martedì 24 novembre 2009

Ave Maria. Dal gregoriano alla polifonia



Il canto gregoriano è monodico, cioè ad una sola voce. La grande vitalità del Medioevo, che si esprime in tutti gli aspetti dell’agire umano, compresi quelli artistici, porta una rivoluzione anche nel modo di cantare e di far musica.

L’unisono non era più sufficiente a soddisfare il bisogno di esprimersi nel canto. E qualche geniale innovatore cominciò ad aggiungere all’unica voce del canto gregoriano un’altra voce parallela di accompagnamento, “punctum contra punctum” (contrappunto), cioè nota contro nota, ad un intervallo sentito come consonante; in genere si trattava di una quarta inferiore; la melodia gregoriana emergeva sempre con chiarezza.

Era nata la polifonia.

Siamo nel secolo XI. Questa prima forma polifonica a due voci parallele, distanziate da un intervallo piacevole all’udito, venne detta “organum”. Infatti la voce principale cantava la melodia gregoriana, mentre la seconda voce (vox organalis) accompagnava come uno strumento musicale, un organo, appunto.

Nel secolo XII lo sviluppo della polifonia proseguì in modo notevole, soprattutto per merito dei maestri francesi Leonino e Perotino, esponenti della cosiddetta Ars Antiqua.
Grande importanza ha Perotino perché portò a tre, e talora a quattro, le voci dell’organum.
In questo nuovo tipo di composizione, chiamata ora “mottetto”, la melodia gregoriana diventa una semplice parte di un’opera complessa, dove le voci si muovono liberamente, non più vincolate dal precedente rigido schematismo.

La polifonia dà piena dimostrazione delle sua potenzialità espressive nell’ opera di Guillaume de Machaut, che nel 1364 compose la “Messe de Notre Dame”, a quattro voci, la prima Messa polifonica scritta da un solo autore.
Guillaume de Machaut è il massimo rappresentante dell’Ars Nova. Ormai la polifonia ha raggiunto la piena maturità, e si caratterizza anche per le composizioni profane. Inoltre si porta a compimento la forma di notazione mensurale, quella che noi usiamo comunemente.
Il gregoriano conosceva solo un unico valore di tempo, il punctum. La musica polifonica ha bisogno di note lunghe e brevi, con divisioni mensurali precise, per poter costruire il vario movimento della parti: una parte che sta ferma su una nota avrà segnata una nota lunga, mentre un’altra sezione che si muove sopra o sotto quella nota avrà valori in proporzione più brevi.

Per noi sono cose scontate, ma non lo erano finché non è stato inventato il rigo musicale e la polifonia, nel Medioevo.

Con il Rinascimento (sec. XVI) la polifonia è nel suo pieno fulgore e raggiunge i vertici della perfezione e della bellezza in Giovanni Pierluigi da Palestrina, il “principe della musica”, e Tommaso Ludovico da Victoria. Nella polifonia profana emerge sopra tutti, con i “madrigali”, Luca Marenzio, definito dai suoi contemporanei “il cigno d’Italia”.

Per mostrare come dal gregoriano si passi alla polifonia, presento il medesimo canto di ieri, l’Ave Maria, trattato polifonicamente da Tommaso Ludovico da Victoria (1540-1603 ca).

La bellezza del gregoriano si moltiplica per quattro, nelle quattro voci del mottetto di Victoria.

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