lunedì 28 febbraio 2011

Il sogno di Yara




Il sogno di Yara Gambirasio era di diventare una grande ginnasta. Aveva già ottenuto notevoli successi ed era molto più che una promessa della ginnastica ritmica.

In questa disciplina sportiva la musica ha un’importanza fondamentale: accompagna i movimenti del corpo e stimola la creatività e la fantasia dell’atleta nell’esecuzione di un esercizio.

Sono certo perciò che a Yara piacerà il “Passepied” di Claude Debussy (1862-1918).

Anzitutto è un brano che, con il suo ritmo incalzante, appare l’ideale per sostenere le movenze ginniche.

Nella sua apparente semplicità ha un fascino irresistibile (è in Fa # minore).

È il quarto e finale movimento della “Suite Bergamasque” (1905), uno dei capolavori dell’impressionismo musicale. Basti pensare che in questa suite il terzo movimento è il celeberrimo "Clair de Lune".

Un omaggio che Debussy fece in certo senso alla città di Bergamo, patria di un’antica danza, la “Bergamasca” (Bergamasque), e delle due “maschere” (masques) Arlecchino e Brighella.

Bergamo, la provincia di Yara...

È il mio omaggio a Yara.

sabato 26 febbraio 2011

In ricordo di Yara



Ciò che più si temeva, purtroppo è accaduto.

Yara Gambirasio, la ragazza tredicenne scomparsa tre mesi fa, il 26 novembre scorso, è stata trovata cadavere in un terreno vicino a dei capannoni industriali, a pochi chilometri dalla sua abitazione di Brembate Sopra.

Una tragedia che lascia sgomenti. Non si può accettare tanta infamia e crudeltà, perpetrata nei confronti di una innocente. Si trovino i colpevoli, e siano puniti con il massimo rigore.

Ai genitori della ragazza va la nostra commossa solidarietà, e la partecipazione al loro immenso dolore.

Voglio onorare Yara, giovane promessa della ginnastica, con la “Gymnopédie" n. 1, di Erik Satie, in una trascrizione per chitarra.

Ciao, piccola Yara! Che la tua danza ritmica continui in un luogo degno di te.


venerdì 25 febbraio 2011

È nata una Stella!





La carissima amica blogger Stella (Ferri Gianna) oggi compie gli anni.
Auguri visissimi!

Ovviamente non è di buon gusto chiedere l'età ad una signora, che comunque in questo caso è  fiorente.

Ciò che conta è la giovinezza dello spirito, la voglia di mettersi sempre in gioco; e Stella riesce a farlo con una vivacità e serenità che mi lascia stupefatto.

In un mondo virtuale, in cui i toni sono spesso esasperati e le discussioni si trasformano  purtroppo in insulti continuati e aggravati, il blog di Stella è un esempio di correttezza e un'oasi di pace.

Voglio perciò offrire alla cara amica, in questo suo giorno natalizio, un piccolo omaggio poetico.

Per l'accompagnamento musicale ci serviamo di un bel brano organistico di Johannes Brahms, "È spuntata una rosa" (non è una stella, ma va bene lo stesso), delicatissimo "Preludio" all'omonimo corale.



È nata una Stella!

In questa notte limpida invernale
nel cielo brilla vivida una stella.
Il fatto mi è sembrato inusuale:
ieri non c’era, ed ora splende bella.

Oggi ho capito il caso misterioso;
è il 25 di febbraio; osanna!
In questo giorno fausto e luminoso
nasce una Stella; è nata Ferri Gianna!


Amicusplato 
 


L'amore, una sintesi di opposti




Il mondo arabo in rivolta, la Libia in fiamme, migrazioni di popoli interi, e l’Italia è la più diretta interessata.

Giorni drammatici, quelli che stiamo vivendo; forse l’alba di un mondo nuovo, ma attraverso il “travaglio del negativo”, per usare un’espressione di Hegel.

“Si parva licet componere magnis”, se è permesso paragonare le piccolezze del nostro mondo del web con questi drammatici cambiamenti epocali, si deve dire che anche nei cosiddetti aggregatori, o social networks, non mancano motivi di contese e incomprensioni.

Mi pare, anzi, che sia sempre più difficile dialogare con argomenti e senza insulti. In genere le due cose sono inversamente proporzionali: meno si argomenta, più si insulta.

Il web è un mezzo potentissimo. Lo testimoniano queste rivolte che stanno sconvolgendo il chiuso mondo musulmano e che sono iniziate proprio grazie alla comunicazione via internet.

Ma internet può essere anche il mezzo di esasperazione delle idee e di una conflittualità permanente.
Il contrario insomma di quello che dovrebbe essere: “connessione”, “rete” virtuale, in cui le idee si confrontano con reciproco rispetto.

La musica è certamente qualcosa che unisce.

Questo brano di Robert Schumann (1810-1856) ne è una sicura prova. Si tratta del primo dei tre “Fantasiestücke”, op. 73, per clarinetto (o violoncello) e pianoforte: “Zart und mit Ausdruck” (delicato e con espressione), in La minore.

Venne scritto nel 1849, a Dresda, mentre ancora in Europa continuava il “quarantotto” (1848-49), cioè la rivoluzione che scosse lo “status quo”, e diede inizio ad una nuova “primavera di popoli”, tra cui anche l’Italia.

Scrisse in questa occasione Schumann: “Bisogna creare, finché non si leva il giorno”.

Un brano che colpisce per la sua appassionata e avvincente linea melodica, quasi un pianto di amore.
Il pianoforte accompagna e dialoga con un ritmo scandito da terzine, mentre il violoncello procede con un lineare andamento binario.

Questo contrasto dà movimento e colore a tutto il brano.

L’amore non è mai qualcosa di statico, e spesso è proprio una sintesi di opposti, come direbbe ancora una volta Hegel.

martedì 22 febbraio 2011

Per onorare le vittime della Libia




Non possiamo rimanere silenziosi davanti a ciò che sta accadendo nella Libia in questi giorni.

La grande rivolta popolare contro il "colonnello" Muammar Gheddafi si è trasformata in un’orrenda carneficina. Si parla già di oltre mille morti.

Il dittatore non vuole cedere il potere e usa ogni mezzo, compreso eserciti mercenari e bombardamenti aerei, nell’intento di reprimere un’insurrezione che appare inarrestabile.

Stasera, in un discorso delirante, ha dichiarato che preferisce morire piuttosto che lasciare il suo posto.

Non ha capito che il tempo dei dittatori è finito.

Per onorare la memoria di tante vittime, che hanno pagato con la vita il loro desiderio di giustizia e di libertà, ascoltiamo la “Marcia Funebre” di Mendelssohn, dai “Canti senza parole” op. 62, n. 3, in Mi minore, del 1843.

Non è così famosa come quella di Chopin o di Beethoven; ma è altrettanto bella.

lunedì 21 febbraio 2011

Il dopo-festival. Vivaldi, per favore!




Per disintossicarmi dalla musica (?) del Festival di Sanremo appena terminato, ho bisogno di tuffarmi dentro un concerto di musica vera.

Scelgo un concerto strumentale, per fare un po’ di astinenza da stonature, voci traballanti e alcune perfino intonate di questa defatigante kermesse canora, che, nonostante gli interessati peana dei commentatori televisivi (forse più esperti di sport e di gossip), dimostra la pochezza dell’arte musicale in Italia, oggi.

Facciamo il confronto con un concerto di 10 minuti di Antonio Vivaldi, di circa trecento anni fa (1716):
il Concerto in Re maggiore per Liuto, RV 93, nei tre classici movimenti Allegro-Largo(Adagio)-Allegro che hanno avuto in Vivaldi, e prima ancora in Torelli, la loro definizione.

Nel presente concerto il liuto è sostituito dallo strumento che più  gli somiglia, la chitarra classica, in una sontuosa esecuzione dell’australiano John Williams.

Ecco, ora mi sono riconciliato con la musica…

sabato 19 febbraio 2011

Nomination...



La carissima amica blogger Annamaria ha indicato il mio blog come degno di attenzione, insieme ad altri due:


Ringrazio di cuore!


Nomination

L’amica Annamaria
di arte intenditrice,
di musica e poesia,
e fine prosatrice,

il mio blog ha indicato
degno della sua stima.
Pertanto Amicusplato
ringrazia in prosa e in rima.

E con le note lievi
di un bel brano di Allevi.
Per la BMW
ci devi pensar tu...


Il brano di Giovanni Allevi è "Come sei veramente", tratto dall'album "No concept", del 2005. Una bella musica che, come spesso accade, è finita in uno spot pubblicitario.

Per la BMW, appunto.

venerdì 18 febbraio 2011

Mina e De André. Così nacque Faber



Oggi si ricorda la nascita di Fabrizio De André (18 febbraio 1940-11 gennaio 1999).

“Se una voce miracolosa non avesse interpretato nel 1967 La canzone di Marinella, con tutta probabilità avrei terminato gli studi in legge per dedicarmi all’avvocatura.
Ringrazio Mina per aver truccato le carte a mio favore e soprattutto a vantaggio dei miei virtuali assistiti”.

Sono le parole con cui Fabrizio De André ricorda l'inizio del suo successo.

Mina intuì nella musica e nei versi di quella dolcissima e amarissima ballata la mano di un artista geniale, ancora sconosciuto.

Mina truccò le carte, come dice Faber; ma non lo fece solo per un mancato avvocato e per i suoi virtuali clienti.

Lo ha fatto soprattutto per noi, per regalarci il più grande cantautore italiano, insieme a Battisti.

Grazie, Mina!

Il duetto Mina-De André del disco postato non è ovviamente il canto originale solistico di Mina del 1967.

È un omaggio ai due grandi artisti (1997), legati indissolubilmente da questa stupenda canzone.


giovedì 17 febbraio 2011

Il festival di Mina e Celentano, 50 anni dopo



Mina e Celentano. Due vite parallele. Due grandissimi artisti.

Hanno dato una svolta decisiva alla canzone italiana, con il modo di cantare da “urlatori”, che si contrapponeva a quello tradizionale melodico (con qualche eccezione, come il geniale Modugno).

Nel ’59 Celentano diviene famoso con “Il tuo bacio è come un rock”, e Mina fa altrettanto con “Tintarella di luna”.

Ambedue parteciparono al Festival di Sanremo del 1961, senza vincerlo e scandalizzando pubblico e critica.

Celentano cantò “24.000 baci”. Già il ritmo e il linguaggio della canzone erano quanto mai inusuali per gli orecchi della giuria. In più il “molleggiato” nella sua esibizione non si peritò di volgere le spalle al pubblico, cosa fino ad allora mai accaduta.
Dovette accontentarsi del secondo posto, dietro Betty Curtis e Luciano Tajoli.

Peggio toccò a Mina, che si presentava con due canzoni: “Io amo, tu ami” e “Le mille bolle blu”.
Brano troppo scanzonato, il secondo; in più la cantante aggiunse il gesto delle dita che battono sulle labbra, per dare ulteriore vivacità alle “bolle blu”, ma che il pubblicò interpretò come quasi uno sberleffo. 
Con grande disappunto si classificò al quarto e quinto posto.

Allo smacco subito nel festival, cosa che poi è diventata abituale per le canzoni più innovative, si contrappose il successo di vendite di dischi e di ascolti nei juke-box.

Presento un filmato di "Studio Uno" del 1965, nel quale i due grandi artisti duettano: Celentano canta (gigioneggia, per la verità) due successi di Mina, e la “Tigre di Cremona” canta (con la sua voce stupenda, nonostante tutto), due successi di Celentano.

È passato mezzo secolo da quel memorabile festival del 1961.

Celentano partecipò anche a quello del 1966, con “Il ragazzo della Via Gluck”. Naturalmente, la canzone non fu capita; non arrivò neppure in finale…

Mina non vi partecipò più.

Ma è bastata quell’unica presenza per lasciare un segno indelebile.

lunedì 14 febbraio 2011

O Romeo, Romeo...



S. Valentino. La festa degli innamorati.

Rose, cene romantiche, o almeno cioccolatini perugina…

Una festa che non passa di moda. L’amore e l’innamoramento sono sentimenti che resistono a tutto, anche alla tecnologia più smart.

Quando si pensa agli innamorati, viene in mente la coppia per antonomasia, Romeo e Giulietta, immortalata da Shakespeare:


“O Romeo, Romeo, wherefore art thou Romeo?
Deny thy father and refure thy name.
Or if thou wilt not, be but sworn my love
and I'll no longer be a Capulet.”

”O Romeo, Romeo, perché tu sei Romeo?
Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome;
oppure, se non vuoi, giura che mi ami,
e io non sarò più una Capuleti.”


Capolavori musicali hanno accompagnato le vicende di questo amore, tenace più della morte; in particolare le opere di Bellini, Gounod, Tchaikovskij, Prokofiev.

Ma oggi voglio ricordare la colonna sonora del bel film “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli (1968).

È opera del grande Nino Rota (1911-1979; quest'anno è il centenario della sua nascita), che ci ha lasciato un tema indimenticabile.

Lo esegue al violino l’estroso musicista franco-olandese André Rieu.

Per tutti gli innamorati.

domenica 13 febbraio 2011

La secchia rapita (ovvero, la politica in Italia)




“S’ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo”…

La Battaglia di Maclodio, del Manzoni?

No, la situazione attuale in Italia.

Due schieramenti, “l’un contro l’altro armato” (rubo ancora un verso al Manzoni).

Contrapposizioni politiche, ideologiche, giuridiche… Uomini contro, donne contro, teatri contro, piazze contro, tutto contro.

C’è qualcosa però che non mi convince in questa storia, i vessilli: bandiere puritane da una parte, mutande dall’altra.

Mi viene in mente “La Secchia Rapita” del Tassoni:

“Vorrei cantar quel memorando sdegno
ch'infiammò già ne' fieri petti umani
un'infelice e vil Secchia di legno
che tolsero a i Petroni i Gemignani.”

Temo che anche oggi l’oggetto del contendere, sotto i grandi slogans etico-ideali, sia molto più  prosaico, simile alla Secchia di legno che i Modenesi (Gemignani) rubarono ai Bolognesi (Petroni):
la Sedia di Berlusconi.

Per questo, mi pare opportuno, per stemperare gli animi, postare uno spiritoso brano polifonico di Orlando di Lasso (1532-1596), uno dei tre grandi della polifonia cinquecentesca, insieme a Palestrina e a Victoria.

Si tratta di un canto a cappella (cioè senza accompagnamento di strumenti), a doppio coro, a quattro voci ciascuno, intitolato  
“O che bon Eccho”, del 1581.

A modo suo è una battaglia: un coro canta e il secondo coro, che fa da eco, risponde.

Dopo la lunga schermaglia di botta e risposta, la villanella si chiude per sfinimento con una parola che farebbe bene anche all’Italia: “Bastaaaaaa…..”


venerdì 11 febbraio 2011

11-02-2011. Il mondo alla rovescia













Che il mondo non sia più quel d’una volta,
si capisce da tante situazioni.
Le stagioni hanno fatto giravolta,
i vecchi fan da giovani coglioni.

Uomini e donne hanno cambiato usanze,
e se ti sposi, sei quasi un tapino.
Schermi, video, computer nelle stanze:
hai il mondo in casa, ma non sai il vicino.

Andiamo come il gambero al contrario,
come diceva pur l’Aretin Pietro.
Ma oggi ce lo dice il calendario;
guarda la data: è ugual davanti e dietro!


Amicusplato

giovedì 10 febbraio 2011

Una lezione di Uto Ughi, nel giorno delle foibe



Nel giorno della "Memoria delle Foibe" lasciamo parlare, sia con la sua propria voce che con quella dei suoi due violini, il grande Uto Ughi (1944), figlio di genitori istriani, di Pirano, fuggiti dalla loro città e dai loro beni per evitare la morte, verso la fine della II guerra mondiale.

Pirano è la patria anche di Giuseppe Tartini (1692-1770), il grande compositore e violinista, famoso per il “Trillo del diavolo”.

L’arte del violino dunque è di casa a Pirano. E nella famiglia di Uto Ughi la passione per la musica era infatti coltivata.

Per onorare le migliaia di italiani che furono vittime dell’odio comunista e nazionalista iugoslavo, e le centinaia di migliaia di persone che furono costrette a lasciare tutto e fuggire dalla loro terra, presento una straordinaria “lezione” di Uto Ughi.

Uno dei più grandi violinisti del nostro tempo ci parla semplicemente del “timbro di voce” dei suoi due preziosi violini che possiede: uno Stradivari (del 1701) e un Guarnieri del Gesù del 1744.

È noto a tutti che i più grandi liutai sono stati gli italiani; e gli Stradivari e i Guarnieri (ma anche gli Amati, che Uto Ughi infatti ricorda) sono i più celebri, tutti di Cremona.

Molti di noi non sanno le differenze tra i due tipi di violino. In genere si pensa che gli Stradivari siano in assoluto i migliori, seguiti un po’ a distanza dai Guarnieri.

In realtà, come ci fa capire il grande Uto mettendoli a confronto con due celeberrimi brani di Mendelssohn  (Concerto in Mi minore, op. 64) e di Tchaikovskij (Concerto in Re maggiore, op. 35), non è proprio così.
Si tratta di due strumenti dalle caratteristiche timbriche diverse, che offrono l’eccellenza in differenti partiture.

Lo Stradivari ha una voce più dolce e limpida, il Guarnieri del Gesù ha una voce più potente e colorita. Uto Ughi predilige nei suoi concerti il Guarnieri del Gesù, come del resto faceva il più grande violinista di tutti i tempi, Niccolò Paganini.

Ci voleva la voce autorevole di Uto Ughi, con una prova in diretta, per smentire dunque uno dei tanti luoghi comuni.

La lezione può essere intesa anche come una metafora per questo giorno, con cui è stato infranto un luogo comune ben più drammatico. Fino a pochi anni fa infatti le foibe erano per lo più conosciute solo come “fenomeni carsici”.
Dello sterminio degli italiani gettati e uccisi in queste profondissime fosse, i libri di storia non facevano neppure cenno.

Oggi è tornata la “memoria”.

Un'osservazione finale: ma come è facile e bello imparare una cosa, quando chi la insegna è un grande Maestro!

Non basta un Cynar



Contro il logorio della vita moderna una volta era consigliato un Cynar, per chi seguiva Carosello.

Oggi ci vuole ben altro, che un derivato dal carciofo (Cynara scolymus)...

Una full immersion nella musica barocca, oltre a rasserenarci l’anima, ci dà la carica per un ritorno al futuro, il nostro; un futuro che, senza l’armonia interiore di quei tempi, non potrà ridarci il gusto della vita, che è chiaramente manifestato anche da una musica bella.

Ci dovremo altrimenti accontentare della musica metallara.

Immergiamoci perciò in un concerto di un autore che per molti sarà sconosciuto: il veronese Giuseppe Torelli (1658-1709), attivo soprattutto a Bologna.

Non è un personaggio così secondario, però! Ha inventato, prima di Vivaldi, il concerto di uno strumento solista, che dialoga con l’orchestra; inoltre ha codificato la tripartizione del concerto stesso nei classici tempi Allegro-Adagio(Andante)-Allegro.

Nel Concerto in Re maggiore che presentiamo, del 1690, lo strumento solista è la tromba, suonata da Alison Balsom.

Bella la strumentista; brava… giudicate un po’ voi!

L’orchestra è di Brema, diretta da Thomas Klug.

mercoledì 9 febbraio 2011

Un po' di Frescobaldi...



In questo mondo attuale, dove la razionalità e il senso della misura stanno cedendo il passo a ogni genere di eccessi, sento il bisogno di rifugiarmi là dove sentimento e ragione andavano ancora insieme, e si presentavano con il fascino della bellezza artistica, rimasta insuperata.

Parlo in particolare della musica rinascimentale e di quella barocca che uniscono alla vivezza dei sentimenti l’ordine e la misura dei tempi e delle forme.

Una musica che è, per usare una celebre espressione pascaliana, “spirito geometrico e spirito di finezza”, specchio fedele dell’animo umano.

Qualcuno si ostina nel pensare che il passato sia un periodo di ignoranza e di inciviltà.

Basta questa semplice “Aria con Variazioni” (1627) del sommo organista Girolamo Frescobaldi (1583-1643), per smentire le rozze quanto presuntuose affermazioni dei nuovi barbari del XXI secolo.

Di coloro cioè che non sanno neppure chi era Girolamo Frescobaldi.

Dovranno fare ricorso a Wikipedia. Ma rimarrà solo un nome, che si perde nello spazio di un momento, e si confonderà con quello di un vino (di grande qualità anche quello!).

Il brano, per organo, è eseguito alla chitarra, nella trascrizione di Andrés Segovia.

martedì 8 febbraio 2011

Mala tempora currunt



Non è un gran bel periodo quello che stiamo attraversando, in singolare contrasto con il bel tempo meteorologico.

Brutto periodo per la politica italiana, dove ormai c’è la guerra di tutti contro tutti, o per dirla con Hobbes, “bellum omnium contra omnes”. In pratica, il richiamo della foresta.

Brutto tempo, anzi burrasca, in Egitto dove non si capisce quale piega prenderà la rivolta contro Mubarak. Ma le rivolte nel mondo islamico oggi sono spesso condizionate da movimenti integralisti, che sono un rimedio peggiore del male.

Ma il peggio è accaduto in un campo nomadi lungo Via Appia Nuova, presso Roma.

Quattro bambini Rom hanno perso la vita, arsi vivi nel rogo del loro misero e improvvisato ricovero. 
La tragedia è accaduta domenica sera, alle 20.30. Per ripararsi dal freddo, mentre la madre era andata a cercare qualcosa da mangiare, i fratellini Fernando, Sebastian, Raul e Patrizia, rispettivamente di 4, 5, 8 e 11 anni sono rimasti uccisi nel rogo che si è sprigionato da un braciere acceso.

A questi quattro innocenti dedico un capolavoro di Schubert: “La morte e la fanciulla”(1824), quartetto d’archi (2 violini, viola e violoncello) in Re minore, n. 14.

È un dialogo musicale tra la morte e una fanciulla, che non ha bisogno di parole per essere compreso.

Nel secondo Movimento, "Andante con moto",  il più drammatico, domina la figura della Morte.
Il tema della morte è trattato in cinque variazioni, che esprimono tutte un unico obiettivo: ghermire la fanciulla e trascinarla con sé.
In alcuni momenti le sonorità degli archi ricordano la tristezza della musica zigana.

Un omaggio ad un popolo che nella sua storia ha, come leitmotiv, la voglia di vivere e inenarrabili sofferenze.


La seconda parte del II Movimento, qui:  http://www.youtube.com/watch?v=5hycEG1PkjA&feature=related

domenica 6 febbraio 2011

Glenn Gould spiega Wagner (alla sua maniera!)



Se qualcuno trova la musica di Wagner un po’ troppo difficile, oppure faticosa, e perfino noiosa; allora non deve far altro che ascoltare Glenn Gould in versione di Maestro, che spiega, suonandola da par suo, l’Ouverture de “I Maestri Cantori di Norimberga” (1868) al giornalista francese Bruno Monsaingeon.

Naturalmente si tratta di una trascrizione per pianoforte dell'opera wagneriana.

Glenn Gould (1932-1982) mette in evidenza e sottolinea i passaggi più significativi del brano con una mimica, un pathos e una verve, che perfino il più duro d’orecchi riesce a comprendere e a gustare.

Al solito poi il geniale pianista accompagna con la voce ciò che sta suonando; in questo caso, per mettere in rilievo la bellezza della composizione. Alla fine ci accorgiamo di aver appreso perfettamente e con facilità.

Uno spettacolo, oltre che una lectio magistralis. 

Con un maestro così, anche Richard Wagner diventa un alunno obbediente...

venerdì 4 febbraio 2011

Stravagante, ma non tanto



In Egitto un’insurrezione popolare sta rovesciando il potere di Hosni Mubarak, capo del governo dal 1981.

Non possiamo non essere preoccupati per quanto sta accadendo in quella grande nazione, dove forti minoranze cristiane sono presenti da duemila anni, e cioè fin dal tempo dell’Evangelista S. Marco, che fu il fondatore della Chiesa di Alessandria (I secolo d. C.).

Come sappiamo, il corpo di S. Marco, dopo l’invasione musulmana del VII secolo, fu trafugato nell’anno 828 da una nave veneziana che trasportava carne suina (i musulmani non la vollero controllare...) e fu portato trionfalmente a Venezia, di cui fu dichiarato patrono.

Speriamo che tutto si risolva per il meglio, e che il nuovo governo egiziano sia rispettoso delle minoranze religiose, ultimamente vessate e colpite con atti criminali.

La musica di Antonio Vivaldi, il “prete rosso” (dal colore dei capelli) della Serenissima Repubblica di S. Marco, sia un auspicio di serenità, in questa complessa situazione.

Dai 12 Concerti detti “La Stravaganza” (1712-13) ascoltiamo il Concerto n. 4 in La minore, per violino e orchestra, III Movimento: "Allegro".

Un po’ di serenità non guasta di certo, in questo momento, anche per la nostra Italia.

giovedì 3 febbraio 2011

Il canto del cigno



Nel “Carnevale degli Animali” (1887) di Saint-Saëns, il quadro musicale dedicato al Cigno è il penultimo, prima del finale, e si differenzia nettamente dagli altri per il suo carattere dolcemente melodico.

Secondo un’antica leggenda, ricordata da Platone nel dialogo il “Fedone”, i cigni prima di morire intonano un canto meraviglioso. Platone intende fare una similitudine tra il canto del cigno e il ragionamento finale di Socrate, che sta per essere ucciso mediante cicuta.
Socrate, in quel memorabile dialogo, dimostra l’immortalità dell’anima; per questo motivo la morte non deve far paura, ma deve essere affrontata con serenità e perfino con gioia da coloro che hanno agito secondo verità e giustizia. Questo è il suo canto del cigno. Era l’anno 399 avanti Cristo.

È la bellezza del cigno, la sua eleganza nelle movenze, il candore del piumaggio, la maestosa leggerezza, che ha sempre colpito la fantasia popolare.

Per questo, secondo la mitologia, Giove conquistò la bellissima Leda trasformandosi in cigno, dando argomento agli artisti per sbizzarrirsi in splendide opere. La “Leda e il Cigno” del Tintoretto (1578), agli Uffizi, a mio parere batte tutta la concorrenza, compresi Leonardo e Michelangelo (copia di Rubens).

La letteratura non poteva mancare di dire la sua; e la fiaba “Il brutto anatroccolo” di Andersen (1843) è un vero e proprio capolavoro.

In epoca romantica e moderna sono stati soprattutto i musicisti a trarre ispirazione dal cigno, benché si tratti notoriamente di un animale praticamente senza voce.

E invece si parla del Cigno di Pesaro, per indicare Rossini, del Cigno di Busseto per Verdi, del Cigno di Catania per Bellini, e così via.

Certamente il Cigno di Saint-Saëns ha preso ispirazione da “Il lago dei cigni” di Tschaikovskij (1877). Alla fine del balletto, nella “Scena finale”, la morte del cigno è una delle pagine immortali della musica. Proprio un canto del cigno!

Ma ascoltiamo invece il geniale quadro musicato da Saint-Saëns, nel Carnevale degli Animali.
Per dare voce al Cigno ci sono le note del violoncello, mentre due pianoforti accompagnano con arpeggi, come movimenti nell’acqua.

Anche gli animali si divertono!




Anche gli animali si divertono. Specialmente da piccoli, madre natura li ha dotati di un forte senso ludico, necessario per lo sviluppo di tutte le loro potenzialità e abilità.

Anche per loro, dunque, è tempo di carnevale. E quando si parla di carnevale e di animali, viene subito in mente, per associazione d’idee, il famoso Carnevale degli Animali (Le Carnaval des Animaux), del francese Camille Saint-Saëns (1835-1921).

Venne composto per il carnevale del 1887. Sono quattordici brani di musica d’orchestra, ognuno dedicato ad una categoria di animali, ed il finale.
Sfilano così davanti alla nostra fantasia il re leone, galline e galli, tartarughe, elefante, canguri, animali fossili e perfino la razza umana dei "pianisti"...

Brillantissimo il finale, divenuto ancor più famoso con le scene del film disneyano “Fantasia 2000”, che proponiamo.

Un trionfo di vitalità!



mercoledì 2 febbraio 2011

Cristo, luce del mondo



Nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio, anch’io desidero entrare nel tempio del Signore per lodare e ringraziare Dio di  tutto ciò che nella vita mi è accaduto, di bello e di meno bello.

Tutto è grazia, alla fine, e tutto è luce davanti a Lui.

Questa festa è detta anche Candelora, perché i fedeli in chiesa tengono una candela accesa in mano, per significare che Cristo è la luce del mondo: “Lumen ad revelationem gentium” (luce per illuminare le genti).
E ce ne accorgiamo sempre di più, in un mondo che cerca di fare a meno di Lui, ma sta paurosamente brancolando nel buio.

Mi reco virtualmente a pregare con la Comunità di Taizé, nel cuore della Borgogna.
Una preghiera fatta di brevi e belle invocazioni cantate, ripetute più volte finché non diventano come una forma di respiro.
Il respiro dell’anima.


Bless the Lord, my soul,
and bless God’s holy name.
Bless the Lord, my soul,
who leads me into life.


Benedici il Signore, anima mia,
e benedici il santo nome di Dio.
Benedici il Signore, anima mia,
che mi conduce alla vita.

martedì 1 febbraio 2011

Kreativ blogger

 











La carissima amica blogger Stella ha voluto ancora una volta farmi un dono, che ho apprezzato molto. Si tratta del "Kreativ blogger", che premia i blogger più creativi.

Mi pare doveroso contraccambiare la gentilezza.


Kreativ blogger

Dire a un blogger: creativo,
è di già un bel complimento.
Se poi, oltre l’aggettivo,
hai un premio in supplemento,

beh! allora sei obbligato
a mostrare i tuoi attributi.
No, non quelli in basso stato,
che per sorte hai ricevuti…

Ma attributi virtuali,
fatti sol di fantasia,
che svolazzano senz’ali:
arte, prosa e poesia.

Dentro al blog, come vedete
c’è ora il “Premio Creativo”.
Me lo manda, con la rete
ed in modo interattivo,

la creativa blogger Stella,
che l’ottenne in Ungheria.
Dico grazie, amica bella!
e lo faccio in poesia.


Amicusplato