domenica 2 maggio 2010

Una vita breve, ma gloriosa




















È nota la classica frase che descrive la vita dell’eroe greco Achille: "preferì una vita breve ma gloriosa, ad una vita lunga ma ingloriosa".

E così fu. Morì nella guerra di Troia, nel vigore degli anni, colpito nel suo “tallone d’Achille”, appunto.

Una cosa che impressiona è la brevità della vita di moltissimi grandi personaggi del passato, nei più svariati campi della cultura.

Per limitarmi agli ultimi secoli, viene subito in mente il genio di Mozart: 35 anni (1756-1791).
A cinque anni già componeva; in tre decenni giunse a comporre 11 Messe (tra cui quella di Requiem), 22 melodrammi (tra cui Le nozze di Figaro, il Don Giovanni e il Flauto magico), 41 concerti, 43 sinfonie, senza parlare delle sonate per pianoforte, e tutto il resto.

Poco di più visse Chopin, 39 anni (1810-1849). Cosa sarebbe la vita senza i suoi Notturni?

A soli 31 anni aveva concluso la sua esistenza Schubert (1797-1828). Ci ha lasciato la stupenda Ave Maria e (non per nulla) l’Incompiuta…

1809-1847. Mendelssohn, 38 anni. Ha regalato agli sposi la più bella Marcia Nuziale, e a tutti noi la musica di Bach, da lui riscoperta e valorizzata.

G. B. Pergolesi si spense a 26 anni (1710-1736). Portò a termine il suo capolavoro, lo Stabat Mater, sul letto di morte: “Quando corpus morietur, fac ut animae donetur Paradisi gloria. Amen.”

Caravaggio (1571-1610) non giunse a 39 anni, ma ha operato la “rivoluzione copernicana” della pittura. Non più la rappresentazione di un mondo ideale e lontano, ma la descrizione della realtà nei suoi aspetti più quotidiani, riscattati dalla luce divina.

Leopardi (1798-1837), l’eterno giovane della nostra poesia.
Egli ha posto come sottotitolo al canto “Amore e Morte” un celebre verso di Menandro: “Muor giovane colui ch’al cielo è caro”. Una profezia su se stesso.

Quando leggo queste date e questi risultati, mi sento depresso.
E mi domando cosa avrebbe potuto fare ancora questa gente, se la penicillina fosse stata scoperta qualche secolo fa, anziché da Fleming nel 1928.


Nella foto in alto: "Giacomo Leopardi" (1820), di  A. Ferrazzi, Casa Leopardi, Recanati


2 commenti:

  1. Anch'io sono così attaccato a questa vita, che ancora non accetto la morte di persone che stavano lavorando bene per gli altri. Bisogna mettersi in una posizione superpartis, al di qua del tempo e dello spazio, allora 10 o 20 anni di vita in più non hanno alcun valore rispetto alla qualità della vita

    RispondiElimina
  2. Anch'io penso che la vita non si misuri dalla lunghezza cronologica.

    Ma è proprio questo il punto.
    Mi fa riflettere ciò che sono riuscite a fare queste persone a 30 o 40 anni... ;-)

    Ciao, carissimo Ombre!

    RispondiElimina