lunedì 31 dicembre 2012

Bilancio 2012. Qualcosa si salva (in rima)
















Una notizia gaia:
il mondo gira ancora;
il calendario Maia
sbagliato ha il giorno e l’ora.

Una notizia triste:
l’anno sta per finire;
ma tante ne abbiam viste,
che è ben per lui sparire.

Quest’anno fu bisesto
e, come dir si suole,
fu anche assai dissesto;
se muor, non me ne duole.

Dissesti estate e inverno;
sismi ed inondazioni;
dissesto nel governo;
politici ladroni.

Bilanci negativi.
Ma un dato buon ci sta:
siamo arrivati vivi
nell’anno che verrà.



Amicusplato


giovedì 27 dicembre 2012

I dodici giorni natalizi (ovvero, imparare cantando)



Dal Natale all’Epifania ci sono 12 giorni.

Sono giorni di particolare gioia e serenità, o almeno, così dovrebbe essere e si spera.

Tra i canti popolari natalizi ce n’è uno, nella tradizione anglosassone, che ricorda in forma di simpatica filastrocca i doni che ognuno di questi giorni natalizi porta con sé.

È un gioioso canto quasi senza senso, almeno a prima vista, dal momento che i regali ricordati sono per lo più “incomprensibili”. Si parla di galline francesi, di uccelli che richiamano, di oche che covano, di ragazze che mungono il latte, di cigni che nuotano, e così via.

Questo “non senso” della filastrocca ha fatto pensare a molti che si tratti in realtà di un canto simbolico, che i cattolici anglosassoni avrebbero inventato nel XVI secolo per trasmettere le principali verità della fede ai più piccoli, al tempo delle persecuzioni protestanti.

I doni, in sequenza, sono: pernice in un pero, tortore, galline francesi, uccelli che richiamano, anelli d'oro, oche che covano, cigni che nuotano, fanciulle che mungono, signore che danzano, signori che saltano, pifferai che suonano, tamburini che battono il tamburo.

La pernice in un pero (partridge in a pear tree) simboleggerebbe Gesù, che attira i predatori su di sé per distoglierli dai figlioletti indifesi nel nido.
Le due tortore raffigurerebbero il Vecchio e il Nuovo Testamento.
Le tre galline francesi rappresenterebbero le tre virtù teologali: fede, speranza e carità.
I quattro uccelli sarebbero i quattro Vangeli, di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che proclamano la parola di Dio, ... fino ai 12 tamburini, immagine dei 12 Apostoli, banditori del Vangelo.

Ho notato che nel web (e in Wikipedia) i vari commentatori attribuiscono ai 5 anelli d'oro della canzone il significato dei primi cinque libri della Bibbia, cioè la Torà (o Pentateuco).
Questa interpretazione mi pare troppo ricercata e perciò forzata; poteva essere giustificata in un canto ebraico. Trattandosi invece di un canto di origine cattolica è molto più logico pensare che i cinque anelli d'oro (d'oro!)  siano invece i cinque precetti della Chiesa Cattolica, che ebbero proprio nel periodo del Protestantesimo un'importanza fondamentale nella catechesi. È impensabile che nel XVI secolo, nel pieno della polemica con i protestanti, il numero 5 non fosse associato dai cattolici ai precetti della Chiesa.
 
Comunque sia, significato criptico o meno, gustiamoci questo simpaticissimo e antico canto natalizio: Twelve Days of Christmas.
 
 

martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale (ma non alla maniera di Google)!




La sublime bellezza del Natale (non quello vacuo di una società consumistica, ma quello sostanzioso di Dio che si fa uomo per ridonarci il senso della vita) si esprime in ogni forma espressiva, dalla preghiera ad ogni genere di arte e di creatività umana.

In particolare questa festa ha fatto nei secoli emergere appieno la creatività popolare, semplice e affascinante al tempo stesso.

Il presepio ne è l’esempio più bello. Ma non meno significativi i canti tradizionali in ogni lingua, che oggi sono sempre più patrimonio comune dell’umanità, con l’incontro tra le diverse culture.

Villancicos, Christmas carols, chansons de Noël, e così via, nella loro infinita varietà ci danno il senso di quello che è il Natale nel mondo: una gioia profonda e incontenibile.

Molti di questi canti hanno origini nel primo Medioevo, e facevano “concorrenza” ai più impegnativi canti gregoriani. La cultura popolare si esprimeva volentieri in queste canzoni ritmate e vivaci.

Ho in mente il Laudario di Cortona, del XIII secolo, uno dei primi esempi di canti in lingua volgare italiana (toscana), che ha anche alcuni splendidi canti natalizi.

Dello stesso periodo - ma in latino - sono le “Piae Cantiones”, raccolte e pubblicate in Finlandia (!) nel 1582. Si tratta di 74 “pie canzoni”, tra cui alcuni stupendi canti natalizi, come “In dulci jubilo", Gaudete” e “Personent hodie”.

Per festeggiare questo Natale presento “Personent hodie”.

Si potrà notare quanto la bellezza e la semplicità dell’arte medievale superi di gran lunga la bruttezza  dei due “doodles”, con cui il pur benemerito motore di ricerca Google ci augura Buone Feste...

Buon Natale a tutti (Google compreso, ovviamente)!


Personent hodie
voces puerulae,
laudantes iucunde
qui nobis est natus,
summo
Deo datus,
et de virgineo ventre procreatus.

In mundo nascitur,
pannis involvitur,
praesepi ponitur,
stabulo brutorum,
Rector supernorum.
Perdidit spolia princeps infernorum.

Magi tres venerunt,
parvulum inquirunt,
Bethlehem
adeunt,
stellulam sequendo,
ipsum adorando,
aurum
, thus et myrrham ei offerendo.

Omnes clericuli,
pariter pueri,
cantent ut
angeli:
advenisti mundo,
laudes tibi fundo;
ideo
gloria in excelsis Deo.

 
Risuonino oggi
voci di fanciulli,
lodando con gioia
Colui che oggi è nato,
dato dal sommo Dio
e generato da un seno verginale.

Nasce nel mondo,
è avvolto in fasce,
è posto in una mangiatoia,
in una stalla di animali,
Lui che governa il cielo.
Il principe degli inferi ha perso la sua preda.

Tre Magi son venuti
e cercano il Bambino,
si recano a Betlemme
seguendo la stella.
Lo adorano,
gli offrono oro, incenso e mirra.

Tutto il clero
e ugualmente i fanciulli
cantino come gli angeli:
sei venuto nel mondo,
io canto le tue lodi;
perciò, gloria a Dio nell’alto dei cieli!

 

 

sabato 22 dicembre 2012

Il punto più basso
















Ieri, solstizio d’inverno.

Il sole era al punto più basso dall’orizzonte.
Il governo Monti al punto più basso del suo mandato: si è dimesso.
La politica al punto più basso di popolarità.
Le spese natalizie al punto più basso di sempre.
Una sola cosa ha raggiunto il punto più alto: il distacco tra la Juventus e l'Inter, dieci punti.

Ma già da oggi le cose cominciano a cambiare.
Il sole ricomincia a salire.
Monti avrà (forse) un’idea più chiara sul suo futuro.
Il Natale si avvicina di un giorno.
Lo spread tra Juve e  l'inseguitrice si è abbassato di un punto (e in serata di due, con la Lazio).

Solo una cosa è rimasta ferma in basso: la politica.
Per questa non c’è stagione che tenga: é sempre solstizio invernale.

venerdì 21 dicembre 2012

La fine der monno 2 (pasquinata)






Il mondo non si è fermato mai un momento, dice una canzone, e non si è fermato ovviamente nemmeno oggi, 21.12.12, data fatidica solo per gli sciocchi.
 
Per gli sciocchi va bene perciò una pasquinata; in romanesco, ovviamente.
 
C'è da dire però che in questo medesimo giorno morirono (in romanesco, "morsero") i due più grandi poeti dialettali di Roma: Giuseppe Gioachino Belli (21 dicembre 1863) e Carlo Alberto Salustri, cioè Trilussa (21 dicembre 1950).
 
Mi pare giusto che Pasquino renda oggi onore ai suoi due celebri concittadini.
 
 
 
La fine der monno 2
 
 
Er monno, anvedi, ggira sempre ugguale;
ma er ventun de dicemmre, li mortacci,
è un giorno screanzato, e ddice male
pe cchi vo' scrive in versi romanacci.
 
In quer dì morse er Belli, er più dotato,
e morse anche Trilussa, de’ Salustri.
Ma, anvedi te, ch’er monno ‘un s’è fermato,
manco pe ppiagne sti poeti illustri.
 
 
 
Amicusplato



mercoledì 19 dicembre 2012

La fine der monno (pasquinata)



Han detto, me cojoni, ch’er ventuno
de questo mese c’è la fin der monno.
Me pare ‘na stronzata de quarcuno
che ce piglia p’er culo, tonno tonno.


Ho visto passà i bbarbari ‘strogoti,
li ggiacobbini de Napoleone,
li fascisti, i nazisti, i teremuoti,
ma vedo sempre ritto er Cupolone.


E devo crede mo’ a sto detto strano?
Ma sti Maya cchi son? cchi li capisce?
Se Roma ha resistito ar Vaticano,
state sicuri; er monno nun finisce!






Amicusplato



martedì 18 dicembre 2012

Dedicato a un'amica vera: Gianna















La carissima amica  Gianna mi ha voluto ricordare tra gli "amici veri" nel suo bellissimo blog:
 
 
La cosa mi ha fatto grande piacere, ovviamente, anche perché questa amicizia è di lunga data ed è motivo di soddisfazione per entrambi.
 
Mi pare giusto rispondere a tanto affetto con altrettanta premura; in rime, baciate, ovviamente...
 
 
 

Dedicato a un'amica vera
 
 
Tra le gioie della vita,
l’amicizia è assai gradita;
se non hai dei veri amici,
non si può viver felici.
 

Ma gli amici, quelli veri,
 
sono amabili e sinceri;
li conosci a lungo andare,
non ti sanno mai ingannare.
 
Posso dirmi fortunato,
qualche amico l’ho trovato!
nella vita e in blogosfera,
tra la gente e qui in tastiera...
 
Queste mie rime baciate
son quest’oggi dedicate
alla cara amica Gianna,
dolce, bella e non inganna.
 
Tanti auguri, amica cara,
che la vita non sia amara!
Ma con tanti amici attorno
ti sorrida il nuovo giorno!
 
E poiché presto è Natale,
un Augurio più speciale!
Con il cuor te l’ho postato.
Il tuo amico Amicusplato.
 
 
 

sabato 15 dicembre 2012

Vieni, Signore!

 
 
L’orrenda e assurda strage nella scuola elementare di Newtown (Connecticut), in cui ieri sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco da un giovane squilibrato  26 persone, tra cui 20 bambini, ci rende sgomenti.

Non credo che basti la parola “squilibrio mentale” per spiegare un simile efferato gesto, che ne ricorda purtroppo molti altri simili.

Lo squilibrio ha invaso ormai i centri nervosi della società umana, per cui non passa giorno in cui non si debba fare la tragica conta dei morti ammazzati, delle violenze, delle rapine e di ogni altro genere di delitti.

Tutti si stracciano le vesti, come Caifa nel sinedrio. Si ricorre preoccupati al parere di psicologi e di “esperti” (di che?)

E non si vuol vedere che oggi vengono sistematicamente abbattuti i pilastri dell’umana convivenza, e in primo luogo il rispetto della vita e la sacralità della famiglia.

Quando una società si permette di poter fare a meno delle leggi morali, impresse da Dio in ogni coscienza, e quando lo Stato abdica alla tutela di questi valori fondanti, anzi è il primo a smantellarli, allora non c’è bisogno delle profezie dei Maya. Il mondo finirà non per colpa di alieni o di asteroidi impazziti, ma per opera dell’uomo stesso.

Mancano dieci giorni al Natale di Nostro Signore Gesù Cristo.

Qualcuno pensa che si possa fare a meno della presenza di Cristo. E ritiene che per Lui non ci sia più posto nel mondo attuale (la storia si ripete...).

Ma Gesù Cristo viene in mezzo a noi per insegnarci a vivere da uomini e non da belve feroci o da esseri disperati.

Per onorare le vittime della strage di innocenti di ieri, e per iniziare nonostante tutto la Novena di Natale nel segno della speranza, propongo l’appassionata invocazione “Veni, Domine” (Vieni, o Signore!) musicata da Felix Mendelssohn-Bartholdy.
Lo stupendo mottetto è a 3 voci femminili, con accompagnamento di organo (nella clip, pianoforte).

"Vieni, Signore!" Un’invocazione di cui il mondo deve riappropriarsi, se vuole ancora sussistere.

 

Veni Domine et noli tardare.
Relaxa facinora plebi tuae
et revoca dispersos in terram tuam.
Excita Domine potentiam tuam
et veni ut salvos nos facias.
Veni Domine et noli tardare.

Vieni, Signore, e non tardare!
Perdona i delitti del tuo popolo
e riunisci i dispersi nella tua terra.
Suscita, Signore, la tua potenza
e vieni a salvarci!
Vieni, Signore, e non tardare!

 

mercoledì 12 dicembre 2012

12. 12. 12. Una data più che perfetta!




Benché si tratti di semplici simboli numerici, i tre 12 della data odierna sono davvero molto significativi. E poiché questa terna è possibile solo agli inizi di ogni secolo, siamo anche fortunati nel poterla commentare dal vivo (o se volete, da vivi...).
Il 12 è un numero che indica completezza.
Dodici sono i mesi.
Dodici le ore del giorno (e della notte).
Dodici è la somma dei numeri 3-4-5, che costituiscono i lati del triangolo rettangolo dal quale Pitagora ricavò il suo celebre teorema, mediante “terne pitagoriche”: (3x2)2+(4x2)2=(5x2)2; (3x3)2+(4x3)2=(5x3)2;(3x4)2+(4x4)2=(5x4)2, etc. In altre parole, moltiplicando un qualsivoglia medesimo numero naturale per la prima terna pitagorica (3-4-5), si ottengono sempre terne pitagoriche e quindi triangoli rettangoli. Pitagora attribuì questa straordinaria scoperta ad un’illuminazione divina, e considerò pertanto il 12 un numero sacro e simbolo di perfezione.
Il sistema duodenario (o dodicinale) è ancora usato come sistema metrico di lunghezza nei paesi anglosassoni.  In un piede ci sono dodici pollici: “there are twelve inches in one foot”.
Anche la monetazione ha avuto fino ad epoca moderna una misura dodicinale. Risale a Carlo Magno la divisione in lire, soldi e denari, con il soldo equivalente a 12 denari. La lira corrispondeva a 240 denari (20x12). Fino a pochi decenni fa questa divisione era ancora in vigore in Gran Bretagna.
Del resto i caratteristici termini inglesi eleven e twelve (così come, in Germania, elf e zwölf) ci dicono che la numerazione per quei popoli era anticamente in base dodici.
Anche da noi è rimasta la eco del sistema duodenario: classica è “una dozzina di uova” (non certo una decina di uova!) o una “dozzina di rose”, rosse magari...
La numerazione in base dodici è evidentemente legata al numero dei mesi, cioè alle lunazioni in un anno, e in Europa in particolare anche al computo romano delle ore diurne.
Dodici erano le tribù del popolo d’Israele; dalla prima di queste tribù, quella di Giuda, discende Nostro Signore Gesù Cristo, di cui stiamo per festeggiare proprio il 2012 anno della nascita.
Dodici erano gli Apostoli, sui quali Gesù Cristo ha fondato il “nuovo Israele”, cioè la Chiesa universale.
Dodici erano, nell’antica Roma, le “tavole” su cui furono per la prima volta scritte ed esposte nel Foro le leggi dello Stato: le leggi delle XII Tavole. Molti avranno presente la bella citazione che fa di una di esse il Foscolo, collocata come epigrafe nel carme “Dei sepolcri”: Deorum Manium iura sancta sunto (i diritti dei defunti siano sacri).
Anche Roma dunque, patria del diritto, aveva affidato al numero 12 (anzi, XII) la pienezza delle sue leggi.
Ma c’è un’altra città che è simbolicamente rappresentata da questo numero perfetto. E non siamo più in una città terrena, ma nella città del Cielo, nella Gerusalemme celeste, nel Regno di Dio.
Dice S. Giovanni al termine dell'Apocalisse:
“Vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, come una sposa adorna per il suo sposo. Non vi sarà più morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate.
La città è cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura delle città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In mezzo alla piazza della città si trova l’albero della vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono per guarire le nazioni. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli” (Apocalisse, cc. 21 e 22).
Dalla città terrena alla città di Dio. Con il simbolico numero 12.
Nella data di oggi abbiamo la perfezione del tre e la completezza del 12.
Una giornata più che perfetta!
Almeno nel calendario...
Come accompagnamento di questa giornata propongo all'ascolto "Margherita all'arcolaio" (Gretchen  am Spinnrade), un bellissimo Lied del 1814 di Franz Schubert, su testo di J. W. Goethe. Come a dire, la perfezione della musica unita a quella della poesia.
Come tutti i 66 Lieder di Schubert, anche questo è stato scritto per voce solista (in questo caso, soprano) e accompagnamento di pianoforte. Franz Liszt ne ha fatta una perfetta trascrizione per pianoforte solo, la presente.
Si noterà, nel vorticoso accompagnamento di due sestine di semicrome ogni battuta, il ruotare incessante dell'arcolaio (un arcolaio in base 12!), mentre emerge nella parte alta il canto dolce e appassionato di Margherita (Gretchen) che, innamorata, pensa al suo Faust.
Una musica suonata da un grande virtuoso del piano: Evgenij Kissin.

Per coloro che vogliono apprezzare la bellezza e la limpidezza del Lied originario, per voce e pianoforte, questo è il link:

http://youtu.be/MY0eeotSDi8
Devo essere sincero; in questa giornata perfetta ho postato soprattutto per me: Schubert è un autore che amo particolarmente, e Margherita è il nome di mia madre...

Ma spero che non vi dispiaccia.
Buona e perfetta giornata a tutti!

sabato 8 dicembre 2012

Immacolata. Umile ed alta


 
La festa della Madonna Immacolata è l’inizio della nuova umanità, redenta dal Figlio di Dio.
La trasgressione iniziale della creatura nei confronti del suo Creatore ha innescato una catena di male che ha coinvolto tutti.
“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8, 7).   E perfino i farisei, famosi per la loro ipocrisia, non se la sentirono di scagliare il sasso contro la peccatrice.
Con la concezione di Maria nel grembo di sua madre S. Anna, rifiorisce la speranza.
Nella terra desolata il Figlio di Dio prepara così la sua dimora, in una creatura umile, di modeste condizioni sociali, la futura promessa sposa di un falegname.
Gesù non ha guardato alle apparenze. Ha guardato al cuore, e lo ha trovato pronto a dire di sì al suo Creatore. Per questo ha scelta Maria di Nazaret tra tutte le donne; e come primizia della Sua opera, l’ha salvata dal peccato fin dal primo istante della sua esistenza, cioè fin dal concepimento.
Immacolata, primizia dell’umanità nuova salvata da Cristo.
Con Maria Immacolata il peccato ha trovato la sua prima sonora sconfitta, e la “piena di grazia” ci prende per mano per portarci a Gesù, il Salvatore dell’umanità.
Per questo l'umile Maria può esclamare con piena consapevolezza: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata!” (Lc 1, 48). 
Ma queste parole lasciamole cantare a Tarja Turunen, nel sublime Magnificat (BWV 243) di J. S. Bach.
 
"Quia respexit humilitatem ancillae suae,
ecce enim ex hoc beatam me dicent [omnes generationes]".
Poiché Dio ha guardato alla povertà della sua serva,
d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 

 

domenica 2 dicembre 2012

Dicembre in passacaglia


 
Siamo a dicembre, l’ultimo mese dell’anno.
Un mese di luce e di calore, nonostante l’inverno e le bollette dell’enel e del gas.
È il mese del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, luce del mondo!
Un mese di poesia, nonostante la prosa della vita quotidiana in un periodo di crisi economica. Ma la tredicesima aiuterà a far sorridere, una tantum, anche i pensionati.
Un mese in cui troveremo il giorno 12. 12. 12 (la perfezione assoluta, tre volte il 12!), in netto contrasto con il fatidico giorno 21, nel quale secondo il calendario Maya ci sarà la fine del mondo...
Con tutto il rispetto per i Maya, sto già preparando il Presepio e l’Albero di Natale.
Una cosa però è certa: anche se non ci sarà (come è ovvio) la fine del mondo, alla fine del mese avremo tutti un anno in più (almeno di millesimo) e, come canta Franco Battiato nel suo ultimo disco, “Ah, come ti inganni se pensi che gli anni non han da finire; è breve il gioire”.
Proprio questo bel brano “Passacaglia” del grande cantautore siciliano (nell'album "Apriti Sesamo" del 2012) mi pare molto appropriato per iniziare dicembre.
Come egli stesso ha spiegato, il canto non è altro che la riproposizione, in veste moderna, della "Passacaglia della vita" di Stefano Landi, il geniale musicista romano del primo barocco (1587-1639). 
Le parole della Passacaglia di Landi sono molto più crude, con il funereo ritornello: “bisogna morire”.
Molto opportunamente Battiato ha addolcito la pillola, perché anche l’uomo moderno, poco propenso ad ascoltare un simile refrain, possa inghiottirla più facilmente.
Faccio presente che già Angelo Branduardi aveva “scovato” la Passacaglia di Landi. Ma lui l’ha cantata nella versione originale (Futuro Antico VI, 2011). E devo dire che fa impressione davvero!
Metto qui  i links al brano di Branduardi e alla Passacaglia originaria di Stefano Landi.
http://youtu.be/YjzAi9f9PM0 (Stefano Landi)
 
Buon mese di dicembre a tutti!

 

venerdì 30 novembre 2012

Andrea, un nome per tutti i gusti (S. Andrea ci perdoni!)


 Mettere in Italia come primo nome Andrea ad una femmina finora era vietato dalla legge.
Andrea in Italia è un nome maschile; per il femminile c’è il corrispondente Andreina, e simili.
Il nome deve seguire il genere della persona: poiché le persone sono maschi o femmine, il nome deve essere maschile o femminile, seguendo l’ordine naturale.
Ciò ovviamente per distinguere immediatamente il sesso di un individuo, senza bisogno di far mostrare gli attributi...
Sorprende non poco la Corte di Cassazione che il 20 novembre scorso ha dato ragione a due genitori di Pistoia, i quali hanno imposto il nome Andrea alla propria figlia.
Curiosa la motivazione. Secondo la Cassazione il nome Andrea è un nome “neutro”, perché molte nazioni lo adottano come nome femminile.
La Cassazione sembra dimenticare che in quelle nazioni dove il nome Andrea è femminile (Germania, Spagna, Svezia, Ungheria, etc.), esiste il corrispettivo maschile Andreas, Andrés, Anders, Andràs, etc.
Non mi risulta che esista una nazione che applichi lo stesso nome Andrea ad un uomo e ad una donna. Per ovvii motivi di ambiguità. Esemplare è il caso della Francia: André per gli uomini, Andrée per le donne.
Non so chi siano i signori della Cassazione. Ma se queste sono le loro sentenze e le relative motivazioni, allora sarà meglio metterla sul burlesco (mica tanto!):
“Piacere, io sono Nicola, questa è mia moglie Andrea.”
“Piacere, io sono Andrea, questa è mia moglie Nicola.”
È questo il modello di presentazione tra persone nel prossimo futuro, secondo la Cassazione?
Faccio presente, ai signori della Corte, che il nome Nicola, come quello di Andrea, è femminile in varie nazioni, ma sempre con un diverso corrispettivo maschile (Nicolas e simili).
S. Andrea ci perdoni se invece di parlare di lui, oggi che è la sua festa, abbiamo parlato del suo bellissimo nome (in Italia, maschile, checché ne dicano i signori cassatori).

mercoledì 28 novembre 2012

Il vascello fantasma, ovvero l'Italia oggi




Il mese di novembre si avvia alla conclusione lasciandosi dietro nubi, acquazzoni, temporali, trombe d’aria, allagamenti, disastri ambientali, morti e dispersi.
Ai danni della natura si aggiungono quelli ad opera dell’uomo, con la sua arrogante pretesa di poter fare ciò che vuole e come vuole, senza il rispetto di alcuna regola, né di etica nè di buon senso.
Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti: cielo grigio su, foglie gialle giù, e ancor più a terra il morale della gente, sballottata tra forte sfiducia e flebile speranza.
Mi pare opportuno postare in questo quadro l’ Ouverture del "Vascello Fantasma" (1843) di Richard Wagner. Del resto sono già iniziati  tra i melomani i festeggiamenti per il 2° centenario della sua nascita, così come per Giuseppe Verdi (ambedue i titani dell'opera sono nati nel 1813).
Il melodramma è denominato più propriamente L’Olandese volante, ma è un titolo che può ingannare. In realtà si tratta di una cupa tragedia. Il capitano della nave olandese ha imprecato contro Dio in una tempesta ed è  costretto a subirne il castigo, dovendo vagare all’infinito per gli oceani, finché in uno dei suoi attracchi settennali ad un porto non troverà una donna che con il suo amore fedele ed eterno lo liberi da questo destino e lo salvi.
L’Olandese troverà questo amore puro e immenso nella giovane Senta che, affascinata dalla vicenda, desidera salvarlo. E lo farà, giurandogli eterno amore e morendo in mare per lui.
Una storia cupa, che ha però nella redenzione il suo finale; una redenzione ottenuta da un amore incondizionato, fino al sacrificio di sé.
Ho scelto di postare solo l’inizio dell’Ouverture; ma vi sono concentrati i due temi (Leitmotive) portanti: il drammatico destino del vascello fantasma dell’Olandese, sballottato dalle onde e preda dei venti, e il dolcissimo tema dell’amore puro e fedele di Senta.

 

domenica 25 novembre 2012

Al Re dell'Universo la lode del creato


 
Oggi è la festa di Cristo Re dell’universo. “Re dei re, Signore dei signori”, per usare l’espressione della Sacra Scrittura.
Non è un po’ pretenziosa la fede cristiana, nell’affermare che Cristo è il Signore dell’universo?
A questa domanda si può rispondere con le parole di S. Agostino:
“Interrogai sul mio Dio la mole dell’universo, e mi rispose: "Non sono io, ma è lui che mi fece". Interrogai la terra, e mi rispose: "Non sono io"; la medesima confessione fecero tutte le cose che si trovano in essa. Interrogai il mare, i suoi abissi e i rettili con anime vive; e mi risposero: "Non siamo noi il tuo Dio; cerca sopra di noi". Interrogai i soffi dell’aria, e tutto il mondo aereo con i suoi abitanti mi rispose: "Erra Anassimene, io non sono Dio". Interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle: "Neppure noi siamo il Dio che cerchi", rispondono. E dissi a tutti gli esseri che circondano le porte del mio corpo: "Parlatemi del mio Dio; se non lo siete voi, ditemi qualcosa di lui": ed essi esclamarono a gran voce: "È lui che ci fece".
“Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; sfolgorasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.” (Confessioni, X).
La ragione ci porta al di sopra di noi, con le nostre infinite domande, fino al Creatore dell’universo.
Gesù Cristo porta Dio dentro di noi, dissipa ogni dubbio, ogni incertezza e sazia la nostra fame e sete di verità e di amore.
“Signore, ci hai creati per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!” (Confessioni, I). È ancora S. Agostino che ci aiuta in questo passo decisivo della nostra esistenza.
Per questo oggi eleviamo la nostro lode a Dio per averci chiamato a far parte del suo regno: “regno di giustizia, di amore e di pace”.
La risposta a questa chiamata è lasciata al nostro libero arbitrio. Nostra è la scelta a chi servire, se a Dio Creatore e Signore dell’Universo,  o ad altri dei, “opera delle mani dell’uomo”.
Per questa festa “cosmica”, occorre una musica solenne, grandiosa.
Quandi si parla di grandeur, non si può che pensare alla Francia e al Re Sole in particolare.
Operavano allora a Parigi celebri musicisti, come il fiorentino Gianbattista Lulli (francesizzato in Lully) e Marc-Antoine Charpentier (1643-1704) che ha scritto il più bello e solenne Te Deum della storia della musica.
È una una musica grandiosa e brillante, ma anche profondamente espressiva.
Al gran pubblico è noto il Preludio orchestrale, perché è diventato la sigla dell’Eurovisione.

http://youtu.be/iwU37osOkQA
Vengono ora postati alcuni  versetti  del lungo Inno di ringraziamento.
La parte corale si alterna con l’orchestra, in cui sono presenti anche timpani e trombe.
Un vero inno all’onnipotenza divina.

 
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.
A Te cantano tutti gli angeli
e tutte le potenze dei cieli
e i Cherubini e i Serafini,
con voce incessante:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio degli eserciti.
I cieli e la terra
sono pieni della maestà della tua gloria.
Ti acclama il coro glorioso degli apostoli,
il lodevole numero dei profeti
e la candida schiera dei martiri.

 

giovedì 22 novembre 2012

Dove non arriva la mente, arrivano le note




S. Cecilia, di cui oggi ricorre la festa, è legata indissolubilmente al mondo della musica. È la sua Santa Patrona.

In altro post ho spiegato il perché di questo legame, e non starò qui a ripeterlo.


Mi basta ricordare che nel 1584 a Roma i più grandi musicisti del tempo, e cioè Palestrina, Marenzio, Felice Anerio, Giovanni Maria Nanino, Arcangelo Crivelli, Francesco Soriano, Annibale Zoilo, per citarne alcuni, diedero vita alla “Congregazione de’ Musici” sotto il patrocinio di S. Cecilia e con l’approvazione di Papa Gregorio XIII. Da quell’associazione rinascimentale è derivata l’attuale Accademia Nazionale di Santa Cecilia, una delle massime istituzioni musicali mondiali.

Oltre alla celebre istituzione romana, un’ infinità di altre associazioni filarmoniche portano oggi il glorioso nome di S. Cecilia.

S. Agostino afferma che la musica esprime l’inesprimibile: quando la mente e il cuore non riescono a definire la grandezza di ciò che uno sente, solo il canto può supplire a questa carenza espressiva.

In effetti, la musica è qualcosa di sublime; inebria l'anima e conduce verso l’infinito.

Nella festa di S. Cecilia bisogna postare qualcosa che sia degno della Patrona, e dunque una musica perfetta.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta. E non solo tra i grandi classici, ma anche - perché no?- tra le canzoni del nostro tempo, una di quelle che ci hanno fatto sognare ad occhi aperti.

Voglio onorare la Santa con la “Marcia Turca” di W. A. Mozart (1756-1791), e ne spiego il motivo.

Ero un ragazzino quando ascoltai per la prima volta questo brano, eseguito dal mio insegnante di musica, il grande Fosco Corti (1935-1986).

Rimasi sbalordito. Non credevo che potesse esistere una musica così meravigliosa. Mi sembrò il massimo della bellezza e della perfezione.

Dissi dentro di me: “Quando sarò capace di suonare la Marcia Turca, allora anch'io sarò un musicista!"

Poco dopo, ascoltando “Per Elisa” di Beethoven, mi accorsi che dovevo imparare anche quel “foglio d’album” per sentirmi soddisfatto.

Sono riuscito ad imparare, con fatica, ambedue i brani, con grande soddisfazione.

Ma il desiderio di ascoltare e imparare altri capolavori musicali non diminuì.

Anzi, si accrebbe...


La "Marcia alla Turca" è il terzo movimento ("Allegretto") della Sonata per pianoforte n. 11 in La maggiore, K 331. Si tratta di un Rondò, in La minore/La maggiore.

Esegue alla perfezione la grande pianista giapponese Mitsuko Uchida.

mercoledì 21 novembre 2012

Virgo Fidelis




L’Arma dei Carabinieri ha come patrona la Virgo Fidelis, cioè Maria Santissima, Vergine fedele.
Fedele a Dio e all’umanità, sempre disposta al bene, fino ad accettare il sacrificio del Figlio per la salvezza dell’umanità.
Può sembrare strano che un’Arma abbia come patrona la più mite delle creature, la più dolce, la più pacifica, e per di più una donna.
Su questo ultimo aspetto non c’è più alcuna sorpresa; oggi anche le donne possono indossare la divisa da carabiniere...
Che cos’è allora che unisce l’Arma con la disarmata grazia della Madre di Dio?
La fedeltà alla propria missione, senza se e senza ma.
La Vergine Maria ha detto sì al Signore e lo ha mantenuto per tutta la vita, fin sotto la croce del Figlio. Virgo Fidelis, Vergine fedele.
L’Arma dei Carabinieri ha per motto “Nei secoli fedele”, al servizio dello Stato e della legalità. Anche questo è un grande sì, che implica abnegazione e sacrificio, ed è ciò che il popolo ha sempre particolarmente apprezzato nella figura del carabiniere.
Due fedeltà che stanno bene insieme. La fedeltà a Dio e la fedeltà allo Stato. “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Mc 12, 13-17).
Ma c’è un altro motivo, a mio parere, che rende significativo questo legame.
La fedeltà di Maria implica il coraggio di una scelta di campo, la lotta incessante contro il male morale, fino al trionfo del bene e alla conquista della Patria eterna.
La fedeltà di un Carabiniere implica una strenua lotta contro l’illegalità, contro il crimine; in una parola, contro il male, per il bene comune della patria terrena.
Per onorare la Virgo Fidelis ascoltiamo due stupendi, se pur brevi, versetti del “Magnificat” musicato da Antonio Vivaldi (1678-1741).
Sono le parole di Maria stessa: “Fecit potentiam in brachio suo, dispersit superbos mente cordis sui. Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles”.
“[Il Signore] ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore. Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1, 51-52).
Vivaldi riesce ad esprimere musicalmente, con la forza e la potenza  di un’armata militare, il “rivoluzionario” progetto di giustizia, che Dio vuole per l’umanità.
 
 

martedì 20 novembre 2012

L'abito (non) fa il monaco




Domani ricorre la festa della patrona dell’Arma dei Carabinieri.
Si può onorare la benemerita Arma ricordando i gesti valorosi ed eroici di singoli militari, come Salvo D’Acquisto e Carlo Alberto Dalla Chiesa, o famose azioni di guerra, come la Carica di Pastrengo (1848) e la battaglia di Gondar (21 novembre 1941).
Ma si può ricorrere anche all’umorismo di un regista come Sergio Corbucci e all’ inimitabile recitazione di Totò in veste di maresciallo dell’Arma.

Nel film “I due marescialli” (1961) Totò  è un ladruncolo  (Antonio Capurro) che per sfuggire alla cattura indossa abusivamente la divisa di maresciallo dei carabinieri. Ma, a differenza del famoso adagio, l’abito alla fine fa il monaco, e di fronte alla ferocia del tenente Kessler e dei nazisti, è pronto a sacrificarsi da vero carabiniere per salvare degli innocenti.

http://youtu.be/t8ksPZutmn8

Molte sono le scene cult del film, ma la più esilarante è quella della “pernacchia”. Kessler nel bel mezzo di un discorso alla piazza si becca una solenne pernacchia. Il malandrino peto vocale è opera del maresciallo Capurro. Nel tentativo di scoprire il colpevole, Kessler è indotto dallo stesso Capurro a riceverne in faccia altre tre, “autorizzate” da lui medesimo, e una quarta ancora da parte del maresciallo.
Grottesca fino al sublime (se così si può dire, parlando di una cosa tanto infima) la dissertazione di Totò sulla pernacchia: “Bisognerebbe stabilire i connotati di questa pernacchia. Ci sono pernacchie acute, roboante (sic!),  lunghe, corte, medie...”

I “connotati” della pernacchia.... Grande Totò!

Subito dopo Charlie Chaplin egli è, a mio avviso, il più grande attore comico della storia del cinema.
Non ha ricevuto Oscar per le sue interpretazioni né per la carriera.

Ma, con buona pace di Hollywood e di tutto lo “star system”, geniali si nasce e Totò lo nacque, modestamente.

Domani onoreremo, con altro post, la patrona dell'Arma, la "Virgo Fidelis".


sabato 17 novembre 2012

La dialettica serva-padrone secondo Pergolesi




Nel ricevere la Laurea Honoris Causa dall’Università IULM di Milano il 12 novembre scorso il M° Riccardo Muti ha ricordato che il nostro patrimonio musicale è stato uno dei principali vanti  dell’Italia nel mondo. Fino alla fine dell’Ottocento, e oltre, la musica (quella operistica in particolare) parlava soprattutto italiano.
Occorre perciò riscoprire e far apprezzare il valore di questo inestimabile tesoro d’arte, esempio di genialità e di bellezza senza pari.
Per questo ho scelto, come esempio, non un’opera nota, ma una composizione “secondaria”, anzi, addirittura un semplice Intermezzo: “La Serva Padrona”, di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736).
Solo due voci, un basso (Uberto) e un soprano (Serpina), e un piccolo organico orchestrale.
I risultati giudicateli voi.
Questo  “Intermezzo buffo”, in due parti, venne presentato nel 1733 a Napoli. Ma non passò inosservato. Poco dopo era in tutti i teatri d’Europa (cioè del mondo): Venezia, Parigi, Vienna, Praga, Bruxelles, Amburgo, Amsterdam, L’Aja, San Pietroburgo...
La freschezza e la graziosa malizia di quest’opera, in cui la giovane e bella serva conquista con il fascino e l’astuzia il suo attempato e ricco padrone convincendolo a sposarla e diventando così essa stessa “padrona”, sembra una storia dei nostri giorni.
Il duetto che presentiamo è in certo senso il clou dell’opera: Serpina mette in atto tutte le sue arti muliebri (e una voce incantevole) e smantella le difese sempre più deboli del debole Uberto.
La serva sta per diventare padrona; non con la dialettica hegeliana, ma con quella (quasi sempre vincente) femminile.
 
Il libretto è di Gennarantonio Federico.
Deliziosa la performance del soprano bulgaro Sonya Yoncheva e del basso (baritono) Furio Zanasi, ambedue eccellenti anche per presenza scenica.
L'orchestra dei "Barocchisti" è diretta alla perfezione da Diego Fasolis.
 
SERPINA
Lo conosco a quegli occhietti
furbi, ladri, malignetti,
che, sebben voi dite no,
pur m'accennano di sì
.
UBERTO
Signorina, v'ingannate.
Troppo in alto voi volate,
gli occhi ed io dicon no,
ed è un sogno questo sì.
SERPINA
Ma perché? Non son io bella, 
grazïosa e spiritosa?
Su, mirate, leggiadria,
ve' che brio, che maestà.
UBERTO
(Ah! costei mi va tentando;
quanto va che me la fa.)
SERPINA
(Ei mi par che va calando.)
Via, signore
.
UBERTO
Eh! vanne via.
SERPINA
Risolvete.
UBERTO
Eh! Matta sei.
SERPINA
Son per voi gli affetti miei
e dovrete sposar me.
UBERTO
(Oh che imbroglio egli è per me!)