Non è una piccola cosa la “battaglia” per il Crocifisso. È una battaglia tra due modi di vedere la realtà umana.
Da una parte coloro che pensano che l’uomo possa progettare il futuro tagliando o rendendo insignificanti i riferimenti del passato. E i riferimenti più forti sono quelli cristiani.
Se diventano insignificanti quelli, figuriamoci cosa possano dire all’uomo moderno Socrate, Platone, Aristotele, e compagnia bella, che qualche “laico” pretende di recuperare.
Cosa avrebbero da insegnare questi vecchi barbogi ai moderni Faust?...
Diverrebbero insignificanti. Anche peggio. Nietzsche ad esempio arriva a sostenere che Socrate è stato colui che ha ucciso con la sua fredda razionalità la bellezza della vita; figuriamoci! Non il maestro del dialogo e della coerenza morale...
Dall’altra parte, e si spera che sia la stragrande maggioranza delle persone, ci sono coloro che pensano che il futuro dell’uomo non possa fare a meno di una memoria storica e culturale.
Prima di tutto perché “conoscere significa ricordare” (Platone), e la storia è maestra di vita.
E poi perché il Cristianesimo ha avuto la capacità di accogliere e valorizzare i migliori contributi che ogni epoca e civiltà ha elaborato.
È una sua fondamentale caratteristica, quella di accogliere nel suo tesoro il nuovo e il vecchio, “nova et vetera” (Mt 13, 52).
Lo diceva già il filosofo S. Giustino, nel II secolo: i “semi di verità” (lògoi spermatikòi, rationes seminales) sono sparsi in ogni filosofia; e da chiunque provengano sono opera dello Spirito di Dio che, come il vento, “soffia dove vuole” (Gv 3, 8).
Il Cristianesimo non è però un confuso sincretismo, ma la fede nel Figlio di Dio fatto uomo; perciò è un umanesimo integrale; e tutto ciò che è umano non gli può essere estraneo.
È un vero umanesimo, perché ha avuto come fondatore l’Uomo vero per eccellenza, Gesù Cristo, che ha svelato all'uomo il mistero dell’uomo e gli ha fatto prendere coscienza della sua dignità di figlio di Dio.
La più grande “rivoluzione” nella storia umana è stata il Cristianesimo, perché per la prima volta e in modo definitivo ha fatto comprendere che ogni uomo è fratello per l’altro uomo; Dio è Padre di tutti, anche di coloro che non lo riconoscono.
Per questo, se non vogliamo ritornare alla “guerra di tutti contro tutti”, agli odi tribali, modernizzati in schemi politici o ideologici, e alla legge del più forte, dobbiamo ancora volgere lo sguardo verso quell’Uomo giusto, senza il quale, per usare un’espressione di Solgenitzin, “non può sussistere un villaggio, né una città, né il mondo intero”.
E Solgenitzin aveva conosciuto un tipo di società in cui il Crocifisso era stato estromesso...
Foto in alto: Il "Crocifisso" di Cimabue (1265 ca), Basilica di S. Domenico, Arezzo
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