giovedì 6 maggio 2010

Petrarca. La storia di un'anima























Molti pensano che Francesco Petrarca (1304-1374) sia solo il cantore di Laura, o per dirla con il Foscolo, "quel dolce di Calliope labbro".

Questa “reductio ad unum”, questa grave semplificazione dell’opera petrarchesca a poesia amorosa viene spesso ancora insegnata nelle scuole di ogni ordine e grado.

In realtà l’opera del Petrarca è molto di più, e può essere definita “la storia di un’anima”, nella quale anche i sentimenti religiosi, così come le passioni umane, sono fondamentali.

Basterebbe leggere il “Secretum”. In questa opera egli immagina di parlare con S. Agostino, che lo aiuta a capire la sua coscienza tormentata e i suoi peccati, tra cui il più grave scopre essere l’accidia, intesa come tristezza esistenziale che gli impedisce di progredire nel bene.

Oppure la mirabile lettera in cui descrive l'ascesa al Monte Ventoso (anno 1336) durante la quale, sempre con l’aiuto di un’opera di S. Agostino, le Confessioni, il Petrarca scopre che la bellezza non è fuori di noi, ma dentro di noi, nel nostro cuore. E proprio questa lettera segna l’inizio di una vita più marcatamente rivolta alla fede e alla preghiera. Petrarca era un chierico.

Ma nelle scuole si legge solo, o quasi, il Canzoniere.

E si legge male, purtroppo, perché si pone attenzione solo alle canzoni e ai sonetti in cui è descritta la figura di Laura.

Chi non ha studiato “Chiare, fresche, dolci acque”? oppure “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” (con gioco di parole: l’aura/Laura).

Ma le poesie che compongono il Canzoniere petrachesco sono 366, quanti i giorni di un anno bisestile.

Cosa intenda scrivere in questa sua opera, l’aretino Petrarca lo dice fin dal primo sonetto, “Voi che ascoltate in rime sparse il suono”, che funge da introduzione e da titolo ("Rime sparse").
Egli, rivolgendosi ai lettori, chiede perdono per i peccati commessi in gioventù; ma ora che è adulto e ha capito cosa è la vita si vergogna, si pente e rinnega ciò che ha fatto.


Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nudriva 'l core
in sul mio primo giovenile errore
quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,

del vario stile in ch'io piango et ragiono
fra le vane speranze e 'l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sí come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me mesdesmo meco mi vergogno;

et del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.


Il Canzoniere si conclude con una stupenda e solenne Canzone alla Vergine, “Vergine bella, che di sol vestita”, che posterò domani.

Difficile credere, anche solo da questi brevi cenni, che il Petrarca sia solo un poeta amoroso. 

In realtà egli è un vero e proprio gigante dello spirito umano, nella sua completezza.

Un genio cristiano, che ha traghettato l'antica Patristica e il Medioevo nell'Epoca moderna.


Foto in alto: "Monumento Nazionale a Francesco Petrarca" (1928), Alessandro Lazzerini, Arezzo




4 commenti:

  1. Gran bel post chiarificatore su Petrarca!

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  2. Quando un uomo, prende il coraggio di avventurarsi nell'anima, trova tanti tesori racchiusi nell'amore pur salendo e scendendo sulle montagne...

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  3. Grazie dell'apprezzamento, carissima Stella :-)

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  4. Caro Anonimo,

    scandagliare con lealtà l'intimo della nostra anima è davvero l'impresa più affascinante che una persona possa realizzare :-)

    Ciao!

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