martedì 31 gennaio 2017

To die, maybe to dream




Nel giorno in cui il social network OKNOtizie chiude, occorre ringraziarlo per aver dato a centinaia (e forse migliaia) di utenti l’occasione di incontrarsi, scontrarsi, conoscersi, fare amicizia, divertirsi, ed anche, perché no, soffrire. Ma la vita, reale o virtuale, è anche questo.

Per ringraziarlo e per dargli l’addio nel migliore dei modi ho scelto di postare l’Adagio del “Concerto Grosso” dei New Trolls, del 1971. Il brano unisce i ritmi e le sonorità del rock con le forme e i suoni della musica barocca, la Fender Stratocaster col flauto e il violino; due mondi così diversi, ma che riescono a conciliarsi in una bellissima sintesi.
Merito del grande Luis Bacalov e del complesso di Nico Di Palo e Vincenzo De Scalzi.

Anche OKNOtizie ha saputo tenere insieme, nei suoi anni migliori, esperienze diversissime, e ha saputo creare una mitica community che è stata davvero un “Concerto Grosso”.
Poi, come nella vita, qualcosa è venuto a mancare, ed è iniziato il declino e ora la fine.

Nel bellissimo Adagio, insieme alla musica d’orchestra, c’è anche un breve brano cantato; sono citate anche le parole di Amleto: To die, to sleep, maybe to dream (morire, dormire, forse sognare).

To die, e forse to dream.
Il primo OKNOtizie sta per finire, ma si può sognare un nuovo inizio...
Il musicista è lo stesso, il grande Antirez, e la band è composta da alcuni dei precedenti orchestrali.

Assolutamente vietato invece “to sleep”.



Per completezza faccio presente che le parole cantate da Nico Di Palo e Vittorio De Scalzi sono di Shel Shapiro, e sono concluse dalla celebre frase shakespeariana.

Wishing you to be so near to me 
Finding only my loneliness 
Waiting for the sun to shine again 
Finding that it's gone to far away.  

To die, to sleep, maybe [perchance] to dream. 


sabato 28 gennaio 2017

Dopo il male assoluto, la luce della ragione: Tommaso d'Aquino
















Molti aspetti della realtà sono definiti da due poli: poli terrestri, poli magnetici, poli politici…

Per ricordare più efficacemente la figura di S. Tommaso d’Aquino, di cui oggi ricorre la memoria, lo voglio mettere a confronto con l’altro grande dottore della Chiesa, S. Agostino.
Sono due figure che costituiscono in certo senso i due poli entro i quali può oscillare il pensiero filosofico e teologico cristiano.
Lo farò mettendo a confronto alcune loro affermazioni fondamentali.

Agostino (354-430)  è un animo irrequieto; fino alla conversione, avvenuta a 33 anni, non si decide a lasciare i suoi legami passionali: “Dammi la castità, Signore, ma più tardi!”
Tommaso è un puro di cuore, che fin da ragazzo ha volontariamente rinunciato ai privilegi della nobile famiglia dei Conti d’Aquino, per entrare a far parte dell’ordine mendicante dei Domenicani. Per le sue virtù è noto con l’appellativo di “Doctor Angelicus”.

Agostino ha cercato la verità attraverso le varie scuole filosofiche del tempo: materialismo, manicheismo, aristotelismo, scetticismo, neoplatonismo; fino ad approdare alla fede cristiana: 
“Ci hai creati per Te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!”
Tommaso (1225-1274) è il geniale discepolo di Aristotele, da cui eredita la fiducia nella ragione, la potenza speculativa, la limpidezza del pensiero. Ne completa i punti lasciati in sospeso con l’apporto della fede.  “La grazia di Dio non distrugge la ragione, ma la porta a compimento”.

Agostino, platonicamente, sottolinea l’importanza dell’analisi interiore, del “cuore”, per usare un termine pascaliano. E dall’analisi interiore, capace di verità ma cosciente dei suoi limiti, si apre alla trascendenza di Dio: “Non uscire fuori, rientra in te stesso, nell’intimo dell’uomo abita la verità. E se ti trovi mutevole, trascendi te stesso”. La finitezza dell’uomo porta alla scoperta della trascendenza divina.
Tommaso, aristotelicamente, parte dall’osservazione della realtà esteriore, della natura che ci circonda. È il divenire della natura, il suo procedere per cause ed effetti, che lo porta a postulare una Causa trascendente la realtà mutevole. Trascendente, perché se fosse immanente nella natura, avrebbe bisogno anch'essa di un’altra causa, fino all’infinito, senza mai poter dare inizio ed esistenza alla realtà. Non è l’infinità del numero delle cause il problema, ma il tipo di causa. Se non si ammette una Causa trascendente, la natura non può aver avuto inizio. “Tutto ciò che è mosso, è mosso da altri. Ma non si può procedere all’infinito senza una Causa iniziale, che chiamiamo Dio”.

Agostino, anche per esperienza personale, sottolinea la presenza del male nel mondo. Per questo ama evidenziare la fragilità dell’essere umano, che talvolta definisce “prope nihil” (quasi un niente). Proprio per questo la grazia di Cristo è così necessaria per la salvezza. Non a caso, Agostino è denominato “Doctor gratiae”(dottore della grazia).
Tommaso, con esperienza diversissima di vita, sottolinea invece l’altro aspetto della natura umana, e cioè la sua capacità di operare, di raggiungere validi obiettivi. L’essere umano mantiene sempre una sua dignità, nel pensare e nel volere. Perciò “sottrarre le perfezioni alle creature, è come sottrarre le perfezioni a Dio”, che è il Creatore.

Agostino, il polo inquieto dell’esistenza; Tommaso, il suo polo fiducioso.

Sono in fondo i due poli dove la nostra stessa vita spesso oscilla: un po’ agostiniani, un po’ tomisti.

Ieri era il giorno della Memoria, la morte della ragione.
Tra le vittime di Auschwitz c’è Edith Stein, ebrea, discepola di Husserl. Proprio l’incontro con il pensiero di S. Tommaso d’Aquino la portò alla conversione cristiana e poi alla vocazione carmelitana.
Edith Stein, cioè  S. Teresa Benedetta della Croce: la luce della fede e della ragione, dentro il buio del male assoluto.



Nella foto in alto, da sinistra: S. Agostino, S. Tommaso, Papa Innocenzo III, S. Bonaventura (part. della "Disputa del SS. Sacramento" 1509-1510), Raffaello,  Stanze Vaticane, Stanza della Signatura,


venerdì 27 gennaio 2017

Il "latinorum" dei politici




























Per descrivere la situazione politica italiana è ormai abitudine ricorrere al latinorum, come Don
Abbondio davanti al povero Renzo, per non far capire niente alla “vil plebe”, già confusa di suo:

Porcellum, Italicum, Legalicum, Mattarellum, Consultellum…

Ma si potrebbe anche aggiungere:

*Bastardellum (un incrocio tra i sopraddetti sistemi)
*Somarellum (da solo il Parlamento non riesce a trovare un sistema di voto)
*Culatellum (prendere per il culus le persone, rinviando le elezioni)
*Mirabellum! (le elezioni dopo settembre, quando i parlamentari potranno finalmente mantenere poltrone, stipendi e vitalizi).

La “vil plebe” potrebbe rispondere così:

*Votandum
*Non votandum 
*Disertandum
*Annullandum
*Perculandum
*Ribellandum.

Ma io penso che, nonostante il latino, tutto si risolverà all’italiana, cioè becchi e bastonati, cornuti e mazziati, con le perenni accise da pagare sulla benzina per la guerra di Etiopia (1935).




giovedì 26 gennaio 2017

Filastrocca dei mesi (da Amicusplato)



















Siamo ancora nel primo mese dell’anno.
Da ragazzi abbiamo imparato tutti qualche filastrocca dei mesi. Era un modo simpatico per ricordarne i nomi in ordine corretto. 
Ora che non sono più un ragazzo, e di primavere ne ho viste tante, voglio scriverne una anch’io, con un aggiornamento.
Non sarà bella come quella di Angiolo Silvio Novaro, ma nel comporla mi sono divertito.




Filastrocca dei Mesi


Gennaio al nuovo anno apre la via,
Febbraio è il più piccino che ci sia.
Marzo dà inizio al sol di primavera,
Aprile varia da mattina a sera.
Maggio infiorisce i monti e le vallate,
Giugno regala il tempo dell’estate.
Luglio arrostisce tutti al solleone,
Agosto manda in ferie le persone.
Settembre tien l’autunno nel cestino,
Ottobre coglie l’uva e ci fa il vino.
Novembre ci ricorda i nostri cari,
Dicembre fa morire i calendari.
Ma poiché è ormai cambiata ogni stagione,
non ti fidar di questa mia canzone.



Amicusplato


sabato 21 gennaio 2017

Dedicato a OKNOtizie. Con affetto






Non è stato un gran che questo gennaio,
e un avviso nel web mi ha molto scosso:
OKNOtizie dal 1° febbraio
chiude i battenti, vien perciò rimosso.

Non so se conoscete questo sito;
è stato, vi dirò, il mio primo amore;
un social che per me fu come un mito,
vi dedicai passione e molte ore.

Bello nella struttura e bella gente,
che son rimasti nel mio cuor presenti;
luogo vivace, in guerra permanente:
sinistra, destra, atei e in Dio credenti.

Le prime che incontrai fur due signore,
vivaci, affascinanti, certo belle;
era di notte e si parlò per ore:
Ross e Audrey, del social le due stelle.

Rude, anticlericale, comunista
ricordo Swa, col quale mi azzuffavo;
avea per logo un mitra bene in vista,
era solo apparenza, e lo stimavo.

Di origine furlana molto fiero,
di asburgico potere difensore,
Mstatus è stato un grande amico vero,
lo porterò per sempre nel mio cuore.

E non posso scordar Kurosbannato,
amante degli scherzi e a luci rosse;
con lui non sempre un feeling ho trovato,
ma del social lui spesso era il gran bosse.

La vera lotta era per la vetta
dell’Home Page, meta molto ambita.
Ma la scalata spesso era sospetta,
veniva usata ogni arma, anche proibita.

Cordate, fakes, trucchi e altri fattori
l’algoritmo.cercavan di aggirare;
e Trent e Antirez, gli Amministratori,
cercavano i furbetti da bannare.

Avevo qui un amico assai speciale,
Webboy che mi seguiva a tutte l’ore;
chilometri di scritti, per dir male
di quello che postavo; un vero amore!

Ma un vero amico, degno di rispetto,
trovai in Geromarsala siciliano;
il parlare con lui fu sempre schietto,
e nel mio cuor ha un posto in primo piano.

Che dirò di Saamaya, che nel vento
affidava i suoi post come Sibilla?
Libera nel pensier, così la sento,
e la sua voce dentro il cuor mi brilla.

E Violaine, del profumo di una viola:
ricordo le sue doti di dolcezza;
ma sapeva difendere da sola
la sua fede cristiana con fermezza.

Nella e Egeria facevano ugualmente:
due coraggiose in fossa di leoni;
ma avevano caratter differente,
ed erano infinite discussioni.

Dal fertile terreno carpigiano,
anzi, dal borgo detto  Migliarina,
il prode Max, ovver Massimiliano,
difende la sua fede cristallina.

Nonsolopane amo ricordare,
e la cara pisana amica Lisa,
e Fiammifero, pronta ad incendiare,
così come faceva anche Marisa.

Se volevi gustare una ricetta,
c’era Abagnomaria nella cucina,
E se volevi musica perfetta
c’era Prokofiev: musica divina.
  
Ricordo per le loro varie doti
Rickgav, i Comicomix, Nicosia,
Antikom, Virtualblog, Ganglio e altri noti;
per citarli non basta una poesia.

Un pensiero speciale va a Guerrilla,
il caro Vik, ucciso in Palestina.
La sua persona su nel cielo brilla,
“Restiamo umani” fu la sua dottrina.

E l’ultimo pensiero va a me stesso.
Mi iscrissi a OKNO in pieno sentimento.
Tolsi l’account un giorno quando un fesso
offese la mia madre in un commento.

Ho visto poi pian piano deperire
quel social così bello e affascinante.
Tanti utenti li  ho visto poi partire,
è iniziato il declino desolante.  

Ora però che OKNO viene spento
dedico al social l’ ultimo postato.
Queste rime sono un ringraziamento
e un saluto commosso. Amicusplato.








martedì 17 gennaio 2017

Sant'Antonio Abate, amico degli animali, nemico del demonio

Oggi è la festa di S. Antonio Abate, nemico del demonio e patrono degli animali. Soprattutto è uno dei padri fondatori del monachesimo (IV secolo); l'appellativo "abate" lo ricorda chiaramente.
In questo giorno, secondo la tradizione toscana, e non solo, inizia anche il carnevale.
Oggi il carnevale ha perso molto del suo fascino. In ogni modo io, che porto il nome di questo grande Santo, lo voglio iniziare in rime scherzose e in latino maccheronico.
Per Carnevale ogni scherzo vale!






Quando initiat Carnevalem
ego initio stare malem.
Haec temperies invernalis
causa est de multis malis.

Frigor, virus, influentia
me costringunt de prudentia.
Ergo maneo in meo lecto,
tempus bonum ibi expecto.

Mala tempora et ria
spero ardenter vadant via.
Et in tanto, in festo meo,
scribo in macheronèo.

Hodie invoco Sant’Antonium
ut repellat reum demonium,
tempus bonum voco et alia,
salus atque ad animalia,

et pro omnibus personis
spero veniant diebus bonis.
Isto canto terminato,
vos saluto. Amicusplato.




mercoledì 11 gennaio 2017

18 anni senza De André





Sono 18 anni che Fabrizio De André ci ha lasciati.

Non le sue canzoni, non la sua voce, non il suo ricordo, indelebile nella nostra memoria.

Quest'anno desidero onorarlo postando "Don Raffaè" (1990), una canzone in cui la satira mordace si sposa con la briosa leggerezza della tarantella.
Un ossimoro che troviamo spesso nella produzione di Faber. Il modo migliore per evitare la retorica, anche quando si tratta di "gomorra".

Quasi certamente il Don Raffaè, detenuto "di riguardo" del carcere di Poggioreale, si ispira alla figura del boss della camorra Raffaele Cutolo. Forse anche per questo la canzone è in napoletano.

A che bell'o cafè... È evidente qui il riferimento alla canzone di Modugno 'O cafè'.

Anche per questo motivo mi piace postare Don Raffaè.





Don Raffaè


Io mi chiamo Pasquale Cafiero 
e son brigadiere del carcere, oinè.
Io mi chiamo Cafiero Pasquale
sto a Poggio Reale dal ’53.

E al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio,
per fortuna che al braccio speciale
c’è un uomo geniale che parla co’ me.

Tutto il giorno con quattro infamoni
briganti, papponi, cornuti e lacché;
tutte l’ore cò ‘sta fetenzia
che sputa minaccia e s’à piglia co' me.

Ma alla fine m’assetto papale,
mi sbottono e mi leggo ‘o giornale,
mi consiglio con don Raffae’,
mi spiega che penso e bevimm’o cafè.

A che bell’o cafè,
pure in carcere ‘o sanno fa,
co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà.

Prima pagina venti notizie,
ventuno ingiustizie e lo Stato che fa:
si costerna, s’indigna, s’impegna,
poi getta la spugna con gran dignità.


Mi scervello e mi asciugo la fronte
per fortuna c’è chi mi risponde,
a quell’uomo sceltissimo immenso
io chiedo consenso a don Raffaè

Un galantuomo che tiene sei figli
ha chiesto una casa e ci danno consigli,
mentre ‘o assessore, che Dio lo perdoni,
‘ndrento a ‘e roullotte ci tiene i visoni.


Voi vi basta una mossa, una voce,
c’ha ‘sto Cristo ci levano ‘a croce;
con rispetto s’è fatto le tre,
volite ‘a spremuta o volite ‘o cafè.

A che bell’o cafè,
pure in carcere ‘o sanno fa,
co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà.

A che bell’ò cafè,
pure in carcere ‘o sanno fa,
co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
compagno di cella
preciso a mammà.

Qui ci sta l’inflazione, la svalutazione
e la borsa ce l’ha chi ce l’ha,
io non tengo compendio che chillo stipendio
e un ambo se sogno ‘a papà;


aggiungete mia figlia Innocenza,
vuo’ marito, non tiene pazienza,
non chiedo la grazia pe’ me,
vi faccio la barba o la fate da sé.

Voi tenete un cappotto cammello
che al maxi processo eravate ‘o chiù bello,
un vestito gessato marrone,
così ci è sembrato alla televisione;


pe’ ‘ste nozze vi prego, Eccellenza,
mi prestasse pe’ fare presenza,
io già tengo le scarpe e ‘o gillè;
gradite ‘o Campari o volite ‘o cafè.

A che bell’o cafè,
pure in carcere ‘o sanno fa,
co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà.

A che bell’o cafè,
pure in carcere ‘o sanno fa,
co’ a ricetta ch’a Ciccirinella
compagno di cella
preciso a mammà.

Qui non c’è più decoro, le carceri d’oro
ma chi l’ha mai viste, chissà;
chiste so’ fatiscienti, pe’ chisto i fetienti
se tengono l’immunità.

Don Raffaè voi politicamente
io ve lo giuro sarebbe ‘no santo,
ma ‘ca dinto voi state a pagà
e fora chiss’atre se stanno a spassà.

A proposito, tengo ‘no frate
che da quindici anni sta disoccupato;
chill’ha fatto cinquanta [quaranta] concorsi,
novanta domande e duecento ricorsi;


voi che date conforto e lavoro,
Eminenza, vi bacio v’imploro,
chillo duorme co’ mamma e co’ me;
che crema d’Arabia ch’è chisto cafè.





mercoledì 4 gennaio 2017

Un canto di speranza, in attesa dell'Epifania




Dopo l'orrendo massacro di Istanbul nella notte di capodanno 2017 da parte dei jihadisti dell'isis e nel quale sono state uccise 39 persone, voglio postare un canto natalizio in attesa dell'Epifania.

Si tratta della celebre "The Huron Carol", scritta nel 1643 da Jean de Brébeuf, gesuita, che evangelizzò con altri 7 suoi confratelli il popolo degli Uroni in Canada. Fu scritta nella lingua di quella gente: "Jesous Ahatonhia" (Gesù è nato) e cantata in una melodia popolare francese dell'epoca.

Posto questo canto per più motivi.

Anzitutto perché l'Epifania è la manifestazione di Gesù come salvatore di tutte le genti; dunque, la festa di tutti i popoli, rappresentati dai Magi, ricordati nel canto.
È stato scritto nella lingua di un popolo considerato dagli europei incivile. Ma non la pensavano così quei missionari francesi.
È un canto che invita alla gioia e alla pace.
È considerato la più antica canzone natalizia del continente americano.

Gli Uroni, che occupavano una vasta zona tra gli attuali Canada e Stati Uniti, si convertirono alla fede cristiana con l'intelligente ed eroica testimonianza di quei missionari.
Ma questi missionari, in un breve lasso di tempo, furono tutti uccisi dopo atroci torture dagli Irochesi, nemici degli Uroni.

Anche nel 1649, l'anno del martirio di Jean de Brébeuf, c'era chi predicava la pace e la fratellanza e veniva ucciso. Evidentemente in 400 anni ancora qualcuno (molti purtroppo) non hanno capito nulla di religione, né di fratellanza.

Non hanno capito la straordinaria lezione di vita e di cultura di Jean de Brébeuf e Compagni. Questi, sì, veri martiri, i Martiri Canadesi.





Jesus is born (Jesous Ahatonhia)


'Twas in the moon of wintertime when all the birds had fled
That mighty Gitchi Manitou sent angel choirs instead;
Before their light the stars grew dim and wondering hunters heard the hymn
Jesus your King is born, Jesus is born, in excelsis gloria

Within a lodge of broken bark the tender babe was found;
A ragged robe of rabbit skin enwrapped his beauty round
But as the hunter braves drew nigh the angel song rang loud and high
Jesus your King is born, Jesus is born, in excelsis gloria



O children of the forest free, O son of Manitou
The holy child of earth and heaven is born today for you
Come kneel before the radiant boy who brings you beauty peace and joy
Jesus your King is born, Jesus is born, in excelsis gloria

The earliest moon of wintertime is not so round and fair
As was the ring of glory on the helpless infant there
The chiefs from far before him knelt with gifts of fox and beaver pelt
Jesus your King is born, Jesus is born, in excelsis gloria.