Con i concili di Nicea e di Costantinopoli la fede nella SS. Trinità, il mistero principale del Cristianesimo, è stata messa al riparo dagli attacchi degli eretici.
Invece nuovi attacchi eterodossi vennero poco dopo diretti alla figura di Gesù.
Il patriarca stesso di Costantinopoli, Nestorio, non voleva che Maria Santissima venisse chiamata “Madre di Dio” (Theotòkos) nelle preghiere liturgiche.
Essendo il Figlio di Dio eterno e non creato, come diceva il Concilio di Nicea, l’espressione Madre di Dio secondo lui doveva essere respinta, perché implicava l’idea di un Dio creato.
Maria invece doveva essere chiamata “Madre di Cristo” (Christotòkos), cioè madre di un uomo, il Cristo, al quale il Figlio di Dio si accompagnava con la sua potenza, ma rimanendo ben distinto.
Come si vede, il problema di Nestorio non era solo mariano, ma prima ancora cristologico; lui distingueva due figli: il Figlio di Dio, eterno e increato, e il figlio della Vergine Maria, Gesù di Nazaret, creatura umana. Due nature e due persone distinte. La loro unione era solo spirituale ed estrinseca.
Dietro sollecitazione dello stesso Nestorio, l’imperatore Teodosio II, che gli era inizialmente favorevole, convocò un Concilio a Efeso nel 431.
Nestorio cercò in ogni modo di far volgere a suo favore la situazione. Ma il coraggio e la tenacia di S. Cirillo di Alessandria, incaricato da papa Celestino che già si era espresso contro Nestorio, fecero sì che il santo sinodo non venisse vanificato; e nonostante le proteste del commissario imperiale il 22 giugno del 431 S. Cirillo aprì il concilio alla presenza di 153 vescovi, che si pronunziarono contro Nestorio, condannando come eretiche le sue affermazioni e deponendolo dal suo incarico.
La sera dello stesso giorno, la popolazione di Efeso, informata delle decisioni del concilio, con una memoranda fiaccolata portò in trionfo i padri conciliari, scandendo il titolo mariano per eccellenza: Theo-tokos, Madre di Dio.
Dire Maria Madre di Dio significa dire che Gesù è vero Dio e vero Uomo, due nature unite nell’unica Persona (Ypòstasis) del Figlio di Dio. Il mistero della “unione ipostatica”, cioè delle due nature, divina e umana, nella Persona del Figlio, è ciò che risulta da tutta la Scrittura e dall’insegnamento comune della Chiesa. Nel Vangelo Maria è detta proprio “Madre del Signore” (Lc 1, 43) e le prime preghiere liturgiche la invocavano come “Sancta Dei Genitrix”, Santa Madre di Dio.
Madre di Dio significa perciò che la Madonna ha portato nel mondo, dandogli la natura umana, il Figlio di Dio, la seconda Persona della SS. Trinità.
La Madonna non ha dato vita alla divinità di Cristo, perché ciò sarebbe una bestemmia: una creatura non può generare il Creatore. Maria ha dato la natura umana all’unigenito Figlio di Dio, natura umana però che è intimamente unita, indissolubile con la divinità.
Per questo si dice: Dio è nato da Maria, ha abitato a Nazaret, ha sofferto, è morto in croce, è risorto; e si capisce che non è certo la natura divina a nascere, a soffrire, a morire, a risorgere, ma quella umana del Figlio di Dio.
Ma non si può dire solo Madre di Gesù, semplice uomo, come voleva Nestorio, perché Gesù è realmente l’unigenito Figlio di Dio, fatto uomo.
Ciò che si dice dell'una natura si può perciò dire dell'altra, riferendosi all'unica Persona (i Padri dicevano "comunicazione dei linguaggi"). Il Figlio di Dio nasce a Betlemme, ma anche Gesù di Nazaret compie miracoli; il Figlio di Dio soffre la fame e la sete; ma anche Gesù dice "Io e il Padre siamo una cosa sola", “Prima che Abramo fosse, Io Sono”.
Sarebbe assurdo invece dire la natura divina soffre la fame e la sete; oppure la natura umana compie miracoli, etc.
È nella Persona che si uniscono indissolubilmente le due distinte nature.
Se vogliamo fare un debole paragone con la nostra realtà umana, si può dire che “la mente pensa” e “la bocca mangia”; non si può dire la mente mangia e la bocca pensa. Ma si può dire “io penso, io mangio”, attribuendo ambedue le attività, materiali e spirituali, del nostro essere alla persona che le compie.
Il Concilio di Efeso proseguì fino al giorno 11 ottobre, che nella storia della Chiesa ha una grande importanza; in riferimento ad esso, nel 1962 Giovanni XXIII ha aperto il Concilio Vaticano II, “con la protezione della Vergine santissima, nel giorno stesso in cui si celebra la sua divina Maternità”.
Invece nuovi attacchi eterodossi vennero poco dopo diretti alla figura di Gesù.
Il patriarca stesso di Costantinopoli, Nestorio, non voleva che Maria Santissima venisse chiamata “Madre di Dio” (Theotòkos) nelle preghiere liturgiche.
Essendo il Figlio di Dio eterno e non creato, come diceva il Concilio di Nicea, l’espressione Madre di Dio secondo lui doveva essere respinta, perché implicava l’idea di un Dio creato.
Maria invece doveva essere chiamata “Madre di Cristo” (Christotòkos), cioè madre di un uomo, il Cristo, al quale il Figlio di Dio si accompagnava con la sua potenza, ma rimanendo ben distinto.
Come si vede, il problema di Nestorio non era solo mariano, ma prima ancora cristologico; lui distingueva due figli: il Figlio di Dio, eterno e increato, e il figlio della Vergine Maria, Gesù di Nazaret, creatura umana. Due nature e due persone distinte. La loro unione era solo spirituale ed estrinseca.
Dietro sollecitazione dello stesso Nestorio, l’imperatore Teodosio II, che gli era inizialmente favorevole, convocò un Concilio a Efeso nel 431.
Nestorio cercò in ogni modo di far volgere a suo favore la situazione. Ma il coraggio e la tenacia di S. Cirillo di Alessandria, incaricato da papa Celestino che già si era espresso contro Nestorio, fecero sì che il santo sinodo non venisse vanificato; e nonostante le proteste del commissario imperiale il 22 giugno del 431 S. Cirillo aprì il concilio alla presenza di 153 vescovi, che si pronunziarono contro Nestorio, condannando come eretiche le sue affermazioni e deponendolo dal suo incarico.
La sera dello stesso giorno, la popolazione di Efeso, informata delle decisioni del concilio, con una memoranda fiaccolata portò in trionfo i padri conciliari, scandendo il titolo mariano per eccellenza: Theo-tokos, Madre di Dio.
Dire Maria Madre di Dio significa dire che Gesù è vero Dio e vero Uomo, due nature unite nell’unica Persona (Ypòstasis) del Figlio di Dio. Il mistero della “unione ipostatica”, cioè delle due nature, divina e umana, nella Persona del Figlio, è ciò che risulta da tutta la Scrittura e dall’insegnamento comune della Chiesa. Nel Vangelo Maria è detta proprio “Madre del Signore” (Lc 1, 43) e le prime preghiere liturgiche la invocavano come “Sancta Dei Genitrix”, Santa Madre di Dio.
Madre di Dio significa perciò che la Madonna ha portato nel mondo, dandogli la natura umana, il Figlio di Dio, la seconda Persona della SS. Trinità.
La Madonna non ha dato vita alla divinità di Cristo, perché ciò sarebbe una bestemmia: una creatura non può generare il Creatore. Maria ha dato la natura umana all’unigenito Figlio di Dio, natura umana però che è intimamente unita, indissolubile con la divinità.
Per questo si dice: Dio è nato da Maria, ha abitato a Nazaret, ha sofferto, è morto in croce, è risorto; e si capisce che non è certo la natura divina a nascere, a soffrire, a morire, a risorgere, ma quella umana del Figlio di Dio.
Ma non si può dire solo Madre di Gesù, semplice uomo, come voleva Nestorio, perché Gesù è realmente l’unigenito Figlio di Dio, fatto uomo.
Ciò che si dice dell'una natura si può perciò dire dell'altra, riferendosi all'unica Persona (i Padri dicevano "comunicazione dei linguaggi"). Il Figlio di Dio nasce a Betlemme, ma anche Gesù di Nazaret compie miracoli; il Figlio di Dio soffre la fame e la sete; ma anche Gesù dice "Io e il Padre siamo una cosa sola", “Prima che Abramo fosse, Io Sono”.
Sarebbe assurdo invece dire la natura divina soffre la fame e la sete; oppure la natura umana compie miracoli, etc.
È nella Persona che si uniscono indissolubilmente le due distinte nature.
Se vogliamo fare un debole paragone con la nostra realtà umana, si può dire che “la mente pensa” e “la bocca mangia”; non si può dire la mente mangia e la bocca pensa. Ma si può dire “io penso, io mangio”, attribuendo ambedue le attività, materiali e spirituali, del nostro essere alla persona che le compie.
Il Concilio di Efeso proseguì fino al giorno 11 ottobre, che nella storia della Chiesa ha una grande importanza; in riferimento ad esso, nel 1962 Giovanni XXIII ha aperto il Concilio Vaticano II, “con la protezione della Vergine santissima, nel giorno stesso in cui si celebra la sua divina Maternità”.
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