10 km a piedi sono già un bell’impegno.
Ma se li devi fare a nuoto, bisogna appartenere un po’ al genere dei pesci.
Come la nostra Martina Grimaldi, che dopo quasi due ore di bracciate (1h 57m 41s) sembrava più una guizzante sirena che un mammifero terrestre.
Il bronzo che ha conquistato nelle torbide acque del laghetto di Hyde Park ha un valore tutto particolare.
Anzitutto è venuto dalla gara più massacrante del nuoto. La presenza sul podio di un’italiana ha ricordato a tutti che in Italia c’è ancora gente capace di impegnarsi a fondo.
Inoltre quel bronzo è l’unico che è stato vinto nelle gare natatorie. Ha salvato dal totale naufragio una squadra che era partita per fare sfracelli, e invece si è sfracellata sul primo scoglio che ha incontrato.
Non facciamo confronti penosi con altri nuotatori più blasonati. Diciamo solo che la Grimaldi si allena 16 km al giorno, sei giorni la settimana, tutto l’anno, tranne un breve periodo di ferie.
L’altro bronzo, quello di Fabrizio Donato nel salto triplo, mi ha fatto tornare indietro alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, al bronzo di Giuseppe Gentile nella stessa specialità.
Anche questo bronzo ha un peso specifico pesantissimo. È l’unica medaglia conquistata finora dagli italiani nell’atletica leggera, la regina delle Olimpiadi.
Il bronzo è stato conquistato da un atleta di quasi 36 anni (il 14 agosto).
Un invito a tornare ai fasti di un tempo, quando nell’atletica non mancava mai qualche campione italiano: Consolini, Dordoni, Pamich, Damilano, Ottoz, Mennea, Bordin, Simeoni...
Intanto Daniele Greco, 23 anni, è arrivato quarto, alle spalle di Fabrizio Donato.
Una delle nostre tante medaglie di legno? Preferisco pensare ad una futura prossima medaglia vera.
A Rio de Janeiro.
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