"Giudizio Universale"
(part.),
Luca Signorelli (1499),
Duomo di Orvieto,
Cappella di S. Brizio
(part.),
Luca Signorelli (1499),
Duomo di Orvieto,
Cappella di S. Brizio
Siamo in vacanze o in ferie e vorrei perciò proporre qualcosa di insolito…
Non in rima questa volta, ma in prosa; più precisamente qualche articolo di riflessione (tra il serio e lo scherzoso) in antico volgare toscano, la lingua dei nostri grandi autori del passato.
Direbbe Palazzeschi: “Lasciatemi divertire!”
Ma il vero motivo di questa scelta lo spiego nella introduzione (Benevolo lettore!) che oggi propongo.
E poiché mi immagino che la lettura sarà un po’ impegnativa, prima di rinunciare a leggere, invito ad un iniziale sforzo di attenzione. Passato il primo scoglio, forse sarà più facile continuare la navigazione e magari trovare il viaggio interessante.
Il prossimo eventuale articolo porterà il titolo: Maschio e femmina li creò.
Se invece la cosa non sarà gradita, tornerò alle usate maniere.
Benevolo lettore!
Ti sembrerà strano questo linguaggio antiquo, tu che sei abituato alla novella lingua italica, composta di avocaboli che dicono cose e istrumenti non mai conosciuti dalle precedenti generazioni e variamente condita di barbare voci della terra di Britannia o di quella di Amerigo et altre ancora, sì che l'eloquio non par più latino.
Ma ti maraviglierà forse, con il suono delle parole, anche la sustanzia degli argomenti, imperocché [poiché] alle disputazioni filosofiche tu preferisci i sollazzi corporei, o se mai investigare i secreti della natura e architettare macchine ingegnose per sollievo dell’umano genere, al pari di Prometeo, rapinatore di fuoco e artefice di infinite invenzioni.
Ho voluto scrivere in questo linguaggio ormai spento, acciocché le mie parole paiano provenire da lontano, quasi monito di profezia per questo terzio millennio. Et ancora perché la curiosità e novità della cosa ti spingano a leggere, e leggendo tu possa più agevolmente avvicinarti, come per giuoco, a norme et principii morali in oggidì poco auscultati.
Così questi miei discorsi, se pure imperfetti e difettosi, potranno recarti la preziosa eredità dei nostri virtuosissimi padri, la quale invero anche a te appartiene.
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