venerdì 12 ottobre 2018

Il mio primo vero Bach





Con questa stagione così invitante, stamani ho fatto una bella girata in collina, sopra la mia città.
Poiché il luogo era vicino, ho fatto anche visita al piccolo cimitero dove è sepolto un mio indimenticabile maestro di musica, D. Athos Bernardini. È stato un organista e concertista di grande valore, e ad Arezzo ha preparato valenti pianisti e organisti.

Mi sono soffermato in preghiera, mentre la lapide mi indicava la sua giovane età: 46 anni. Ricordo sempre il suo modo affabile e sereno, anche quando già la malattia lo stava portando con sé. Nel cielo, ovviamente.

Ogni volta che vado a trovare questo caro maestro, mi tornano subito alla mente alcune parole che mi hanno profondamente segnato.  Mi diceva davanti al pianoforte: “Quando sono un po’ giù di corda, suono questo preludio di Bach”. E suonava il 22 preludio in Si bemolle minore del I volume del Clavicembalo ben temperato.

È chiaro che il Clavicembalo ben temperato, capolavoro assoluto, ha dei brani così celebri e mirabili che non permettono di fare paragoni, a partire dal primo.

Ma per me il più bello rimane il n. 22, in Si bemolle minore. È di una bellezza perfetta, “fidiaca” l’ha definita Alfredo Casella, e a differenza di tanti altri brani, ha uno sviluppo agogico che possiamo trovare solo in sonate di grande respiro o nelle sinfonie.
Sembra rappresentare il cammino della nostra esistenza: un cammino faticoso o comunque impegnativo che si snoda attraverso momenti più leggeri o più drammatici, ma alla fine si apre alla luce della piena liberazione.

Ecco perché il mio caro maestro amava questo brano. E ho ancora negli occhi le sue mani che si appoggiavano alla tastiera e cominciavano a eseguire questa pagina “grondante di lacrime”, fino alla luminosa catarsi finale, in Si bemolle maggiore, ben preparata dopo una dura lotta con “l’immane peso del negativo”.

Mi  hai fatto amare Bach, carissimo D. Athos, e in maniera convincente.

Nel sentire le esecuzioni di questo preludio che troviamo nel web, anche di grandi interpreti, c’è da rabbrividire. Ci sono pianisti che lo eseguono in un minuto e mezzo, altri in due, altri in quattro…
E con interpretazioni che lasciano sgomenti: dal semplice solfeggio suonato ad un  romanticismo retorico e smaccato.

Bach non ha bisogno né di forzature né di aggiunte personali. Questo preludio, così lineare nel suo andamento, ci indica anche il modo di esecuzione. Il pathos che lo sottende, emerge dalla sua evidente struttura armonica.

L’esecuzione che presento, ad opera di Friedrich Gulda,  è la migliore di quelle disponibili.

Sarebbe piaciuta anche al M° D. Athos.







3 commenti:

  1. Sì, ha una struttura armonica grandiosa questo preludio. Ti confesso che non l'ho mai amato in modo particolare, mentre invece adoro letteralmente la relativa Fuga 22, altrettanto grandiosa. Grazie comunque di avermelo fatto riascoltare in questa bella esecuzione!!

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    1. Trovo in questo preludio qualcosa di "sublime", e cioè la perfezione formale dell'armonia che sorregge e contiene un intenso pathos, quello che deriva dal cammino di liberazione da ogni vincolo negativo, fino alla meta finale. Qualcosa di simile a ciò che Nietzsche definirà apollineo e dionisiaco insieme, prerogativa della bellezza assoluta della tragedia greca, che si conclude con una catarsi.
      Per questo ogni tanto amo ritornare su questo preludio, apollineo e dionisiaco insieme, perfetto nella forma come un Apollo, ma vibrante di pathos come Dioniso.

      Un grande abbraccio, cara Annamaria, e grazie del tuo sempre prezioso commento ;)

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  2. Sì, riascoltandolo mi rendo conto che è proprio così: dopo un percorso faticoso e difficile, si approda ad una conclusione luminosa in maggiore. Rigoroso e vibrante, come hai scritto tu.
    Grazie ancora!!!

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