




Il mondo è proprio cambiato. Altro che! Nella mia sezione, da sempre rossa, il PD è arrivato al terzo posto, dopo M5stelle e Lega.

Il primo pensiero è stato quello di avere un’allucinazione.

Poi ho “realizzato”.

Non ci sono più le stagioni di una volta, non ci sono più i democristiani di una volta, e ora non ci sono più i comunisti di una volta.

Non so cosa accadrà, in questo nuovo scenario politico.

Di certo mancherà la presidenta Boldrini, a mala pena ripescata da qualche ong.  Non sentiremo più le sue lezioni grammaticali.

In compenso ci sorbiremo i non-congiuntivi di Di Maio...



giovedì 8 marzo 2018

Nella festa della donna, un canto di amore





Uno dei miei autori preferiti da giovane studente è stato Henrik Ibsen (1828-1906).

Leggevo i suoi drammi nell’edizione economica della BUR (ancora li conservo…). Mi affascinava la novità dei temi trattati, lontani dai nostri schemi abituali.

Mi colpivano in modo particolare le figure femminili, quasi sempre protagoniste, in lotta con gli stereotipi tradizionali, e quasi mai con lieto fine.
Donne che non accettano finzioni o che cercano l’amore autentico, come Nora, in Casa di Bambola, o Ellida, La donna del mare, o Rebecca in Rosmersholm; e Solvejg, disposta ad attendere fino all’ultimo l’amato Peer Gynt nel suo irrequieto e sognante vagabondare; un amore che lo redimerà.

Quando  poi ebbi modo, qualche anno dopo, di scoprire le straordinarie musiche di scena del Peer Gynt ad opera di Edvard Grieg (1876), allora il mio giovanile amore per il drammaturgo norvegese si sposò con l’ammirazione per il sommo musicista suo connazionale.

Il Canto di Solvejg è, tra le musiche di scena del Peer Gynt, il vertice della perfezione. È il canto di una donna innamorata, che non si lascia scoraggiare da una interminabile attesa, sicura che alla fine il suo profondo amore vincerà ogni ostacolo.

Perfetta la performance del soprano russo Anna Netrebko.

Un canto e un augurio nella Festa della donna.



SOLVEJG

Può calare l'inverno e passare la primavera, 
anche l'estate può svanire e l'anno morire; 
ma un giorno tornerai, io lo so per certo. 
E io ti aspetterò, perché te l'ho promesso. 
Dio possa guidare i tuoi passi, se ancora cammini sulla terra.
Egli ti dia la pace, se sei lassù nel suo regno. 
lo qui ti aspetto, finché tu sarai davanti a me. 
Ma se tu aspetti in cielo, alla fine là ci incontreremo.


mercoledì 7 marzo 2018

Risultati elettorali (Aretin Pietro e Pasquino)
















"Caro Pasquì, te scrivo qua da Arezzo
per dirti quel che accadde alle elezioni.
La sinistra è calata più del mezzo
e vinsero Salvini e Berlusconi."

"Ma lo sa tutto er monno, Aretin Pietro,
come la votazione  se n'è annata.
Er Pd se l’è preso sur dedietro,
Boldrini l’han trombata e ripescata."








giovedì 1 marzo 2018

Un po' di emozione, in questo gelido inverno




In questi giorni di un inverno rigidissimo giunto in ritardo, ho sentito più volte nei telegiornali ricordare l’interruzione del traffico tra i caselli autostradali di Arezzo e di Chiusi, nella A1, per ghiaccio, neve e gelido vento forte.

Quando sento parlare del casello autostradale di Arezzo mi viene subito in mente, come un riflesso condizionato, l’autogrill di Badia al Pino, prossimo al casello, luogo di sosta molto frequentato.

In quell’autogrill ha lavorato per 25 anni come cassiera la mia sorella maggiore. Per essere precisi, fu lei ad aprire il locale il 29 agosto 1964. Da allora fino al pensionamento ha visto passare migliaia e migliaia di persone, tra cui moltissimi volti noti della mondanità, nazionale e internazionale, dal cinema alla politica, dalla musica allo sport: Liz Taylor, Richard Burton, Pertini, Berlinguer, Maradona, Celentano, Dalla…

Essendo una donna straordinariamente bella, oltre che straordinariamente brava, riceveva molti complimenti e perfino dei baciamano (così fece Pertini, ad esempio). Da parte sua, essendo una donna molto attenta (come solo le donne sanno essere), notava ogni particolare in quelli che entravano nel locale (allora Mottagrill).

Tra quelle migliaia di persone, e tra i vip, più di tutti l’aveva colpita Lucio Dalla insieme a sua madre, che a pranzo ordinò i fagioli all’uccelletto… La colpì, oltre al tipo di menu "contadino" aretino, la delicatezza che Dalla mostrò verso la madre. Da allora Dalla divenne il suo cantante preferito.

Ho già ricordato in altro post questo episodio, ma ora mi piace ricordarlo di nuovo.

Quando mia sorella sentiva cantare una canzone di Lucio Dalla, ma specialmente la sua canzone più bella, Caruso (1986), si commuoveva e si metteva a cantare anche lei, con una voce anche quella bellissima.

Per ricordare Lucio Dalla nel giorno della morte (2012), e mia sorella, ambedue in un luogo “dove il gioir s’insempra”, metto nel giradischi virtuale “Caruso”.

Così potrò emozionarmi anch’io.