Quando due geni si incontrano, anche se a distanza di secoli, non può che nascere un’opera sublime.
Oggi è la festa di S. Tommaso d’Aquino (1225-1274), uno dei giganti del pensiero umano, di fronte al quale gli insignificanti nanerottoli moderni del pensiero debole o nullo fanno la figura della volpe con l’uva: non potendo raggiungerlo, cercano di sminuirne il valore. Con risultati ridicoli.
Tommaso è di una limpidezza razionale che affascina chiunque voglia seriamente cercare la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. Se uno invece cerca la propria vanagloria, allora non troverà che il vuoto esistenziale.
Nobile e ricco, Tommaso dei Conti d'Aquino poteva avere tutto dalla vita, ma preferì lasciare ogni cosa per cercare ciò che unicamente ha valore: il vero e il bene, i quali - secondo una sua celebre affermazione - “convertuntur”, convergono, si identificano.
L’altro genio è Gioachino Rossini (1792-1868). Di tutt’altro genere. Godereccio, “viveur”, amante della vita comoda; ma con il grande dono dell’arte musicale.
Dopo aver composto immortali capolavori di opere liriche, in età più avanzata, abbandonato tutto il resto, si dedicò a musiche sacre. “Peccati di vecchiaia” diceva lui, con il suo ben noto umorismo; in realtà sapeva che si trattava di autentici capolavori, ed espressione della sua fede in Dio misericordioso: "Signore, ero nato per l'opera buffa, lo sai bene! Poca scienza, un poco di cuore, tutto qua. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso".
La sua “Petite Messe Solennelle” (1863) ne è l’esempio più straordinario. Ne ho parlato più volte nel blog.
In questa Piccola Messa Solenne (ma di piccolo c’è solo il titolo!) c’è il canto “O Salutaris Hostia”, come momento di riflessione dopo la Consacrazione. Il canto è per soprano solista.
Le parole sono di un brano di un inno eucaristico di S. Tommaso, del 1264.
Ma già qualche anno prima, nel 1857, Rossini aveva composto sul medesimo testo un magnifico mottetto in polifonia a cappella, a quattro voci miste.
Egli ha saputo cogliere perfettamente lo spirito di questa preghiera, che è adorazione a Cristo presente nell’Eucarestia, e al tempo stesso accorata invocazione per ottenere, con il Pane di vita, la forza contro le potenze del male.
Si noti come sono sottolineate, anche con i gesti, le parole “bella premunt hostilia” (le guerre nemiche ci opprimono), e per contrasto, “da robur, fer auxilium” (dà forza, soccorrici!).
O salutaris Hostia, quae caeli pandis ostium,
bella premunt hostilia; da robur, fer auxilium.
O Ostia di salvezza, che apri la porta del cielo,
le forze del male ci opprimono; dacci forza, portaci aiuto!
grande Rossini, ma mi chiedo se quelle impennate vocali siano dell'interrprete o proprio sue. Per quanto riguarda il pensiero debole, volgio dirti che fa parte di me, mentre intanto con fede cerco la vita per la vita che sono d'accordo è appunto il bene, assoluto e certo, creazione e non distruzione.
RispondiEliminaGrande personalità San Tommaso...
RispondiEliminaI tuoi post, caro Antonio, sono sempre chiari e approfonditi.
Ho pubblicato i tuoi versi sul blog di poesia...ho anticipato di un giorno...
Un abbraccio affettuoso.
Caro Luca, nella partitura originale non c'è alcuna indicazione sulla mimica gestuale che il coro Cantilena invece esibisce, con molta efficacia.
RispondiEliminaRossini però indica in quei punti come espressione il "ff" (fortissimo) e note accentate (^ ^ ^ ^); quindi intendeva dare loro effettivo risalto.
Il direttore del coro ha intepretato con originalità quei segni espressivi.
A me sembra un'ottima idea, e sono certo che l'estroso Rossini approverebbe... ;-)
Gran bel mottetto, di polifonia pura :-))
Qui puoi vedere la partitura, in fa minore.
http://youtu.be/pnRhw762BhU
Ciao!
Auguri per il terzo anniversario del tuo blog di poesia, carissima Gianna :-)
RispondiEliminaCin Cin... :-)
Io aspetterò domani ;-)
Un affettuoso abbraccio :-))
Antonio