lunedì 29 settembre 2008

Chi è un angelo...






Oggi è S. Michele Arcangelo, S. Gabriele Arcangelo e S. Raffaele Arcangelo.
Il 2 ottobre sono gli Angeli Custodi.

A parte le schiere celesti, l’angelo è:


* chi riesce a farti sorridere quando hai voglia di mandare tutti al .. diavolo

* chi ti dà una mano quando le tue non bastano

* chi ti riporta il portafogli smarrito, magari senza soldi, ma con tutti i documenti (compresi le foto e i santini)

* chi ti segnala lampeggiando la presenza di un autovelox (è un angelo in contravvenzione, ma…)

* chi ti aiuta a inserire correttamente in un post un link diretto, un video, un emoticon che non conoscevi

* chi ti fa salire in home page di un aggregatore (quando te lo meriti)

* ogni bambino, sempre; ma in ordine decrescente, quando dorme, quando studia, quando gioca, quando non vuol fare i compiti, quando fa i capricci…

* Regola generale per riconoscere un angelo: l’angelo vero appare quando ce n’è bisogno, e scompare quando ha finito la sua opera.

Diffidare delle imitazioni….



Foto in alto: "Angelo" (1669), Gian Lorenzo Bernini e Cosimo Fancelli (Ponte S. Angelo, Roma)

domenica 28 settembre 2008

Il ricordo di Paul Newman con la stangata musicale di Joplin




Tutti ricordiamo Paul Newman nella scena cult del film Lo spaccone, quando nella partita finale a 125 riesce a battere l'imbattibile Minnesota Fats: la 5 in buca d'angolo, la 7 in buca di sponda, ecc., per tutta quella fatidica notte, fino alla mattina.

Non possiamo però dimenticare Il sipario strappato, con la regia di Hitchcock; tutti col fiato sospeso fino all'ultima scena...

Ma a me piace ricordare il bello, lo spaccone, lo spregiudicato Paul Newman nel film La stangata (1973), dove insieme ad un grande Robert Redford, dà vita a una colossale truffa, al ritmo del ragtime del geniale Scott Joplin: The entertainer.
Con questa musica voglio ricordarlo.

Gran bei films ci ha regalato, Paul Newman dagli occhi azzurri.
Ma lassù qualcuno lo ama...

venerdì 26 settembre 2008

Il mio ricordo di Richard Wright, tastierista dei Pink Floyd: Money




Il 15 settembre scorso è morto a 65 anni di età Richard Wright, che nel 1965 a Londra diede inizio alla mitica band dei Pink Floyd insieme a Roger Waters, Nick Mason e Syd Barrett, a cui in seguito subentrò David Gilmour.

Voglio ricordare l'eccellente tastierista dei Pink Floyd con una delle loro canzoni più belle e significative: Money (Soldi) del 1973.

Il concetto della canzone è semplice e chiaro: i soldi non sono tutto, anzi sono la radice di ogni male.


Money

Money get away
Get a good job with more pay and you're ok
Money, it's a gas
Grab that cash with both hands and make a stash
new car, caviar, four star daydream
think i'll buy me a football team

money get back
i'm alright Jack keep your hands off my stack
money it's a hit
don't give me that do goody good bullshit
i'm in the hi-fidelity first class travelling set
and i think i need a Lear jet

money, it's a crime
share it fairly, but don't take a slice of my pie
money, so they say
is the root of all evil today
but if you ask for a rise it's no a surprise that they're giving none away

giovedì 25 settembre 2008

Autunno: uomini e foglie




L’autunno ha ispirato i poeti di ogni tempo.
Uno dei temi più caratteristici è la similitudine tra la foglia che cade e la fragilità umana.
Chi non ricorda Ungaretti?

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.



Ungaretti aveva in mente di certo un celebre passo dantesco, questo:

Come d'autunno si levan le foglie
l'una appresso dell'altra, infin che il ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie;

similemente il mal seme d'Adamo:
gittansi di quel lito ad una ad una
per cenni, come augel per suo richiamo.
(Inf. III, 1121-117)

Dante aveva ripreso quasi a parola un analogo paragone dall’Eneide di Virgilio (canto VI) che omettiamo per brevità.
Virgilio a sua volta non poteva ignorare il poeta greco Mimnermo e il grande padre della poesia occidentale Omero.

Mimnermo


E noi come le foglie, che nel tempo fiorito della primavera nascono e ai raggi del sole rapide crescono, per un attimo abbiamo diletto del fiore dell’età...
Ma rapido svanisce il frutto di giovinezza, come la luce d’un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato, è meglio la morte che la vita.



Omero

Come è la stirpe delle foglie, così è anche quella degli uomini.
Le foglie, alcune il vento ne versa a terra, altre il bosco in rigoglio ne genera, quando giunge la stagione della primavera;
così una stirpe di uomini nasce, un'altra s'estingue
(Iliade VI, 145-149).


Ma, a mio parere, la poesia autunnale più bella è quella di Paul Verlaine:

Chanson d’automne

Les sanglots longs
des violons
de l'automne
blessent mon cœur
d'une langueur
monotone.

Tout suffocant
et blême, quand
sonne l'heure,
je me souviens
des jours anciens
et je pleure;

et je m'en vais
au vent mauvais
qui m'emporte
deçà, delà,
pareil à la
feuille morte.



[I lunghi singhiozzi
dei violini
d'autunno
mi feriscono il cuore
con un languore
monotono.

Tutto affannato
e pallido, quando
rintocca l'ora,
io mi ricordo
dei giorni antichi
e piango;

e me ne vado
nel vento maligno
che mi porta
di qua, di là,
simile alla
foglia morta.]

[Traduzione di Giuseppe Cirigliano]

Molti sapranno che lo Sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944, "il giorno più lungo", che segnò la fine del nazismo in Europa, venne preparato con la parola d’ordine dei primi versi di questa poesia dolcissima e triste di Verlaine: Le sanglots longs des violons de l’automne.

E in Normandia, nel D-Day, gli uomini caddero davvero come foglie d'autunno.
Ma non invano.


Foto in alto: Pioppi sulla riva dell'Epte in autunno (1891, Normandia), Claude Monet (Collezione privata)

domenica 21 settembre 2008

L'evoluzione della specie. Homo bloggerianus


L'evoluzione della specie è giunta ad una nuova tappa: l'era informatica.
Sta nascendo perciò una nuova tipologia di homo sapiens sapiens: l'homo bloggerianus, o più volgarmente il blogger. Esistono diversi tipi di blogger, ma quello che descriviamo è uno dei più comuni.


Il blogger non parla con nessuno, ma ha mille visite al giorno.

Dopo un’evoluzione di un milione di anni, che lo ha portato a camminare in posizione eretta, ora staziona seduto in una sedia (preferibilmente a rotelle).

Non ha più un nome, ma una sigla e un numero, a cui tiene molto.

Non guarda la realtà che lo circonda, ma la spia attraverso un finestrino da 24 pollici (anche meno).

È un predatore. Vive di caccia e si ciba solo di notizie fresche, strappandole ai suoi rivali con ogni mezzo, anche lecito.

È generalmente mancino, l’uso della destra gli è poco congeniale. E con un colpo mancino vorrebbe arpionare un pericoloso ed astuto caimano.

Parla molto di sesso, di giorno e di notte; ne conosce tutti i secreti, tranne uno: trovare il tempo di farlo.

Parla molto di Dio, per dire che non esiste; ma lo dice così frequentemente, che ormai ci convive.

Non ama troppo le limitazioni. È un uomo libero, specialmente nell’ortografia e nella sintassi.

È allergico ai virus informatici, e a Benedetto XVI. Dai primi si difende con gli antivirus; al secondo cerca di fare le scarpe (ma a questo già ci pensa Prada, o meglio, una ditta artigianale lombarda).

Scambista incallito, linka in continuazione emettendo URL, ha l’ADSL conclamato; ma non prova nessuna sensazione erotica e gode di ottima salute.

Lunga vita all’uomo bloggeriano!

sabato 20 settembre 2008

Un cestino di frutta? Sì, grazie!




Fino a Caravaggio nessun artista aveva posto al centro dell’attenzione una natura morta.


La natura era sempre stata uno sfondo o un accessorio a immagini religiose o civili e ritratti di personaggi.

Nessuno aveva mai osato porre come tema unico un cesto di frutta.

Da allora (1597) ogni aspetto della realtà è entrato di diritto nell’arte.

Una rivoluzione pittorica, nata dal genio di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.



Foto in alto: "Cesto di frutta" (1597), Caravaggio (Pinacoteca Ambrosiana, Milano)

sabato 13 settembre 2008

Chi è veramente Paolo di Tarso (2)



Abbiamo visto come Paolo, dopo la sua conversione sulla via di Damasco, scopre nel cristianesimo la liberazione dai vincoli della legge mosaica e da tutte le tradizioni antiche, che erano diventati ‘pesi insopportabili’.

La lettera ai Romani e la lettera ai Gàlati sono il manifesto della libertà cristiana da ogni imposizione umana e perfino divina; perché Dio non impone, ma propone e suggerisce interiormente 'con gemiti inesprimibili'; non mortifica, ma dà vita. “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, secondo i disegni di Dio” (Romani 8, 18-27).

Ma chi è che discerne se uno spirito viene da Dio o è una seduzione umana e di satana?
Ecco l’altro aspetto fondamentale dell’insegnamento di Paolo: la comunità ecclesiale, che è il corpo stesso di Cristo vivente nella storia. Il cristiano non è un essere isolato, ma un membro di un corpo che è la Chiesa. “Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Corinzi 12, 4-7).

Tra questi ministeri, c’è quello apostolico, che ha il compito di tenere saldo l’insegnamento di Cristo, perché gli apostoli sono stati testimoni oculari di Cristo risorto; compito che è stato affidato prima di tutti a Pietro; non un privilegio, ma un compito, un ‘ministero’ (nel suo vero significato, cioè servizio). Solo con questa garanzia tutti gli altri carismi personali acquistano piena validità e riconoscimento.
Il cristianesimo è una fede che tende ad unire. L’individualismo non è mai stato la sua legge, ma il pericolo da evitare. “Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o greci, schiavi o liberi” (1 Corinzi 12-13).

Nel corso dei secoli non sempre la Chiesa ha dato questa testimonianza di spirito comunitario e di apertura verso tutti; ma ciò è accaduto per colpa dei suoi membri, alcune volte anche autorevoli. Ma sarebbe incomprensibile separare Cristo dalla Chiesa, che è il suo corpo mistico. Lo dice S. Paolo: “Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2 Cor 4, 5-7).

Anche in Paolo troviamo dei limiti storici, come in ogni essere umano, anche il più grande.
Egli veniva dalla tradizione maschilista ebraica (ma non era solo ebraica), per cui ricorda alle donne che nell’assemblea liturgica devono tenere il velo e devono tacere: “le donne in chiesa tacciano” (1 Corinti 14, 34); così devono considerare il marito come capo della famiglia.
Ma subito dopo invita i mariti a rispettare le mogli, ad “amarle come se stessi”, e “i due saranno una carne sola”, riconoscendone quindi la uguale dignità (Ef 2, 25-33). Era il messaggio evangelico che si faceva strada anche su questo aspetto.

Per quanto riguarda la schiavitù, è vero che Paolo non invita gli schiavi all’insurrezione armata, ma all’obbedienza ai loro padroni. Ma al tempo stesso ammonisce i padroni a trattarli bene “mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c’è un solo Signore nel cielo e che non c’è preferenza di persone presso di lui” (Efesini 6, 56).
E nella lettera a Filemone invita l’amico Filemone ad accogliere uno schiavo fuggitivo (era previsto il marchio a fuoco) “non più come schiavo, ma come un fratello carissimo” (Fil. 1, 16).
La schiavitù era un retaggio che veniva da migliaia di anni, e non poteva essere spezzato con un colpo di spada. Ma il cristianesimo ha posto le basi per il suo superamento, proclamando la dignità di ogni essere umano, come figlio di Dio.

Non è un fatto casuale che la prima persona convertita in Europa, a Filippi, sia stata proprio una donna: Lidia: (Atti 16, 15), e che i primi seguaci della fede cristiana fossero schiavi, donne ed emarginati (come dice il pagano Celso, per disprezzo). Un motivo ci sarà stato.

In definitiva il messaggio cristiano portato da Paolo è un messaggio liberante, un invito alla gioia, alla speranza concreta, sostanziosa, poiché già possediamo fin d’ora le primizie dello Spirito, e Dio porterà a compimento l’opera che ha iniziato in ciascuno di noi.
È un invito a riconoscersi membri di una comunità, la Chiesa di Cristo. Per questo solo l’amore (la carità) è credibile:

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla” (1 Corinzi, 13).

In altre parole, uno può fare anche le cose più straordinarie; ma se in lui non c’è lo spirito di amore, è solo apparenza.

Mi immagino Paolo sulla Via Ostiense, con il carnefice pronto con la spada ad eseguire l’ordine di Nerone. Aveva scritto qualche anno prima nella lettera ai Romani (8, 35-39):

“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”.

Ecco, questo è Paolo di Tarso.



Foto in alto: Basilica di S. Paolo fuori le Mura (Roma), costruita nel luogo dove l'apostolo fu sepolto.

venerdì 12 settembre 2008

Chi è veramente Paolo di Tarso (1)





Quest’anno è il secondo millenario della nascita di S. Paolo, e cioè Saulo di Tarso (Cilicia, oggi Turchia), nato intorno all’anno 8 dopo Cristo, ebreo di nascita, greco di cultura e cittadino romano per diritto.
Un uomo ‘universale’, che predicò il vangelo in molte nazioni, fino alla Spagna, e subì il martirio a Roma sotto Nerone. Per la sua fede in Cristo venne decapitato nella Via Ostiense alle Tre Fontane ed è sepolto dove ora sorge la Basilica di S. Paolo fuori le Mura.

In due articoli vorrei descrivere brevemente gli aspetti più significativi dell’opera e del pensiero paolino, perché sul suo conto circolano molte imprecisioni.

Quando si studia un autore o un personaggio, per capirlo bisogna afferrarne i concetti fondamentali.

Quali sono allora gli aspetti fondamentali del pensiero e dell’opera di S. Paolo, che troviamo nelle sue 13 Lettere e negli Atti degli Apostoli?

Paolo afferma anzitutto che la Legge ebraica, fatta di prescrizioni e di divieti, non può essere umanamente rispettata nella sua totalità; e anche se per ipotesi lo fosse, potrebbe diventare fonte di superbia (come a dire: ma bravo che sono; sono in credito con Dio). È stata necessaria in passato, perché ha insegnato verità importanti, come l’unicità di Dio creatore, i 10 comandamenti. Egli la paragona ad un pedagogo che ha portato al vero maestro, Cristo. Con Cristo la legge ebraica ha esaurito il suo compito: “termine della Legge è Cristo” (Lettera ai Romani 10, 4).

Gesù Cristo ci ha liberati dalla Legge, fatta di prescrizioni e di divieti, e ci ha donato lo Spirito di libertà dei figli di Dio: non siamo più sotto la Legge, quindi minorenni; ma siamo diventati adulti, liberi in Cristo, Figlio di Dio, che si è unito a noi nell’umanità.
Perciò “non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Lettera ai Gàlati 3, 28). Tutte le vecchie categorie, e cioè popolo eletto e popoli pagani, fedeli e infedeli, cittadini romani e barbari, uomini e donne, liberi e schiavi, sono superate: ora ci sono solo fratelli in Cristo e figli dell’unico Padre.
“Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5, 1).

È evidente che questo messaggio smantellava dal profondo e senza armi i fondamenti dell’imperialismo romano e di ogni altro imperialismo futuro.
Anche da questo si può capire perché Nerone gli fece tagliare la testa.

Da qui anche l’invito alla gioia e alla serenità: “Rallegratevi nel Signore sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini” (Lettera ai Filippesi 4, 4-5).
Non ci sono più cibi mondi e immondi, e neppure la circoncisione; ma tutto è stato restituito alla sua integrità e bellezza da Cristo, nuovo Adamo, liberatore dell’umanità.
“Omnia munda mundis” (Lettera a Tito 1, 15): tutte le cose sono pure per i puri. Non conta ciò che mangiamo o ciò che beviamo, ma ciò che c’è dentro di noi…

Noi oggi, stando comodamente seduti a mangiare e bere qualsiasi cosa, non ci rendiamo conto della novità ‘rivoluzionaria’ anche di questi aspetti di vita pratica: niente circoncisione, niente divieti nei cibi e nelle bevande, tutto lasciato alla libera volontà della persona… Per primo Gesù aveva proclamate monde tutte le cose. Ma l’apostolo Paolo le ha predicate in tutto il mondo allora conosciuto.

S. Agostino, che ha colto il punto fondamentale di S. Paolo, ha riassunto questa libertà assoluta dello spirito con la frase: “Ama e fa’ ciò che vuoi” (ama et fac quod vis).

S. Paolo aveva infatti previsto l’obiezione: allora posso fare ciò che mi pare! Egli dice, nella lettera ai Romani: È lo Spirito di Cristo, effuso nei vostri cuori, che vi ispira e vi guida (5, 5; 8, 14). E lo Spirito non può condurre al peccato o al vizio, ma alle opere di salvezza.
In altri termini: se uno è in Cristo è una creatura nuova, e si lascia trasportare dallo Spirito di lui, e non dai propri capricci. Si tratta non di misurarsi con Dio, di farsi dei crediti nei suoi confronti, ma di lasciarsi guidare da Lui, che nel cuore ci ispira al bene e ci apre all’amore verso gli altri.

E se pecchiamo, e se non ce la facciamo, Paolo ci ricorda che siamo tutti peccatori fin da principio, e che nella sua morte in croce Cristo ha distrutto i nostri peccati, passati e futuri, dandoci la possibilità di rialzarci sempre: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Romani 5, 20). E lo dice uno che era stato un feroce persecutore dei cristiani, ma era stato 'folgorato' da Cristo sulla via di Damasco (Atti, capitoli 9 e 22).

Concludo questo primo articolo con una frase di Paolo (2 Corinzi 5, 14-17) che riassume bene tutto quello che abbiamo detto:
“Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ne sono nate di nuove”.


Foto in alto: "Conversione di S. Paolo" (1601), Caravaggio (Chiesa di S. Maria del Popolo, Roma)

giovedì 11 settembre 2008

World Trade Center. Crocifissione


Un tragico avvenimento ha aperto il terzo millennio: l’abbattimento del World Trade Center di New York.
Lo voglio ricordare con una composizione poetica, perché la semplice prosa non basta.
Alcuni aspetti mi hanno fatto pensare alla morte in croce di Cristo.

Dai Vangeli:

“Pilato aveva fatto scrivere la motivazione della condanna, ed era scritta in ebraico, in greco e in latino. Molti la lessero, perché il luogo era vicino alla città…
All’improvviso si fece buio su tutta la terra, mentre crocifiggevano Gesù…
Ed egli, dopo un forte grido, reclinato il capo, spirò…
Un soldato gli trafisse il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua”.



W. T. C.

D’improvviso
tenebre di sgomento su tutta la terra
mentre conficcavano
sulle tue membra maestose
levate al cielo
vibranti chiodi di disperazione.

Dai fianchi squarciati
sangue ed acqua
e fuoco sterminatore.

Abbiamo udito la tua condanna
diffusa in ogni lingua.

Abbiamo visto la tua agonia
poiché il luogo del supplizio
era nel centro del mondo.

Poi le tue membra divine
si sono piegate fino a terra
tra silenziose grida
di morte.

martedì 9 settembre 2008

Tutti i gusti son gusti...




Per il grande Lucio Battisti vedo ora in HP di Oknotizie un articolo tratto da Giornalettismo così discutibile e vagamente squallido che mi obbliga a intervenire brevemente. Ho già scritto stamani un post sull’argomento, e mi basta.

La musica di Battisti (quella fino a Panella) ha costituito la colonna sonora di due generazioni di persone e ancora mantiene un fascino irresistibile (lo dimostra se non altro anche il milione di euro di royalty annuali).

Se all’articolista piace Panella, va benissimo; Panella è un poeta di valore. Ma la musica di Battisti che rimane e che piace è quella banale, amatriciana, sciocca, insulsa con i testi di Mogol, che tanto dispiace a Giornalettismo.

Mi ritorni in mente... Omaggio a Lucio Battisti



Carissimo Lucio,

non ti è mai piaciuta la retorica, come a me. E allora perché ti scrivo questa lettera che non leggerai mai, e che fa apparire me come un’adolescente (con l’apostrofo, sì, una adolescente) fuori stagione e un po’ fuori di testa, e perciò patetico?

Perché ci sono alcuni casi in cui si può essere ridicoli senza vergogna, e si possono fare cose sciocche in pieno sentimento.

Perché una sensazione di leggera follia sta colorando l’anima mia in questo giorno che mi parla di te, e mi riporta indietro nel tempo…

Con La canzone del sole ho imparato a suonare la chitarra, come tanti miei amici: quattro semplici accordi maggiori, la-mi-re-mi, il giro del la, ripetuto all’infinito per quelle calzette rosse che poi diventano una donna, con tutti i suoi segreti…

Con I giardini di marzo mi sono (quasi) innamorato di una ragazza, che non ho potuto sposare, perché… sì, tu lo sai.

E insieme a te, in Pensieri e parole, ho potuto stemperare qualche tristezza con quel dammi forza mio Dio!, che non è così frequente trovare in un cantante rock.

Non starò a ricordare a te le tue musiche… ma mi piace farti notare che qui nella mia stanza, insieme ai Concerti Brandeburghesi di Bach e alle Sonate di Beethoven, ci sono le tue cassette, i tuoi dischi , i tuoi CD e le partiture delle tue canzoni; come anche quelle di Fabrizio De André.

Io ho sempre pensato che la musica non si distingue in classica e leggera, ma in musica bella e musica brutta. E la tua è bella, comunque bella.

A proposito! Ti piace la collocazione dei Giardini di marzo nel mio blog? Forse potevo trovare un video migliore. Ma sei sempre stato così ritirato… Anche in You tube c’è poco.

Oggi poi ho aggiunto La collina dei ciliegi, ora che sei ancora ancor più su…


Ciao!

Amicusplato

lunedì 8 settembre 2008

La natività di Maria



La Natività di Maria, in un antico mosaico (1291) del romano Pietro Cavallini, nella Chiesa di S. Maria in Trastevere.

Si nota ancora la forte influenza dell'arte bizantina, nelle figure ieratiche.
Ma c'è già l'influsso della scuola fiorentina (Giotto) nella concretezza delle forme, e una certa grazia senese (Duccio) nel volto della puerpera S. Anna.

Due donne portano bevanda e cibo ristoratori a S. Anna.
Le due levatrici fanno il bagnetto alla neonata, Maria, di corporatura robusta.

In questa umile scena familiare c'è l'inizio di un mondo nuovo.

venerdì 5 settembre 2008

La logica: grammatica del pensiero


Una discussione è un duello combattuto con le armi della logica.

Poiché gli aggregatori di notizie vivono anche per le diatribe e i contrasti di idee che sorgono tra gli utenti, mi pare utile soffermarsi sul significato della logica.

Molto bella è la definizione di Piaget, il più acuto studioso moderno di psicologia dell’età evolutiva: “la logica è la grammatica del pensiero”. Infatti, come la grammatica insegna a scrivere correttamente, così la logica insegna a ragionare con correttezza.

Ma più celebre è l’affermazione di Kant (XVIII secolo): “La logica è nata perfetta con Aristotele e non ha avuto bisogno di modifiche”.
In effetti c’è poco da modificare in un sistema razionale così coerente, che lascia stupefatti ancor oggi. Vediamo gli aspetti essenziali.

Aristotele cerca anzitutto il punto di partenza assolutamente vero dal quale si possa iniziare qualsiasi ragionamento.

1. Il punto di partenza è il principio di non contraddizione.
E cioè: non si può affermare come vera e contemporaneamente falsa una stessa cosa, sullo stesso aspetto. Per fare un esempio: una persona non può essere colpevole e innocente rispetto alla medesima accusa: o è colpevole o è innocente.
La logica della nostra mente, come del resto quella del computer e di tutta l’informatica, si basa su questo primo assunto: vero-falso, acceso-spento, zero-uno.

Da questo deriva il principio del terzo escluso: se una cosa è vera, il suo contrario è falso; non si dà un terzo caso (tertium non datur). Se Dio esiste, è falso che non esiste; se Dio non esiste, è falso che esiste; Dio non può esistere e non esistere contemporaneamente, e non c’è una terza ipotesi.

2. Date queste premesse, è possibile formulare dei giudizi, cioè affermare o negare qualcosa. Per essere più precisi e aristotelici, il giudizio è riferire un predicato ad un soggetto.
Per esempio: il cane abbaia, Berlusconi è uno statista, l’asino vola … sono tutti giudizi, uno dei quali almeno certamente falso.

3. Una concatenazione di giudizi forma il ragionamento.
Esistono varie concatenazioni di giudizi: il tipico ragionamento con due giudizi è il dilemma, e i due giudizi sono collegati per contrasto: o la borsa o la vita; o mangiar questa minestra o saltar dalla finestra; e ancor più celebre il dilemma di Amleto: to be or not to be, essere o non essere. Per questo diciamo amletica una persona che non si decide a scegliere. Il dilemma, come si suol dire, ha due corni e bisogna sceglierne uno.
Ma il ragionamento per eccellenza è il sillogismo, composto da tre giudizi: la premessa maggiore, la premessa minore, la conclusione.
Esempio classico: Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore); io sono un uomo (premessa minore); io sono mortale (conclusione… tragica).

Da premesse vere, ragionando correttamente, si giunge a conclusioni sempre vere.
Da premesse sbagliate, ragionando correttamente, si giunge a conclusioni sempre sbagliate.
Occhio alla partenza, dunque!

E se uno parte da premesse sbagliate e procede in modo scorretto? Possiamo dire che quel tale difficilmente arriverà al vero, ma forse arriveranno soldi e successo...

Ma non si può parlare di sillogismi senza ricordare Dante.
Egli mette nel Paradiso l'ateo Sigieri di Brabante, perché con i suoi intelligenti ("veri") sillogismi aveva suscitato le invidie dei colleghi dell'Università di Parigi nella facoltà di filosofia ("vico degli strami"). Ecco la terzina (Par. X, 136-138), messa in bocca a S. Tommaso d'Aquino, che indica a Dante l'anima di Sigieri:

"Essa è la luce etterna di Sigieri
che leggendo nel vico degli strami
sillogizzò invidiosi veri".

Anche gli atei, se sillogizzano bene, vanno in Paradiso... e se lo dicevano nel Medioevo...



Foto in alto: "Aristotele" (1992), Moneta greca da 5 dracme

mercoledì 3 settembre 2008

Pensieri e parole


Non siamo ancora alla commemorazione di Lucio Battisti…

Voglio invece parlare del rapporto che esiste tra pensieri e parole.
Più esattamente della volgarità nel linguaggio, nei video, nell’arte (arte per modo di dire), che sta invadendo come un fiume in piena la nostra realtà quotidiana.

Al cattivo gusto, come al peggio, non c’è mai fine. Abbiamo visto perfino la crocifissione di una rana… Ma non era proibito maltrattare gli animali? I cristiani (nel senso di seguaci di Cristo), loro sì, possono esssere maltrattati e non è una novità ormai.

Le parolacce stanno entrando nel linguaggio comune; anzi vengono addirittura insegnate: vaffanc… ha acquistato la dignità di un partito. Una discussione poi non è seria se non è condita da ‘teste di caz’, ‘mi hai rotto i cogl’, ‘va a fatti fot’, (questa anche in inglese), e così via.

E sempre più anche negli aggregatori di notizie, per stupire il borghese e attirare l’attenzione, si strillano titoli pieni di insulti e trivialità (gli errori di grammatica invece, quelli non sono voluti).

Intendiamoci. Una battuta ‘volgare’ talvolta può essere pure simpatica, quando appunto è una battuta. Ma se diventa regola, allora il linguaggio si fa penoso e si giunge a mettere le solite parti anatomiche in mezzo a qualunque discorso, anche di alta ingegneria informatica.

Non è difficile capire il perché di questa deriva volgare.

Quando la bulimia sessuale prende il sopravvento, come oggi accade spesso, allora ogni pensiero si traduce in immagini a luci rosse, e le parolacce ne sono un sintomo, come un irrefrenabile tic nervoso.

Un linguaggio appropriato e piacevole aiuta a controllare e a rendere meno monotono il nostro mondo interiore, i nostri pensieri. E i pensieri si traducono via via in immagini e parole sempre più ricche e appropriate.

E qui mi ritorna in mente la bellezza delle canzoni di Battisti…