venerdì 30 maggio 2014

L'Europa riconosciuta (Salieri e... Renzi)




Nonostante tutto, l’Unione Europea ha retto all'onda d’urto delle elezioni del 22-25 maggio.

Soprattutto il voto italiano ha scommesso, con una robusta dose di fiducia, sulle possibilità del Vecchio Continente; ma ha anche dato una notevole scossa per il suo rinnovamento.

Staremo a vedere se questo rinnovamento ci sarà. Per ora possiamo parlare di una “Europa riconosciuta” dagli elettori italiani.

Per questo non possiamo che concludere questi post sulle elezioni europee con il Finale dell’opera “L’Europa riconosciuta” di Antonio Salieri.

Oltre al titolo, l’opera è significativa perché inaugurò il Teatro alla Scala di Milano, il 3 agosto 1778. Milano faceva parte allora dell’Impero Asburgico, che già costituiva una significativa unità europea (e molto efficiente, direi).

Il Teatro alla Scala, progettato in bello stile neoclassico da Giuseppe Piermarini, divenne da subito il più importante teatro lirico del mondo, e l’opera di Salieri ebbe un’accoglienza trionfale.

Alla prima erano presenti Cesare Beccaria, Pietro Verri...  
Oggi avrebbero assistito Renzi, Grillo, Berlusconi, Salvini...

Ascoltiamoci questo bellissimo Finale. Grande Salieri, non certo “un mediocre”.


lunedì 26 maggio 2014

Un uomo solo al comando...























Lo dicevano i radiocronisti di un tempo a proposito delle vittorie per distacco di Fausto Coppi.

Oggi lo si può dire della clamorosa vittoria di Matteo Renzi. Ha vinto per distacco su Beppe Grillo e ancor più su Berlusconi e il resto del gruppo.  Molti non sono neppure arrivati al traguardo.

Una vittoria inaspettata almeno nelle proporzioni: Renzi ha doppiato Grillo, e ha dato due giri a Berlusconi.

Si può capire il distacco di Berlusconi. L’età ha il suo peso nel ciclismo, come nella politica. E poi le numerose forature sui chiodi disseminati lungo il suo percorso dai giudici... Una gara da vecchio campione, comunque.

Quello che stupisce è la vittoria schiacciante su Grillo, che prima di partire aveva gridato urbi et orbi: “Vinciamo noi!”

Imprevedibile prima della gara, la disfatta grillina ha un solo responsabile: Grillo.
I processi in piazza (mediatica?), le minacce, gli insulti, perfino gli sputi in effigie ai futuri perdenti, minacciati da colui che avrebbe voluto guidare la nazione con la gogna, hanno ottenuto l'effetto boomerang: il processo, gli sputi, e, diciamolo pure, i vaffa, se li sono ripresi tutti Grillo e i suoi sanculotti.

È una storia vecchia quanto il cucco: mors tua, vita mea.




mercoledì 21 maggio 2014

Elezioni in vista: i programmi elettorali




















Domenica prossima, 25 maggio, si svolgeranno le elezioni europee.

Dopo una bruttissima campagna elettorale, caratterizzata soprattutto da insulti e parolacce, l'elettore si trova in grande difficoltà nello scegliere tra i vari contendenti.

Grillo: se vinciamo noi, faremo processi in piazza e metteremo in galera (virtuale?) tutti coloro che il popolo grillino giudicherà colpevoli.

Ma Grillo non è stato già processato e condannato dalla giustizia reale?

Renzi: se vinciamo noi, continueremo a governare come abbiamo fatto finora. Cioè, con slides e disegnini alla lavagna luminosa.

Per ora di concreto si è visto solo una super tassa: la Tasi.

Berlusconi: se vinciamo noi, “più euro per tutti”. Mi ricorda un certo slogan di Cetto La Qualunque.

Salvini: se vinciamo noi, “meno euro per tutti”, anzi, via dall’euro e ritorno alla lira. O meglio ancora, al ducato.

Alfano: se vinciamo noi, apriremo una linea gratuita di traghetti Tunisi-Lampedusa. Risparmieremo così sulle spese di pattugliamento, e nessuno rischierà la vita.

Fratelli d’Italia: se vinciamo noi, chiuderemo ogni varco marino tra Africa e Italia. Come? I nostri posamine ci stanno pensando.

Tsipras: se vinciamo noi, il greco diverrà lingua obbligatoria in tutte le scuole.

Alfa beta gamma delta...



venerdì 16 maggio 2014

Libertà per Meriam!





















Mentre Google onora oggi con un bel logo il genio di Maria Gaetana Agnesi, matematica, scienziata, filosofa, benefattrice e quant’altro, vissuta in Lombardia nel XVIII secolo, dobbiamo leggere la notizia che in questi giorni Meriam Yehya Ibrahim, una cristiana di 27 anni del Sudan, incinta di otto mesi e madre di un altro bambino di 20 mesi, è in carcere ed è stata condannata a morte per apostasia e adulterio, cioè per essersi convertita al cristianesimo rinnegando la religione islamica e per aver sposato un cristiano (in ciò consisterebbe l’adulterio).

Ti abbiamo dato tre giorni di tempo per rinunciare alla fede cristiana, ma tu continui a non voler tornare all’Islam e dunque ti condanno a morte per impiccagione”. Così il tribunale di Karthoum.

La donna, prima di essere impiccata, dovrà ricevere anche 100 frustate...

Se non fosse tragica, la faccenda avrebbe veramente del grottesco.

Ma che razza di religione e di legge (la cosiddetta sharìa) è arrivata ai nostri giorni? Ma da quale incubo notturno si sono materializzati questi giudici di Karthoum? Ma dove è andato a finire nell’islam il cervello di Avicenna, Averroè, Al-Khwarizmi e di tanti altri grandi pensatori, matematici, scienziati, giuristi, del millennio passato del mondo islamico?

Non si vergognano questi tali a sentenziare la morte di una donna (incinta!) per le sue idee religiose e per il suo matrimonio? Però questi tali hanno assicurato che la condanna avverrà dopo che la donna avrà partorito... Ma come sono umani, loro, direbbe Fantozzi.

Non bastava Boko Haram; ora c'è anche la sharìa del Sudan.

Mi unisco all’indignazione mondiale per questa annunciata condanna, che fa vergogna a chi l’ha pronunciata e mette in ridicolo una religione che 1000 anni fa era (forse) più civile di oggi.

Meriam deve essere subito rimessa in libertà, perché possa vivere con il marito che ha scelto, allevare i figli secondo coscienza e professare la fede che vuole.

Perfino Averroè, il grande commentatore musulmano di Aristotele, l’uomo del libero pensiero, sarebbe d’accordo.

È vissuto nel XII secolo.



giovedì 15 maggio 2014

E gli ultimi saranno primi...



È accaduto ieri sera allo Juventus Stadium di Torino, dove il Siviglia ha battuto ai rigori (4-2) il Benfica nella finale di Coppa Uefa.

È vero che la palla è tonda e il campo è piatto, quindi tutto può accadere in una singola partita. Ma quello che ha fatto il Siviglia nel suo percorso 2013-2014 in campo europeo lascia stupefatti.

Anzitutto la squadra non era entrata nemmeno nel numero di quelle che dovevano partecipare alla competizione.

Il Siviglia è stato ammesso ai preliminari della Coppa al posto del Raya Vallecano di Madrid (ottavo classificato) escluso dalla competizione europea per motivi legali.

Il percorso della squadra andalusa è stato ad ostacoli, superati talvolta ai rigori (come la sfida fratricida col Betis), oppure (come nella semifinale col Valencia) all’ultimo minuto.

Ieri sera era dato ancora una volta per perdente. Anzi, spacciato. Aveva davanti a sé il Benfica di Lisbona, che aveva fatto fuori in semifinale la Juventus, favorita del torneo. Ergo...

Ma al Benfica non è bastato nemmeno il cognome dell’allenatore, Jorge Jesus.  Questi non è riuscito nel miracolo di far vincere ai suoi una Coppa europea che sfugge alla squadra dal 1962, cioè da oltre 50 anni.

È riuscito invece nel miracolo di far vincere i suoi avversari, sbagliando lo sbagliabile, e dimostrando nei fatti che coloro che erano partiti per ultimi, dai lunghissimi preliminari della Europa League, alla fine sono arrivati primi.

Naturalmente la vittoria è avvenuta alla fine. Ai rigori.


Nella foto: Beto (Siviglia) para su Cardozo (Benfica)




martedì 13 maggio 2014

Bring back our girls!




Mi unisco all’indignazione di tutto il mondo civile per chiedere la liberazione immediata (con le buone maniere, ma anche no) delle oltre 200 ragazze nigeriane rapite ormai un mese fa dagli islamisti di Boko Haram.

Motivo del rapimento: le ragazze andavano a scuola. Le donne, secondo questi esseri che definire umani mi pare troppo, devono rimanere ignoranti come capre e fare la volontà dei loro padroni, i maschi.

Da anni questo gruppo fanatico sta terrorizzando la Nigeria, anche con complicità politiche in alto loco, per cercar di riportare l’orologio della storia indietro di oltre un millennio, di eliminare i cristiani (che sono quasi la metà della popolazione!) e di imporre la famigerata sharìa.

A questi barbari di ritorno facciamo sentire la bellezza di un semplice canto, ispirato al Salmo 22/23 (Il Signore è il mio pastore), cantato da un coro di ragazzi africani che intendono seguire tutt’altra strada, per grazia di Dio.

E ridateci le nostre ragazze!


You are the Shepherd

You are the Shepherd
I belong to You.
When I walk on rough ground,
You can guide me through.
You know my name,
You know my voice.
Before I was born,
I was Your choice.

Show me how to follow,
Lord, keep me close to You.
You are the Shepherd
I belong to You.

Open eyes to see You are the Way.
Open ears to hear You are the Truth.
Open hearts to know You are the Lord of life.
For every land You hold a special plan.

Show me how to follow, 
Lord, keep me close to You.
You are the Shepherd,
I belong to You.


(Keith e Kristyn Getty, 2002)



Tu sei il pastore

Tu sei il pastore,
io appartengo a Te. 
Quando cammino su terreni accidentati, 
Tu puoi guidarmi attraverso. 
Tu sai il mio nome, 
Tu conosci la mia voce. 
Prima che io nascessi, 
ero già una Tua scelta. 

Mostrami come seguirti, 
Signore, tienimi vicino a Te. 
Tu sei il pastore, 
io appartengo a Te.

Occhi aperti per vedere che Tu sei la Via. 
Orecchie aperte per ascoltare che Tu sei la Verità. 
Cuori aperti per conoscere che Tu sei il Signore della vita. 
Per ogni paese Tu hai un piano speciale.

Mostrami come seguirti, 
Signore, tienimi vicino a Te. 
Tu sei il pastore, 
io appartengo a Te.




lunedì 5 maggio 2014

C'era una volta il calcio













Come Fantozzi, sabato scorso sera mi sono “piazzato” davanti alla TV per vedere, anzi, per godermi 
la finale di Coppa Italia, Fiorentina-Napoli.

Mi piace il calcio, e una finale di coppa è imperdibile, anche se fosse quella "del nonno".

Mi sono piazzato davanti al televisore in anticipo, ovviamente, perché, come dice Leopardi, il piacere sta anzitutto nell’attesa: divano abbassato, gambe spianate sul tavolino, due buste di patatine salate (una per tempo), una birra grande di quelle da “rutto libero”, occhi puntati per la gara dell’Olimpico pieno come un uovo.

Un momento... Quale gara?

In campo di giocatori vedo solo Hamsik del Napoli, con la sua inconfondibile cresta; sembra un gallo cedrone che ha perso la via del pollaio. 
In curva Nord un energumeno, tatuato da aborigeno della Papuasia, a cavalcioni della rete, detta tempi e modi della eventuale partita. La sua maglietta è un insulto alle forze dell’ordine, che infatti in campo sono fatte bersaglio di lacrimogeni, pedardi e bastoni lanciati dagli spalti. 
In tribuna i pezzi grossi della politica e dello sport si fanno piccoli piccoli come i sette nani.

Intanto all'Ospedale Villa S. Pietro e poi al Gemelli un tifoso napoletano, Ciro Esposito, lotta tra la vita e la morte per un colpo di pistola (!) sparato da un tifoso della Roma (!).

Le mie patatine sono rimaste nelle buste, la birra nella bottiglia, il rutto in gola.

Dopo quasi un’ora sono entrate in campo le due squadre. A quel punto la partita era già finita.

O forse il calcio.

Una cosa è certa. Il Leopardi non ha sempre ragione.

Quell’attesa è stata una vera pena.






giovedì 1 maggio 2014

Pasquino e 'r Primo Maggio





“Pasquì, com’hai passato el 1°Maggio?”
“Anvedi Piè, nun faccio un cazzo gniente;
sto qui a guardà, come fa tanta ggente
che je manca anche er pane col formaggio.

Ma io sono una statua, me corbelli;
nun magno, ‘un bevo, e so’ de madre ‘gnota.
Ma chi è de ciccia e ci ha la panza vota,
si nun magna, va a ffa' li vermicelli.”




Amicusplato