mercoledì 9 marzo 2011

Le Ceneri. Non solo un pizzico di polvere...



Le Ceneri. Il simbolo più evidente della nostra condizione umana.

Nonostante i progressi della scienza e della tecnica, nonostante filosofie roboanti (penso in particolare all’idealismo assoluto di Hegel e al superomismo di Nietzsche), nonostante il velo di silenzio che cerchiamo di stendere su questo aspetto della vita, l’uomo alla fine è un mucchietto di cenere.
E oggi la Chiesa, con sano realismo, ce lo ha ricordato, mettendocene un pizzico sulla testa.

"Semel in anno licet insanire", una volta all’anno è lecito impazzire, con il Carnevale.

E allora è bene che una volta all’anno, e subito dopo il Carnevale, sia lecito anche rinsavire.

La superbia umana, che cerca di esorcizzare l’insostenibile leggerezza dell’essere, viene smascherata nella sua vacuità da un pizzico di polvere.

Ammiro invece il Leopardi che, ne "La Ginestra", dinanzi alla vastità delle ceneri nelle pendici (“le rive”) del Vesuvio, usa queste parole, nei confronti di coloro che già nel XIX secolo vedevano per l’uomo solo un avvenire radioso:

“Dipinte in queste rive
son dell’umana gente
le magnifiche sorti e progressive.
Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco”. (La Ginestra, vv. 49-53)

Si è visto nel XX secolo quali “magnifiche sorti e progressive” l’umanità abbia sperimentato.

Ma non seguo il Leopardi un un punto fondamentale. Quelle ceneri del Vesuvio per lui sono il simbolo della cattiveria della Natura matrigna, che ci ha generati alla sofferenza e alla morte.

Invece le Ceneri che la Chiesa ci ha posto sulla testa sono le ceneri che vengono dal fuoco acceso nella notte di Pasqua, cioè sono simbolo di morte e di risurrezione.

È vero, l’uomo è mortale. Ma quelle ceneri sono destinate alla Risurrrezione, come Gesù Cristo.

“La Rapresentatione di Anima et di Corpo”, di Emilio de’ Cavalieri (1550-1602) è il primo esempio di “Oratorio” musicale, eseguito in Roma nell’Oratorio della Vallicella, nel febbraio del 1600.

È il “recitar cantando” che inizia in contemporanea con la Camerata de’ Bardi a Firenze. Sono i primordi dell’opera lirica, un momento fondamentale per la storia della musica.

Il brano che postiamo (Atto I, Scena 1) esprime bene il significato della realtà umana. La vita terrena è fugace; ad essa segue la vita eterna.

Ognuno è chiamato ad una scelta.

7 commenti:

  1. L'auspicio più grande...la mia scelta: la morte dell'uomo vecchio seguita dalla Rinascita a Nuova Vita.
    Nel Divino Nome.

    Serena notte, Antonio, e grazie...

    Maddy

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  2. Scegliere di stare con Dio non è rinunciare a qualcosa, ma trovare il significato della nostra vita ;-)

    Mettersi in cammino... è così bello :-))

    Grazie a te, carissima Maddy :-)

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  3. Caro Antonio, l'inizio della Quaresima non è tempo di tristezza,ma è l'inizio di un cammino insieme, che ci porterà alla Pasqua di Risurrezione.
    E' bene che una volta all'anno ricordiamo la fugacità del tempo e del nostro breve passaggio su questa terra.

    Ottimo post Antonio, anche per la musica che hai scelto.
    Bacio.

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  4. Ieri, durante l'omelia il sacerdote ha detto che la Quaresima non è un tempo di tristezza e di sofferenza come tanti pensano, ma è tempo di gioia perché è un'occasione per fare maggiore esperienza dell'amore di Dio.
    Con questo pensiero ti auguro una buona e santa Quaresima...

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  5. Carissima Gianna,

    sono pienamente d'accordo con te :-)) la Quaresima è un sereno cammino di liberazione, dalla nostra nativa fragilità, verso la Pasqua.

    Un brano musicale molto "caravaggesco", che segna anche un momento fondamentale nella storia della musica.

    Un grande abbraccio e un bacio affettuoso :-))

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  6. Grazie, cara Marina, della tua bella riflessione, che è stata anche quella del Papa, se non mi sbaglio.

    La Quaresima è liberazione, quindi, in definitiva, gioia.

    Certo non possiamo dimenticare la nostra nativa fragilità, che ha bisogno del sostegno di Dio, se vuole raggiungere la meta.. :-)

    Un caro saluto, e Buona Quaresima anche a te! :-))

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  7. secondo me che ci sia la morte è un limite posivito, che ci permette di essere liberi e non attaccarci a cose ajtro da noi

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