Nella disastrosa alluvione di Genova di questi giorni mi è venuto spontaneo pensare ad una canzone di Fabrizio De André.
Parlo ovviamente di “Dolcenera”, nome amaramente accattivante che De André dà alla tragica alluvione genovese del 7-8 ottobre 1970, per molti aspetti simile a quella del 4 novembre scorso.
Non l’ho postata finora perché Faber inserisce nell’avvenimento una storia sentimentale poco esemplare, che in qualche modo dissacra un po’ la terribile vicenda.
De André ha scritto questa canzone, in cui amore e morte sembrano identificarsi, a una notevole distanza di tempo da quel terribile avvenimento, e forse pensava che non si sarebbe più ripetuto (album "Anime Salve", 1996, con la collaborazione di Ivano Fossati).
Riesce quindi con occhi asciutti a guardare Dolcenera che “ammazza e passa oltre”, e al tempo stesso “la moglie di Anselmo” che sta per tradire il marito, ma rimane intrappolata in un tram nel mezzo dell’alluvione.
Oggi a Genova si sono svolte le ultime celebrazioni funebri.
La vita riprende faticosamente il suo corso.
Penso che si possa ascoltare ora con animo più sereno questa stupenda canzone, che con versi indimenticabili descrive l'avanzata nera della devastazione e della morte attraverso l’elemento più “dolce” della natura, l’acqua di fiume, che "porta via la via", che “sale dalle scale, sale senza sale”.
Così come si può mestamente sorridere di quella onirica vicenda vissuta da due amanti, separati da un “tumulto del cielo [che] ha sbagliato momento”.
Il coro in genovese, che apre e commenta la ballata, ("Amìala ch'â l'arìa, amìa cum'â l'é, cum'â l'é. Amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê", Guardala che arriva, guarda com'è, com'è. Guardala come arriva, guarda che è lei, che è lei), dà un’impronta di verismo quasi fotografico.
La voce della fisarmonica dà alla canzone il sapore di una appassionata ballata popolare.
Perché Genova possa risorgere!
La voce della fisarmonica dà alla canzone il sapore di una appassionata ballata popolare.
Perché Genova possa risorgere!
Durante un concerto a Treviglio, il 24 marzo 1997, De André affermò:
RispondiElimina« Questo del protagonista di Dolcenera è un curioso tipo di solitudine. È la solitudine dell'innamorato, soprattutto se non corrisposto. Gli piglia una sorta di sogno paranoico, per cui cancella qualsiasi cosa possa frapporsi fra se stesso e l'oggetto del desiderio.
È una storia parallela: da una parte c'è l'alluvione che ha sommerso Genova nel '70, dall'altra c'è questo matto innamorato che aspetta una donna. Ed è talmente avventato in questo suo sogno che ne rimuove addirittura l'assenza, perché lei, in effetti, non arriva. Lui è convinto di farci l'amore, ma lei è con l'acqua alla gola.
Questo tipo di sogno, purtroppo, è molto simile a quello del tiranno, che cerca di rimuovere ogni ostacolo che si oppone all'esercizio del proprio potere assoluto. »
Wikipedia
Grazie della citazione, carissima Gianna :-)
RispondiEliminaSi tratta in effetti di una avventura onirica, cioè di un incontro immaginario tra "lui" e la "moglie di Anselmo"; in realtà i due sono separati dall'alluvione...
Impressionante rimane la descrizione poetica e musicale del disastro del 1970, con un ritmo incalzante che sembra farci rivivere la rapidità dell'inondazione.
"La moglie di Anselmo", le rime popolaresche, le voci in dialetto, danno un tocco di amaro realismo, tipico di De André, ma che alla fine si trasforma in una storia quasi trasognata.
Grandissimo Faber!
Un abbraccio, carissima Gianna :-)