lunedì 23 maggio 2011

Dagli abissi del male alla pace. Ancora Beethoven



Forse nessun musicista ha esplorato la ricchezza dell’animo umano al pari di Beethoven, sia negli aspetti più sublimi che in quelli più tenebrosi e oscuri.

Una caratteristica fondamentale della sua opera rimane però la speranza nell’uomo.
Anche nelle pagine più drammatiche (penso alla V sinfonia, ad esempio), alla fine vince la luce, in una battaglia che l’uomo deve comunque affrontare, attraverso l’immane travaglio del negativo.

Ma c’è un’opera in cui si chiarisce in modo inequivocabile dove poggia questa fiducia dell’uomo. Non solo nelle proprie forze, ma in ultima istanza nella misericordia di Dio.

Quest’opera è la grandiosa Missa Solemnis, in Re maggiore, che già nell’ultimo post abbiamo ricordato.

Voglio sottolineare solo due punti, quelli che ora a noi interessano.

La fiducia nell’uomo è espressa magnificamente nel Credo alle parole: “Et homo factus est” (e si è fatto uomo).
Certo, le parole si riferiscono all’incarnazione del Figlio di Dio; ma quella parola “homo”, ripetuta più volte e con forza dal coro e dai solisti, specie dal tenore, fa impressione. In genere infatti i musicisti usano qui dei toni tenui e delle dolci melodie: è la nascita di Gesù, il Natale, con quel che ne consegue.
Beethoven lo interpreta piuttosto come l’esaltazione della natura umana, assunta dal Figlio di Dio, e quindi resa a sua volta “divina”.
È la dignità dell’uomo che trova il suo fondamento. 


All’opposto, nell’Agnus Dei, che postiamo nella sua prima parte, Beethoven esplora le profondità e gli abissi del male, i peccati dell’uomo e del mondo intero: “peccata mundi”. La voce è anzitutto quella del basso solista, che scende con dolorosa commozione negli anfratti dell’animo umano, per poi elevarsi progressivamente con le altre (mezzo-soprano, tenore, soprano e coro) a invocare la misericordia divina, unica speranza per la pace del cuore e del mondo.

L’invocazione “dona nobis pacem” (che non è in questa videoclip, ma nella successiva http://youtu.be/m8a-_q1gIR8) conclude in modo sublime il cammino di liberazione dell’uomo che si affida a Dio.

Più si ascolta questa composizione, più si capisce perché “Ludovico Van” la considerava il suo capolavoro.
 

6 commenti:

  1. Sì, un meraviglioso canto di lode a Dio e di fiducia nell'uomo.

    Un'impresa titanica, ma questa volta sotto l'ispirazione divina :-)

    Grazie e buona serata, Mirta :-)

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  2. Mi affido a Dio, Antonio.
    Abbraccio che avrei voluto vero.

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  3. Se ti riferisci all'incontro dei blogger a Bologna, ti faccio i miei più vivi rallegramenti, carissima Gianna :-)

    Dal tuo reportage, sei stata davvero straordinaria ;-)

    Complimenti!

    Un abbraccio da qui :-))

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  4. stavolta forse perchè sono stanco , il commento supera l'opera, io mi sono limitato alla superfice, a quella razionalità geometrica e profonda che voglio in bethoven. Interessantissimo come hai descritto la nascita dell'uomo, la sua figura d'origine divina come una luce nella luce.

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  5. Mio caro Luca, mi fa piacere che il mio post sia stato da te apprezzato ;-)

    In certo senso non mi meraviglio della tua "resistenza" musicale a quest'opera di Beethoven, che in effetti è molto diversa dal Beethoven che abitualmete viene ascoltato ;-)

    Anch'io, per molto tempo, facendo il confronto con la Missa in Si minore di Bach e quelle di Mozart (non solo quella di Requiem, ma anche le altre, che via via ho postato) con questa di Beethoven non riuscivo a penetrare nello spirito dell'opera. Mi rimaneva un po' "esteriore".

    Finché non ho capito che Beethoven non ha voluto fare una Messa "facile", con i soliti brani orecchiabili, con le frasi scolpite razionalmente, ma un grande affresco michelangiolesco, un'opera umana e divina insieme, in cui ogni particolare, compreso l' improvviso pianissimo delle voci, perfino i silenzi, il trillo di un flauto o lo squillo solitario della tromba hanno un significato evocativo, e al tempo stesso contribuiscono a creare delle atmosfere musicali mai udite prima.

    Lasciarsi prendere soprattutto da questo ininterrotto fluire di immagini sonore, ora dolci, ora amare, ora solenni, ora minimali... ;-)

    Ma vedo che anche tu, nonostante la stanchezza, hai già iniziato il percorso (il discorso sull'uomo) per entrare dentro quest'opera, che è la chiave di volta per capire fino in fondo lo spirito di Beethoven.

    Un po' alla volta, cercando di allargare l'idea che ci siamo fatti di Ludovico Van... ;-)

    Grazie di nuovo, Luca, del tuo sempre stimolante commento :-)

    Ciao!

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