giovedì 4 novembre 2010

La "grande guerra" di mio padre



Quando mio padre sentiva parlare della “Grande Guerra” non poteva trattenere le lacrime.

Lui non vi aveva partecipato, perché era nato qualche anno dopo il 1899. Ma per il fronte erano partiti tanti suoi parenti ed amici, e molti non avevano fatto ritorno.

Veder piangere un uomo non è una cosa frequente. La scomparsa di amici d’infanzia e il racconto dei sopravvissuti, sulla estenuante guerra di trincea, il crepitare della mitraglia, gli assalti alla baionetta, lo strazio dei feriti, evidentemente lo avevano segnato nel profondo.

Ma al tempo stesso vedevo nei suoi occhi, lucidi di commozione, un senso di grande orgoglio, come se avesse combattuto anche lui in prima linea sul Carso o sul Piave.

Un senso di orgoglio patrio, di virile resistenza, di amore per l’Italia.

Non aveva partecipato alla Grande Guerra, ma era come se l’avesse combattuta; con i suoi cari, con i suoi amici, con altri commilitoni di ogni parte d'Italia, spalla a spalla, di trincea in trincea, di assalto in assalto, sotto il crepitare della mitraglia o il tiro dei cecchini, fino a Vittorio Veneto, fino al fatidico 4 Novembre 1918.

Per questo, non poteva trattenere le lacrime.

Aveva anche lui, a suo modo, con il suo dolore e la sua partecipazione affettiva, contribuito all’unità d’Italia.

6 commenti:

  1. L'amor patriottico di un tempo ce lo sogniamo ora...
    Grande persona tuo padre.
    Abbraccio, Antonio.

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  2. una guerra è sempre una guerra, c'è poco di essere orgogliosi. Quello che posso dire è che appartengo alla seconda metà del XX sec. quindi non ho neanche l'idea di cosa sia una guerra, rimane per me un racconto ditaccato, pagine di un libro di storia.

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  3. Anche per gli studi che aveva fatto, aveva un sincero amore per la patria; senza fanatismi, ma con la consapevolezza di appartenere ad una nazione di cui andare fieri.

    Grazie per le tue parole, carissima Stella :-)

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  4. Carissimo Ombre, anch'io appartengo alla generazione dopo le due guerre, anche se di poco, che credi? ;-)

    Le guerre non le ho viste, né le vorrei vedere. Ne ho sentito parlare dai miei genitori, e mi basta... :-(

    Nella mia famiglia non si amano le guerre, ovviamente; oltretutto è una famiglia di cattolici convinti; per mio padre (ma anche per me) l'amore patrio era (è) il giusto valore da dare alla nazione di cui si fa parte, consapevoli della sua cultura, della sua storia, dei suoi valori.

    Quando mio padre piangeva al ricordo della guerra, erano lacrime di dolore, non di gioia. Al tempo stesso sapeva che da quel dolore era nata la nostra nazione.

    La guerra del 15-18 infatti ha dato all'Italia la consapevolezza per la prima volta di essere una vera nazione, oltretutto col sacrificio di tante centinaia di migliaia di soldati.

    Noi siamo gli eredi di quella vittoria e del sacrificio di quei nostri eroici soldati.

    Avere vinto la "grande guerra", con tanto sacrificio non è una vergogna.

    Ricordiamoci che la seconda guerra l'abbiamo persa, e in modo penoso.

    Alcuni credono addirittura di averla vinta...

    L'unità d'Italia è certamente un bene, anche se oggi la sensibilità tiene maggiormente conto dei vari regionalismi.

    Ma sarebbe assurdo ritornare ai frazionamenti dei secoli passati ;-)

    Grazie delle tue osservazioni.
    Un caro saluto :-)

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  5. Tutti aborriscono alla GUERRA.
    Ma come si è giunti alla guerra e chi la indice? Forse bisogna tenerci cara la Libertà e adoperarci ogni giorno affinchè questo bene venga irrorato e difeso. Altrementi si che viene la guerra. Il Cristianesimo ce lo insegna, ma dobbiamo spenderci, sacrificarci in letizia.
    sempre un caro saluto.
    luisa

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  6. Pienamente d'accordo, carissima Luisa :-)

    Bisogna cercare sempre la pace, e prepararla con l'impegno di ogni giorno.

    Teoricamente si può e si deve fare distinzione tra guerra giusta e guerra ingiusta, cioè tra guerra di difesa, cioè legittima rivendicazione, e guerra di conquista e di aggressione. La prima è ammessa anche dalla Costituzione (come la legittima difesa personale); la seconda è sempre un crimine abominevole.

    Ma oggi questa distinzione sta perdendo di valore, perché i mezzi di distruzione sono tali che qualunque guerra può portare alla scomparsa stessa dell'umanità, o a danni così immani che diventa praticamente impossibile distinguere difesa da offesa.

    Bisogna perciò fare di tutto, come si diceva all'inizio, per evitare i motivi della guerra.

    Comunque va ricordato che l'ingiusto aggressore (sia esso uno Stato che un privato cittadino) deve essere comunque fermato; altrimenti basterebbe un solo Stato criminale per mettere in crisi il mondo intero (come accadde ad es. con la Germania nazista).

    Pace sì, nella giustizia; pacifismo senza condizioni, a mio parere, no.

    Che tutti nel mondo oggi aborriscano la guerra, ho qualche serio dubbio. Infatti, chi parla di "guerra santa", chi fa proclami per annientare i propri nemici, chi compie eccessi di difesa fino a diventare offesa, chi fa pulizie etniche o religiose, chi vuole armamenti nucleari, etc. etc., sono tutti chiari indicatori che la guerra non è così aborrita... :-( Purtroppo.

    Beati i costruttori di pace... !

    Un caro saluto, e grazie delle tue riflessioni.

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