domenica 8 maggio 2011

Un mazzolin di rose e di viole...





Il bellissimo pomeriggio di questa domenica di maggio era troppo allettante per farmi rimanere chiuso in casa e in città.

Così ho preso l’auto e mi sono diretto in collina, dove ormai la primavera, dopo un inizio stentato, comincia a mostrare tutto il suo fulgore.

Una bella passeggiata tra boschi e campi è quanto di più salutare, per il corpo e per lo spirito, si possa immaginare.

Mi sono inoltrato nel bosco, mentre i miei polmoni facevano il pieno di ossigeno e di essenze balsamiche profumate, rigorosamente naturali, ovviamente.

Camminando lungo un sentiero accanto ad un rigagnolo, con mia grande sorpresa ho notato nel greppo un cespuglio di viole ancora fiorite.

Sono rimasto incantato. Poco più sopra, illuminate dal sole, spiccavano rose di macchia, con il loro delicato colore.

Rose e viole…. Per la verità, non è stata la prima volta che ho visto insieme nel bosco questi due fiori, il cui ciclo vitale si svolge in periodi diversi. Le altre volte però mi era accaduto di vedere anticipata la fioritura delle rose, in primavere precoci.

Questa è stata una delle poche volte che ho visto invece, almeno dalle mie parti, le viole ai primi di maggio, nel pomeriggio di una lenta primavera.

Ho pensato al Leopardi, e alla donzelletta del Sabato del villaggio, che reca in mano “un mazzolin di rose e di viole”.

Ho anche pensato ai commenti, talvolta poco benevoli, dei critici (il Pascoli, ad esempio) che hanno voluto sottolineare le scarse conoscenze “botaniche” del grande poeta di Recanati.

Altri invece hanno parlato di “licenza poetica”. Ai grandi poeti tutto è permesso; rose e viole fioriscono in periodi differenti, ma se il verso lo esige, vengono fatte sbocciare in contemporanea.

Viene in mente un’altra licenza poetica famosa: l’upupa dei Sepolcri del Foscolo, che svolazza notturna sopra le tombe; mentre sappiamo che è un uccello diurno, con una simpatica cresta di penne, ma con un nome che sta bene nei cimiteri. E il Foscolo ce l’ha collocata.

Anche il Manzoni non scherza, e mette in bocca al brianzolo Renzo un “La c’è la Provvidenza!”, che si sente solo in Toscana. Ma lo scrittore aveva risciacquato “i suoi panni in Arno” e intendeva proporre un modello di lingua nazionale.

Licenze poetiche…

Ma stasera, 8 maggio, di fronte a quel cespuglio di viole, e con una macchia di rose canine che svettavano al sole primaverile, ho pensato che la donzelletta che veniva dalla campagna, in quel sabato del 1829, doveva aver trovato una stagione simile a questa del 2011.

Con buona pace del Pascoli.


Foto in alto: "La gerbe" (1953), di Henry Matisse, Los Angeles, County Museum of Art

2 commenti:

  1. Post delizioso e profumato, caro Antonio.
    Finalmente un po' di relax...

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  2. Un po' di relax, ogni tanto, ci vuole... ;-)

    Un abbraccio, carissima Gianna :-))

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