giovedì 24 aprile 2008

Lapalissiano!

Tutti sappiamo che il termine ‘lapalissiano’ è sinonimo di ‘ovvio’, ‘evidente’, ‘scontato’.
Come noto, l’aggettivo deriva dal signor Jacques de Lapalisse, militare e nobiluomo francese, morto nel 1525 nella battaglia di Pavia.

In una canzone composta in sua memoria, vennero scritte frasi così ovvie, da divenire proverbiali. Eccone tre che si riferiscono alla sua morte:

* Il signor de Lapalisse un quarto d’ora prima di morire era ancora vivo.

* Il giorno della sua morte fu l’ultimo della sua vita.

* Morì per una ferita mortale.

Nella canzone non compaiono però due altre celebri frasi, che gli vengono attribuite:

* Il signor de Lapalisse, guardandosi di dietro, lo vedeva nettamente diviso in due parti.

* Io ho le mie idee, e le condivido.

Non gli si può dar torto… proprio lapalissiane!

7 commenti:

  1. Ripensando a Monsieur De Lapalisse, mi sono resa conto di come sia difficile nella nostra società riconoscere anche ciò che è ovvio, ciò che è evidente.
    L'ambiguità che domina ogni nostra azione si sta facendo sempre più accentuata a causa del relativismo.
    (Qualcuno ha fatto scuola: "La vita è bella, ma anche brutta"!)

    Non so se c'entri molto ma è questo che mi ha suggerito il tuo post!

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  2. Sì, nel relativismo c'è il pericolo di una omologazione totale: una cosa è uguale a un'altra, anche se opposta. O almeno, una cosa 'vale' l'altra.
    Lapalisse faceva ridere, questa omologazione di valori e disvalori, no.
    Ciao. Grazie, Anna, della tua riflessione!

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  3. Post lapalissiano :-P
    Scherzo caro Amicus...lo sai. Eppure lo sai che oggi c'è gente che ci campa ed alla grande applicando il metodo lapalissiano?
    Forse è questo che dovremmo chiederci. Come mai oggi si affoga in un mare di banalità, che se va bene possono assurgere alla dignità di tautologia (ma solo nei casi migliori...).
    Forse (semplicemente) è questo che la gente (gente??NOI) vogliamo sentirci dire..banalità, ovvietà.
    Non creano dubbi ed insicurezze.
    Peccato che l'intelligenza nasca dal dubbio e dal porsi domande.
    Un abbraccio Audrey

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  4. Buon giorno Audrey!
    Permettimi di dissentire in parte da te.
    Io penso che l'intelligenza non nasca dal dubbio, ma sia quella capacità della ragione di porsi delle domande.
    E chi ha delle domande vuole delle risposte esaurienti, altrimenti continua a cercarle, finchè non le trova.
    Senza risposte soddisfacenti, restiamo sempre inquieti.

    Il dubbio secondo me blocca....
    Pensa se uno dubita dell'amore della madre, dell'amore dell'amato...

    A me pare che il dubbio sul fatto di non essere amati blocca la persona, non le sviluppa l'intelligenza.

    Perchè nella vita abbiamo bisogno di sapere che il gradino sul quale poggiamo il piede è saldo e non traballante; altrimenti non passiamo al successivo.

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  5. Non so se posso intromettermi, ma mi pare che i due commenti viaggino su linee un po' diverse.
    È vero che la ricerca della verità nasce sempre da una domanda inevasa, da dubbi e incertezze, da crisi interiori. In questo senso il gregarismo, l'acquiescenza, la banalità quotidiana sono i veri nemici della verità.
    È anche vero che senza una verità consistente su cui poggiare, la persona non può sostenersi, perché la verità è l'essere stesso della persona. Una verità però sempre aperta a conquiste, approfondimenti, e perfino cambiamenti (in questo caso ci si accorge di essere stati in errore).
    La verità e il dubbio non sono necessariamente in contrasto assoluto: solo chi sa di essere in dubbio cerca la verità (Cartesius docet).
    Ciao!

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  6. Non sono esperta di filosofia, ma mi viene qualche dubbio sul significato che Cartesio dava alla parola dubbio.. oppure non ho capito niente...

    Mi è però chiaro che l'esperienza personale (di molti, molti anni fa per fortuna), di incertezza sull'amore da parte della persona amata era stata traumatica e paralizzante.
    Non pensavo assolutamente alla possibilità di cercare ancora: era una cosa che nel momento mi pareva irreparabile e senza speranza.

    Se ho il dubbio che una formula non sia esatta, e se non c'è nessuno che può aiutarmi, come posso continuare l'esperimento?

    Insomma nella ricerca della verità, mi pare che debba esserci un punto di partenza solido, come il gradino più basso di cui parlavo sopra.

    Secondo me DEVE esserci un punto di partenza, sia pure bassissimo, ma solido.

    Lo dico perchè se si erige il dubbio a criterio per la conoscenza della verità (Cartesio si rivolterà nella tomba!), si rischia di compiacersi in esso e di non andare avanti.

    Ma forse è solo una questione di significato dato alla parola dubbio.

    Buona giornata!

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  7. Carissima Anna,
    sono pienamente d'accordo con te su questo! Un punto di partenza, un punto di appoggio, una solida certezza, una fede ci deve essere, per poter procedere nella vita. L'uomo è fatto per la verità, non per il dubbio. E anche Cartesio parte dal dubbio metodico (non scettico!) per fondare la prima verità, il famoso 'cogito ergo sum'.
    Però mi pareva che Audrey volesse dire, ma non so se intendo bene, che oggi molte persone vivono in una situazione di banalità quotidiana, di ripetitive ovvietà, perché manca spesso un po' di senso critico, un riflettere con intelligenza su quelo che si fa e si dice.
    Queste persone non si pongono dubbi, sono tranquille nel loro insipido conformismo.
    Non le abbiamo conosciute a Okno persone simili? Mi pare che siano un bel po'...
    C'è un dubbio che blocca (quando uno dice che non si può conoscere la verità), e un dubbio che obbliga a ricercare la verità: "il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in Te".
    Ciao!

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