lunedì 9 novembre 2009

Vent'anni dopo




“L’esperienza insegna che quando un pessimo regime cerca di riformarsi, crolla”.

Con questa geniale osservazione Alexis de Tocqueville spiega il crollo dell'Ancien Régime e l'inizio della Rivoluzione francese.

Luigi XVI aveva convocato nel 1789 a Versailles gli Stati Generali con l’intenzione di fare delle buone riforme. Ma subito ci si accorse che il vecchio sistema non lo permetteva. La piramide era così instabile, che, tolto qualche puntello, venne giù tutta.

La riflessione di Tocqueville si è rivelata profetica: anche nel regime comunista sovietico è accaduta la stessa cosa.

Quando Mikail Gorbaciov nel 1985 iniziò la sua politica di “glasnost” e di “perestrojka”, cioè di trasparenza e di rinnovamento, il sistema cominciò a crollare, poiché vennero alla luce tutte le contraddizioni interne.
Quella che doveva essere una democrazia, era un'oligarchia; quella che doveva essere un’unione di tutti i proletari, era diventata una prigione di popoli.

Le picconate sul muro di Berlino di venti anni fa, il 9 novembre 1989, fecero crollare tutto l’edificio comunista, con un effetto domino. Ad uno ad uno i popoli dell’Est si sono desatellizzati e l’Unione Sovietica è tornata ad essere la Russia di S. Pietroburgo; e Mosca la “terza Roma”, con il glorioso simbolo dell’aquila bicipite.

Berlino aveva potuto riaprire la Porta di Brandeburgo, sbarrata dai cavalli di Frisia e dal filospinato.

Vent’anni dopo. Non è solo il titolo del bel romanzo di Alexandre Dumas padre, che parla dei tre impavidi moschettieri, anzi quattro.

È l’anniversario di un fatto reale, che ha cambiato il volto della storia contemporanea.

E senza bisogno di moschettieri.


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