sabato 8 agosto 2009

Logica, scienza del retto ragionamento. Aristotele (5)





“La logica è nata perfetta con Aristotele e non ha avuto bisogno di modifiche”. Così ha scritto Kant, il fondatore del criticismo, nel XVIII secolo.

In effetti c’è poco da modificare in un sistema razionale così coerente, che lascia stupefatti ancor oggi. Vediamo gli aspetti essenziali.

La logica cerca i primi principi del retto ragionamento.

Aristotele cerca anzitutto il punto di partenza assolutamente vero dal quale si possa iniziare qualsiasi ragionamento, e lo individua nel principio di non contraddizione.

E cioè: "Non è lecito affermare che qualcosa sia e non sia nello stesso modo ed allo stesso tempo”.
Per fare un solo esempio: una persona non può essere colpevole e innocente rispetto alla medesima accusa.

Talvolta ci si può anche astenere dal formulare un giudizio certo, per mancanza di prove; oppure, non si riesce a raggiungere la verità a causa di conoscenze inadeguate (come è ad esempio nel probabilismo quantistico). Ma sappiamo con certezza assoluta che la verità sopra ogni singolo aspetto del reale è unica, perché l’aspetto da considerare è unico.

Il probabilismo non è nella realtà in sé, ma nella nostra attuale incapacità di misurare o comprendere perfettamente alcuni fenomeni. L'incertezza non è nei fatti, dal momento che accadono in un certo modo, ma nelle nostre scarse conoscenze.
Diceva Leibniz, il fondatore del calcolo integrale (insieme a Newton): “Noi non sappiamo il perché di tanti fenomeni, perché non ne conosciamo la ragion sufficiente (la causa). Ciò sarebbe possibile se la nostra mente fosse quella di Dio”.

Tutta la logica della nostra mente, e perfino del nostro computer, si basa sul principio di non contraddizione.

Dal principio di non contraddizione deriva immediatamente il principio del terzo escluso.
E cioè: Se un’affermazione è vera, il suo contrario è falso; non si dà un terzo caso (tertium non datur). Per fare un solo esempio, Dio o esiste o non esiste; non c’è una terza ipotesi.

Date queste premesse vere, è possibile formulare dei giudizi, cioè affermare o negare qualcosa con verità.
Per essere più precisi e aristotelici, il giudizio è riferire un predicato ad un soggetto.
Per esempio: il cane abbaia, Berlusconi è uno statista, l’asino vola … sono tutti giudizi, uno dei quali almeno certamente falso.

Il quadrato delle opposizioni (vedi disegno in alto) ci dice quali giudizi sono contraddittori. Per avere una reale contraddizione, un giudizio universale affermativo si deve opporre ad un giudizio particolare negativo. La frase “Tutti gli uomini sono bianchi” (A, Universale Affermativa, falsa) non ha come contraddittoria “Nessun uomo è bianco”, come verrebbe subito da pensare (E, Universale Negativa, falsa anch’essa), ma “Qualche uomo non è bianco” (O, Particolare Negativa, vera). La contraddizione deve essere completa per avere la verità (universale-particolare; affermativa-negativa).
A= Adfirmo, E= NEgo, I= AdfIrmo (particolare), NegO (particolare)

Una concatenazione di giudizi forma il ragionamento.
Esistono varie concatenazioni di giudizi: il tipico ragionamento con due giudizi è il dilemma, e i due giudizi sono collegati per contrasto: Aut... Aut (o... o): o la borsa o la vita; o mangiar questa minestra o saltar dalla finestra; e ancor più celebre il dilemma di Amleto: to be or not to be, essere o non essere. Per questo diciamo amletica una persona che non si decide a scegliere. Il dilemma, come si suol dire, ha due corni e bisogna sceglierne uno.

Ma il ragionamento per eccellenza è il sillogismo, composto da tre giudizi: la premessa maggiore, la premessa minore, la conclusione.
Esempio classico: Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore); io sono un uomo (premessa minore); io sono mortale (conclusione… tragica).

Da premesse vere, ragionando correttamente, si giunge a conclusioni sempre vere.
Da premesse sbagliate, ragionando correttamente, si giunge a conclusioni sempre sbagliate.

Occhio alla partenza, dunque!

Specialmente in questi giorni di ferie…

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