mercoledì 29 febbraio 2012

Giorno bisesto!














Arriva ogni quattr’anni,
dicon che porta danni;
non son superstizioso,
mi va d’esser scherzoso.

È il giorno bisestile,
rimette nelle file
i conti dissestati
degli anni tre passati.

Un giorno assai speciale;
chi oggi ha il suo natale
festeggia, molto ganzo,
quattr’anni in un sol pranzo.

Risparmia nei conviti,
risparmia negli inviti,
risparmia anche in età,
giovane rimarrà.

Ecco perché Rossini
fu un genio tra i più fini.
Nacque in bisesto dì,
e Figaro apparì.

Ora il governo Monti
farà bene i suoi conti,
e ha già nei suoi profili
due giorni bisestili.

Febbraio avrà dì trenta,
così il lavoro aumenta,
ed in pensione andrà
Matusalem; voilà!

Lo spread con gli altri mesi
dovrà finire, intesi!
E i Bot e i Cct
risparmieran due dì.

Se Cesare, modesto,
aggiunse un dì bisesto,
il bocconiano Mario
rinnova il calendario.

Buona fortuna a tutti,
ai belli e a quelli brutti;
a chi quest’oggi è nato,
auguri! Amicusplato.



Amicusplato

martedì 28 febbraio 2012

È finito questo rigido inverno! (Monteverdi)



Anche questo interminabile e terribile inverno sembra passato.

Sono due o tre giorni che il sole domina incontrastato nel cielo azzurro.

Potrei descrivere la mia vita passando in rassegna i più rigidi inverni di cui ho ricordo.

Nel 1956 la neve e le successive gelate riuscirono a seccare perfino le viti, cosa che in Toscana è un fatto rarissimo. Ma io ero un ragazzo; a me allora interessava solo fare a pallate, e quell’anno la materia prima non mancò davvero. Delle viti si lamentò invece mio padre, che non disdegnava un buon bicchiere, o due, di produzione propria.

Un’altra gran nevicata fu nel gennaio 1963. Cumuli di neve rimasero fino a marzo. Oltre alle solite pallate (ma ora più potenti e più dolorose, quando andavano a segno, vere e proprie “sassate”), ricordo che la nostra classe fece un pupazzo di neve gigantesco, con tanto di cappello, sciarpa e pipa fumante. Ai piedi di quel capolavoro “michelangiolesco”, una foto di gruppo di studenti felici. Allora l'inverno mi piaceva.

Precoce e un po’ meno gradita la nevicata dei primi di dicembre del 1973. Il tempo delle pallate, come quello delle mele, era passato; ora guidavo l’auto, una 500 ovviamente, e dover mettere le catene mi sembrò un’impresa ardua. Proprio come ora. La neve e l’inverno stavano perdendo il loro fascino...

La grande nevicata del gennaio 1985 e il susseguente gelo siberiano presero tutti alla sprovvista. Soprattutto ci rimasero male le povere piante di olivo, che in grandissima parte si seccarono. Le verdi colline toscane divennero squallide distese di bronconi simili a rovi. Da far gelare il sangue. Dei 120 olivi di cui era composta la mia bella “chiusa”, non se ne salvò neppure uno. Grandi guadagni invece fecero i meccanici, che vendettero le catene a peso d’oro. Le solite, noiosissime e indispensabili catene da neve.

Ma siccome, come dice il proverbio, “neve e gelo non stanno in cielo”, anche l’anno  2010 il Generale Inverno, nel mese di dicembre, poco prima di Natale, ci ha fatto la sua sgraditissima visita dalla Siberia. Neve e freddo micidiali, che chissà perché, sono riusciti di nuovo a prenderci alla sprovvista, come Napoleone.

Quest’anno il Generale è ritornato alla grande con tutte le sue armate e ci ha sommersi sotto metri di soffici stelline a sei punte. Paesi isolati, case senza luce e senza gas, strade impraticabili, disastri di ogni genere. Nonostante gli “avvisi ai naviganti”. E il lunghissimo periodo di gelo, durato quasi tutto febbraio, ha completato lo squallido quadro bianco, che può essere appeso accanto a quelli del 1956 e del 1985.

Ieri e oggi ho fatto qualche girata in mezzo ai boschi, che sembrano anch'essi ancora storditi dalla batosta ricevuta. Né un fiore, né un germoglio, neppure una viola.

Ma questo bel sole ha fatto arretrare di molto i cumuli di neve ancora rimasti al bacìo. Sono le retroguardie del Generale Inverno in ritirata.

Prepariamoci alla primavera con la suadente musica di Claudio Monteverdi (1567-1643), "Sì dolce è 'l tormento". Canta il soprano argentino Maria Cristina Kiehr.

Il protagonista si lamenta che la sua amata ha un “rigido cor”; ma nonostante il tormento che lo affligge, è convinto che alla fine l’amore vincerà. Sia pur dopo morte.


Sì dolce è 'l tormento

Sì dolce è 'l tormento che in seno mi sta
ch'io vivo contento per cruda beltà.
Nel ciel di bellezza s'accreschi fierezza
et manchi pietà che sempre qual scoglio
all'onda d'orgoglio mia fede sarà.
La speme fallace rivolgami il piè
diletto né pace non scendano a me.
E l'empia ch'adoro mi nieghi ristoro
di buona mercè: tra doglia infinita
tra speme tradita vivrà la mia fè.
Per foco e per gelo riposo non ho,
nel porto del Cielo riposo haverò.
Se colpo mortale con rigido strale
il cor m'impiagò cangiando mia sorte
col dardo di morte il cor sanerò.
Se fiamma d'amore già mai non sentì
quel rigido core ch'il cor mi rapì,
se nega pietate la cruda beltate
che l'alma invaghì, ben fia che dolente
pentita e languente sospirami un dì.

sabato 25 febbraio 2012

Auguri, Gianna! (65, ma non ci credo...)




















La cara amica blogger Gianna finisce gli anni.
Mi unisco alla festa che ha preparato portando qualche quartina...




Mi sembra ieri e un anno è già passato,
il tempo corre più di un Eurostar;
ma oggi questo treno va fermato,
scendiamo tutti e andiamo a festeggiar!

25 Febbraio. È questo il giorno
in cui Gianna, maestra (e nonna), è nata.
Amiche e amici le si fanno attorno:
“Auguri!”, “Complimenti!”, “Fortunata”!

65 primaver di vita,
(anche se il compleanno l’hai invernale);
sembri una maestrina appena uscita
or or dal’Istituto Magistrale!

Vedo una bella tavola allettante:
dolci, salati, pizze e dei bigné,
babà napoletani e lo spumante
che, certamente, piemontese egli è...

E prima di lasciare il buon raduno
per ripartire a gran velocità,
dolce Gianna, per tutti e per ciascuno,
Amicusplato un bel bacio ti dà!



Amicusplato

mercoledì 22 febbraio 2012

Il Gius verso la gloria degli altari























Oggi è iniziato l’iter del processo di beatificazione di Mons. Luigi Giussani (15 ottobre 1922 - 22 febbraio 2005) fondatore di Gioventù Studentesca e di Comunione e Liberazione.

L’introduzione della causa, a 7 anni esatti dalla morte, è stata presentata da Comunione e Liberazione all’Arcidiocesi di Milano, attualmente guidata dal Card. Angelo Scola, uno dei più cari discepoli di Giussani.

Questa notizia mi ha riempito di una grandissima gioia.

Non sono un “ciellino” vero e proprio, ma ho avuto modo di conoscere personalmente “il Gius” (cioè don Giussani), e di seguire i suoi incontri a S. Domenico di Bologna e a Collevalenza. Parlo degli anni 70. Indimenticabili!

Una personalità eccezionale, una teologia solidissima, una guida avvincente, un padre nella fede. 

I suoi scritti sono stati per me una revisione completa del mio modo di capire e di vivere la fede. In particolare, decisiva è stata la lettura di “Tracce di esperienza e appunti di metodo cristiano” (Jaka Book, 1972). Dopo quella lettura, non mi sono perso più nessuno dei suoi scritti (non starò a farne l’elenco), e ogni tanto sento il bisogno di ritornare ad una rilettura.

Ma il mio primo approccio con il movimento di Comunione e Liberazione non era stato affatto positivo. Incontrai questa nuova sigla nei "tazebao" della "rossa" Università di Firenze, Facoltà di Lettere e Filosofia, che proprio allora iniziavo a frequentare, in piena contestazione giovanile, nell'anno accademico 1969-70. Quei proclami di CL mi sembravano una delle tante voci dei cosiddetti “movimenti ecclesiali di base” di ispirazione marxista.

Qualche anno dopo,  conoscendo più a fondo un gruppo di “ciellini” e leggendo il già citato “Tracce” in uno dei “raggi” (così erano chiamati i loro incontri), mi resi conto improvvisamente che la mia vita stava cambiando nel profondo: alla luce di quelle incisive “tracce”, e di quegli “appunti di metodo”, tutto era diventato più chiaro e più bello. L’esperienza che stavo facendo era davvero un incontro personale con Cristo.

Quando poi ho avuto la sorte di conoscere di persona don Giussani, mi sono reso conto che ero davanti ad un vero Padre della Chiesa, come i grandi padri della prima epoca cristiana. Il suo insegnamento era una rilettura solida e profonda della fede cristiana, in grado di "rendere ragione della speranza" (1 Pt 3, 15), e non un’astrazione mentale, senza presa nella vita.

Voglio concludere questo mio post con alcune frasi di don Luigi Giussani da me appuntate negli incontri di Collevalenza dei giorni 10-13 Settembre 1979 e che ho sempre mantenuto nel cuore:

“La vita è determinata da ciò che si ama, non da ciò che non si deve fare”.

“Il tempo che passa o fa rivivere in noi con più stupore l’avvenimento di Cristo, oppure ispessisce la gravità di questa distrazione tremenda, sacrilega”.

“Umiltà, che è dolore per quello che non siamo ancora; ma al tempo stesso, certezza che chi ha iniziato la Sua opera in me, la porterà a compimento”.

Tra le persone presenti a quegli incontri vidi anche due giovani sacerdoti: don Luigi Negri e don Angelo Scola.

martedì 21 febbraio 2012

Martedì grasso col botto! (Buscaglione)


Una volta il Carnevale, e specialmente l'ultimo giorno, era caratterizzato da pioggia di coriandoli, lanci di stelle filanti e, all’aperto, dallo scoppio di piccolissimi petardi di carta (anche tra le “zampe” di qualche malcapitato passante). Ve li ricordate?

Uno scherzo idiota, ma poi tutto finiva con il detto “a carnevale ogni scherzo vale”.

Un po’ meno innocui gli scoppi che Fred Buscaglione sente arrivare dal fucile imbracciato dalla mogliettina, che non ha gradito lo scherzetto del suo caro maritino...

Si tratta di una canzone, ovviamente: “Teresa, non sparare!”

Mi piace festeggiare il Martedì grasso con il botto. Non con quello di un fucile, ovviamente, ma con la fantasia, l’estro e l’inimitabile voce del grandissimo e modernissimo Fred Buscaglione.

Modernissimo: appena il 1955.


Teresa, non sparare!

Giornali! Il Messaggero, l'Unità, La Stampa, il Corriere della Sera, La Notte, La Gazzetta del Popolo,Il Ventesimo Secolo e poi il Resto del Carlino.
Giornale video. Casal Pusterlengo, 24 sera. La casalinga Teresa U, accortasi che il marito Properzio H la tradiva con una certa amica, Veronica S, lo accoglieva al suo rientro col fucile spianato minacciandolo di morte. Da testimonianze finora raccolte risulta che il marito infedele si giustificava pressapoco così:
Teresa, ti prego, non scherzare col fucile. Per la rabbia, la tua bile può scoppiar.
Teresa, ti prego, io non sono certo un vile, ma se tocchi quel fucile, può sparar.
É stata una follia! L'ho incontrata per la via, disse: "Vieni a casa mia". Cosa mai potevo far?
Un bacio ha domandato, te lo giuro, ho rifiutato, ed abbiamo poi parlato, pensa un po', sempre di te.
Vigliacco!
Perciò, Teresa, ti prego, non scherzare col fucile, far così non è gentile. Ma lascia andar!
No, Teresa, dai non mi sparare, Teresa! Su!
Tango!
É stata una follia! L'ho incontrata per la via, disse: "Vieni a casa mia". Cosa mai potevo far?
Un bacio ha domandato, te lo giuro, ho rifiutato, ed abbiamo poi parlato, pensa un po', sempre di te.
Vigliacco!
Perciò, Teresa, ti prego, non scherzare col fucile, far così non è gentile. Ma lascia andar!
Teresa, no, non mi sparare, ahi, ahi! Teresa mia, ti prego, non sparar!

(L. Chiosso-F. Buscaglione)

lunedì 20 febbraio 2012

Dopo il festival, un po' di musica. Quella vera!



A parte lo share di ascolti, che spesso è inversamente proporzionale al valore dello spettacolo, il Festival di Sanremo 2012 passa nel dimenticatoio (come tanti altri negli ultimi decenni) senza lasciare niente da tramandare ai posteri; solo farfalline, "nude look" e sermoncini.

Di bella musica se n’è sentita pochina.

Mi rifaccio perciò l’orecchio con “Mattinata”, dalla “Cavalleria Rusticana” (1890) di Pietro Mascagni ((1863-1945).

È il canto di apertura dell’opera, a sipario chiuso; una dichiarazione di amore di Turiddu per Lola.

Un amore malandrino, che si concluderà tragicamente, come lo stesso Turiddu sembra presagire, nel vivido linguaggio siciliano in cui il brano è scritto.

Il canto è così bello, che dà colore ad un dopo festival deprimente.

Tanto più che il tenore è l'ineguagliabile Mario Del Monaco.

Buona mattinata a tutti, e buon fine carnevale!


"O Lola ch'ai di latti la cammisa | sì bianca e russa comu la cirasa, | quannu t'affacci fai la vucca a risa, | biatu cui ti dà lu primu vasu! | 'Ntra la porta tua lu sangu è sparsu, | e nun me mporta si ce muoro accisu... | E s'iddu muoru e vaju mparadisu | si nun ce truovu a ttia, mancu ce trasu."

(G. Targioni-Tozzetti)

O Lola, che hai di latte la camicia, sei bianca e rossa come una ciliegia; quando t'affacci e atteggi la bocca al riso, beato chi ti dà il primo bacio! Dietro la tua soglia è sparso il sangue, ma non me ne importa se muoio ucciso... E se io muoio e vado in paradiso, se non ci trovo te, nemmeno ci voglio entrare.

venerdì 17 febbraio 2012

L'Adriano che conosco. Ma forse il sole si è spento




Questo è l’Adriano Celentano che conosco, quello che ci ha fatto sognare con le sue canzoni, come questa, del 1963.

Diffidare dei sosia, quelli senza musica, e senza più poesia.

Purtroppo in questi giorni si è spento un sole...


mercoledì 15 febbraio 2012

Er Festivalle de Sarremo (pasquinata)




Ho acceso er video der televisore
pe’ vvedè ‘r Festivalle de Sarremo;
ma ‘nvece de canzoni de valore,
ho sentito er sermone d’uno scemo.

Me cojoni! er discorso era fasullo,
ma la faccia era, sì, de Celentano.
Canta, se vo’ ppiacè, car’Adriano;
perché se parli, fai ddormì Marzullo.



Amicusplato




lunedì 13 febbraio 2012

Contro il freddo artico, una musica catartica



Il freddo polare non si decide a mollare la presa, e mezza Italia continua ad essere sommersa da metri di neve.

Brutte notizie dalla Grecia, a rischio default, mentre Atene è messa a ferro e fuoco dai rivoltosi.

Anche la tragica morte a 48 anni di Whitney Houston, star americana della musica pop e donna di grande successo, distrutta dalla droga e dalla depressione, si aggiunge a questo quadro desolante.

Una buona notizia è l’inizio del pompaggio del carburante dal Costa Concordia; ma ci vorrà almeno un mese per svuotare i serbatoi (non si tratta di un’utilitaria...), sperando che tutto vada bene, come ci auguriamo.

Ci vuole perciò una musica che allenti la tensione di questi giorni da The day after tomorrow; una musica rasserenatrice, ma non troppo, per non essere banali di fronte a ciò che sta accadendo.

Tutti conoscono il Canone in Re maggiore di Johann Pachelbel (1653-1706), pochi probabilmente la sua Ciaccona in Fa minore.

La ciaccona è una danza rinascimentale, di andamento moderato, in tempo di 3/4. Come altri tipi di danze, divenne anch’essa una forma musicale dell’epoca barocca. Questa forma musicale si caratterizza per una serie di variazioni sopra una linea tematica esposta al basso.

In questo senso, anche il Canone di Pachelbel è in realtà una ciaccona; si tratta infatti di una serie di variazioni sopra un basso ostinato, in tempo di 4/4, però.

Propongo oggi la Ciaccona di Pachelbel; una musica che inizia con mesta dolcezza e diventa via via più intensa e movimentata, quasi a voler travolgere ogni angoscia e tristezza, per tornare infine all’andamento iniziale, dopo aver purificato l’animo dell’ascoltatore.

Una musica catartica, che riesce ad addolcire perfino questo gelo polare.

Esemplare l'esecuzione dell'Orchestra da Camera "Pro Arte" di Monaco di Baviera, diretta dal grande  Kurt Redel, al quale si deve proprio la riscoperta del Canone di Pachelbel.

venerdì 10 febbraio 2012

Le amnesie dell'uomo moderno



Nella “Psicopatologia della vita quotidiana” Freud ha spiegato perfettamente il meccanismo della “rimozione”. Tutto ciò che crea disagio, conflitto, frustrazione, viene tolto (rimosso) dall’io cosciente e sepolto nell’inconscio.

Questo “meccanismo di difesa” non è però senza conseguenze. La rimozione tende a creare dimenticanze e vuoti di memoria sempre più vasti, proprio per evitare che il ricordo ansiogeno affluisca di nuovo alla coscienza.

L’uomo moderno è lo smemorato per eccellenza. Senza agende (elettroniche o cartacee) è ormai senza Ram. Non solo vengono rimossi gli spiacevoli eventi personali, ma, in nome di ideologie dominanti che agiscono come un io collettivo, sono “cancellati” avvenimenti orrendi anche di vastissima portata.

Nell’epoca in cui tutto è (o dovrebbe essere) documentato, abbiamo assistito a sistematiche opere di demolizione della memoria. Propaganda di regime, mezzi di comunicazione di massa asserviti a ideologie dominanti, o ritenute tali, falsità ossessivamente ripetute, hanno tentato di resettare la testa della gente, e di far credere che nulla sia accaduto di ciò che pure tanti hanno visto con i propri occhi.

Oggi si ricordano i Martiri delle foibe, le migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia che tra il 1943 e il 1945 (e anche dopo la guerra) furono uccisi, gettati nelle profondità delle cavità carsiche, dai comunisti di Tito, con il pieno appoggio dei comunisti italiani.

Nei libri di storia, fino a qualche anno fa, questi massacri non erano nemmeno ricordati; libri di storia, ma sarebbe meglio dire, di storie.

Un altro vuoto di memoria, ad esempio, appare quando si tocca l’argomento della resistenza. La vulgata ufficiale è l’esaltazione di questo movimento antifascista. Ma se qualcuno ricorda i delitti commessi anche dai partigiani passa per fascista, e non per uno che dice come sono andate tutte le cose, ferma restando la condanna del fascismo.

Ma per fortuna c’è ancora chi non soffre di amnesie e rimozioni.

Per onorare le vittime delle foibe, nonché gli esuli istriani, giuliani, fiumani e dalmati (che oltre alla perdita di tutto dovettero anche subire gli insulti e gli sputi alla stazione ferroviaria della “rossa” Bologna, senza parlare della successiva drammatica odissea in varie parti d’Italia), propongo un brano di Luigi Dallapiccola (1904-1975).

Dallapiccola è uno dei più importanti musicisti italiani del XX secolo, il maggiore esponente della musica dodecafonica. Era di origini istriane, di Pisino, ed ha operato soprattutto al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze.

Nel IV movimento, “Variazioni”, della “Tartiniana II”, del 1956, egli prende spunto dalla Sonata in La minore di Giuseppe Tartini (1692-1770), il geniale compositore di Pirano, suo compatriota.

Al piano, lo stesso Dallapiccola; al violino Sandro Materassi.

lunedì 6 febbraio 2012

Professore... Un consiglio in musica di Renato Zero



Dalla “immaginazione al potere” del 68 al governo attuale dei “professori”, di strada se n’è fatta molta.

Forse, in retromarcia. Ma a quanto pare, di immaginazione ce n’è rimasta pochina, giusto quella dei videogiochi e dei telefonini.

L’Italia si è trasformata in una classe di scolaretti, anzi, in una pluriclasse; e scolaretti disciplinati, anche perché i prof hanno di nuovo in mano il righello o la canna di bambù, e non solo per indicare le carte didattiche appese alle pareti dell’aula scolastica...

Ogni giorno perciò, studenti e operai, pensionati o pensionandi futuribili, casalinghe disperate o donne in carriera, cattolici o atei, persone di sinistra, di centro, di destra, o di nessuna direzione, tutti dobbiamo sorbirci la nostra lezioncina quotidiana.

“Hai fatto ieri tutti i tuoi scontrini? Hai portato a termine il conto (corrente), o invece qualche operazione (bancaria) non ti è riuscita bene? Hai chiesto lumi al prof. Passera? E tu, alunno A, cedi il posto all’alunno B. Non crederai di stare tutto l’anno al medesimo banco. Ricordati che sei precario (come la vita)”. E così via.

In genere la figura del professore ha ispirato poco la fantasia dei poeti e dei musicisti. Quelle poche volte, sono tratteggiati piuttosto gli aspetti meno lusinghieri. Insomma, una solenne bocciatura.

Ho in mente il “Vecchio professore” de “La città vecchia” di De André, e soprattutto “Professore” di Renato Zero, dall’album “Presente” del 2009.

La canzone di Renato Zero coglie uno dei pericoli più frequenti nella vita di un insegnante: quello di identificare una lezione scolastica con la complessità della vita reale.

Diceva un grande “professore”, anzi il professore per eccellenza, Hegel: “Se le idee non si incarnano nel tempo e nello spazio presente, rimangono astrazioni e ideologie”. Le prime formano le cosidette “anime belle”, quelle che confondono i sogni con la realtà. Le ideologie formano invece personaggi come Robespierre, quelli che tagliano la testa a chi non ha il pensiero unico (e non si erano visti ancora Hitler e Stalin).

“Non basta solo la cultura. Professore, lo devi ammettere, fuori dal libro è molto dura!”

Una lezione per tutti i professori. Anche per quelli che sono a capo della pluriclasse Italia.

E una bella canzone di Renato Zero.

venerdì 3 febbraio 2012

Non ami l'inverno? Ascolta il canto di Solveig!



 
Mi sembra di essere in un paese scandinavo, circondato come sono da un paesaggio completamente innevato.

Un gelido vento dal Casentino (o forse direttamente dalla Scandinavia) porta in città folate di nevischio, mentre un cielo cinerino promette altre abbondanti precipitazioni di stelline a sei punte.

Non amo l’inverno. Il freddo mi congela le idee, mi rattrappisce i muscoli e mi limita la libertà nei movimenti. Preferisco il caldo afoso dell’estate.


Così, quando mi trovo prigioniero in casa, potrà sembrare strano, mi piace guardare paesaggi innevati, pensare alla sterminata distesa di ghiaccio della Siberia o andare alla ricerca dell’ultima Tule.

Forse sarà la sindrome di Stoccolma...

Proprio per questo, sento il bisogno di riascoltare quella che per me è la musica più bella: il Canto di Solveig, dal Peer Gynt di Ibsen; ma senza le parole, solo la musica di Grieg. Che non era di Stoccolma, ma di Oslo.

Ma sempre in Scandinavia siamo.

Ah, il Canto di Solveig! Dopo, posso anche affrontare una tormenta di neve...


mercoledì 1 febbraio 2012

O neve, neve...












O neve, neve , neve,
che scendi lieve lieve,
in una sol nottata
la mia città hai imbiancata.


Hai usato un gran pennello
per far quest’acquerello;
e molto hai colorato,
un mezzo metro hai alzato.


Ho visto stamattina
‘sta bella cartolina;
parea Cortin d’Ampezzo,
e invece siamo a Arezzo.


Guardo dalla finestra
quest’opera maestra.  
Poi esco alla frescura
per prender la vettura.


Inizian le mie pene
per metter le catene:
un castigo dantesco;
appena ci riesco.


Alfine, mamma mia!,
mi immetto nella via;
ma questa è già pulita,
la neve qui è sparita!


Sferraglian le catene,
le ruote non van bene.
E dopo qualche miglio
mi fermo lungo il ciglio.


Libero dai legami
le ruote, due salami;
parevano insaccati
coi nastri colorati.


Mia cara neve, neve,
che scendi lieve, lieve,
con i tuoi fiocchi bianchi
sei bella. Ma mi stanchi...


Amicusplato