L’esistenza di Dio! Un argomento che accompagna l’umanità dai suoi inizi. Può sembrare una questione oggi fuori moda, oppure un argomento OT (off topic) per usare il linguaggio della blogosfera; ma forse si cerca di evitare una domanda, dalla quale dipende non il bilancio dello Stato, ma quello della nostra vita. Qualunque sia la risposta che uno dà.
Buona ricerca, dunque.
Dio
Niuna persona, di comune intelletto o di acerrimo ingegno, potrà giammai sottrarsi a disputare questo argomento, il più nobile e profittevole per il genere umano, ancorché difficile et arduo.
Invero nulla può esservi di più elevato che investigare sul principio stesso e causa dell’intiero universo, e niente di più utile conoscere se questa infinita estensione di esseri è governata da mano sapiente o da cieco potere.
Chi è seguace del gregge di Epicuro truoverà nella natura delle cose solo materia sensibile, e niuno spazio e loco per la divinità.
Se invece sei discepolo della Schola sarai persuaso che ogni essere, anche menomo, porta il sigillo dell’artefice sommo.
Vi sono poi di coloro, specie nell’evo attuale, che ritengono impossibile per la nostra ragione penetrare in un mistero sì spesso, e sospendendo ogni giudizio ritraggono le antenne dell’intelletto dentro il nicchio angusto e ritorto della propria natura fisica.
Apprestiamoci dunque a disputare la questione; ma di fronte ad un argomento sì eccelso, il nostro dire e i nostri sillogismi saranno ancora più scarsi e difettivi.
Principiamo da quello scoglio che incontriamo sùbboto appena si sente nominare il nome di Dio, e che oppone: “Se Dio ci fosse si dovrebbe vedere, in qualche modo; dicono infatti che sta in cielo, in terra e in ogni loco; ma non si riesce a trovarlo da nissuna parte; dunque Dio non c’è”.
Se l’huomo fusse un bue e di questo avesse li occhi tanto grandi e la mente tanto piccola certo si contenterebbe di sì materiale discorso, e poserebbe satisfatto davanti alle cose, come il bue davanti a un campo interminato di trifoglio.
Ma l’huomo non si quieta nel vedere con li occhi dei sensi, et invece il lume esteriore accende quello interiore dell’intelletto, che non trova requie né pace finché non trova la cagione di ogni cosa.
Anche l’ingegno più comune, già dalla puerizia, si diletta nel ricercare il perché di questo e di quello, infino ad accorgersi che ciascun essere di questo mondo mutevole abbisogna di un’opportuna causa, e dunque l’intiero universo.
Perocché [poiché] non è moltiplicando gli esseri mutevoli ad infinito che la nostra mente si placa, ma solo nel trovare un essere stabile e fermo in sé medesmo, senza mutamento alcuno e dunque etterno, principio e causa di quanti si voglia esseri mutabili. E questo noi diciamo Dio.
Se poi ritieni che sia una volontà cieca a reggere e governare l’universo, non daresti ragione alcuna a ciò che di ordine, di regola e fine si scopre dappertutto.
Et anco il male, che fa sì orrore, mostra per converso che siamo fatti per il bene e veniamo dal bene; così come la ripulsione per il falso ci convince che siamo fatti per il vero e veniamo dal vero.
Il male è arrendevolezza dell’essere e attiene alle cose mutevoli, non al volere di Dio immutabile; adunque è penetrato nel mondo per arbitrio degli esseri mutevoli, contro a la volontà divina.
Ritorna, o uomo, alla retta ragione; riconosci il tuo creatore che in te ha impresso la sua effigie di libertà e sapienzia. Segui il bene che vedi e approvi; smetti il male, che non vuoi. Varca le colonne d’ Ercole della tua indecisione e spingiti nel mare aperto dell’essere divino!
Allora il tuo cuore inquieto troverà finalmente ristoro e il tuo intelletto la verità intiera.
Buona ricerca, dunque.
Dio
Niuna persona, di comune intelletto o di acerrimo ingegno, potrà giammai sottrarsi a disputare questo argomento, il più nobile e profittevole per il genere umano, ancorché difficile et arduo.
Invero nulla può esservi di più elevato che investigare sul principio stesso e causa dell’intiero universo, e niente di più utile conoscere se questa infinita estensione di esseri è governata da mano sapiente o da cieco potere.
Chi è seguace del gregge di Epicuro truoverà nella natura delle cose solo materia sensibile, e niuno spazio e loco per la divinità.
Se invece sei discepolo della Schola sarai persuaso che ogni essere, anche menomo, porta il sigillo dell’artefice sommo.
Vi sono poi di coloro, specie nell’evo attuale, che ritengono impossibile per la nostra ragione penetrare in un mistero sì spesso, e sospendendo ogni giudizio ritraggono le antenne dell’intelletto dentro il nicchio angusto e ritorto della propria natura fisica.
Apprestiamoci dunque a disputare la questione; ma di fronte ad un argomento sì eccelso, il nostro dire e i nostri sillogismi saranno ancora più scarsi e difettivi.
Principiamo da quello scoglio che incontriamo sùbboto appena si sente nominare il nome di Dio, e che oppone: “Se Dio ci fosse si dovrebbe vedere, in qualche modo; dicono infatti che sta in cielo, in terra e in ogni loco; ma non si riesce a trovarlo da nissuna parte; dunque Dio non c’è”.
Se l’huomo fusse un bue e di questo avesse li occhi tanto grandi e la mente tanto piccola certo si contenterebbe di sì materiale discorso, e poserebbe satisfatto davanti alle cose, come il bue davanti a un campo interminato di trifoglio.
Ma l’huomo non si quieta nel vedere con li occhi dei sensi, et invece il lume esteriore accende quello interiore dell’intelletto, che non trova requie né pace finché non trova la cagione di ogni cosa.
Anche l’ingegno più comune, già dalla puerizia, si diletta nel ricercare il perché di questo e di quello, infino ad accorgersi che ciascun essere di questo mondo mutevole abbisogna di un’opportuna causa, e dunque l’intiero universo.
Perocché [poiché] non è moltiplicando gli esseri mutevoli ad infinito che la nostra mente si placa, ma solo nel trovare un essere stabile e fermo in sé medesmo, senza mutamento alcuno e dunque etterno, principio e causa di quanti si voglia esseri mutabili. E questo noi diciamo Dio.
Se poi ritieni che sia una volontà cieca a reggere e governare l’universo, non daresti ragione alcuna a ciò che di ordine, di regola e fine si scopre dappertutto.
Et anco il male, che fa sì orrore, mostra per converso che siamo fatti per il bene e veniamo dal bene; così come la ripulsione per il falso ci convince che siamo fatti per il vero e veniamo dal vero.
Il male è arrendevolezza dell’essere e attiene alle cose mutevoli, non al volere di Dio immutabile; adunque è penetrato nel mondo per arbitrio degli esseri mutevoli, contro a la volontà divina.
Ritorna, o uomo, alla retta ragione; riconosci il tuo creatore che in te ha impresso la sua effigie di libertà e sapienzia. Segui il bene che vedi e approvi; smetti il male, che non vuoi. Varca le colonne d’ Ercole della tua indecisione e spingiti nel mare aperto dell’essere divino!
Allora il tuo cuore inquieto troverà finalmente ristoro e il tuo intelletto la verità intiera.
Foto in alto: "La Sagrada Familia" (1882, opera incompiuta), Antoni Gaudì (Barcellona)
Scusa amicus ma sono citazioni o sei tu che ti diletti in una prosa aulica con l'innegabile gusto del "peregrino"?
RispondiEliminaSe è così ci vuole una notevole ricerca filologica. Complimenti comunque
Caro Parsifal,
RispondiEliminasono io naturalmente, che mi diletto di una prosa aulica, perché, come ho scritto nel primo pensiero morale, questo stile antico sia una curiosità per attirare l'attenzione su argomenti impegnativi.
Unire il dilettevole con l'utile, insomma.
Il prossimo post (l'ottavo) sarà l'ultimo della serie; e così avrò composto un piccolo manuale di etica ;-)
Ti ringrazio dei tuoi complimenti, molto graditi :-)