martedì 28 maggio 2013

Il mio omaggio a Fabiana




Fabiana Luzzi, non ancora sedicenne, è stata accoltellata e poi cosparsa di benzina e bruciata viva dal suo ex fidanzato, diciassettenne. È successo a Corigliano Calabro, venerdì scorso, 24 maggio.
C’è qualcosa che non quadra in questa allucinante notizia.
Anzitutto l’età dell’assassino. Un minorenne. Si può concepire un delitto così orrendo a 17 anni? 
Ma a diciassette anni non si dovrebbe ascoltare musica, avere dei sogni romantici, studiare, fare sport, e soprattutto mettere la benzina solo nella moto?
L’assassino inoltre ha detto che, dopo aver accoltellato varie volte Fabiana, è tornato a casa, ha preso una tanica, ha fatto rifornimento ad una stazione di servizio  ed è tornato sul luogo del delitto per finire “il lavoro”. La ragazza si è difesa, ma non ha potuto far nulla, stremata com’era dalle ferite precedenti.
Anche qui qualcosa non torna. Chi è che ha fornito alla polizia queste notizie così dettagliate? L’assassino stesso, e con apparente freddezza, dettagliando  i vari momenti e le varie azioni.
In altre parole, un ragazzo poco più che adolescente, dopo un delitto simile, ha la freddezza di narrare questo atroce delitto senza mostrare emozione, senza sudare freddo, senza sentirsi male, senza vomitare.
Il giovane ha inoltre detto il movente del delitto: voleva fare sesso con la ragazza, che ha rifiutato.
E purtroppo ancora una volta mi trovo in difficoltà. Fare sesso per un diciassettenne è a quanto pare un fatto normale, comune, scontato; al punto che, se la ragazza si rifiuta, deve essere punita. E punita in modo feroce, perché un uomo non può essere umiliato da una donna con un rifiuto.
Riassumiamo il tutto.
L’evoluzione della specie umana oggi è a questo punto: a diciassette anni ci siamo lasciati alle spalle sogni, romanticherie, cultura, valori morali e religiosi. Rimane solo il chiodo fisso del sesso, al quale deve essere sacrificato tutto, azioni e persone.
L’evoluzione della specie ha raggiunto perciò l’ auspicata “reductio ad unum” del mondo libertario “progressista”,  e cioè l’ eliminazione di ogni altro aspetto che non sia il proprio ed esclusivo punto di vista; quello che permette a diciassette anni un’ orrenda freddezza omicida, che si lascia alle spalle una ragazzina massacrata da coltellate e bruciata viva.
Per l’innocente martire Fabiana, e per tutte le donne vittime della brutalità dell’uomo, il mio doveroso omaggio, con la musica di Richard Clayderman: Lyphard Melody.
 

sabato 25 maggio 2013

D. Pino Puglisi, beato


 
 
 
 
 
 
 
Mentre una becera contestazione in una  Chiesa di Genova pretendeva stamani di mettere a tacere la verità su D. Andrea Gallo,  sacerdote di Cristo, dall’altro capo d’Italia, a Palermo, veniva proclamata davanti a centomila persone  la beatificazione di D. Pino Puglisi, sacerdote, martire della mafia.
La Chiesa non finisce mai di sorprendere.  Un papa viene criticato perché porta le ciabatte rosse, e allora eccone un altro con le scarpe nere; si pensa che nella Chiesa ci sia solo D. Gallo a fare del bene nelle borgate degradate, e in contemporanea  si scopre il volto di D. Pino Puglisi, educatore di giovani nel quartiere Brancaccio, che sorride sereno a chi lo sta uccidendo.

Si pensa che la Chiesa abbia fatto il suo tempo e non abbia più nulla da insegnare, ed ecco che da ogni parte del mondo la gente accorre per ascoltare due volte la settimana Papa Francesco, riempiendo Piazza S. Pietro fino a Via della Conciliazione.

Non sono bastate le pallottole della mafia a eliminare D. Pino Puglisi, oggi agli onori degli altari.
 
Come non è bastata una croce per far fuori Cristo dalla storia.
 

giovedì 23 maggio 2013

D. Andrea Gallo, sacerdote



 
È morto D. Andrea Gallo, il fondatore della Comunità di S. Benedetto al Porto, a Genova.
Ho letto dichiarazioni e commenti di esponenti del mondo politico, sindacale, artistico e di altra varia umanità.
Solo elogi (meno male!). Ma questi elogi per don Gallo spesso vanno di pari passo con le critiche agli altri preti, alla gerarchia ecclesiastica, alla Chiesa in generale.
Come a dire: don Gallo era uno in gamba, perché non seguiva le direttive canoniche, disobbediva ai vescovi... Insomma, era bravo perché era un’eccezione.
Certo, non si può dire che egli fosse un prete da sacrestia. Non si può dire che non abbia preso a volte delle posizioni in contrasto con le direttive ufficiali della Chiesa.
Eppure nessuno dei suoi vescovi l’ha mai sospeso. Né il Card. Bagnasco (presidente della Conferenza Episcopale), né ai tempi del Concilio il Card. Siri, noto per il suo “tradizionalismo”. Non parliamo poi di Bertone e Tettamanzi...
Il fatto è che don Gallo è stato un vero sacerdote di Cristo, come tanti altri preti che magari lo hanno criticato.  Quando uno, come D. Gallo, sceglie di stare con i poveri e gli emarginati non fa un dispetto alla Chiesa, ma la realizza concretamente, così come quello che dà tutto se stesso per mandare avanti una comunità parrocchiale “normale”, o un gruppo giovanile qualunque, o un’associazione devota.
Don Gallo ha dato tutto se stesso, proprio perché aveva un animo sacerdotale; perché era figlio della Chiesa, dalla quale ha ricevuto il sacramento dell’Ordine sacro, al quale è stato sempre fedele, per sua stessa ammissione.
Quelli che vogliono tirarlo per la giacca dalla loro parte, fuori della Chiesa, non lo hanno conosciuto bene.
Alla fine, rimarrebbero delusi. Anche don Gallo direbbe a questi signori, “impegnati” solo nel loro piccolo interesse materiale, quello che diceva D. Milani a Pipetta (ve lo ricordate, il giovane comunista di Calenzano, che pensava solo alla giustizia sociale): “Stai attento Pipetta, alla fine io ti tradirò!”
D. Gallo ora è in Paradiso, quel Paradiso in cui ha sperato e creduto, e che molti di quelli che oggi lo osannano, lo ritengono un’invenzione dei preti.
Come era D. Andrea Gallo.
 
Per te, caro D. Andrea, amico di Fabrizio De André e della Fernanda Pivano, la mia preghiera, con la stupenda antifona che infinite volte avrai cantato in gregoriano:
In Paradisum.
 
In Paradisum deducant te Angeli,
in tuo adventu suscipiant te martyres
et perducant te in civitatem sanctam Jerusalem.

Chorus angelorum te suscipiat,
et cum Lazaro quondam paupere
aeternam habeas requiem.

 



In Paradiso ti accompagnino gli Angeli,
al tuo arrivo ti accolgano i martiri
e ti conducano nella santa Gerusalemme.

Ti accolga il coro degli Angeli,
e con Lazzaro povero in terra
tu possa godere il riposo eterno
nel cielo.     




 
 

martedì 21 maggio 2013

L'ultimo dei Bee Gees. Ricordando Robin


 

Mi piace ritornare al futuro (era un po’ che non postavo, per impegni vari) con un ricordo del passato: la musica dei Bee Gees.
Lo faccio anzitutto perché quella mitica band ha composto canzoni che hanno segnato una svolta epocale alla fine degli anni 70 (La febbre del sabato sera, 1977).
Lo faccio perché quelle bellissime canzoni andavano di pari passo con anni per me altrettanto belli (ma non mi lamento neppure ora).
Lo faccio infine perché voglio ricordare Robin Gibb, a un anno dalla sua scomparsa (20 maggio 2012).
La canzone che propongo “Too much heaven” è del 1979, uno dei loro maggiori successi.
Troppo presto Robin, e prima ancora suo fratello gemello Maurice, si sono messi in fila (“in line”) e se ne sono andati. Non si aspettavano una partenza così in anticipo, “too much heaven”, troppo paradiso.
Dei tre Brothers Gigg rimane solo Barry.
Ma in realtà, quello che noi siamo, non morirà mai: “Ev’rything we are will never die”.
 
Nella videoclip, da sinistra: Robin, Barry, Maurice.

 
 
Nobody gets too much heaven no more
It’s much harder to come by
I’m waiting in line
Nobody gets too much love anymore
It’s as high as a mountain
And harder to climb

Oh you and me girl
Got a lot of love in store
And it flows through you
And it flows through me
And I love you so much more
Than my life, I can see beyond forever
Ev’rything we are will never die
Loving’s such a beautiful thing
Oh you make my world a summer day
Are you just a dream to fade away?

Nobody gets too much heaven no more
It’s much harder to come by
I’m waiting in line
Nobody gets too much love anymore
It’s as high as a mountain
And harder to climb

You and me girl got a highway to the sky
We can turn away from the night and day
And the tears you had to cry
You’re my life
I can see a new tomorrow
Ev’rything we are will never die
Loving’s such a beautiful thing
When you are to me the light above
Made for all to see our precious love

Nobody gets too much heaven no more
It’s much harder to come by
I’m waiting in line
Nobody gets too much love anymore
It’s as high as a mountain
And harder to climb


Love is such a beautiful thing
You make my world a summer day
Are you just a dream to fade away?

Nobody gets too much heaven no more
It’s much harder to come by
I’m waiting in line
Nobody gets too much love anymore
It’s as wide as a river and harder to cross

Nobody gets too much heaven no more
It’s much harder to come by
I’m waiting in line
Nobody gets too much love anymore
It’s as high as a mountain
And harder to climb.


Nobody gets too much heaven no more
It’s much harder to come by
I’m waiting in line...

 

Traduzione

Nessuno prenda mai più troppo paradiso,
è difficilissimo da ottenere
sto aspettando in fila.

Nessuno prenda mai più troppo amore,
è alto come una montagna
ed è difficile da scalare

Oh, io e te, ragazza
abbiamo molto amore conservato dentro
e scorre in te, e scorre in me
e ti amo molto più
della mia vita
posso vedere al di là per sempre,
tutto quello che siamo non morirà mai,
l’amore è una cosa così bella,
oh, tu rendi il mio mondo un giorno d’estate,
sei solo un sogno da far svanire?

Nessuno prenda mai più troppo paradiso,
è difficilissimo da ottenere
sto aspettando in fila.

Nessuno prenda mai più troppo amore,
è alto come una montagna
ed è difficile da scalare
Io e te, ragazza
abbiamo una strada che porta verso il cielo
possiamo allontanarci dalla notte e dal giorno
e dalle lacrime che dovevamo piangere

Tu sei la mia vita
e io posso vedere un nuovo domani
tutto cio che siamo non morirà mai
l’amore è una cosa così bella
quando per me tu sei la mia luce in alto
che serve a tutti affinché possano vedere
il nostro prezioso amore
Nessuno prenda mai più troppo paradiso,
è difficilissimo da ottenere
sto aspettando in fila.

Nessuno prenda mai più troppo amore,
è pieno come un fiume
ed è difficile da attraversare.
Nessuno prenda mai più troppo amore,
è pieno come un fiume
ed è difficile da attraversare.
Nessuno prenda mai più troppo paradiso,
è difficilissimo da conquistare
sto aspettando in fila,

è alto come una montagna
ed è difficile da scalare

Nessuno prenda mai più troppo paradiso,
è difficilissimo da conquistare
sto aspettando in fila...

mercoledì 8 maggio 2013

Il governo in convento e Andreotti in Paradiso...

















Il governo in convento


Tra liti, veti, e spari di soverchio,
alla fine il governo è nella sede.
Letta è riuscito a far quadrare il cerchio,
cosa che non riuscì neanche a Archimede.
 
Il problema ora è farlo andare avanti,
e qui ci vuol dal cielo un intervento.
Perciò il governo sta pregando i Santi
nel contado di Siena, in un convento.
 


Nella foto: l'Abbazia di Spineto (Sarteano, Siena) dove Letta riunirà domenica prossima i ministri del suo governo.

***














 
Non penso che Giulio Andreotti se n'abbia a male, se scrivo di lui con humor dopo la sua sepoltura, avvenuta ieri. Amava scherzare amabilmente su tutto, anche sulla sua morte.
Anche per questo è stato un grande. E di certo dal cielo mi farà un sorriso (di compassione)...
 
 

Andreotti in Paradiso
 
 
Morto Andreotti, scende giù all’Inferno.
Ma Belzebù non gli apre il suo portone:
“Tu ne sai una più di un diavolone,
il tuo posto è più in su, dal Padreterno!”
 
Giulio, più arzillo, sale per le scale
che lo portano su nel Purgatorio.
Ma l’Angelo che sta nel parlatorio
neppure quello gli apre il suo portale:
 
“Lo so che credi avere qualche pecca,
e nella vita tu pensasti male.
Ma tu dicevi il vero da mortale:
a pensar male spesso ci si azzecca!”
 
Il divo Giulio allor, con passo alato,
sale con la sua gobba in Paradiso;
ma San Pietro non fa neanche un sorriso
e con le chiavi chiude il porticato.
 
“Lascialo entrare, ordina il Signore,
e mandalo da me immediatamente.
Voglio da lui sapere finalmente
qualche segreto che mi punge il cuore!”
 
 
 
Amicusplato

venerdì 3 maggio 2013

I capricci del tempo (e di Paganini)


 
 
La stagione fa i capricci.
 
Oggi per esempio ha fatto di tutto. Ha cominciato con il broncio, poi si è messa a piovere a dirotto. Si è presa la pausa pranzo, con le nuvole in stand-by. Quindi ha ripreso a pioviscolare, per tenersi in forma. Alla fine della giornata ha lasciato spazio ad un sole sfolgorante. La notte è piuttosto fresca; nel grande display del quartiere vedo dal mio studio la temperatura: 14°.
 
Era di moda dire che non ci sono più le mezze stagioni. Diciamo pure che non ci sono più le stagioni...
 
Ogni giornata sembra la sintesi hegeliana degli opposti: un pizzico d’inverno la notte, e durante il giorno un tocco di primavera, un assaggio di estate e una spruzzata d’autunno.
 
Forse anche il tempo risente dell’andamento umano. Sono di moda le grandi coalizioni.
 
In una stagione così capricciosa, non si può che ascoltare Niccolò Paganini, che di Capricci ne ha fatti 24. Tutti geniali.
 
Ascoltiamo il n. 5, tanto per gradire.
 
L’esecuzione di Shlomo Mintz sarebbe piaciuta di certo anche a Paganini.


 

mercoledì 1 maggio 2013

Aristotele e Tommaso alla Festa del 1° Maggio







Il lavoro è visto oggi soprattutto come fonte di sostentamento.
 
In una situazione in cui molte aziende chiudono e la disoccupazione avanza minacciosa, non sembrerebbe questo il tempo per dotte dissertazioni. "Primum vivere, deinde philosophari", prima bisogna pensare alla sopravvivenza, poi si potrà fare filosofia.
 
Eppure, anche in questa congiuntura economica, l’uomo non può fare a meno della sua forza speculativa, oltre che della forza lavoro.
 
Il pensiero serve, eccome!
 
Una corretta visione dell’economia porterebbe sicuramente anche ad un incremento occupazionale, mentre una visione sbagliata crea squilibri sociali ed umani drammatici. È quello che stiamo vivendo ogni giorno.
 
Occorre perciò sempre “philosophari”, cioè ragionare, discutere, confrontarsi, perché si possa trovare la migliore soluzione per questo fondamentale problema, cioè la giustizia sociale.
 
Tommaso (così come Aristotele) sosteneva che "l’azione segue l’essere" (operatio sequitur esse). Un animale segue nel suo agire l’ istinto, perché l’essere dell’animale è fondamentalmente istintivo. L’uomo dovrebbe seguire ciò che la coscienza gli indica come bene, ed evitare il male. Poiché ogni uomo è dotato di coscienza e volontà, l’agire umano dovrebbe caratterizzarsi secondo valori universali di bene. È quello che sosteneva anche Kant: “Fa’ in modo che il tuo agire sia norma di comportamento universale”. Lo Stato poi, con le sue leggi, difende (dovrebbe difendere) questi valori universali.
 
Il pragmatismo moderno ("moderno" solo cronologicamente, sia chiaro!) sostiene, al contrario, che l’essere segue l’agire. Secondo questa ideologia non esistono perciò valori universali, ma contingenti e mutevoli, e i problemi si risolvono per tentativi ed errori (trials and errors). Un po’ come nel laboratorio scientifico, dove si fanno esperimenti “in corpore vili”, o si prospettano ipotesi che si possono poi risolvere in fallimenti.
 
Quando si parla di uomo e di società, però, non si possono fare esperimenti "in corpore vili", e non ci possiamo permettere il lusso di fallimenti. Ne abbiamo già visti troppi nel secolo XX.
 
Si tratta dunque di decidere se la crisi economico-sociale di questo tempo sia solo una contingenza casuale, come uno tsunami, oppure la disastrosa conseguenza dell’ abbandono dei valori etici anche nel mondo economico.
 
Dal "grido di dolore" di tanti e di tutti, che spesso si esprime in insulti, minacce e peggio ancora, si capisce che l’antico Aristotele e il medievale Tommaso sono più moderni dei banchieri americani ed europei di oggi.
 
Per Aristotele e Tommaso il denaro non doveva "partorire" denaro (Marx parlerebbe di "plusvalore"), ed equiparavano i banchieri agli usurai.

Non avevano ragione?




Nelle foto: "S. Tommaso e gli Angeli", il Guercino (1662), Basilica di S. Domenico, Bologna.
                   "Aristotele" (La Scuola di Atene, part.), Raffaello (1509-11), Stanze Vaticane.