martedì 28 febbraio 2012

È finito questo rigido inverno! (Monteverdi)



Anche questo interminabile e terribile inverno sembra passato.

Sono due o tre giorni che il sole domina incontrastato nel cielo azzurro.

Potrei descrivere la mia vita passando in rassegna i più rigidi inverni di cui ho ricordo.

Nel 1956 la neve e le successive gelate riuscirono a seccare perfino le viti, cosa che in Toscana è un fatto rarissimo. Ma io ero un ragazzo; a me allora interessava solo fare a pallate, e quell’anno la materia prima non mancò davvero. Delle viti si lamentò invece mio padre, che non disdegnava un buon bicchiere, o due, di produzione propria.

Un’altra gran nevicata fu nel gennaio 1963. Cumuli di neve rimasero fino a marzo. Oltre alle solite pallate (ma ora più potenti e più dolorose, quando andavano a segno, vere e proprie “sassate”), ricordo che la nostra classe fece un pupazzo di neve gigantesco, con tanto di cappello, sciarpa e pipa fumante. Ai piedi di quel capolavoro “michelangiolesco”, una foto di gruppo di studenti felici. Allora l'inverno mi piaceva.

Precoce e un po’ meno gradita la nevicata dei primi di dicembre del 1973. Il tempo delle pallate, come quello delle mele, era passato; ora guidavo l’auto, una 500 ovviamente, e dover mettere le catene mi sembrò un’impresa ardua. Proprio come ora. La neve e l’inverno stavano perdendo il loro fascino...

La grande nevicata del gennaio 1985 e il susseguente gelo siberiano presero tutti alla sprovvista. Soprattutto ci rimasero male le povere piante di olivo, che in grandissima parte si seccarono. Le verdi colline toscane divennero squallide distese di bronconi simili a rovi. Da far gelare il sangue. Dei 120 olivi di cui era composta la mia bella “chiusa”, non se ne salvò neppure uno. Grandi guadagni invece fecero i meccanici, che vendettero le catene a peso d’oro. Le solite, noiosissime e indispensabili catene da neve.

Ma siccome, come dice il proverbio, “neve e gelo non stanno in cielo”, anche l’anno  2010 il Generale Inverno, nel mese di dicembre, poco prima di Natale, ci ha fatto la sua sgraditissima visita dalla Siberia. Neve e freddo micidiali, che chissà perché, sono riusciti di nuovo a prenderci alla sprovvista, come Napoleone.

Quest’anno il Generale è ritornato alla grande con tutte le sue armate e ci ha sommersi sotto metri di soffici stelline a sei punte. Paesi isolati, case senza luce e senza gas, strade impraticabili, disastri di ogni genere. Nonostante gli “avvisi ai naviganti”. E il lunghissimo periodo di gelo, durato quasi tutto febbraio, ha completato lo squallido quadro bianco, che può essere appeso accanto a quelli del 1956 e del 1985.

Ieri e oggi ho fatto qualche girata in mezzo ai boschi, che sembrano anch'essi ancora storditi dalla batosta ricevuta. Né un fiore, né un germoglio, neppure una viola.

Ma questo bel sole ha fatto arretrare di molto i cumuli di neve ancora rimasti al bacìo. Sono le retroguardie del Generale Inverno in ritirata.

Prepariamoci alla primavera con la suadente musica di Claudio Monteverdi (1567-1643), "Sì dolce è 'l tormento". Canta il soprano argentino Maria Cristina Kiehr.

Il protagonista si lamenta che la sua amata ha un “rigido cor”; ma nonostante il tormento che lo affligge, è convinto che alla fine l’amore vincerà. Sia pur dopo morte.


Sì dolce è 'l tormento

Sì dolce è 'l tormento che in seno mi sta
ch'io vivo contento per cruda beltà.
Nel ciel di bellezza s'accreschi fierezza
et manchi pietà che sempre qual scoglio
all'onda d'orgoglio mia fede sarà.
La speme fallace rivolgami il piè
diletto né pace non scendano a me.
E l'empia ch'adoro mi nieghi ristoro
di buona mercè: tra doglia infinita
tra speme tradita vivrà la mia fè.
Per foco e per gelo riposo non ho,
nel porto del Cielo riposo haverò.
Se colpo mortale con rigido strale
il cor m'impiagò cangiando mia sorte
col dardo di morte il cor sanerò.
Se fiamma d'amore già mai non sentì
quel rigido core ch'il cor mi rapì,
se nega pietate la cruda beltate
che l'alma invaghì, ben fia che dolente
pentita e languente sospirami un dì.

7 commenti:

  1. bellisimo il testo, anche per le parole antiche e per la speranza che si propone. Per quanto riguarda la neve, siamo noi che cambiamo, la natura mi sembra la stessa

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  2. Hai una fervida memoria, non solo cronologica, ma anche e soprattutto di intense sensazioni provate e vissute...

    Tu sì che sei un giovincello.

    Fuori tema:

    Conosci Follonica?

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  3. Il testo proposto è poetico e musicale insieme.
    Le ricordo tutte le nevicate descritte, sooprattutto quella del 1985 con macchina sommersa..e come dici i meccanici furono contenti.
    ancora grazie
    ciao
    luisa

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  4. Il testo è di Carlo Milanuzzi (1623) un poeta e musicista di ottimo livello. Monteverdi pubblicò questo madrigale per soprano nel 1624.

    Siamo nel barocco bello. Per questo affascina, caro Luca :-)

    Sì, la natura continua il suo corso, e noi non possiamo che accettarla ;-)

    Da giovani magari è più facile.. ;-)

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  5. Carissima Gianna, il giovincello scherzoso se n'è andato, ma la memoria è rimasta, per fortuna ;-)

    Follonica la conosco poco; un paio di volte sono stato là, un mesetto al mare, diversi decenni di anni fa ;-)

    Un abbraccio :-)

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  6. Carissima Luisa, se uno le ha vissute, quelle nevicate non le scorda di certo...

    Come non scorderemo quella del febbraio 2012, cioè quella appena passata.

    E le catene... :-(

    Ciao!

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  7. Carissimo Luca,

    correggo un'imprecisione. L'ode, dal IV libro delle "Ariose Vaghezze" del Milanuzzi, è del 1624(non del 1623), proprio come l'aria composta su quei versi da Monteverdi.

    Ciao!

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