Abbiamo definito l’opera di Francesco Petrarca (1304-1374) come “la storia di un’anima”.
Un’anima in cui le passioni terrene e i desideri di cielo si scontrano, fino ad una faticosa ma netta conversione a Dio.
Il momento decisivo di questa “conversione” è l’ascesa al Monte Ventoso, descritta in una stupenda lettera del 1336 indirizzata a Dionigi di Borgo San Sepolcro, suo padre spirituale.
Il grande poeta aretino, giunto in un luogo dal quale poteva ammirare uno straordinario panorama, dal Massiccio lionese fino al mare di Marsiglia, fa una sosta, anche per leggere qualche pagina delle “Confessioni” di S. Agostino, un libro regalatogli proprio dal suo padre spirtituale e che portava sempre con sé, “piccolo da stare in una mano, ma di infinita dolcezza” (pugillare opusculum, sed infinitae dulcedinis).
Aperto a caso il libro, si trovò davanti a questo passo:
“Gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti e i grossi flutti del mare e l’amplissimo corso dei fiumi e l’immensità dell’Oceano e il ruotare degli astri, e non curano sé medesimi”.
Chiusi il libro in collera con me stesso, perché rimanevo ancora attaccato all’ammirazione delle cose terrene, io che già da gran tempo avrei dovuto apprendere anche dai filosofi antichi che nulla è mirabile fuorché l’anima, in confronto alla cui grandezza nulla è grande.
Allora sazio di aver veduto quel monte, rivolsi gli occhi interiori su me stesso (in me ipsum interiores oculos reflexi).
Chiusi il libro in collera con me stesso, perché rimanevo ancora attaccato all’ammirazione delle cose terrene, io che già da gran tempo avrei dovuto apprendere anche dai filosofi antichi che nulla è mirabile fuorché l’anima, in confronto alla cui grandezza nulla è grande.
Allora sazio di aver veduto quel monte, rivolsi gli occhi interiori su me stesso (in me ipsum interiores oculos reflexi).
Anche il Canzoniere si apre, agostinianamente, con una confessione pubblica del suo “giovenile errore”, e del suo sincero pentimento. Quel sonetto l’abbiamo postato ieri: “Voi che ascoltate in rime sparse il suono”…
Il capolavoro del Petrarca si conclude con una stupenda e solenne canzone alla Vergine Maria, “Vergine bella, che di sol vestita”, della quale, data la notevole lunghezza, posto solo la prima e l’ultima strofa.
Il poeta, dopo aver tessuto le lodi di Maria con le parole della Sacra Scrittura (Apocalisse, Vangeli) e della tradizione cristiana, la prega perché il suo divin Figlio, vero uomo e vero Dio, lo accolga in pace dopo l’ultimo respiro.
Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che ‘n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole.
Ma non so 'ncominciar senza tu' aita,
e di Colui ch'amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede.
Vergine, se a mercede
miseria extrema de l'humane cose
già mai ti volse, al mio prego t'inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench'io sia terra, e tu del ciel regina.
…
Il dí s'appressa, e non pòte esser lunge,
sí corre il tempo e vola,
Vergine unica e sola,
e 'l cor or coscïenzia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliuol, verace
homo et verace Dio,
ch'accolga 'l mïo spirto ultimo in pace.
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che ‘n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole.
Ma non so 'ncominciar senza tu' aita,
e di Colui ch'amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede.
Vergine, se a mercede
miseria extrema de l'humane cose
già mai ti volse, al mio prego t'inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench'io sia terra, e tu del ciel regina.
…
Il dí s'appressa, e non pòte esser lunge,
sí corre il tempo e vola,
Vergine unica e sola,
e 'l cor or coscïenzia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliuol, verace
homo et verace Dio,
ch'accolga 'l mïo spirto ultimo in pace.
Questo è Francesco Petrarca: sommo poeta lirico, grande letterato, raffinato scrittore, uomo che ha conosciuto il sentimento amoroso e le passioni umane, ed altresì una sincera e profonda fede cristiana, che lo ha illuminato nel suo cammino esistenziale.
Il Canzoniere, uno dei vertici della letteratura di ogni tempo, ne è la più straordinaria testimonianza.
Nella foto: "Monumento Nazionale a Francesco Petrarca" (particolare), 1928, Alessandro Lazzerini, Arezzo
Trovo grande questa visione di un uomo che guarda alla sua anima che lo pone tra l'essere animale ed essere dio. Ma perchè cancellare le bellezze del mondo? Queste non cancellano ma posssono essere da specchio ai moti interiori.
RispondiEliminaConosco meglio Petrarca. Grazie!
RispondiEliminaMi piacciono molto i tuoi post...sono illuminanti.
Carissimo Ombre,
RispondiEliminaio ho descritto il camnmino esistenziale e letterario del Petrarca.
È evidente che ognuno ha il suo percorso, che deriva dalle proprie esperienze e dal proprio temperamento.
Dante, ad esempio, ha una visione meno conflittuale. La bellezza porta a Dio.
Nel mio piccolo, amo in modo particolare la visione tomista, che dà valore a tutto ciò che è bello, in quanto espressione della Bellezza divina.
Mi trovo quindi d'accordo con te ;-)
Ma il dissidio e il travaglio interiore, quando si risolvono nel progresso delo spirito, sono sempre qualcosa di affascinante ;-)
Ciao!
Detto da te, carissima Stella, questo complimento mi fa veramente piacere ;-)
RispondiEliminaTe ne ringrazio, di cuore :-)