Nel Mercoledì delle Ceneri ci viene ricordata la nostra reale consistenza umana: siamo polvere e in polvere torneremo.
Un pizzico di cenere nel capo vale più di un lungo sermone o di un trattato di filosofia analitica.
Voglio ricordare a me stesso, da credente, che davanti a Dio "un libro scritto sarà portato, in cui tutto è contenuto, per il quale il mondo sarà giudicato. Quando dunque il giudice si siederà, qualunque cosa nascosta sarà svelata, niente rimarrà impunito":
Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus iudicetur. Judex ergo cum sedebit, quidquid latet, apparebit: nil inultum remanebit.
Sono le parole che canta il grande contralto polacco Ewa Podleś, nella Messa di Requiem di Giuseppe Verdi.
Siamo abituati ad ascoltare e ad apprezzare la voce del soprano. In questa particolare occasione la voce scura e potente del contralto, in uno dei versetti più drammatici del Dies Irae, mi pare assai indicata.
Per la precisione, il versetto è scritto per il mezzo-soprano; la partitura prevede infatti un la bemolle acuto tenuto per 4/4 sulla vocale “e” di “iudicetur”.
Ma la Podleś lo affronta a piena voce.
La voce del giudizio divino, potente e affascinante.
Un pizzico di cenere nel capo vale più di un lungo sermone o di un trattato di filosofia analitica.
Voglio ricordare a me stesso, da credente, che davanti a Dio "un libro scritto sarà portato, in cui tutto è contenuto, per il quale il mondo sarà giudicato. Quando dunque il giudice si siederà, qualunque cosa nascosta sarà svelata, niente rimarrà impunito":
Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus iudicetur. Judex ergo cum sedebit, quidquid latet, apparebit: nil inultum remanebit.
Sono le parole che canta il grande contralto polacco Ewa Podleś, nella Messa di Requiem di Giuseppe Verdi.
Siamo abituati ad ascoltare e ad apprezzare la voce del soprano. In questa particolare occasione la voce scura e potente del contralto, in uno dei versetti più drammatici del Dies Irae, mi pare assai indicata.
Per la precisione, il versetto è scritto per il mezzo-soprano; la partitura prevede infatti un la bemolle acuto tenuto per 4/4 sulla vocale “e” di “iudicetur”.
Ma la Podleś lo affronta a piena voce.
La voce del giudizio divino, potente e affascinante.
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