sabato 13 settembre 2008

Chi è veramente Paolo di Tarso (2)



Abbiamo visto come Paolo, dopo la sua conversione sulla via di Damasco, scopre nel cristianesimo la liberazione dai vincoli della legge mosaica e da tutte le tradizioni antiche, che erano diventati ‘pesi insopportabili’.

La lettera ai Romani e la lettera ai Gàlati sono il manifesto della libertà cristiana da ogni imposizione umana e perfino divina; perché Dio non impone, ma propone e suggerisce interiormente 'con gemiti inesprimibili'; non mortifica, ma dà vita. “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, secondo i disegni di Dio” (Romani 8, 18-27).

Ma chi è che discerne se uno spirito viene da Dio o è una seduzione umana e di satana?
Ecco l’altro aspetto fondamentale dell’insegnamento di Paolo: la comunità ecclesiale, che è il corpo stesso di Cristo vivente nella storia. Il cristiano non è un essere isolato, ma un membro di un corpo che è la Chiesa. “Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Corinzi 12, 4-7).

Tra questi ministeri, c’è quello apostolico, che ha il compito di tenere saldo l’insegnamento di Cristo, perché gli apostoli sono stati testimoni oculari di Cristo risorto; compito che è stato affidato prima di tutti a Pietro; non un privilegio, ma un compito, un ‘ministero’ (nel suo vero significato, cioè servizio). Solo con questa garanzia tutti gli altri carismi personali acquistano piena validità e riconoscimento.
Il cristianesimo è una fede che tende ad unire. L’individualismo non è mai stato la sua legge, ma il pericolo da evitare. “Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o greci, schiavi o liberi” (1 Corinzi 12-13).

Nel corso dei secoli non sempre la Chiesa ha dato questa testimonianza di spirito comunitario e di apertura verso tutti; ma ciò è accaduto per colpa dei suoi membri, alcune volte anche autorevoli. Ma sarebbe incomprensibile separare Cristo dalla Chiesa, che è il suo corpo mistico. Lo dice S. Paolo: “Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2 Cor 4, 5-7).

Anche in Paolo troviamo dei limiti storici, come in ogni essere umano, anche il più grande.
Egli veniva dalla tradizione maschilista ebraica (ma non era solo ebraica), per cui ricorda alle donne che nell’assemblea liturgica devono tenere il velo e devono tacere: “le donne in chiesa tacciano” (1 Corinti 14, 34); così devono considerare il marito come capo della famiglia.
Ma subito dopo invita i mariti a rispettare le mogli, ad “amarle come se stessi”, e “i due saranno una carne sola”, riconoscendone quindi la uguale dignità (Ef 2, 25-33). Era il messaggio evangelico che si faceva strada anche su questo aspetto.

Per quanto riguarda la schiavitù, è vero che Paolo non invita gli schiavi all’insurrezione armata, ma all’obbedienza ai loro padroni. Ma al tempo stesso ammonisce i padroni a trattarli bene “mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c’è un solo Signore nel cielo e che non c’è preferenza di persone presso di lui” (Efesini 6, 56).
E nella lettera a Filemone invita l’amico Filemone ad accogliere uno schiavo fuggitivo (era previsto il marchio a fuoco) “non più come schiavo, ma come un fratello carissimo” (Fil. 1, 16).
La schiavitù era un retaggio che veniva da migliaia di anni, e non poteva essere spezzato con un colpo di spada. Ma il cristianesimo ha posto le basi per il suo superamento, proclamando la dignità di ogni essere umano, come figlio di Dio.

Non è un fatto casuale che la prima persona convertita in Europa, a Filippi, sia stata proprio una donna: Lidia: (Atti 16, 15), e che i primi seguaci della fede cristiana fossero schiavi, donne ed emarginati (come dice il pagano Celso, per disprezzo). Un motivo ci sarà stato.

In definitiva il messaggio cristiano portato da Paolo è un messaggio liberante, un invito alla gioia, alla speranza concreta, sostanziosa, poiché già possediamo fin d’ora le primizie dello Spirito, e Dio porterà a compimento l’opera che ha iniziato in ciascuno di noi.
È un invito a riconoscersi membri di una comunità, la Chiesa di Cristo. Per questo solo l’amore (la carità) è credibile:

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla” (1 Corinzi, 13).

In altre parole, uno può fare anche le cose più straordinarie; ma se in lui non c’è lo spirito di amore, è solo apparenza.

Mi immagino Paolo sulla Via Ostiense, con il carnefice pronto con la spada ad eseguire l’ordine di Nerone. Aveva scritto qualche anno prima nella lettera ai Romani (8, 35-39):

“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”.

Ecco, questo è Paolo di Tarso.



Foto in alto: Basilica di S. Paolo fuori le Mura (Roma), costruita nel luogo dove l'apostolo fu sepolto.

2 commenti:

  1. Saulo ovvero San Paolo è stao ed è tuttora un "rivoluzionario", uno schiavo che si "libera" dalle catene e fa in modo che questo suo modo di intendere la vita sia usufruibile a tutti gli uomini. E' stao ed è veramente un uomo di una cultura immensa per l'epoca.
    Al

    RispondiElimina
  2. Sì, un grande, che ci ha insegnato l'amore per la libertà; una libertà che ha imparato da Cristo :-)

    Ciao, Anonimo, e grazie del bel commento :-)

    RispondiElimina