"Guernica" (1937), Pablo Picasso (Museo Reina Sofia, Madrid)
Si conclude con questo ottavo post la serie di ‘pensieri morali per li huomini d’oggi’ che ho voluto proporre in lingua antica proprio agli utenti del web, abituati ai nuovi linguaggi informatici.
In pratica ho composto un piccolo manuale di etica, certamente meno impegnativo della ‘Critica della Ragion Pratica’ di Kant, ma spero interessante e utile.
Sunt lacrimae rerum
(È il pianto della natura)
Fallace costume dell’umana natura è laudare i tempi trascorsi e vituperare il presente, reo di ogni male; ma in vero, colpevole solo di averci carcato di anni.
Nondimanco mi sembra che in questi novissimi tempi i tramutamenti in peggio siano cotanti e cotali, che non pare più trattarsi del solito inganno, ma di verità demonstrata.
Ti ricorderai per certo, lettore non più giovine, come da fanciulli si bevesse l’acqua scorrevole dei fossi senza tema veruna, tanto era limpida e fresca.
Guarda però come quelle acque si son fatte putride e sozze; e il rivo si è ridotto a macchia spinosa e non sai più se acqua pende nel suo letto di melma; dei pesci si è persa anche la specie, né la rana più canta la fine del verno.
Chi vede oggimai nel cielo il volo del passero, della rondine e delle altre avicule? Non senti più nemmanco lo sgraziato raglio dell’asino, che si spegneva alfine dentro il sacco di fieno. E intanto i buoi impazziscono nelle stalle perché non conoscono più il sapore dell’erba medica e del trifoglio, né più i loro grandi occhi si aprono sulle distese dei campi.
Scioglietevi, ghiacci perenni dei monti; dissolvetevi, nevi eterne dell’ultima Tule; dispogliati, foresta delle vergini Amazzoni; e tu, deserto, divora la terra fruttifera con la tua insaziabile ingordigia!
Perché l’uomo ha trasmesso la sua pazzia al bue mansueto e ha sentenziato la morte del pacifico asino, incapace di dolo.
Ha inaridito le sorgenti dei fiumi e ha reso venefiche come cicuta le erbe dei campi.
E doppo aver distrutto ogni cosa, inanimata o vivente, si è rivolto contro se medesmo; ha fatto svanire la sapienza dei suoi vecchi che languiscono nella solitudine, e ha principiato a divorare la sua prole ancora nel guscio.
Financo il sole si è velato di mestizia e fa piovere i suoi raggi violacei, apportatori di morte.
***
Ausculta, homo sapiente del terzio millennio, le voci et i lamenti delle creature, e ti affretta a portare reparo al danno dato, pria che il guasto addivenga insanabile e perisca la casa e i suoi abitatori, come Sansone con li Filistei tutti.
Non ti difettano mezzi, né ingegno, poscia che hai già conosciuto tutto il vasto sfero della terra, e financo la volubile faccia della luna, e i mediastini spazi.
Conosci poco te stesso, troppo hai trascurato te medesmo; non dico la parte esteriore, verbigrazia il tuo corpo, al quale prodighi infinite attenzioni et cure, ma ciò che più dentro vi alberga, cioè la tua anima etterna, capace di Dio.
Voglio dubitare che alla fine di questa lettura qualche ammonimento di antica sapienza ti rimanga fisso nel cuore; imperocché li huomini mutano favella e millesimo, ma in ciò che di proprio loro appartiene, rimangono stabili e fermi.
Si conclude con questo ottavo post la serie di ‘pensieri morali per li huomini d’oggi’ che ho voluto proporre in lingua antica proprio agli utenti del web, abituati ai nuovi linguaggi informatici.
In pratica ho composto un piccolo manuale di etica, certamente meno impegnativo della ‘Critica della Ragion Pratica’ di Kant, ma spero interessante e utile.
Sunt lacrimae rerum
(È il pianto della natura)
Fallace costume dell’umana natura è laudare i tempi trascorsi e vituperare il presente, reo di ogni male; ma in vero, colpevole solo di averci carcato di anni.
Nondimanco mi sembra che in questi novissimi tempi i tramutamenti in peggio siano cotanti e cotali, che non pare più trattarsi del solito inganno, ma di verità demonstrata.
Ti ricorderai per certo, lettore non più giovine, come da fanciulli si bevesse l’acqua scorrevole dei fossi senza tema veruna, tanto era limpida e fresca.
Guarda però come quelle acque si son fatte putride e sozze; e il rivo si è ridotto a macchia spinosa e non sai più se acqua pende nel suo letto di melma; dei pesci si è persa anche la specie, né la rana più canta la fine del verno.
Chi vede oggimai nel cielo il volo del passero, della rondine e delle altre avicule? Non senti più nemmanco lo sgraziato raglio dell’asino, che si spegneva alfine dentro il sacco di fieno. E intanto i buoi impazziscono nelle stalle perché non conoscono più il sapore dell’erba medica e del trifoglio, né più i loro grandi occhi si aprono sulle distese dei campi.
Scioglietevi, ghiacci perenni dei monti; dissolvetevi, nevi eterne dell’ultima Tule; dispogliati, foresta delle vergini Amazzoni; e tu, deserto, divora la terra fruttifera con la tua insaziabile ingordigia!
Perché l’uomo ha trasmesso la sua pazzia al bue mansueto e ha sentenziato la morte del pacifico asino, incapace di dolo.
Ha inaridito le sorgenti dei fiumi e ha reso venefiche come cicuta le erbe dei campi.
E doppo aver distrutto ogni cosa, inanimata o vivente, si è rivolto contro se medesmo; ha fatto svanire la sapienza dei suoi vecchi che languiscono nella solitudine, e ha principiato a divorare la sua prole ancora nel guscio.
Financo il sole si è velato di mestizia e fa piovere i suoi raggi violacei, apportatori di morte.
***
Ausculta, homo sapiente del terzio millennio, le voci et i lamenti delle creature, e ti affretta a portare reparo al danno dato, pria che il guasto addivenga insanabile e perisca la casa e i suoi abitatori, come Sansone con li Filistei tutti.
Non ti difettano mezzi, né ingegno, poscia che hai già conosciuto tutto il vasto sfero della terra, e financo la volubile faccia della luna, e i mediastini spazi.
Conosci poco te stesso, troppo hai trascurato te medesmo; non dico la parte esteriore, verbigrazia il tuo corpo, al quale prodighi infinite attenzioni et cure, ma ciò che più dentro vi alberga, cioè la tua anima etterna, capace di Dio.
Voglio dubitare che alla fine di questa lettura qualche ammonimento di antica sapienza ti rimanga fisso nel cuore; imperocché li huomini mutano favella e millesimo, ma in ciò che di proprio loro appartiene, rimangono stabili e fermi.
Amicusplato
Dal loco suo, li 8 di Agosto 2008; con moderna imbreviatura 08/08/08
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