lunedì 8 giugno 2009

Vincitori e vinti, ovvero Carneade








Il Pdl di Berlusconi ha vinto, con il 35 per cento di voti, ma non ha raggiunto l’atteso 40, e quindi ha anche perso.

Il Pd di Franceschini ha perso, con il 26 per cento di voti, ma non è franato, e quindi ha anche vinto.

La Lega Nord ha vinto, ma non ha sorpassato nel Veneto il Pdl, e quindi ha anche perso.

L’Idv ha avuto un ottimo risultato, e quindi ha vinto; ma ha tolto i voti soprattutto al suo alleato Pd, quindi ha reso più frammentaria l’opposizione; perciò ha perso anche lui.

L’Udc ha avuto un buon risultato, ma non sembra trovare uno schieramento adeguato con cui allearsi; per cui in certo senso perde di incisività.

I due partiti della sinistra non hanno mandato nessun rappresentante al parlamento europeo, quindi hanno perso; ma sono arrivati vicini al 4 per cento, e sommati assieme hanno superato ampiamente il quorum; quindi in certo senso hanno vinto.

I radicali hanno perso anch’essi i loro rappresentanti; ma hanno ricostituito il proprio partito, e quindi hanno avuto la loro vittoria morale…



Questi sono discorsi che ho sentito in questi due giorni nei commenti post-elettorali, e mi hanno fatto pensare a Carneade; sì, quello del Manzoni: chi era costui?

Carneade nel 155 avanti Cristo fu mandato dagli Ateniesi a Roma per trattare le migliori condizioni di resa, dopo una sconfitta.

In un discorso, tenuto al mattino e che lasciò tutti sconcertati, dimostrò che i vincitori Romani, per la legge del più forte, dovevano essere inflessibili e duri con i popoli vinti, e quindi anche con gli Ateniesi.

Al pomeriggio invece, in un altro discorso, dimostrò con argomenti altrettanto convincenti, che non era giusto che i Romani si comportassero da oppressori, ma dovevano rispettare i diritti dei popoli vinti.

In Italia si imparò così per la prima volta cosa significa fare politica…

1 commento:

  1. Ovviamente il post ha volutamente un carattere di serena ironia sul modo di fare commenti politici ;-)

    In realtà l'arrivo di Carneade a Roma nell'ambasceria del 155 a. C. segnò l'inizio vero e proprio di questo modo di fare politica: cioè l'uso spregiudicato degli argomenti, con manipolazione ad arte dei fatti.

    Contro questo modo di fare si scagliò subito Catone il Censore, che cercò di opporvisi.
    Ma sappiamo che la dialettica e i sofismi dei greci penetrarono nella mentalità romana; e l'italica gente, un po' rude, ma schietta, diventò essa stessa esperta di politichese, come ricorda Orazio: "Graecia capta ferum victorem cepit, et artes intulit agresti Latio" (la Grecia vinta vinse il vincitore e introdusse le arti nell'agricolo Lazio).

    Poi, venne anche Machiavelli...

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