Frasi e vocaboli antichi per esprimere concetti e problemi attuali. Un modo per vincere la pigrizia estiva tenendo in sottile esercizio anche la mente, e per non cadere nei soliti temi del gossip e della politica. E poi, un po’ di antiquariato non guasta mai in una casa…
Buona lettura!
La fame
Già ti veggo sorridere, benevolo lettore, all’udir questa parola, tu che non l’hai per certo conosciuta e ti appare oggimai come un fiato di voce, un vocabolo spento e peregrino.
Dal dì del tuo natale in oggi non hai cessato per un sol giorno di satollarti con ogni genere di vivande, terragnole, acquatiche o celesti, verbigrazia [cioè] animali dal piè tondo e dall’unghia fessa, verzure e frutti secondo la loro specie, uccelli alati e pesci guizzanti secondo le loro molteplici specie.
E forse mentre stai leggendo queste mie difettose considerazioni hai sopra il tuo tavolo di computista una bevanda o una munizione da bocca che ti stimola i sopiti e pigri istinti dell’appetito e tiene in esercizio perenne il rumine del tuo stomaco.
Se poi troppo t’incresce notricarti in casa, col far due passi fuora, per certo troverai subito luoghi già apparecchiati alla bisogna; e solo ad un tuo cenno, come alla mano del padrone, si appresseranno a te servizievoli ancelle e coppieri, pronti a satisfare ogni tuo corporale desiderio.
Che dire mai potremo di quei maravigliosi mercati dove in un sol loco si trovan ragunate tutte le robbe e le sustanzie che sono sotto il cielo, e non v’è che la fatica della scelta, al pari dell’asino di Buridano, e ognuno può torre via ciò che gli aggrada, e in massima quantità?
Stupisci cielo, maravigliati terra, ché mai si era udita e vista una simile abbondanza, neppure nel paese di Cuccagna, di cui favoleggia lo sporcissimo Boccaccio, né manco ai tempi della primitiva aurea etade, come canta Ovidio nasuto nelle Metamorfosi; ma, se m’è lecito, solo al tempo del nostro padre Adamo, pria che fusse gittato fuora del Paradiso Terrestre!
Ma vedi anche, o huomo d’oggi, come i tuoi figli e le tue figlie si son fatti obesi, quasi etruschi lucumoni, o evanescenti e macri come ombre serotine. Il vigore si spegne per li acidi grassi e gottosi che intasano le vene, insieme a zuccari melliflui.
I digiuni e i martirii che le antiche genti hanno sopportato per la salvezza dell’anima, sono oggi sofferti per la salute di questo nostro corpo mortale.
C’è chi si nutrica solo di verzura come le capre; chi ha in dispregio i dolci sapori o i sapidi condimenti; a un altro sono negate le grasse vivande, a un altro invece le bevande inebrianti, in guisa tale che la presente generazione in mezzo a tanta abbondanza mi pare condannata al medesimo supplizio di Tantalo.
O huomo, hai dimenticato i beni spirituali e ti sei affaticato solo per quelli corporali. Ma questa perniciosa oblivione ha danneggato e l’anima e il corpo, come accade sovente quando non si vogliono usare le doti che la natura ci diè. Cosicché alcuna si affatica troppo e alcun’altra perisce.
Ritorna a dare nutrimento alla tua anima immortale.
Et in un corpore sano tornerà ad albergare una mente risanata.
Buona lettura!
La fame
Già ti veggo sorridere, benevolo lettore, all’udir questa parola, tu che non l’hai per certo conosciuta e ti appare oggimai come un fiato di voce, un vocabolo spento e peregrino.
Dal dì del tuo natale in oggi non hai cessato per un sol giorno di satollarti con ogni genere di vivande, terragnole, acquatiche o celesti, verbigrazia [cioè] animali dal piè tondo e dall’unghia fessa, verzure e frutti secondo la loro specie, uccelli alati e pesci guizzanti secondo le loro molteplici specie.
E forse mentre stai leggendo queste mie difettose considerazioni hai sopra il tuo tavolo di computista una bevanda o una munizione da bocca che ti stimola i sopiti e pigri istinti dell’appetito e tiene in esercizio perenne il rumine del tuo stomaco.
Se poi troppo t’incresce notricarti in casa, col far due passi fuora, per certo troverai subito luoghi già apparecchiati alla bisogna; e solo ad un tuo cenno, come alla mano del padrone, si appresseranno a te servizievoli ancelle e coppieri, pronti a satisfare ogni tuo corporale desiderio.
Che dire mai potremo di quei maravigliosi mercati dove in un sol loco si trovan ragunate tutte le robbe e le sustanzie che sono sotto il cielo, e non v’è che la fatica della scelta, al pari dell’asino di Buridano, e ognuno può torre via ciò che gli aggrada, e in massima quantità?
Stupisci cielo, maravigliati terra, ché mai si era udita e vista una simile abbondanza, neppure nel paese di Cuccagna, di cui favoleggia lo sporcissimo Boccaccio, né manco ai tempi della primitiva aurea etade, come canta Ovidio nasuto nelle Metamorfosi; ma, se m’è lecito, solo al tempo del nostro padre Adamo, pria che fusse gittato fuora del Paradiso Terrestre!
Ma vedi anche, o huomo d’oggi, come i tuoi figli e le tue figlie si son fatti obesi, quasi etruschi lucumoni, o evanescenti e macri come ombre serotine. Il vigore si spegne per li acidi grassi e gottosi che intasano le vene, insieme a zuccari melliflui.
I digiuni e i martirii che le antiche genti hanno sopportato per la salvezza dell’anima, sono oggi sofferti per la salute di questo nostro corpo mortale.
C’è chi si nutrica solo di verzura come le capre; chi ha in dispregio i dolci sapori o i sapidi condimenti; a un altro sono negate le grasse vivande, a un altro invece le bevande inebrianti, in guisa tale che la presente generazione in mezzo a tanta abbondanza mi pare condannata al medesimo supplizio di Tantalo.
O huomo, hai dimenticato i beni spirituali e ti sei affaticato solo per quelli corporali. Ma questa perniciosa oblivione ha danneggato e l’anima e il corpo, come accade sovente quando non si vogliono usare le doti che la natura ci diè. Cosicché alcuna si affatica troppo e alcun’altra perisce.
Ritorna a dare nutrimento alla tua anima immortale.
Et in un corpore sano tornerà ad albergare una mente risanata.
Foto in alto: "Cesto di frutta" (1597), Caravaggio (Pinacoteca Ambrosiana, Milano)
Di ritorno dalle vacanze, è d'uopo sentir la dolce favella dell'avi nostrani, dopo un lungo soggiorno nelle gallie, ove di vivande non s'intendono assai: Ahi quanto a dir qual era è cosa dura!
RispondiEliminaForse ti maraviglierai molto, amico Kukulkan, nel veder doppo un anno intiero la mia chiosa al tuo arguto favellare.
RispondiEliminaHabbimi per iscusato, conciossiacché non viddi prima questo tuo concettuoso scritto.
Vassene il tempo e l'uom non se n'avvede...