mercoledì 30 gennaio 2013

La fabbrica dei sogni


















Il blog "Poesie in vetrina" dell'amica Gianna Ferri  compie quattro anni.

http://blogpericoncorsidipoesia.blogspot.it/2013/01/festeggiamo-4-anni-insieme-di-poesia.html#comment-form

Non sono pochi, in un mondo in cui tutto sembra ridursi a squallida prosaicità.
Per fortuna ci sono ancora coloro che sognano ad occhi aperti e che riescono a vedere oltre il limitato orizzonte che ci circonda.
Per questo mi piace festeggiare questa bella ricorrenza.
In rima, naturalmente.





Se non credi che la terra
sia un ambiente per la guerra,
ma un’aiola di pianeta,
ecco, allora sei un poeta.

Se non credi che il tuo cuore
sia soltanto un propulsore,
ma una fabbrica di sogni,
sei poeta, ne abbisogni.

Se non credi che ci sia
qui nel web la poesia,
vai nel blog di Gianna Ferri
e vedrai quanto tu erri.

Di poeti è un bel ritrovo,
ha quattr’anni e è sempre nuovo!
Ed allora festa sia,
con un po’ di poesia!




Amicusplato


domenica 27 gennaio 2013

Shalom!


 
 
La Shoah è stata il fatto più tragico della storia ebraica.
 
Un popolo intero venne destinato allo sterminio da una ideologia  criminale e folle; solo la fine della guerra e del nazismo nel 1945 non permise che ciò accadesse del tutto. Furono sterminate circa sei milioni di persone, più della metà della popolazione ebraica residente in Europa.
 
Il male assoluto, nel secolo più sanguinario della storia, il secolo XX.
 
Oggi si ricorda la liberazione degli Ebrei dai campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, avvenuta il 27 gennaio 1945, dove furono annientate più di un milione di persone. È il giorno della Memoria.
 
Ma la Schoah è stata il tragico epilogo di una lunga storia di persecuzioni sofferte dagli Ebrei nel corso dei secoli, iniziate già in epoca biblica: la schiavitù in Egitto al tempo di Mosè, l’esilio di Babilonia al tempo di Nabucodonosor II (587 a. C.), e infine la definitiva dispersione ("diaspora") avvenuta ad opera dell’esercito romano di Tito nel 70 dopo Cristo.
 
Nel corso dei secoli successivi le sofferenze del “popolo eletto” sono continuate anche nel mondo cristiano, culminate anche in drammatici episodi di intolleranza e di violenze. Mai però il Cristianesimo ha visto nel popolo di Gesù una popolazione da eliminare o da distruggere; per la quale invece pregare, come sempre ha fatto, il giorno del Venerdì Santo, quando si ricorda la condanna e la morte di Cristo.
 
Le leggi razziali del 1937 furono considerate dal Papa Pio XI frutto di una ideologia folle e neopagana, condannate nell'Enciclica “Mit brennender Sorge”; e non furono recepite dal governo Vaticano (mentre invece furono accolte dal governo fascista italiano).
 
La più antica comunità ebraica in Europa viveva e vive a Roma, nel centro della cristianità, e durante il periodo dello sterminio venne in grandissima parte salvata nelle parrocchie, nei conventi, nelle case dei cattolici, nonché in Vaticano e in Castel Gandolfo, le sedi del papato. Delle oltre seimila persone che la componevano, furono sottratte alla deportazione più di cinquemila.
 
Al termine della guerra il rabbino capo di Roma, Israel Zolli, intimamente colpito da ciò che aveva fatto il Papa Pio XII (Eugenio Pacelli), si convertì al Cattolicesimo e prese il nome del Papa stesso: Eugenio Pio Zolli. Questo fatto ci dice molto di più di tanti slogan precotti anticristiani.
 
Oggi gran parte della popolazione ebraica ha di nuovo una patria, lo Stato di Israele, riconosciuto dalle Nazioni Unite fin dal 1948.
 
Per questo ritorno in patria da un esilio bimillenario, postiamo il Salmo 137 (136), che ricorda l’esilio babilonese del 587 a. C.
 
“Sui fiumi di Babilonia là sedevamo piangendo ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre.
'Cantateci i canti di Sion', dicevano coloro che ci avevano deportato.
Come cantare i canti del Signore in terra straniera?
Mi si attacchi la lingua al palato se ti dimentico, Gerusalemme”...
 
Il Salmo 137 (136) ha dato spunto per tanti artisti. Basterà ricordare la poesia di Quasimodo “Alle fronde dei salici”, oppure il mottetto di Palestrina “Super flumina Babylonis”, o il "Nabucco" di Verdi, con il celebre coro "Va' pensiero".
 
Ai nostri tempi, negli anni 70, il complesso caraibico Boney M lo ripropose in versione disco, in una canzone dal titolo “Rivers of Babylon”, che ottenne un grande successo internazionale.
 
Non c’è bisogno di trascriverla. Le parole sono nel video in forma di karaoke. 
 
Si tratta proprio del Salmo 137, nei suoi tratti essenziali.
 
Che le sofferenze del popolo ebraico siano definitivamente concluse. Così come quelle del popolo palestinese.
 
Shalom!
 
 
 
 

venerdì 25 gennaio 2013

Paulus. Una conversione che converte


 
 
La Conversione di S. Paolo, che viene festeggiata il 25 gennaio, ha contribuito in modo determinante alla diffusione del Cristianesimo.
 
Quest’uomo straordinario (era un ebreo, con la cittadinanza romana, di cultura greca) riuniva in sé i più alti valori del suo tempo.
 
L’incontro con Gesù Risorto sulla via di Damasco gli fece capire in un attimo che ogni valore umano trova il suo vero fondamento in Cristo. Se Cristo non fosse risorto, l’uomo sarebbe l’essere più miserevole (cfr. 1 Cor 15, 19).
 
“Ma Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15, 20).
 
E Saulo di Tarso poteva ben dirlo, dal momento che lo aveva incontrato e ne era stato interiormente trasformato.
 
“Io vivo, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (Gal. 2, 20).
 
La vita diventa perciò un luminoso cammino verso la piena realizzazione nel Regno di Dio.
 
“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, Nostro Signore” (Rom. 8, 35-39).
 
Tra le pagine di musica dedicate a S. Paolo, l’Oratorio “Paulus” di Felix Mendelssohn-Bartholdy (1836) è la più celebre.
 
Ho già avuto occasione di postare un magnifico Coro di questo Oratorio.
 
 
Oggi riporto un altro stupendo  brano, e precisamente il Coro di Popolo, che si riferisce alla lapidazione di Stefano.
 
La conversione di Saulo avvenne all'improvviso nella via di Damasco. Ma era stata certamente preparata dal martirio di S. Stefano, a cui Saulo aveva assistito e che aveva approvato (At. 8, 1).
 
Il sangue dei martiri è seme di conversione.
 
Non bastarono le pietre a chiudere la bocca a Stefano. Né la spada del carnefice a far tacere Paolo.
 
La festa di oggi lo dimostra.
 
Purtroppo non c'è nel web un video adeguato alla bellezza del drammatico brano di Mendelssohn, che ricorda certe sonorità del Dies Irae di Mozart.
 
Accontentiamoci di quello che passa il Tube...


Per quanto riguarda la partitura, mi voglio soffermare solo su di un punto.
Nel drammatico intrecciarci delle voci e degli strumenti, quando il coro giunge al nome “Jesus von Nazareth” l’orchestra improvvisamente tace e risuona unicamente questo Nome, cantato due volte dalle voci virili (tenori e bassi) a cui risponde ogni volta il suono dei corni, a prolungarne l’eco.
Il nome di Gesù, anche se dalla folla è pronunziato come motivo di condanna, viene così messo magnificamente, se pur brevemente, in risalto e basta da solo a illuminare tutta la scena.
Poco dopo il Nome viene di nuovo cantato, ma questa volta nella pienezza del coro e dell’orchestra.
Infine, la terza volta, al termine del brano, diventa un martellante unisono (nota “re”, la tonica della partitura, in Re minore) che passa dai soprani ai tenori e ai contralti, quasi un dito accusatore di donne e uomini contro Stefano e causa della sua lapidazione.

Grande Mendelssohn!
 
Buona festa!
 
 
 
Chor. Das Volk
Dieser Mensch hört nicht auf zu reden Lästerworte wider Mosen und wider Gott.
Haben wir euch nicht mit Ernst geboten, daß ihr nicht sollet lehren in diesem Namen?
Und sehet, ihr habt Jerusalem erfüllt mit eurer Lehre.
Denn wir haben ihn hören sagen: Jesus von Nazareth wird diese Stätte zerstören und ändern die Sitten, die uns Mose gegeben hat.
DAS VOLK
Coro. Il Popolo
Dieser Mensch hört nicht auf zu reden Lästerworte wider Mosen und wider Gott. Quest'uomo [Stefano] non cessa di pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio. Haben wir euch nicht mit Ernst geboten, daß ihr nicht sollet lehren in diesem Namen?
Non vi avevamo severamente ordinato  di non insegnare più in questo nome? Und sehet, ihr habt Jerusalem erfüllt mit eurer Lehre.
Ed ecco, voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina. Denn wir haben ihn hören sagen: Jesus von Nazareth wird diese Stätte zerstören und ändern die Sitten, die uns Mose gegeben hat.
Perché abbiamo sentito dire: Gesù di Nazaret distruggerà questo luogo e cambierà i costumi che Mosè ci ha dato.


 

mercoledì 23 gennaio 2013

Ci sono Pagliacci e pagliacci...



 
È tempo di carnevale. Le maschere e i pagliacci sono di moda.

Quale miglior occasione per ascoltare “I Pagliacci” (1892) di Ruggero Leoncavallo?
Specialmente l’inizio, il Prologo e le prime battute.

Leoncavallo ci dice che non si tratta delle solite maschere, che non è solo finzione scenica quella che vuole rappresentare, ma storia vera: “uno squarcio di vita”.

Le vicende personali dei pagliacci si intrecciano con il copione che devono recitare davanti al pubblico, cosicché alla fine pagliacci e interpreti diventano una medesima cosa.

Lo spettacolo teatrale che i pagliacci offrono, da farsa finisce in tragedia, con i toni grotteschi di facce infarinate e maschere da carnevale.

Prima dell’esibizione, il carro carnascialesco con il banditore fa il giro del paese per chiamare la gente allo spettacolo, che si svolgerà “a ventitré ore” (che non sono le undici di notte, ma il tramonto del sole; le ventiquattro erano la prima ora dopo il tramonto del sole).

Mi pare che Leoncavallo, oltre che scrivere un capolavoro del verismo musicale, abbia avuto anche doti di preveggenza.

Ha previsto il teatrino della politica attuale, fatto di maschere che si confondono con i volti reali dei personaggi che le indossano.

Ha previsto imbonitori che girano su carri, camper, treni, predellini e altro ancora, per invitare la gente ad uno spettacolo che, una volta entrata, non la riguarderà più, e mai con un lieto fine.

Ma gustiamoci la bellezza dei suoi Pagliacci, per dimenticare la bruttezza di quelli attuali.
 
 
 

venerdì 18 gennaio 2013

Pasquino non basta...













Diceva Goethe: “Da quando ho letto nell’Encyclopédie [quella di Diderot e D’Alembert] la voce ‘vestito’ e la fatica che occorre per confezionarlo, mi viene voglia di gettare via quello che indosso”.

Si deve ricordare come venivano allora confezionati i vestiti: in insalubri opifici, con orari massacranti e, ultimo tocco di bellezza, con coloranti tossici.

Facendo mie le parole del sommo poeta e scrittore tedesco, e adattandole a cose meno serie, anzi grottesche, mi viene da dire che da quando stamani ho letto quanto viene speso dal contribuente italiano per pagare il caffé ai poveri squattrinati deputati italiani [107. 600 euro nel 2012], mi viene voglia di smettere di prendere il caffé.

Il rendiconto della Camera dei Deputati del 2012  riporta anche le spese per le brioches offerte dalla vil plebe ai suoi nobili rappresentanti: 21.815 euro.

Siamo alla storia di Maria Antonietta alla rovescia. Tra l’altro poi la storia di Maria Antonietta e delle brioches è falsa; la regina di Francia  non si sognò mai di pronunziare la famigerata frase.

Invece la storia delle brioches, dei cioccolatini e dei lecca lecca leccati a sbafo dai deputati è vera e fresca di giornata.

C’è una sola voce che potrei pagare volentieri a quei nobili signori: gli 8.388 euro per le arance fresche.

Ma se sono dietro le sbarre.

giovedì 17 gennaio 2013

S. Antonio Abate. Un’eredità che non tramonta




Nella festa di S. Antonio Abate ascoltiamo uno dei più bei canti di Taizé: Bless the Lord my soul, benedici il Signore anima mia!

Che cos’è che unisce Antonio, vissuto nel IV secolo dopo Cristo nel deserto egiziano della Tebaide, con l’attuale comunità di Taizé, in Borgogna?

Lo spirito monastico.

Antonio è stato l’iniziatore del monachesimo, uno stile di vita che partendo dall'incontro con Dio riscopre il valore e il significato della vita umana e di tutta la creazione, animali e cose compresi.

Taizé ripropone in forma moderna il valore prioritario di Dio, riscoprendo così al tempo stesso l’inestimabile dono della vita. Non a caso a Taizé affluisce gente da ogni parte del mondo.

E non a caso Taizé sorge presso ciò che resta dell’Abbazia di Cluny, la più grande abbazia d’Europa fino alla Rivoluzione francese. La Chiesa era a cinque navate, lunga 187 metri, seconda solo alla Basilica di S. Pietro in Roma. I rivoluzionari la distrussero perché la ritenevano inutile...

Oltre che un inestimabile valore religioso e artistico, Cluny era stata un faro di civiltà, con una delle più grandi biblioteche del tempo.

Non sono stati i monaci a bruciare le biblioteche, come si legge in qualche libro di fantareligione, ma i "rivoluzionari" di ogni colore.

I monaci le biblioteche le hanno costruite. Insieme a scuole, farmacie e ospedali.

A maggior gloria di Dio, e dell’uomo.

Per questo S. Antonio è ancora nel cuore di molti. Perché ha amato Dio e le sue creature.

Chi ama veramente Dio, non può non amare le sue creature.
Bless the Lord, my soul, and bless God's holy name.
Bless the Lord, my soul, who leads me into life.
(Cfr. Ps 104,1)

Benedici il Signore, anima mia, e benedici il nome santo di Dio.
Benedici il Signore, anima mia, che mi guida nella vita (Cfr. Salmo 104, 1).

Inutile dire che la musica è del grande Jacques Berthier (1923-1994).


martedì 15 gennaio 2013

Er carnevale de' politicanti (pasquinata)



















Comincia er carnevale, me cojoni,
senza aspettare manco Sant’Antonio.
Han presentato pe qqueste elezzioni
simmoli de ‘ggni specie e de ‘ggni conio.


Più de dducento n’han portat' avanti;
l’abbito d’Arlecchino è meno strano.
L’Italia cala, ma i ppoliticanti
crescono, anvedi, come er cazzo in mano.




Amicusplato



venerdì 11 gennaio 2013

De André. "Spiritual"




Il modo migliore per ricordare Fabrizio De André, nel giorno in cui la sua cetra si è spezzata (come direbbe Platone nel Fedone), è quello di conoscerlo veramente.
 
Sono convinto che molti non lo conoscono, perché evidenziano di Faber solo qualche aspetto della sua personalità.
 
De André, il contestatore. Questo è il cliché che gli è stato cucito addosso.

Contestatore è stato sicuramente. Con il sarcasmo e l’ironia, oltre che con la dura protesta.
 
Ma è stato, per esempio, anche un grande poeta d’amore. Le sue canzoni più belle sono dedicate a questo eterno sentimento: Marinella, Via del Campo, Geordie... non sono poesie d’amore?
 
Eppure c’è un aspetto, a mio parere, che percorre tutta la sua produzione, da principio alla fine, che costituisce l’anima di questo grandissimo artista e senza il quale la sua personalità non può essere compresa: il sentimento religioso.
 
Il mistero di Dio lo ha sempre affascinato, fin dagli esordi della carriera; nel suo Volume I, del 1967, ci sono ben 3 canti dedicati a questo tema. E l’ultimo, Anime Salve (1996), si conclude con “Smisurata preghiera”, il suo testamento spirituale: “Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco; non dimenticare il loro volto”.
 
Tra questi, certamente, un posto speciale spetta a De André.
 
Il suo rapporto con la religione è stato spesso conflittuale; ma ha saputo riconoscere in Cristo “il più grande rivoluzionario della storia” (La buona Novella, 1970), e non ha avuto paura di affrontare nelle sue canzoni il tema della morte e dell’eternità.
 
Mi si dica, come controprova, quanti altri artisti di musica leggera hanno avuto il coraggio di affrontare questi argomenti.
 
De André non solo non si è vergognato di proporre questi temi, ma ne ha sentito agostinianamente l’inquietudine e l’ha cantata con lucida sincerità.
 
Davvero uno spirito aperto e libero, in direzione ostinata e contraria, nei confronti di coloro che sempre più egoisticamente si lasciano alle spalle gli interrogativi più veri e un’umanità sofferente e provata dalla vita.
 
Faber è stato un ricercatore dell’Assoluto, e lo ha invocato: “Dio del cielo, vienimi a salvare!”
 
Proprio questa invocazione troviamo nel canto “Spiritual” del 1967, tratto dal primo album registrato in studio.
 
Il canto riprende lo stile dei negro-spiritual (del tipo di “Pick a bale of cotton”).

http://youtu.be/iNpy6NoFFsk
 
Tra i campi di cotone, o in quelli di granturco, dovunque ci sia fatica e sfruttamento, Dio scenda dal cielo per dare una mano all'uomo.
 
Questo è Fabrizio De André, senza sconti di fine stagione. 
 
 

mercoledì 9 gennaio 2013

Intramontabile Adriano (e Chopin)!



Siamo agli esordi dell’anno 2013.

Se si vuole postare un bel brano di musica, mi viene da pensare al Preludio. È la forma musicale che prepara un’azione; in questo caso, un’annata che si prevede assai impegnativa.

Quando parliamo di “Preludio” viene subito in mente J. S. Bach. È lui che ha reso celebre questo tipo di composizione. Esemplare la monumentale duplice raccolta di 24 Preludi (e Fughe) del “Clavicembalo ben temperato”, uno per ogni tonalità, maggiore e minore.

Dopo Bach il numero 24 ha ispirato tutti i più grandi musicisti, dai 24 “Capricci” di Paganini, ai 12+12 “Préludes” di Debussy, ai 24 Preludi di Rachmaninov.

In particolare vogliamo ora ricordare i 24 "Préludes" di F. Chopin, op. 28,  pubblicati nel 1839. Il modello formale era Bach: i preludi coprono infatti tutta la gamma delle tonalità.
 
Diversa è ovviamente l’ispirazione: con Chopin siamo nel peridodo romantico, e si sente...

Uno di questi 24 preludi ha ispirato anche i moderni compositori di musica leggera: il Preludio n. 20 in Do minore.

Ho già postato “Could It be magic”, di Barry Manilow (1973), portato al successo da Donna Summer nel 1976.

Recentemente (2011-2012) Adriano Celentano ha ottenuto straordinari consensi con “Ti penso e cambia il mondo”. La base musicale è lo stesso Preludio n. 20 di Chopin, come si può chiaramente notare nell’introduzione orchestrata e nel finale.

Complimenti al grandissimo Celentano, che non finisce di stupire per la sua eterna giovinezza di 75 anni (compiuti il 6 gennaio).

E di Chopin cosa si dovrebbe dire? Lui che ne ha 174 anni, da quando pubblicò il suo Preludio... Questo il riferimento: 


Che devo dire? Buon ascolto, e auguri all'intramontabile Adriano!
 
 

domenica 6 gennaio 2013

Epifania. Lo stupore di un mondo nuovo




L’Epifania conclude il tempo natalizio e lo completa, con la piena manifestazione di Gesù Figlio di Dio, Re dei re e Signore dei signori.

Con l'incarnazione del Figlio tutti gli esseri umani sono ormai famiglia di Dio, “divinae consortes naturae”, partecipi della natura divina, secondo la potente espressione di S. Pietro (2 Pt 1, 4).

Dopo aver postato nei giorni precedenti due brani virtuosistici di Liszt, oggi torno alla musica più tipicamente natalizia: quella di origine popolare.

E poiché l'Epifania è la vera festa dei popoli, mi pare opportuno postare un canto in lingua spagnola, una lingua diffusa in tutto il mondo.

I canti popolari natalizi in lingua spagnola sono chiamati, come noto, “villancicos”; in Toscana si direbbe “villerecci”.

Tra i villancicos più belli e commoventi, per semplicità di immagini e di linguaggio, oltre che per freschezza musicale, rimane l’antico canto “Los peces en el río”.

Anche i pesci del fiume si fermano a bocca aperta, per vedere la nascita del Salvatore...

 
Buona Epifania!



(Los peces en el río)

La Virgen se está peinando
entre cortina y cortina,
los cabellos son de oro
y el peine de plata fina.

Pero mira cómo beben
los peces en el río,
pero mira como beben
por ver a Dios naci[d]o.
Beben y beben y vuelven a beber,
los peces en el río,
por ver a Dios nacer.

La Virgen está lavando,
y tendiendo en el romero
los angelitos cantando
y el romero floreciendo.

Pero mira cómo beben
los peces en el río,
pero mira como beben
por ver a Dios naci[d]o.
Beben y beben y vuelven a beber...

La Virgen está lavando
con un poquito jabón,
se le secaron las manos,
manos de mi corazón.

Pero mira cómo beben
los peces en el río,
pero mira como beben
por ver a Dios naci[d]o.
Beben y beben y vuelven a beber...


(I pesci nel fiume)

La Vergine Maria si sta pettinando,
tra tenda e tenda,
i capelli sono d'oro
e il pettine di fine argento.

Ma guarda come bevono
i pesci nel fiume,
ma guarda come bevono,
per vedere il Dio appena nato.
Bevono e bevono e continuano a bere,
i pesci nel fiume
per vedere nascere Dio.

La Vergine Maria sta lavando
e tendendo i panni in un cespuglio di rosmarino
gli angioletti cantano
e il cespuglio di rosmarino fiorisce.

Ma guarda come bevono
i pesci nel fiume,
ma guarda come bevono,
per vedere il Dio appena nato.
Bevono e bevono e continuano a bere...

La Vergine Maria sta lavando
con un po' di sapone,
le sue mani sono asciutte,
mani del mio cuore.

Ma guarda come bevono
i pesci nel fiume,
ma guarda come bevono,
per vedere il Dio appena nato.
Bevono e bevono e continuano a bere,
i pesci nel fiume
per vedere nascere Dio.



venerdì 4 gennaio 2013

I colori dell'Epifania


 
 
L’Epifania è la "manifestazione" di Gesù come Salvatore del mondo, rappresentato dai Re Magi.
 
La gioia epifanica è la gioia di tutte le genti e di tutti i popoli.
 
Nessuno fino a Gesù aveva osato parlare dell’unità del genere umano; neanche lo aveva immaginato. In compenso perfino i più grandi pensatori e filosofi avevano diviso l’umanità con ogni genere di discriminazione: liberi e schiavi, civili e barbari, razze superiori e razze inferiori, popoli eletti e popoli reprobi, caste sociali invalicabili, e via sezionando.
 
Il messaggio cristiano spezza ogni barriera politica e sociale:  “Non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma tutti siete uno in Cristo Gesù” (Paolo ai Galati, 3, 28).
 
Tutto ciò che è avvenuto dopo la “rivoluzione cristiana” non è altro che una ripresa di questo “lieto annuncio”, magari con qualche retromarcia e tragici sbandamenti storici.
 
Ci prepariamo alla festosa venuta dei Re Magi con una esaltante musica di danza: il “Grand Galop Chromatique” (1838) di Ferenc (Franz) Liszt.
 
I Re Magi, secondo la tradizione, giunsero con cammelli e dromedari, e non certo al galoppo. Ma noi li accogliamo con una danza sfrenata.
Si tratta della “liberazione” del genere umano dalla schiavitù dei vari razzismi, ancora duri a morire.
Se non ora, quando si deve saltare dalla gioia?
 
Al pianoforte, l’insuperabile interprete dell’impossibile Liszt, György Cziffra.
 
Quello che è stato detto per il binomio Bach-Gould, si può dire per Liszt-Cziffra: Cziffra non esegue Liszt, ma è Liszt.
 
E per favore: qualcuno non venga a raccontarci che Liszt è solo virtuosismo. Altrimenti, direbbero Bud Spencer e Terence Hill, ci arrabbiamo...
 
Buona Epifania in arrivo!



 

giovedì 3 gennaio 2013

Gli gnomi, lo spread (e Liszt)




Gli gnomi di Zurigo e tutti i banchieri del mondo oggi (ieri) hanno avuto una buona giornata (ma ne hanno di cattive?)

Perfino l’Italia ha visto scendere il suo famigerato spread a livelli nani, per la gloria della patria e per la soddisfazione della Merkel.

Speriamo che tutto questo sia di buon auspicio...

Noi ci ascoltiamo comunque la “Danza degli Gnomi” (Gnomenreigen, 1863) dell’ungherese Ferenc (Franz) Liszt, il mago del pianoforte.

Il brano intende riprodurre con le note il saltellare e il piroettare di questi spiriti folletti. Un concentrato di difficoltà tecniche e di raffinatezze digitali che solo Liszt riesce a confezionare...

Alla tastiera uno dei massimi virtuosi del piano del XX secolo, anch’egli ungherese, György Cziffra (1921-1994).

Gli gnomi possono iniziare la loro funambolica performance.

Hanno saputo dei guadagni in borsa.


martedì 1 gennaio 2013

Buon 2013, e buona notte!




Ormai la notte del primo giorno dell’anno ha raggiunto anche le più lontane terre d’occidente.

Dopo la notte dei botti e dei fuochi d’artificio, e relativi danni collaterali, voglio dare la buona notte in modo romantico, col più romantico dei musicisti: Franz Schubert (1797-1828).

Dal suo Winterreise (Viaggio d’inverno) scelgo perciò “Gute Nacht”, il primo dei 24 canti (Lieder) che compongono questo capolavoro, vera “summa” del genio musicale viennese, completata nel 1827, l’anno prima della sua morte, che lo colse a 31 anni.

Si tratta di una buona notte senza botti e senza fuochi, una buona notte in punta di piedi.
In realtà è un addio alla persona amata, che non corrisponde all’amore. Un addio solitario nel gelo dell’inverno.

Con la compagnia della luna.

Una musica triste? No, solo una musica bella!

La voce è del baritono Dietrich Fischer-Dieskau. Al pianoforte il grande Alfred Brendel.

Buona notte e Buon 2013!