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martedì 4 novembre 2008

4 novembre. Vittorio Veneto




Vittorio Veneto porta un nome che è stato un presagio. Alla cittadina veneta fu dato il nome di Vittorio, in onore del re Vittorio Emanuele II, nel 1866. Nessuno allora avrebbe potuto immaginare che vi si sarebbe combattuta l’ultima e vittoriosa battaglia della Grande Guerra, tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918.
Lo sfondamento del fronte a Vittorio (Veneto) mise in rotta l’esercito austriaco e portò alla vittoria finale, sanzionata dall’armistizio di Villa Giusti del 3 novembre, entrato in vigore il 4 novembre.

Proprio il 4 novembre il comandante supremo Armando Diaz fece diramare il famoso "Bollettino della Vittoria".

L’ultima frase del bollettino fu aggiunta di pugno da Armando Diaz stesso, a dispaccio già composto, ed è la parte più celebre, sia per il vigore delle espressioni, sia perché contiene un (discusso) errore di grammatica.
Diaz descrive la rotta dell’esercito austriaco così:

“I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.

A prima vista la frase fila; ma a ben guardare si nota che “i resti” dell’esercito austriaco certamente “risalgono con disordine e senza speranze le valli”; ma si trova difficoltà a pensare che fossero stati solo “i resti” del medesimo esercito a scendere quelle valli “con orgogliosa sicurezza”.
Insomma, il medesimo soggetto “i resti” non può reggere le due frasi: furono i resti dell’esercito a risalire, ma era stato l’esercito al completo a discendere in Italia.

Altri però molto giustamente ricordano che esiste una figura retorica, lo "zeugma", (giogo), che consiste nell’unire impropriamente due termini o due frasi, per dare rapidità ed efficacia al discorso.
È celebre l’esempio dantesco, nel XXXIII canto dell’Inferno. Il Conte Ugolino dice: “Parlare e lacrimar vedrai insieme”. Lacrimar si vede, ma parlare si sente.
Diaz il 4 novembre non aveva certo in mente uno zeugma; ma l’immensa gioia della vittoria lo porta ad aggiogare due frasi diverse; come l’immenso dolore del Conte Ugolino lo porta ad unire impropriamente due verbi. In ambedue i casi si ottiene rapidità ed efficacia.

Il valore eroico che portò i soldati italiani alla vittoria è espresso in modo indimenticabile anche dalla scritta che si vede in un brandello di muro di una casa (l'osteria Zanin) presso Fagarè, oggi inserito nel Sacrario del luogo:

TUTTI EROI ! O IL PIAVE O TUTTI ACCOPPATI !

Fu segnata (sembra) dall’eroico tenente Ignazio Pisciotta, nel giugno 1918, per incitare alla resistenza sul Piave. All'episodio si fa cenno anche nel film di Monicelli, La Grande Guerra.

Il tenente Pisciotta era di Matera.
Sul Piave e a Vittorio Veneto non si fece solo l’unità d’Italia geografica, ma anche civile e morale.