lunedì 11 aprile 2011

Conoscere significa ricordare. Ecco un esempio!



“Conoscere significa ricordare”, diceva Platone.

La frase del filosofo ateniese ha un significato piuttosto diverso da quello che a prima vista può sembrare.

Platone sosteneva che in noi c’è già, innata, tutta la conoscenza; si tratta solo di farla emergere dall’oblio della materialità. Basta perciò un semplice stimolo visivo, un accenno del maestro, un’opportuna indicazione, e il sapere si disvela come per incanto.

Nel dialogo platonico “Menone” uno schiavo analfabeta, dopo alcuni accenni da parte di Socrate sui primi principi della geometria, riesce a dimostrare da sé il teorema di Pitagora.

Aristotele criticò la teoria innatista di Platone. Secondo Aristotele la nostra mente è una “tabula rasa in qua nihil scriptum est”, una lavagna nella quale inizialmente non è scritto nulla. Perciò, “nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”, non c’è nulla nell’intelletto, che prima non sia stato nei sensi. Tutto deriva dell’esperienza.

In realtà anche per il filosofo di Stagira la nostra mente ha innati alcuni principi, come quello di essere e di non contraddizione, senza i quali non sarebbe possibile nessuna conoscenza.

Non starò qui a discutere quanto di vero ci sia nell’una e nell’altra teoria gnoseologica.

A me interessa sottolineare la frase platonica da cui siamo partiti: conoscere significa ricordare. E la prendo in un significato meno filosofico e più pratico. Senza memoria non c’è vera conoscenza.

Molti pedagogisti attuali si scandalizzeranno di questa affermazione. Ma l’esperienza ci dice che la memoria è un aspetto fondamentale del sapere.

Imparare a memoria poesie, prose significative, brani di appunti, date storiche, formule matematiche, e via dicendo, significa conoscere le singole materie e avere nella mente un archivio a cui attingere per conoscere la realtà, per ragionare, per sviluppare ulteriori concetti.

E l’uso della memoria è anche fonte di soddisfazione personale.

Infine è noto che l’uso crea l’organo, il disuso lo atrofizza. Per questo molte persone, che a scuola non hanno imparato niente a memoria, sono una tabula rasa e non riescono a fare o dire quasi nulla senza supporti informatici.

Come esempio di quanto la memoria sia affascinante, basta guardare questo video.

La piccola Rachel di 9 anni suona a memoria un difficile e lungo brano pianistico di Hugo Rheinold (1854-1935), il celebre Impromptu, in do diesis minore, op. 28 n. 3. 

Ovviamente non si deve forzare troppo la mente dei bambini.

Ma poiché i ragazzi apprendono facilmente a memoria, perché non si deve, per quanto possibile, sfruttare questa inestimabile capacità dell’età scolare? Per i ragazzi diventa anche una forma di gioco e di abilità. 

Finché siamo in tempo. Poi, dopo la giovinezza, subentra purtroppo l’oblio…

8 commenti:

  1. non conosco Rheinold, ma il pezzo è sobrio nella sua a volta drammaticità, che impressione quelle manine sulla tastiera, mi impressiona quanto lavoro c'è dietro, anche per una mente fresca come quella di un bambino

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  2. È vero. Anch'io sono rimasto colpito dal gioco delle piccole mani che si muovono a grande e velocità (magari saltellando) per eseguire un brano di oltre sei minuti in do diesis minore...

    Il lavoro che c'è dietro deve essere non indifferente ;-) Ma occorre anche una predisposizione naturale e un interesse al pianoforte. E la mente dei ragazzi è davvero sorprendente :-)

    D'altra parte è quella l'età in cui si mettono le basi, per diventare pianisti in questo caso, o per diventare altro in altre discipline.

    Rheinold è un discepolo di Bruckner. Come musicista non è molto famoso, ma questo brano viene eseguito frequentemente, ed è molto bello.

    Ciao, carissimo Luca, e grazie delle tue opportune e sempre apprezzate osservazioni ;-)

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  3. Mi trovi d'accordo.
    Imparare le cose a memoria, dì x sè, è sterile; ma utilizzare i concetti incamerati x eviscerarne i contenuti, è un ottimo trampolino di lancio x la conoscenza...

    ...modestissima opinione personale, naturalmente.
    (L'esecuzione di quest bimba lascia a bocca aperta anche i profani come me).

    Felice lunedì pomeriggio :-)

    Maddy

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  4. Non si tratta di essere esperti o meno ;-) Di fronte a questa performance di una bambina di 9 anni, c'è solo da rimanere stupiti :-))

    Solo lo studio a memoria può permettere questa padronanza del brano ;-)

    Qualche giorno tornerò sull'argomento "memoria"...

    Ciao, carissima Maddy, e buona settimana :-))

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  5. Interessante il discorso sulla memoria. Certo, nel caso di questa prodigiosa bimbetta, la memoria le ha consentito una totale padronanza del pezzo.

    Ma non so se si possa proprio dire che conoscere è ricordare....Non solo quello, perlomeno.

    Ne è certo il primo ineliminabile passo, la condizione essenziale per avere quell'archivio di dati di cui parlavi, Antonio, ma poi il discorso a mio parere va oltre.
    Conoscere è un'operazione più complessa che va nel profondo dell'oggetto da conoscere, per sviscerarlo cogliendone il sapore.
    Prova a pensare ad una poesia, per esempio: la memoria ci aiuta ad averla dentro,a ripercorrerne i versi più volte.
    Ma per farla veramente nostra entrano in gioco altri fattori: la sensibilità, l'intuizione, la capacità di collegare dati, la passione.
    E conoscere è anche un atto di amore, non trovi?....

    Oddio...io non ho studiato filosofia, Antonio, e vado a spanne. Scusa la lunghezza, spero in qualche modo di essermi spiegata!
    Ciao!

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  6. Carissima Annamaria :-))

    hai visto che non ho voluto approfondire la questione (Platone-Aristotele), ma mi sono solo limitato ad alcune osservazioni pratiche ;-)

    Questo ho fatto perché ho sentito sempre più frequentemente parlare dell' inutilità o quasi dell'apprendimento a memoria, metodo che invece era quello privilegiato nei tempi andati.

    Ritornerò sull'argomento, per non essere frainteso.

    Voglio dire solo una cosa sulla poesia, che tu hai opportunamente ricordato (la poesia è la composizione ideale per essere memorizzata..).

    C'è grande, grandissima differenza tra sapere che Leopardi ha scritto l'Infinito, e conoscerne il contenuto; e portare invece per sempre dentro di noi "interminati spazi, sovrumani silenzi, profondissima quiete", che è l'infinito leopardiano, appunto...).

    Quei versi memorizzati non sono dei fossili deposti nella memoria, ma sono il Leopardi vero, reale, che lo fanno gustare di più...

    È un piccolo esempio. Ma tornerò sull'argomento, ripeto, per non essere frainteso ;-)

    È chiaro che l'interesse, anzi, come tu dici "l'amore", è la molla principale che fa apprendere, anche a memoria... ;-)

    Ciao! e grazie delle tue belle rilfessioni :-))

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  7. Grazie, Antonio!
    Non ti ho frainteso: sono pienamente d'accordo sul valore anche didattico dell'apprendimento mnemonico e so che, come hai detto bene, i testi studiati non sono "fossili deposti nella memoria".

    Tuttavia, per restare vivi dentro di noi e nutrirci, si devono incontrare con una certa sensibilità da parte nostra.
    Altrimenti saremmo come quegli Ottentotti che, fuori dalla loro capanna, guardano lo spettacolo del cielo stellato sul deserto....e si addormentano!
    Per questo dicevo che per conoscere davvero, studiare a memoria è solo il primo passo.

    Grazie della tua pazienza di leggere fin qui.
    Non mi addentro in altri discorsi perchè, come ti dicevo, non ho una formazione filosofica. Filosofia l'ho fatta solo al liceo...e piuttosto male...:-(

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  8. Grazie, Annamaria, di queste riflessioni :-))

    Sull'argomento "memoria" tornerò con un post apposito ;-)

    Troppo interessante! ;-))

    Ciao!

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