mercoledì 16 dicembre 2009

Lo scemo del villaggio?




Sono dell’opinione che l’attentato a Silvio Berlusconi, il 13 dicembre scorso in Piazza Duomo a Milano, anche se opera di una mente psicolabile, sia un fatto di particolare gravità.

Oltre al gesto in sé stesso, quello di lanciare in faccia ad una persona un oggetto di pietra acuminato, atto ad offendere e ad uccidere, i motivi di preoccupazione sono molti.

Anzitutto perché l’azione criminosa è diretta ad un Capo di governo. Colpisce perciò anche la maggioranza degli italiani che, piaccia o meno, ha espresso nel voto la propria volontà. Un colpo in faccia alla democrazia.

Il gesto avviene dopo una lunga campagna di demonizzazione del premier. Inutile usare eufemismi: demonizzazione è la parola giusta.
La politica vive del confronto e talora dello scontro di idee. Questo è il sale della democrazia. Chi ha più argomenti li faccia valere.
Ma nei confronti di Berlusconi è evidente da tempo una lotta “ad personam”, un “accanimento terapeutico” di offese senza fine.
Questa “reductio ad unum”, questa spregiudicata riduzione della lotta politica contro una sola persona, l’ha trasformato in un simbolo negativo senza volto, in un bersaglio. Qualcuno alla fine ha preso la mira.

Non è lo scemo del villaggio, Massimo Tartaglia.
Anche se quasi tutti i politici hanno cercato di far passare quel gesto come l’azione di un folle, il web, che non usa certo i paludamenti del linguaggio politichese, ha esaltato il fatto e l’autore. “Santo subito”; “dieci, cento, mille Tartaglia”; senza parlare delle solite offerte di matrimonio…

Sono rimasto sconcertato anche dal fatto che l’arma impropria usata per colpire Berlusconi sia un oggetto religioso, la miniatura del Duomo di Milano.
Quando uno è pronto ad uccidere o a ferire gravemente non va tanto per il sottile. Ma usare un oggetto in certo senso sacro dà la misura della miseria umana a cui siamo giunti. Il Duomo di Milano ha tante guglie aguzze, e quindi l'ideale per far male...

Ma si può anche pensare che la guglia della Madonnina, usata a sproposito, abbia invece salvato Berlusconi da danni irreparabili.

Altri parleranno di caso, di fortuna, di destino.

E allora ascoltiamo la stupenda Ouverture de La Forza del Destino, di Giuseppe Verdi, diretta da Riccardo Muti.

2 commenti:

  1. Due sono le cose che maggiormente m'hanno colpito.
    La prima riguarda una delle frasi che hai scritto: "simbolo senza volto".
    Ho levato il "negativo" perchè trovo che possa rispecchiare la società attuale in generale. Dove ognuno di noi non viene più considerato persona umana ma solo il numero di una tessera o matricola o, per essere attuali, di un indirizzo IP.
    L'altro mio pensiero mi è venuto guardando, (più che ascoltando), l'orchestra al comando del Maestro muti. "Ecco, mi son detto, noi italiani non siamo da meno di quei Maestri, solo che procediamo bendati"

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  2. Hai pienamente ragione, caro Blogantropo. In questa società sempre più anonima, spesso siamo ridotti a codice fiscale, IP, stringhe alfanumeriche e simili astrazioni.

    Per questo molti, pur essendo maestri, si muovono alla cieca.

    Un risveglio della nostra humanitas, di cui noi italiani in passato abbiamo dato esempio al mondo, è inderogabile.

    Se vogliamo un futuro vivibile.

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